mercoledì 21 ottobre 2009

Il magliaro illusionista



Michelangelo Campisi, (minuscolo) notabile politico locale e psichiatra notturno a distanza, sabato scorso ha partecipato ad una “marcia” per difendere il Parco delle Groane. La “marcia” ha percorso una distanza di ben 200 metri, e quindi nella storia delle marce di lotta si colloca al terzo posto, dopo la Coluna Prestes (Brasile, 1925-1927: 24.000 km) e la Lunga Marcia (Cina, 1934-1935: 6.000 km).

Dopo aver superato indenne ogni sorta di ostacoli, fra i quali ben due dei famigerati “rialzi di carreggiata” di 15-20 cm di altezza, posti uno all’entrata e l’altro all’uscita di un angusto incrocio con rotatoria, sui quali non ci lasciano le penne solo le più corazzate fra le coppe dell’olio delle automobili, Campisi e gli altri marciatori (circa un centinaio, se si contano anche i bambini e gli infanti sui passeggini spinti da diverse mamme e babbi) hanno finalmente raggiunto “la porta del Parco delle Groane”, ovverosia, quello che oggi come oggi non è niente di meno del “limite della ragione e della capacità di urbanizzare in modo consapevole e sostenibile”: un prato, lungo la via F.lli Cairoli, per metà spelacchiato, ma compreso nel Parco delle Groane. Conficcate nel terreno alcune paline con il triangolo rosso “Parco delle Groane”, per ben delimitare la base da difendere, tutte le forze sono state dispiegate, come una formazione di armigeri pronti per la battaglia, di fronte… ai telefonini con videocamera incorporata. Già nel pomeriggio dello stesso sabato, le immagini erano nel blog dell’Italia dei Valori di Limbiate. La colonna che ha conquistato il prato non si vede affatto. Si vede però la cocuzza di Campisi nell’atto di aspirare robuste boccate di fumo da una sigaretta (si stava giusto difendendo l’ambiente), più un paio di suoi, credo, amici di partito.

Ai protagonisti di epici episodi di guerra guerreggiata un certo tasso di manicheismo, ed anche di esaltazione, deve essere perdonato. Come si può pretendere sobrietà di pensiero, misura nei giudizi e senso autocritico da chi ha ancora l'animo perturbato dagli inenarrabili patimenti della lotta sopportati fino a ieri? Se poi certi atti di ardimento sono stati compiuti con tanta nonchalance da riuscire, nel frattempo, a farsi una bella sigaretta, si deve anche considerare con umana simpatia la tendenza di certi reduci alla vanteria e alla mancanza di pudore.

Ma non c’è niente di peggio di quegli arditi che poi, nella vita normale, non sapendo come altrimenti sbarcare il lunario, si mettono a vendere merci di nessun valore e dalla dubbia provenienza, servendosi, per gabellarle, dei meriti accumulati in guerra. Il nostro minuscolo notabile politico locale (e psichiatra notturno a distanza), tornato alla vita normale dopo l’epica marcia del sabato, il lunedì successivo ha dovuto necessariamente rivestire panni borghesi e rimettersi a maneggiare il solito bric-à-brac, con il quale, ormai da alcuni lustri, pretende di coltivare e di vendere un’immagine di sé che denoti eleganza, cultura e preparazione politica. Eleganza, cultura e preparazione politica posseduti in misura tale da non aver avuto, fino a ieri, alcuna remora ad ubbidire servilmente ai personaggi che lui ha venerato come maestri, ma che erano solo disonesti, beceri, ignoranti e politicamente inconsistenti. Nessuno stupore, quindi, qualche mese fa, quando, insieme ad uno statista postelegrafonico, Campisi ha improvvisamente abbandonato il PD in piena campagna elettorale, proprio alla maniera dei sorci che abbandonano la nave che affonda. Il motivo reale dell’abbandono (la frustrazione delle ambizioni sue e dell’altro a candidature più o meno prossime) dapprima è stato gabellato per “motivi personali”, e poi per critiche all’incapacità di fare opposizione del partito che aveva diretto fino a pochi giorni prima. Giusto perché sarebbero state formulate in un Partito “Democratico”, di queste critiche non si era mai avuto alcun sentore. E pensare che chi si permetteva di mettere in dubbio la reale consistenza dell’”opposizione” del PD e l’autonomia di pensiero di Campisi, veniva definito da costui “bizzarro”, “bislacco”, “strampalato” (durante il turno diurno), e certificato come “affetto da delirio isterico compulsivo” e denunciato al Sant’Uffizio (durante il turno notturno come psichiatra).

Il passaggio ad un marchio che in quel momento stava conquistando nuove fette del mercato politico, l’IDV (che, appunto, per la maggior parte dei suoi membri è solo il marchio che attualmente va per la maggiore), tuttavia non ha comportato affatto un cambiamento di stile (chiamiamolo così), né una revisione autocritica della propria storia politica, resa finalmente possibile dalla libertà da certi legami politici. Al contrario, mantenendo l’unico pattern mentale che gli sia consueto (all’incirca il seguente: Romeo è cattivo, quindi io sono buono), con il passaggio al partito di Di Pietro Campisi è regredito alla difesa a spada tratta degli errori che nel 2001 hanno provocato la consegna del Comune a quell’altra nullità politica, culturale ed amministrativa di Romeo. E dire che un paio di anni fa il ragazzotto mal cresciuto si era spinto fino a fare, nel consiglio comunale, la seguente sconvolgente ammissione (accompagnata da alcuni vezzosi volteggi delle manine): “L’intervento edilizio di Piazza della Repubblica non lo voterei più, perche devo riconoscere che la piazza ora è… brutta”. Adesso, poiché Romeo fra gli altri beni demaniali vuole vendere anche una ex scuola, Campisi fa marcia indietro. Anche se tutto lo spazio della piazza è stato occupato da un enorme condominio (tanto brutto da far venire l’angoscia anche a chi non sa che lì c’era una piazza), dalle sue pertinenze e da una strada a serpentina, egli riesce a dire: “lo spazio pubblico a disposizione dei cittadini si è mantenuto sostanzialmente invariato"!

L’incredibile disinvolta affermazione si trova in un post anonimo ma manifestamente scritto da Campisi, pubblicato nel blog dell’Italia dei Valori di Limbiate (Romeo si vende una scuola). Il misero voltagabbana prepara la truffa scrivendo, poco prima, che Fortunati avrebbe venduto solo le volumetrie, ma non (insinuazione sub-liminale) la superficie, come se il condominio fosse stato costruito altrove! E tenta di scaricarsi di ogni responsabilità, passando sotto silenzio che EGLI, Campisi, ha votato quello scempio come capogruppo del PDS!

Mentre scrivevo questo post, qualcuno intanto gli manifestava di scandalizzarsi per tanta impudenza, ma Campisi si è spinto oltre: “noi (ndr: dell’IDV) non eravamo in maggioranza quando Fortunati ha scelto di edificare in piazza della Repubblica”, cercando di nascondere le sue responsabilità dietro una sigla allora inesistente! E ancora: “chi ha fatto il Piano Regolatore sulla base del quale è stato possibile per Fortunati concludere quell'operazione?”, imbrogliando sul fatto che il PRG del quale è stata votata la variante che ha reso possibile l’orrendo scempio edilizio era stato firmato, alla metà degli anni ottanta, proprio dal suo mentore Fortunati, allora assessore alla partita!

Campisi, tra l’altro, dice che Romeo ora è “inaspettato [??] emulo del suo predecessore Fortunati”. Proprio perché ho scritto più volte che la banda attualmente al governo di Limbiate non ha fatto altro che proseguire e attuare la politica edilizia di Fortunati, votata servilmente da Campisi, costui ha più volte dato in escandescenze e ha proposto la mia messa al rogo. E quindi, "che gli dovremmo dire adesso”, a lui che si fa emulo, ovviamente a livello paesano, di Letizia Moratti (la quale include nella somma delle aree verdi di Milano anche il verde delle terrazze dei grattacieli, oltre a tutte le aiuole stradali), e, pensando di giustificarsi, ancora insiste con protervia e impudenza: “noi [cioè lui; ndr] intendevamo solo dire in maniera asettica [sic!] e stando alle carte che la superficie attuale calpestabile per strade, piazzette, marciapiedi, aiuole, spazi verdi e parcheggi ha mantenuto sostanzialmente invariato lo spazio pubblico a disposizione dei cittadini” - che gli dovremmo dire adesso? Che quei sottoproletari che una volta sbarcavano il lunario vendendo, come ambulanti, stoffe e tessuti dalla dubbia provenienza e di pessima qualità, ma spacciate per merci di qualità, si chiamavano magliari? Quelli, però, qualcosa almeno la vendevano, anche se poi si rivelava di pessima qualità. Campisi, invece, non si accontenta di fare il magliaro, pretende di fare anche l’illusionista, e, superando il Totò di un celebre film, cerca di vendere come esistente una piazza che non c’è più.



P.S. (22/10/2009) Per rendersi conto di com'era la piazza prima che i vandali Fortunati e Campisi decidessero di coprirla di cemento, click here. Il contorno giallo delimita la piazza, quello rosso l'ex scuola abbattuta (un edificio storico degli anni trenta; a proposito di scuole messe in vendita!), quello verde i due piccoli giardini, dei quali sono rimasti solo un paio di piante.