mercoledì 9 dicembre 2009

Niente regali alle mafie, i beni confiscati sono cosa nostra



Tredici anni fa, oltre un milione di cittadini firmarono la petizione che chiedeva al Parlamento di approvare la legge per l'uso sociale dei beni confiscati alle mafie. Un appello raccolto da tutte le forze politiche, che votarono all'unanimità le legge 109/96. Si coronava, così, il sogno di chi, a cominciare da Pio La Torre, aveva pagato con la propria vita l'impegno per sottrarre ai clan le ricchezze accumulate illegalmente.

Oggi quell 'impegno rischia di essere tradito. Un emendamento introdotto in Senato alla legge finanziaria, infatti, prevede la vendita dei beni confiscati che non si riescono a destinare entro tre o sei mesi. E' facile immaginare, grazie alle note capacità delle organizzazioni mafiose di mascherare la loro presenza, chi si farà avanti per comprare ville, case e terreni appartenuti ai boss e che rappresentavano altrettanti simboli del loro potere, costruito con la violenza, il sangue, i soprusi, fino all'intervento dello Stato.

La vendita di quei beni significherà una cosa soltanto: che lo Stato si arrende di fronte alle difficoltà del loro pieno ed effettivo riutilizzo sociale, come prevede la legge. E il ritorno di quei beni nelle disponibilità dei clan a cui erano stati sottratti, grazie al lavoro delle forze dell'ordine e della magistratura, avrà un effetto dirompente sulla stessa credibilità delle istituzioni.Per queste ragioni chiediamo al governo e al Parlamento di ripensarci e di ritirare l'emendamento sulla vendita dei beni confiscati. Si rafforzi, piuttosto, l'azione di chi indaga per individuare le ricchezze dei clan. S'introducano norme che facilitano il riutilizzo sociale dei beni e venga data concreta attuazione alla norma che stabilisce la confisca di beni ai corrotti. E vengano destinate innanzitutto ai familiari delle vittime di mafia e ai testimoni di giustizia i soldi e le risorse finanziarie sottratte alle mafie. Ma non vendiamo quei beni confiscati che rappresentano il segno del riscatto di un'Italia civile, onesta e coraggiosa. Perché quei beni sono davvero tutti "cosa nostra"

don Luigi Ciotti, presidente di Libera e Gruppo Abele


Tra i primi firmatari: Andrea Campinoti, presidente di Avviso Pubblico - Paolo Beni, presidente Arci - Vittorio Cogliati Dezza, presidente Legambiente - Andrea Olivero, presidente ACLI - Guglielmo Epifani, segretario CGIL - Raffaele Bonanni, segretario generale CISL - Luigi Angeletti, segretario UIL - Francesco Miano, presidente Azione Cattolica - Filippo Fossati, presidente UISP - Marco Galdiolo - presidente US Acli - Marisa Ferro, Segreteria Nazionale ANPI - Paola Stroppiana e Alberto Fantuzzo, presidenti del comitato nazionale Agesci - Giuseppe Politi, presidente CIA (Confederazione italiana agricoltori) - Aldo Soldi, Presidente di Associazione Nazionale Cooperative di Consumatori - Elisabetta Laganà, presidente Conferenza Nazionale Volontariato Giustizia - Flavio Lotti, coordinatore nazionale della Tavola della Pace - Carlo Petrini, Presidente Onorario Slow Food Italia e Presidente Slow Food Internazionale - Roberto Burdese, Presidente di Slow Food Italia - Loretta Mussi, presidente di "Un ponte Per" - Michele Curto, presidente di FLARE (Freedom, Legality and Rights in Europe) - Mani tese - Gianni Rinaldini, segretario generale della Fiom-Cgil - Giuseppe Gallo, segretario generale FIBA Cisl - Carla Cantone, segr. generale SPI-CGIL - Emilio Miceli, segretario nazionale SLC - C.G.I.L - Carlo Podda, segretario nazionale FP - CGIL - Michele Mangano, presidente Auser - Doriano Guerrieri, presidente nazionale CNGEI - Gianpiero Calzolari, Presidente di "Cooperare con Libera Terra" - Oliviero Alotto, presidente di Terra del Fuoco - Don Nandino Capovilla, coordinatore Pax Christi - Giuliana Ortolan, Donne in Nero di Padova - Addiopizzo Palermo - Giulio Marcon, portavoce campagna Sbilanciamoci - Aurelio Mancuso, presidente Arcigay - Lucio Babolin, presidente CNCA - Fabio Salviato, presidente di Banca Etica - Mario Crosta, Direttore Generale di Banca Etica, Giuseppe Gallo, segretario generale FIBA Cisl - Tito Russo, coordinatore nazionale UDS (Unione degli Studenti), Claudio Riccio, referente Link-coordinamento universitario, Antonio De Napoli, Forum Nazionale dei Giovani - Luca De Zolt, rete studenti medi - Sara Martini e Emanuele Bordello - presidenti FUCI, Giorgio Paterna, coordinatore Unione degli Universitari - Umberto Ronga, Movimento Eccesiale di Impegno Culturale. E inoltre: Nando Dalla Chiesa, Salvo Vitale, Rita Borsellino, Sandro Ruotolo, Roberto Morrione, Enrico Fontana, Tonio Dell'Olio, Pina Picerno, Francesco Forgione, Luigi De Magistris, Raffaele Sardo, David Sassoli, Francesco Ferrante, Rita Ghedini, Petra Reski, Esmeralda Calabria, Vittorio Agnoletto, Vittorio Arrigoni, Giuseppe Carrisi, Jasmine Trinca, Yo Yo Mundi, Sergio Rubini, Modena City Ramblers, Gianmaria Testa, Libero De Rienzo, Livio Pepino, Elio Germano, Subsonica, Vauro, Claudio Gioè, Roberto Saviano, Daniele Biacchessi, Giulio Cavalli, Elisabetta Baldi Caponetto, Moni Ovadia, Ottavia Piccolo, Giancarlo Caselli, Ascanio Celestini, Alberto Spampinato, Salvatore Borsellino, Federica Sciarelli, Haidi Giuliani, Fausto Raciti, Francesco Menditto, Antonello Ardituro, Benedetta Tobagi, Il Coro dei Minatori di Santa Fiora, Simone Cristicchi, Roberto Natale, Agnese Moro, Tana De Zuleta, Lella Costa, Armando Spataro, Maurizio Ascione, Nicola Tranfaglia, Franco Cassano, Marco Delgaudio, Carlo Lucarelli, Alex Zanotelli, Marcelle Padovani, Andrea Occhipinti, Johnny Palomba, Paolo Ferrero, Marianna Scalfaro, Natalia Aspesi, Mimmo Lucà, Luca Zingaretti, Renato Scarpa, Antonio Di Pietro, Titti De Simone, Giuseppe Lumia, Giuseppe Piccioni, Claudio Fava, Giorgio Bocca, Daniele Fichera, Gustavo Zagrebelsky, Ettore Scola ...

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giovedì 3 dicembre 2009

La madeleine della menzogna. Marcel-Terragni tanto gode nel farsi gabbare dalle frottole di Albertine-Cogliati sul bilancio, che le ripete


Nel 2006, Mario Terragni, vecchia cariatide della “politica” limbiatese, si rivolse al colto e all’inclita chiedendo di essere eletto sindaco. Parlò, pare, soprattutto di alcune cose che aveva fatto trent’anni prima. Non parlò di alcune altre cose che era meglio non mentovare, né delle molte altre che non aveva fatto (fra le quali: un vero Piano Regolatore Generale; denunciare l’ACNA per l’inquinamento della falda acquifera). Non omise, però, di esibire un vezzo del quale egli si è sempre compiaciuto, quello di épater les naïfs et les ignorants (visto l’argomento, il francese è obbligatorio) con un riferimento ad un’opera che, già solo a citarne il titolo, denota sublime statura intellettuale e gusti letterari sopraffini: À la recherche du temps perdu di Marcel Proust. Non saprei dire a quale dei sette tomi che compongono l’opera, tutti con titoli diversi, egli si sia riferito. Io entrai nella sala dove egli aveva parlato solo dopo la fine del suo discorso, e la prima frase che udii fu pronunciata dal futuro consigliere Daniele Cenci che, pieno di ammirazione, stava esclamando: “Mi pare che stiamo volando alto!”. Ricordo che subito mi pervase la sensazione di un certo disorientamento, poiché era sì evidente che quell’assemblea non era propriamente una situazione terrena, ma non mi sembrava che fossimo ad un’altezza aeronautica. Prima di orientarmi un po’ dovetti sorbirmi alcuni altri interventi strampalati, fino a quando, finalmente, un povero fesso disse la frase stellare: “Con un candidato che cita Proust, abbiamo già vinto!”. Confesso di aver fatto, di nascosto, un gesto su un particolare anatomico maschile che è doppio. Poco dopo, un tizio più disinibito di me andò al microfono per dichiarare apertamente che aveva fatto lo stesso gesto, e seppi poi che anche altri si erano abbandonati alla medesima pratica apotropaica. Ma tutti quei riti non bastarono: una parte del centro-sinistra, quella che è sensibile solo alla madeleine degli affari edilizi, preferì votare e far votare per il centro-destra; la coalizione di centro-sinistra perse sedici punti della percentuale ottenuta alle elezioni politiche di un mese e mezzo prima - e noi siamo ancora qui a farci vessare dalla banda del Tecoppa sub-aspromontano.

In un’altra occasione, però, sono stato più fortunato, ed ho potuto ascoltare Marcel-Terragni mentre si serviva di quella che forse è la più famosa metafora della Recherche, quella della cattedrale, che egli ha mostrato di saper usare, con grande perizia, come un portentoso strumento ermeneutico per penetrare nella complessa, elaboratissima architettura del bilancio comunale, opera di quel geniale ragiunatt brianzolo che è il Dr. Giuseppe Cogliati. Fra questi e il nostro Marcel-Terragni sembra esservi, a proposito di entrate ed uscite di bilancio, un rapporto analogo a quello che legava Albertine all’io narrante della Recherche. Come sfuggire a questa potente impressione, quando si ascoltano le lodi carezzevoli e amorose che, appena può, Marcel-Terragni rivolge al ragiunatt nel Consiglio Comunale? Marcel-Terragni è presidente della Commissione Finanze del Consiglio Comunale, e fra i due vi è una tale corrispondenza di amorosi sensi ragionieristici, che ormai capita di assistere a questo: Marcel-Terragni avvia un certo discorso, che poi viene svolto e concluso con disinvoltura da Albertine-Cogliati.

L’architettura del bilancio comunale, però, è alquanto traballante, e forse una buona parte della fabbrica quest’anno non potrà essere completata. Albertine-Cogliati in modo asettico cerca di dimostrare che, per colpa della crisi economica, molte entrate previste sotto la voce “da concessioni edilizie” non sono… entrate e non entreranno – e per conseguenza devono essere cancellati investimenti e spese correnti. Tuttavia, ci assicura, con un pilastrino qua e un’impalcatura là, la parte già rabberciata della fabbrica potrebbe restare in piedi. Marcel-Terragni, amorevolmente sollecito, corre ad aiutare la sua Albertine: non si limita a lodarne le capacità architettoniche, ma, a più riprese, cerca di porre la cattedrale al riparo dagli atti vandalici di qualche casseur che si mettesse a gironzolare nei pressi. La colpa, protesta Marcel, certamente è della Giunta che ha puntato troppo sugli oneri di urbanizzazione, ma è anche dello Stato, che ci fa penare prima di “trasferire” i soldi che ci deve mandare per la fabbrica. “Mancano - vero, mia dolce Albertine? - quattro milioni e mezzo di euro di trasferimenti dallo Stato! Se ci fossero i soldi dell’I.C.I. sulla prima casa, dell’I.C.I. sui fabbricati rurali, dell’addizionale IRPEF, della restituzione dei costi della politica – soldi che lo Stato ci ha tolto e non ci rimborsa - la fabbrica sarebbe quasi salva!”.

Si sa che a Marcel Proust bastava il solo ricordo di un dolce chiamato madeleine per cadere quasi in un deliquio. Nel caso di Marcel-Terragni non sappiamo se si tratti della madeleine della copertura, lungamente praticata quand’era sindaco, di funzionari felloni e di affari loschi, o semplicemente di ignoranza bella e buona, o di entrambe le ragioni. Mentre l’altro Marcel, malato, è vissuto per anni sprofondato nel suo letto e ha scritto la Recherche, questo qui è vissuto sprofondato nell’amministrazione locale per alcuni decenni, ma, per quanto possa sembrare incredibile, dell’amministrazione come apparato non ha imparato quasi niente. Quando era sindaco si dedicava, per l’appunto, a fare il sindaco, l’uomo di rappresentanza, mentre l’amministrazione era appannaggio di qualche suo compagno di partito (il P.S.I. craxiano), che amministrava il Comune al suo posto (con la connivenza del PCI). La funzione del perennemente macerato Marcel limbiatese era piuttosto quella di coprire, ostentando “umanità” e “disponibilità”, un bel po’ di porcherie, anche nel settore edilizio. Chi volesse constatare il livello, che forse non è nemmeno elementare, delle sue conoscenze di leggi e di procedure amministrative, comunali e statali, e quanto l’abitudine di coprire funzionari felloni gli sia rimasta introiettata, fino ad essere ormai inestirpabile, nelle più lontane scaturigini della sua rappresentazione del mondo - dovrebbe ascoltarlo, vincendo lo sconforto, quelle poche volte in cui cerca di leggere e interpretare qualche documento. Per limitarci ad un esempio un po’ comico, poco tempo fa questo Marcel ha confessato che si sentiva devastato dall’angoscia dell’alinea, parola che trovava ripetuta ossessivamente nella convenzione attuativa di un piano di lottizzazione. Quindi, in pieno Consiglio Comunale, ha chiesto qualche sollievo ad un povero architetto comunale che in quella convenzione di suo non aveva messo nemmeno una virgola. Costui non è certo il tipo di funzionario che, dopo aver letto (ammesso che la legga davvero) una convenzione interamente scritta da altri, osa suggerire una modifica letterale (neppure la più insignificante): il suo compito (lautamente compensato) è solo quello di apporre firme in calce a documenti preparati da altri e che spesso non ha nemmeno letto. Quindi, poiché nemmeno lui, come Marcel-Terragni, aveva pensato di aprire un vocabolario per scoprire che alinea significa “capoverso”, “comma”, “paragrafo”, “passare ad una nuova riga”, e che, pur essendo un po’ desueto, in quel tipo di testo il termine non era affatto fuori posto - se la cavò rispondendo: “Non è un termine dell’architettura”. “Allora sia espunto”, implorò Marcel. Pronti: l’alinea è stato espunto.

Tornando al bilancio, Marcel-Terragni, o perché non lo sa, o perché una simile idea non può passargli nemmeno per l’anticamera del cervello, non dice che Albertine-Cogliati, anche se il suo incarico di dirigente vale solo pro-tempore (è un uomo di fiducia del sindaco), ha delle precise responsabilità per l’iscrizione in bilancio, ogni anno da almeno dieci, di entrate che sa bene che non saranno mai accertate. Queste previsioni vengono iscritte nel bilancio in aperta violazione di criteri, il cui rispetto sarebbe imposto dalla legge, fra i quali vi sono la veridicità delle previsioni e la loro determinazione sulla base di valutazioni storico-analitiche. Ora, se si da un’occhiata alle cifre dei bilanci preventivi e consuntivi pubblicate sul sito web del Ministero dell’Interno, si rileva una tale ricorrenza di entrate da concessioni edilizie iscritte nelle previsioni, ma poi in gran parte non accertate, che non solo risulta palese l’inosservanza dei due criteri richiamati, ma anche che essa non può essere casuale. Si direbbe, anzi, che il mancato accertamento della maggior parte delle entrate da concessioni edilizie sia una delle poche previsioni fondate.

In un prossimo articolo richiamerò le cifre che dimostrano e spiegano nel dettaglio quanto ho appena scritto; per il momento mi basta sottolineare che il richiamo delle cifre pubblicate nelle schede inviate dal Comune al Ministero dell’Interno ci consente di uscire dalle madeleines terragnicole e di cominciare a capire quali menzogne ci vengono ammannite a proposito del bilancio, e perché.

1) Con l’abolizione dell’I.C.I. sulla prima casa, il Comune non ha subito alcuno scippo (come sbraita un altro perennemente infinocchiato, Ti-che-te-tarchett-i-ball). Innanzitutto, l'abolizione dell'I.C.I. è stata solo l'ultimo passo di un cammino iniziato nel 2006 che, se non proprio a metà, era già arrivato almeno a due quinti dell'opera: il 40 per cento degli immobili individuati dalla Finanziaria 2008 approvata dal governo Prodi (cioè le «unità immobiliari adibite ad abitazione principale») era già uscito dall'obbligo del tributo per effetto della riduzione ordinaria (103,29 euro, che i Comuni avevano facoltà di innalzare fino a 200 euro) e dell’ulteriore detrazione dell'1,33 per mille dalla base imponibile prevista dall'allora ultima legge di bilancio. Il mancato introito causato dall’abolizione totale voluta dal governo Berlusconi è stato tempestivamente compensato dallo Stato. Tenendo conto che dai dati del bilancio consuntivo 2007 risulta che il Comune, per “accertamenti” e “riscossioni”, aveva iscritto rispettivamente 1.100.000 e 920.185 euro, lo Stato, come “Contributo compensativo minori introiti ICI prima abitazione”, ha già pagato nel 2008 più di quanto il Comune di Limbiate aveva riscosso nel 2007:

07-07-2008: 549.500,00 +
12-12-2008: 398.123,31 +
13-12-2008: 93.720,99 =
Totale: 1.041.344,30 > 920.185,00

Inoltre, questa cifra sarà elevata fino a 1.180.648,96 euro, sulla base dell’intesa siglata il 3 giugno 2009 nell’ambito della Conferenza Stato-Regioni-Autonomie Locali.

Nella stessa conferenza è stata stabilita la spettanza per il 2009, che per il Comune di Limbiate è di 1.073.467,14 euro (nel Bilancio preventivo 2009 la cifra iscritta è 1.170.000 euro). Ebbene, lo Stato ha già pagato l’intera spettanza 2009:

15 giugno 2009: 549.500,00 euro
27 novembre 2009: 523.967,14 ”
Totale: 1.073.467,14


2 - L’I.C.I. sui fabbricati rurali non deve essere più pagata a partire dall’anno d’imposta 2007, ma i comuni non hanno perso nulla, perché i fabbricati rurali contribuiscono al reddito dominicale dei fondi, e quindi concorrono a formare l’I.C.I. dei terreni agricoli, e inoltre il Decreto-legge 23 novembre 2009, n. 168 ha stabilito che: “per l'anno 2009, fatti salvi eventuali conguagli, il Ministero dell'interno è autorizzato a corrispondere ad ogni singolo comune, a titolo di acconto, un contributo pari all'ottanta per cento della differenza tra l'importo certificato per l'anno 2007 e la corrispondente riduzione del contributo ordinario operata per il medesimo anno”. Infatti, il Comune ha già ricevuto l’”Acconto restituzione detrazione I.C.I. ex rurale (D.l 168/2009)”:

25 novembre 2009: 353.810,84 euro

Nota bene: il pagamento è stato effettuato il giorno prima che Marcel-Terragni, tacitamente assecondato dal sorrisino di Albertine-Cogliati, facesse l’ultima recita sui “mancati trasferimenti” dello Stato).

3) - L”Addizionale IRPEF” dal 2008 (anno d’imposta 2007) è ri-versata quasi immediatamente ai Comuni dopo il versamento dei contribuenti. La Finanziaria 2007 (legge n. 296/2006) al comma 143 dell’unico articolo, ha disposto che a partire dall’anno d’imposta 2007 (versata a saldo alla metà del 2008) i versamenti delle addizionali comunali all’Irpef, dovute tanto dai contribuenti per imposte proprie, quanto dai sostituti d’imposta per i soggetti sostituiti, venissero effettuati direttamente ai comuni attraverso appositi codici tributo attribuiti a ciascun comune. Lo stesso articolo ha rinviato per le modalità operative al decreto del Ministero dell’Economia e delle Finanze del 5 ottobre 2007, pubblicato sulla G.U. n. 247 del 23 ottobre 2007. Il decreto ha stabilito che, dal 1° gennaio 2008, i contribuenti (per le imposte proprie) e i sostituti d'imposta privati sono tenuti a versare l'acconto e il saldo dell'addizionale tramite modello F24, evidenziando mediante il codice catastale - sulla base del domicilio fiscale dei contribuenti al 1° gennaio dell'anno cui si riferisce l'addizionale - quanto dovuto a ciascun Comune.

Cosa è cambiato rispetto al passato?

Fino all'anno d'imposta 2006 la ripartizione tra i Comuni delle somme versate a titolo di addizionale era effettuata dal ministero dell'Interno, come stabilito dal decreto legislativo 360/1998, sulla base di dati forniti dal ministero delle Finanze, risultanti dalle dichiarazioni dei redditi e dei sostituti d'imposta. Il meccanismo era tanto lento che ai Comuni venivano accreditate in acconto delle somme solo successivamente sottoposte a conguaglio, con evidenti ritardi nella determinazione degli importi definitivamente spettanti.

Quindi, questa è la ragione vera del “ritardo” nel “trasferimento” dell’addizionale IRPEF 2007: è un “ritardo” che deriva dal meccanismo di calcolo delle spettanze del Comune previsto dalla legge. Tuttavia, per il 2007 le cose stanno così: nel bilancio preventivo 2007 erano stati iscritti 2.331.921 euro come “previsione”; nel consuntivo l’accertamento iscritto era 2.149.416 euro; per questo anno d’imposta, per il quale valgono le vecchie disposizioni del decreto legislativo 360/1998, le rate di acconto sono state le seguenti:

12 novembre 2007: per un imponibile di 358.236.040,00 euro: rata di acconto di 282.023,91 euro;
30 ottobre 2008: per un imponibile di 374.691.630 euro: rata di acconto di 112.937,54 euro.

Per il 2008 e il 2009: sul sito del Ministero dell’interno sono disponibili solo le cifre del Bilancio preventivo 2008 e 2009, e quindi troviamo la previsione di 2.331.921 euro di “addizionale IRPEF” 2008 e 2.447.277 per il 2009; non è disponibile la cifra del consuntivo 2008 (e, ovviamente, nemmeno quella del consuntivo 2009). Il comune, tuttavia, secondo il decreto del M.E.F del 5 ottobre 2007, dovrebbe aver già ricevuto direttamente l’addizionale IRPEF 2008 (già a novembre 2008 scadeva il termine per l’acconto, e il saldo a maggio 2009; l’addizionale IRPEF 2009 sarà ricevuta nel 2010). Perché il ragiunatt-Albertine, Dr. Giuseppe Cogliati, non rende pubblica la cifra che risulta già versata sul conto corrente postale del Comune?

4 – La “Restituzione costi della politica anno 2008 (art.2, c.32, legge 24 dicembre 2007 n. 244)” è già stata pagata. Dalle schede del Ministero dell’Interno risulta il seguente pagamento:

10 novembre 2009: 58.476,37 euro.

Anche in questo caso, il pagamento risulta effettuato prima dell’ultima recita dell’indignazione per i “mancati trasferimenti” dello Stato che Marcel-Terragni, confortato dal sorrisino ingannevole di Albertine-Cogliati, ha fatto nel Consiglio Comunale.

Come mai questa indignazione viene assecondata tanto prontamente non solo dal ragiunatt, ma anche dalla maggioranza di centro-destra e dallo stesso sindaco, fino al punto di accettare di inviare una vibrata protesta al governo nazionale? Per questa semplice ragione: il rallentamento del mercato edilizio, riducendo ulteriormente la quantità di oneri da concessioni edilizie che ogni anno vengono effettivamente accertati, mette allo scoperto la pratica, costante per almeno gli ultimi dieci anni, di iscrivere nelle previsioni grandi cifre, che poi in gran parte non sono accertate poiché sono lasciate nelle tasche dei palazzinari, i quali “compensano” gli oneri non versati con opere che costano la metà di quanto dichiarato nei computi metrici estimativi, che quasi sempre sono opere stradali, che quasi sempre sono inutili e quasi sempre sono sovradimensionate - ma che in ogni caso sono funzionali all’ulteriore valorizzazione delle loro palazzine. La causa principale dei mancati investimenti e della riduzione delle spese correnti sono questi mancati introiti, che ovviamente non possono figurare fra gli accertamenti, ma che assommati darebbero sicuramente diversi milioni di euro. Le opere, anche di semplice manutenzione, finora non realizzate sono innanzitutto il risultato di questo modo di gestire il bilancio. I pochi investimenti realizzati sono stati finanziati in gran parte con altre entrate.

La banda di affaristi che ha in mano il governo di Limbiate trova dei validissimi alleati in consiglieri come Terragni e come Archetti (che come il primo si beve avidamente le stesse frottole di Albertine, a cominciare da quella che la responsabilità di ciò che viene scritto nel bilancio è esclusivamente dei dirigenti politici del Comune!). Grazie a questi inetti la diffusione delle mistificazioni con le quali quella banda copre l’uso dell’amministrazione pubblica per fini privati non solo non è impedita, ma anzi è incrementata. L’inettitudine politica dell’uno e dell’altro (eletti con i voti di chi ha votato per la coalizione di centro-sinistra, fra i quali il sottoscritto) è evidenziata dalla loro totale dipendenza dalle interessate (dis)informazioni che (a loro richiesta!) gli vengono rifilate, anche nel Consiglio Comunale, oltre che dal ragiunatt-Albertine, da:

- un ex-droghiere che continua a vendere fette di salame anche facendo il Presidente del Consiglio Comunale, e che noi paghiamo con uno stipendio di più di 1.000 euro mensili;
- un segretario comunale condannato per tangenti e per danno all’immagine del Comune di Pieve Emanuele (le condanne ormai sono definitive);
- un sindaco che, appena eletto, pur di far fuori due dirigenti a lui sgraditi, ha provocato al Comune diverse centinaia di migliaia di euro di danni (i fatti sono stati accertati definitivamente dalla Corte di Cassazione; il Comune sta già pagando il risarcimento ai due licenziati).

Terragni e Archetti (e i loro sodali), lungi dal rappresentare chi li ha eletti, rappresentano solo la loro ignoranza, la loro mancanza di intelligenza politica e la loro incapacità di fare l’opposizione.

martedì 1 dicembre 2009

Il progetto governativo di riforma del processo penale: quali i fini?

di Giovanni Palombarini


Dormiva tranquillo, da mesi, nei cassetti del Ministero della giustizia. D’improvviso, grazie a due sentenze, quella del Tribunale di Milano sul "lodo Mondadori" e quella della Corte Costituzionale sul "lodo Alfano", qualcuno s'è ricordato della sua esistenza. Dopo che si è provveduto ad opera di esponenti della maggioranza e dei media amici a riversare su quei due giudici ogni genere di sospetti e ingiurie, si è sviluppato un pubblico dibattito, con toni inevitabilmente accesi, che ha accompagnato le proposte esplicitamente formulate, senza troppa attenzione ai principi costituzionali, per tirare fuori rapidamente dai guai giudiziari il presidente del consiglio Silvio Berlusconi. Più silenziosamente, accanto all'opera dei guastatori, qualcuno da quei cassetti ha rispolverato un progetto di riforma del processo penale... [per leggere l'articolo intero cliccare su