lunedì 11 gennaio 2010

Chi usa gli ultimi della Terra


di Gad Lerner

da "La Repubblica", 9 gennaio 2010


Viviamo a Rosarno una pagina oscura della storia italiana. Le ronde criminali scatenate nell´assalto agli africani, le sprangate in testa e le fucilate alle gambe degli immigrati, rappresentano una vergogna di fronte a cui possiamo solo sperare in un moto collettivo di ripulsa morale.

Di quale tolleranza, "troppa tolleranza", parla il ministro Maroni? Ignora forse che da trent´anni l´agricoltura del Mezzogiorno d´Italia si regge economicamente sull´impiego di manodopera maschile immigrata, sospinta al nomadismo stagionale fra Puglia, Campania, Sicilia e Calabria, con paghe di sussistenza alla giornata, ricoveri di fortuna in edifici fatiscenti, criteri d´assunzione malavitosi, senza la minima tutela sanitaria e sindacale? Ora non li vogliono più, s´illudono di espellerli come un corpo estraneo dopo che li avevano convocati alla raccolta degli agrumi. Ma è dal 1980 che le colture specializzate meridionali non possono fare a meno delle migliaia di ragazzi africani trattati né più né meno come bestiame. E al tramonto, se la mandria non fa ritorno disciplinato nei recinti abusivi delle aree industriali dismesse, non trova certo istituzioni disponibili a riconoscerne l´umanità. Gli italiani con cui entrano in contatto questi lavoratori senza diritti sono solo di due tipi: i caporali spesso affiliati alla criminalità organizzata; e i volontari di Libera, della Caritas e di Medici senza frontiere. Le forze dell´ordine si sono limitate finora a un blando presidio territoriale per evitare frizioni pericolose con la popolazione locale. Ma l´importante era che il ciclo produttivo non si interrompesse: la mattina dopo il reclutamento ai bordi della strada non subiva intralci.

Chi ha tollerato che cosa, ministro Maroni?

Rosarno era teatro da anni di una conflittualità quotidiana, pestaggi isolati, sfide tra giovanissimi divisi dal colore della pelle ma accomunati da una miseria culturale che li induce a viversi come nemici. Dopo i colpi di fucile che hanno ferito due immigrati, giovedì la furia degli immigrati ha colpito indiscriminatamente la popolazione calabrese. Ieri, per rappresaglia, è scattata la "caccia al nero": disordini razziali che evocano scenari di un´America d´altri tempi. Di nuovo sparatorie a casaccio per terrorizzare i miserabili che hanno osato ribellarsi, insanguinando la Piana di Gioia Tauro dove governano ben altre autorità che non lo Stato democratico.

La riconversione legale dell´agricoltura del Sud implicherebbe, accanto agli investimenti economici, un´opera di civilizzazione che mal si concilia con l´offensiva propagandistica imperniata sulla criminalizzazione del clandestino. Non solo i mass media ma anche i portavoce della destra governativa hanno eccitato, legittimato sentimenti d´ostilità da cui oggi scaturiscono comportamenti barbari, indegni di un paese civile.

Se a Castelvolturno, nel settembre 2008, fu la camorra a sterminare sei braccianti africani, a Rosarno assistiamo a un degrado ulteriore: settori di cittadinanza coinvolti in un´azione di repulisti inconsulta. La chiamata alle armi contro i dannati della terra che certo non potevano garantire – con la sola forza disciplinata delle loro braccia - il benessere di un´area rimasta povera.

Vi sono probabilmente motivazioni sotterranee, indicibili, alla base di questo conflitto. Non tutti i 25 euro di paga giornaliera finiscono nelle tasche dei braccianti illegali. Pare che debbano versare due euro e mezzo agli autisti dei pulmini che li trasportano nelle piantagioni. Si vocifera addirittura di una odiosa "tassa di soggiorno" di 5 euro pretesa dalla ´ndrangheta. Di certo non sono associazioni legali quelle che pattuiscono le prestazioni di lavoro. Ma soprattutto è chiaro che una relazione trasparente con la manodopera immigrata viene ostacolata, resa pressoché impossibile dalla legislazione vigente.Altro che pericolo islamico: qui la religione non c´entra un bel nulla. L´Italia dell´economia illegale, non solo al Sud, lucra sulla farraginosità normativa che sottomette il lavoratore immigrato a procedure arbitrarie sia in materia contrattuale, sia nel rilascio del permesso di soggiorno. Quando Angelo Panebianco, sul "Corriere della Sera", asserisce che affrontare il tema della cittadinanza significherebbe "partire dalla coda anziché dalla testa", ignora che restiamo l´unico paese europeo in cui le procedure di regolarizzazione e di naturalizzazione non contemplano alcuna certezza di tempi e requisiti. Assecondando, di fatto, un´informalità di relazioni per cui ai doveri non corrispondono mai i diritti.

Sulla scia di un´analoga iniziativa francese, circola fra gli stranieri residenti in Italia l´idea di dare vita a marzo a una iniziativa forse velleitaria ma dal forte significato simbolico: "24h senza di noi". Che cosa succederebbe se per un giorno tutti gli immigrati si astenessero dal lavoro? Quanto reggerebbe il nostro sistema di vita senza il loro apporto? Farebbero bene, i sindacati, a prendere in seria considerazione questa iniziativa, contribuendo con la loro forza organizzativa al moto spontaneo. Ma prima ancora è l´intero arco delle forze politiche, culturali e religiose che rifiutano la contrapposizione incivile fra italiani e stranieri a doversi mobilitare: l´inciviltà dei pogrom è contagiosa.

Craxi, il più grande illusionista del ‘900


di Antonio Tabucchi, da Il Fatto Quotidiano, 6 gennaio 2010


Dieci anni fa moriva Bettino Craxi nella sua residenza tunisina. Fuggiasco, con due mandati di cattura sul capo e due condanne definitive a dieci anni per corruzione e finanziamento illecito: miliardi di lire imboscati in conti esteri. Oggi i suoi fan lo commemorano: ogni categoria ha il suo santo patrono. Il Pride ideato dalla signora sindaco di Milano partirà da quella città diretto al Senato della Repubblica. E intanto giungono i "messaggi".

Il ministro Frattini dichiara che si deve "lasciare ai professionisti delle manette la prospettiva di seminare odio e inimicizia". Dove per "professionisti delle manette" altro non si può intendere che le forze dell’ordine (carabinieri, polizia, guardia di finanza) cui lo Stato affida il compito di arrestare i professionisti del crimine. Ma se arrestare criminali pare sconveniente al ministro, è strano che faccia sapere al presidente della Repubblica che nella sua prossima visita ufficiale in alcuni paesi africani non potrà esimersi dal fare una deviazione in Tunisia per sostare in raccoglimento sulla tomba di Craxi.

Non si capisce perché un nostro ministro in carica si rechi in un paese come la Tunisia che il Consiglio d’Europa ha più volte censurato per le torture e le feroci repressioni del dittatore Ben Ali.

Altri messaggi provengono da Gianni De Michelis, già pluricondannato per corruzione (tangenti autostradali nel Veneto e scandalo Enimont), con pene sospese con la condizionale. In America un rottamato del governo Nixon non scriverebbe neppure su un giornalino dello Iowa. In Italia De Michelis merita l’attenzione della grande stampa. Cito: "La stragrande maggioranza degli italiani riconosce il ruolo politico di Craxi, cioè del più grande statista della fine del Ventesimo secolo. Grillo, Travaglio, Di Pietro rappresentano una minoranza molto esigua che esiste in tutte le società del mondo". (Repubblica, 31/12/09). Non si capisce bene con quali motivazioni De Michelis affermi che le persone da lui indicate esprimano una minoranza.

È esattamente il contrario. Nonostante la sua frequentazione delle aule di giustizia, si è dimenticato che i tribunali della Repubblica pronunciano le sentenze in nome del popolo italiano. Ma se vuole una revisione del processo a Craxi può portare le prove.

Ma a De Michelis interessano soprattutto gli statisti. Si veda la sua opera, purtroppo l’unica finora pubblicata, Dove andiamo a ballare stasera? Guida a 250 discoteche italiane, Mondadori 1988, un esemplare trattato per diventare statisti, politici e ministri. Craxi ne fu entusiasta e la preferì al socialismo liberale di Norberto Bobbio, un filosofo che gli pareva troppo scomodo e che definì fuori di testa. Forse De Michelis voleva dire un grande statistico: e infatti Craxi i 150 miliardi di introiti illeciti li suddivise con un fine senso della statistica in conti personali sparsi fra Svizzera, Liechtenstein, Caraibi ed estremo oriente, e nel ‘98, quando la Cassazione ne dispose il sequestro, i soldi erano spariti.

Ma finalmente De Michelis esplicita i tre motivi per cui lo considera un grande statista: "Penso a come prese di petto la vicenda di Sigonella. Penso al viaggio sulla tomba di Allende nel Cile di Pinochet: in quel cimitero gli prudevano davvero le mani. Penso ai soldi dati ai movimenti di liberazione, senza andare troppo per il sottile, come fu per l’Olp di Arafat” (Repubblica, cit.).

La vicenda di Sigonella Craxi la prese di petto, eccome. Il signor Leon Klinghoffer, l’ebreo americano in carrozzella che i terroristi buttarono a mare, la prese in un altro modo. Il fatto è che per la prima volta nel dopoguerra Craxi impose alla comunità internazionale l’idea che un atto di terrorismo possa essere considerato lecito. Quanto al prurito alle mani in Cile, resta il mistero. Gli durò a lungo? Come se lo fece passare? Su un evento biografico così importante De Michelis purtroppo tace.

E infine i soldi che elargiva all’Olp di Arafat "senza andare troppo per il sottile". Viene spontanea una domanda: ma chi glielo aveva ordinato, a Bettino Craxi, di dare soldi sottobanco all’Olp di Arafat? Se fossero stati soldi di famiglia sarebbe solo un problema politico, ma dato che erano soldi di tangenti, cioè denaro sporco, la faccenda si complica. E poi: il grande statista lo sapeva che anche Arafat, i soldi, invece di usarli per la sua organizzazione li imboscava come lui su conti personali in Svizzera e in Francia?

Ma De Michelis dimentica le imprese che fanno del Nostro uno statista sui generis: per esempio la sua amicizia con Siad Barre, un sanguinario dittatore che con un colpo di Stato, dopo aver fatto fucilare intellettuali, giornalisti e oppositori, aveva instaurato dal 1969 una feroce dittatura in Somalia e che ricevette da Craxi montagne di denaro. Era la cosiddetta "cooperazione italiana". Per il solo quadriennio 1981-84, Craxi stanziò per la dittatura di Barre 310 miliardi di lire. Tralascio le armi italiane alla Somalia, oltre agli aiuti "tecnici" e le magnifiche autostrade costruite nel deserto.

Del grande statista il suo devoto dimentica poi la legge Mammì, la revisione del Concordato del 1984 con l’attribuzione dell’8 per mille alla Chiesa, il debito pubblico che da 400 mila passò a 1 milione di miliardi di lire, l’Alfa Romeo regalata alla Fiat e sottratta alla Ford che l’avrebbe pagata, le amicizie con Licio Gelli, le parole di sostegno ai generali argentini contro la Gran Bretagna durante la crisi delle Falkland. E infine la Tunisia.

Craxi la scelse come punto di fuga nel 1994. In quel paese dal 1987, con un colpo di Stato sostenuto dal nostro Sismi, aveva preso il potere un certo Zine El-Abidine Ben Ali, instaurando un regime di terrore dove sparizioni, omicidi e torture erano all’ordine del giorno. Evidentemente a Craxi piaceva, non gli prudevano le mani. Ben Ali, si noti, è "presidente" della Tunisia da 21 anni, perché "ama il suo popolo e ne è riamato", come dice la sua propaganda.

Il devoto del grande statista conclude con un messaggino al presidente della Repubblica: "Alle elezioni del ’92 cominciammo ad ospitare nelle liste del Psi alcuni miglioristi: Borghini, Minopoli, Francese. Altri, più vicini a Napolitano, saltarono solo per un’esitazione dell’ultimo secondo. Poi, venne Mani Pulite (…) Non gli tiro la giacca, il capo dello Stato sa cosa fare. Avrà un grande ruolo, perché Bettino offre a tutti una grande occasione…". Bettino offre a tutti una grande occasione. Meglio girar la testa dall’altra parte e fare finta di non avere sentito.

Ma c’è una cosa che De Michelis non può dire, ed è una cosa che fa di Craxi a suo modo un "grande". Non certo il più grande statista della fine del secolo, ma il più grande illusionista della fine del secolo. Perché Craxi, con l’aiuto dei suoi fidi, la fine del secolo è riuscito a farla sparire, come i miliardi dalle banche. Non ha imboscato solo i soldi delle tangenti, ha imboscato anche il Tempo. Dove abbia nascosto la fine del secolo, in quale remoto conto off-shore o in quale Buco Nero dell’universo non si sa, ma è sparita.

Il Novecento è finito e il nuovo secolo (anzi il nuovo millennio) si è portato via il vecchio, con la sua storia e i suoi detriti, che in occidente sono volati via dappertutto, in America come in Europa. Meno che in Italia, che probabilmente non appartiene all’Europa. Gli italiani non sono nel Duemila, sono ancora nel millennio scorso: ci sono ancora i comunisti (lo dice Berlusconi), c’è ancora il Sillabo, ci sono ancora i Servizi deviati, c’è ancora la mafia che lavora coi politici e i politici che lavorano con la mafia, c’è ancora il conflitto d’interessi, c’è ancora senza esserci l’Alitalia, c’è ancora Porta a Porta, c’è ancora D’Alema e soprattutto c’è ancora Bettino Craxi, e dunque c’è Berlusconi.

Voi siete (noi siamo) ancora negli anni Ottanta, cari connazionali, quando c’era la Democrazia cristiana, la P2, la Milano da bere e De Michelis componeva la sua fondamentale opera sulle discoteche italiane. È la notte dei morti viventi. E per fortuna siamo agli anni Ottanta, perché se va avanti (anzi indietro) così, domani potremmo leggere sui giornali: "Individuati i responsabili della bomba al tribunale o alla questura tal dei tali. Si chiamano Pietro Valpedra e Giuseppe Pinelli".

Una strada intitolata a Craxi? Ma che gli diano pure un vialone. Purché l’eventuale via che Ilaria Alpi meriterebbe ne sia a debita distanza. Dove andiamo a ballare stasera? Ma al Senato, tesoro.


lunedì 4 gennaio 2010

Peggio del giovane Sindona. La proposta della Premiata Agenzia Immobiliare dell’“opposizione” per l’area di via F.lli Cairoli




Alta tensione e sonnolenza postprandiale

Sono passati più di due mesi dall’epica marcia di duecento metri “per la salvaguardia del Parco delle Groane” [v. i primi paragrafi de Il magliaro illusionista], e sono stati, ci rivela un “comunicato stampa” [Via Cairoli: Le proposte dell’opposizione (questo post, che si trovava sul sito web del PD di Limbiate, è stato convenientemente rimosso, per i motivi che risulteranno chiari se si avrà la pazienza di andare avanti nella lettura, dopo la pubblicazione del mio post], mesi durante i quali “è stata alta la tensione relativa al dibattito sul futuro della grande area”. In realtà nessuno se n’era accorto, ma non se ne può dubitare: le asinerie, le farneticazioni e le falsità con le quali è farcito questo ennesimo “comunicato” sgrammaticato testimoniano che la “tensione” è stata tanto alta da ridurre in cenere il cervello di chi lo ha scritto. Oltre alla cenere, però, è rimasto dell’altro. Il comunicato, infatti, serve per lanciare una proposta che esprime con chiarezza la natura vera di questa gente che dice di essere l’”opposizione”, ma in realtà è stabilmente a servizio presso alcuni degli speculatori limbiatesi che, anche se non sono del tutto identificabili con la maggioranza politica del Comune, partecipano pro-quota (anzi: pro-lotto!) al saccheggio di Limbiate. Mentre la banda di Romeo e soci procaccia affari per il gruppo degli speculatori attualmente vincente sul mercato, l’"opposizione" cura gli affari della parte minoritaria dei pescecani (come li avrebbe chiamati Giuseppe Scalarini). In sostanza, abbiamo a che fare con un’altra agenzia di affari immobiliari, diversa dalle altre solo perché sulla sua vetrina sono esposti un ambientalismo urbano d’accatto e alcuni progetti “scientifici” ormai svaniti nel nulla.

L’area di via F.lli Cairoli, sulla quale si vorrebbe costruire una sessantina di appartamenti e un vasto parcheggio, è stata definita dagli organizzatori della marcetta “la porta del Parco delle Groane”, “il limite della ragione e della capacità di urbanizzare in modo consapevole e sostenibile”, ma la brevissima passeggiata è stata organizzata in modo estemporaneo, quando la variante proposta dal Comune era già stata adottata da mesi, e dopo la scadenza del termine per presentare le osservazioni, che sono state presentate ma non divulgate. Già la considerazione di queste circostanze portava a formulare qualche interrogativo. Tuttavia ci si aspettava che dopo la marcia fosse organizzato innanzitutto un grande lavoro di raccolta, analisi e diffusione delle informazioni, per argomentare compiutamente e sostenere meglio quelle affermazioni tanto roboanti, e poi altri episodi di contestazione degli scellerati progetti della banda guidata dal Tecoppa sub-aspromontano. Ma (ne vedremo più avanti le ragioni) niente di ciò è stato fatto dal gruppetto di inetti che, per aver ottenuto qualche “X” sul proprio nome, credono di essere in grado di fare i rappresentanti popolari e di essere i padroni di tutto il campo dell’opposizione al centro-destra limbiatese. Questo lavoro non è stato fatto né dagli ectoplasmi dell’Asinistra, né dalla più importante Agenzia Immobiliare di Limbiate, coordinata da Ti-che-te-tarchett-i-ball, né dall’armata Brancaleone che vanta fra i suoi armigeri un magliaro illusionista e uno statista postelegrafonico. Non lo ha fatto nemmeno un architetto che, segato a suo tempo da Romeo e Mestrone, è ai margini del mercato edilizio limbiatese da troppi anni, ormai, per non avere la smania di rientrarvi, e si guarda bene dall’infastidire davvero i padroni del vapore (intanto fa il consigliere comunale di una lista il cui nome più appropriato sarebbe “Città Morta”). Non lo ha fatto, infine, nemmeno un sedicente “comitato” che ha promesso di “vigilare” e di organizzare i cittadini contro “la cementificazione”, ma si dedica, più che ad altro, ad organizzare riffe e pacciade (e se ne comprende facilmente la ragione: i pensieri e i movimenti dei quattro - cinque del “comitato”, guidati da quel ferratissimo leader, da quel militante civico dalla consumata abilità, da quell’uomo dall’incondizionata lealtà e dalla limpidissima franchezza che si chiama Mauro Varisco, sono rallentati, oltre che dall’insipienza e dalla stolidità, anche dalla sonnolenza post-prandiale).

Una bonaccia da Mar dei Sargassi
 
Ti-che-te-tarchett-i-ball & C. parlano di “alta tensione”, ma per due mesi abbiamo ascoltato, invece, solo un placido russare in una bonaccia da Mar dei Sargassi. L’esatto contrario del lavorìo che si riscontra, in tutto il mondo (anche in favelas di città brasiliane e in poverissime municipalità indigene dell’altopiano boliviano), quando i gruppi politici locali e i comitati di cittadini si organizzano per difendersi dai predoni del territorio e combattere la speculazione edilizia! A nulla sono valsi alcuni tentativi di increspare, almeno, questa calma piatta, fatti da me ben prima che la variante fosse approvata definitivamente dal Parco delle Groane, con ripetute sollecitazioni ad approfondire la conoscenza della questione. Queste sollecitazioni, rivolte ad un giovane adepto dell’Asinistra, il cui spirito, evidentemente, ormai è stato troppo guastato dalla frequentazione di vecchie cariatidi perché abbia voglia di mettersi a pensare con la sua testa, e ad una consigliera senaghese di Rifondazione Comunista, ma rappresentante la Provincia di Milano nel Consiglio di Amministrazione del Parco delle Groane, sono cadute nel vuoto.

Tanti vincoli, nessuna opposizione

Il sospetto che il vero obbiettivo della marcetta non fosse la “difesa del verde” era stato rafforzato, infatti, dall’esame delle caratteristiche di quell’area e dei vincoli che vi sono posti da una serie impressionante di documenti normativi: il PRG vigente del Comune di Limbiate; lo stesso Piano Territoriale di Coordinamento del Parco; il P.T.C. della Provincia di Milano, con il quale, essendone ancora sprovvista la Provincia di Monza, devono conformarsi e il Parco e la nuova Provincia; il sistema dei vincoli territoriali della Regione Lombardia e quelli che lo Stato pone sulle aree ai lati dei fiumi e dei cimiteri. La semplice lettura della cartografia reperibile sul web metteva, infatti, e mette a disposizione di chi voglia organizzare davvero l’opposizione alla variante al P.T.C. del Parco delle Groane una tale quantità di ragioni forti (poiché sono corroborate da norme pubbliche) che ne risulta uno iato stridente con la miseria delle argomentazioni “ambientaliste” della marcetta e con l’assenza di reazioni alle sollecitazioni di cui parlavo prima. Certo, si era trattato dell’ennesima, per quanto sporadica, attività di modestissima manutenzione di un consenso elettorale che per qualcuno si assottiglia sempre di più, e per altri è ridotto ormai ai minimi termini, ma la povertà dei suoi contenuti, e il silenzio che ne è seguito, era troppo povera l’una e troppo assordante l’altro per non chiedersi quale fosse il vero obiettivo per il quale la marcetta era stata organizzata.

Spartizione del mercato edilizio limbiatese

Ora tutto è (più) chiaro: la “variante” per l’area di via F.lli Cairoli in realtà è (e non poteva essere diversamente!) un’operazione mirata e concordata che permetterebbe a una serie di soggetti (ma non alla collettività, come sarà chiaro fra poco) di raggiungere ciascuno i propri obbiettivi. L’operazione serve sia a coloro che occupano il mercato dell’edilizia, che a quelli che occupano il mercato della politica limbiatese, legato organicamente al primo. Serve alla banda di procacciatori d’affari che ha in mano il Comune e cura gli interessi di alcuni soggetti che non vogliono essere troppo disturbati mentre mangiano la parte più grande della torta edilizia di Limbiate, e sanno bene che per essere lasciati tranquilli devono cederne una parte ad altri (altrettanto) affamati di territorio. Serve all’Agenzia Immobiliare “Opposizione”, una sezione della quale è costituita dal “PD Limbiate”, che si occupa degli affari di palazzinari ai quali in questo periodo spetta, per ragioni elettorali, la parte minore della torta, mentre un’altra sezione è costituita dall’Asinistra, legata a palazzinari della stessa risma (dai quali spera di farsi pagare anche la prossima campagna elettorale). Serve all’architetto messo ai margini del mercato edilizio, che insieme all’Asinistra ha firmato un’”osservazione” alla variante al P.T.C. priva di qualsiasi vero contenuto, ma che aveva l’aria di essere solo un avvertimento alla giunta comunale: attenzione, dovete trattare anche con noi. Serve, infine, anche al Comitato delle pacciade che, a parte le abbuffate, riesce a dare segni di vita solo se qualcuno fa firmare a Mauro Varisco testi nei quali egli non ha messo nemmeno una virgola.

Qual è, infatti, ora che la variante è stata approvata (il 27 novembre, all’unanimità: quindi anche con il voto favorevole della consigliera di Rifondazione Comunista!), la proposta dell’”opposizione” per l’area di via F.lli Cairoli? Prima di richiamarla è necessario, per capirne il vero scopo, dire che quell’area, per i vincoli stabiliti dal P.T.C. della Provincia di Milano, dalla Regione Lombardia e dallo Stato (tutti prevalenti su qualsiasi norma del P.T.C. del Parco delle Groane) è in grandissima parte inedificabile, e lo è, in particolare, perché due di questi vincoli sono vincoli assoluti di inedificabilità: mi riferisco a quello che protegge l’area di rispetto del torrente Garbogera, che si estende fino a 150 metri dal piede dell’argine, e quello della zona di rispetto che si estende per 200 metri dal Cimitero Monumentalino (e qui, a differenza del P.L. di via Monza, almeno per il momento non vi sono pretesti per violarla).

Proteggere le aree dove gli speculatori guadagnerebbero pochissimo, ma far cementificare quelle (pubbliche) dove guadagnerebbero moltissimo

Omettendo qualsiasi riferimento alle caratteristiche morfologiche dell’area, che è ben più di un prato verde (che come semplice colore urbano significa pochissimo!), e trascurando i vincoli che vi sono posti per salvaguardarla, alcuni inetti (a fare l’opposizione), evidentemente manovrati per vie traverse da alcuni palazzinari, propongono non di far valere i vincoli di inedificabilità, bensì, poiché si tratta di rispettare il “limite della ragione e della capacità di urbanizzare in modo consapevole e sostenibile”, di spostare la cementificazione su un’altra area di proprietà pubblica! Questa, infatti, è la bella ponzata esposta, con le sgrammaticature usuali e tipiche di Ti-che-te-tarchett-i-ball, in un comunicato pieno di falsità e farneticazioni: si propone cioè che il Comune espropri l’area di via F.lli Cairoli e la permuti con un’area di pari estensione, ovviamente edificabile, del patrimonio immobiliare comunale!

La proposta di permuta, mistificata con il termine “esproprio”, significativamente non è stata fatta prima dell’approvazione della variante al P.T.C. del Parco (variante proposta dal Comune di Limbiate, si badi, già nel 2005), quando l’area era destinata ad usi agricoli, e non è stata fatta nemmeno al momento della marcia patetica, ma viene fatta adesso, quando ormai (almeno secondo il Parco delle Groane) quel terreno di oltre 41.000 mq è diventato per più della metà edificabile (“Pianificazione Comunale Orientata”) e per il resto “zona per servizi di interesse comunale”, e quando il suo valore non è più quello dei terreni agricoli, bensì (almeno sulla carta) quello delle aree destinate ad usi residenziali nella zona centrale di Limbiate.
Si considerino, ora, le caratteristiche e i vincoli di quell’area, che, se fatti valere, comunque impedirebbero l’edificazione residenziale, e anche i parcheggi, su tutta la parte che la variante ha destinato alla P.C.O. (circa 21.000 mq sul lato della via F.lli Cairoli), poiché questa parte è compresa per più della metà nell’area di rispetto del Garbogera, ed interamente nella zona di rispetto del Cimitero Monumentalino. Il primo vincolo impedirebbe anche di costruire il parcheggio su tutta la parte adiacente al torrente Garbogera, poiché ricade interamente (oltre che nell’area di rispetto cimiteriale) nell’area di rispetto del torrente, ed è definita ”area ad elevata vulnerabilità idraulica e per possibili casse di colmata” dallo stesso P.T.C. del Parco delle Groane. Pertanto, le possibilità di edificazione su quell’area sarebbero, in realtà, assai limitate. Per gli speculatori, tuttavia, le soluzioni che può offrire la “politica” sono infinite. Ed eccone una geniale: secondo la proposta folle (dal punto di vista dell’interesse pubblico, poiché dal punto di vista degli speculatori, invece, essa è del tutto “razionale”) di cui si sono fatti latori gli inetti, il privato dovrebbe essere “espropriato” di un’area sulla gran parte della quale, nonostante la variante del P.T.C. del Parco (che certo sarà poi inserita, se l’operazione non sarà bloccata, nel P.G.T. del Comune), potrebbe solo esercitare l’agricoltura; in cambio, la collettività dovrebbe dargli un’area del patrimonio comunale di pari estensione e non minore valore, ovviamente interamente edificabile per insediamenti residenziali. E si potrebbe scommettere, naturalmente, che in una simile operazione le aree standard dovute per le nuove costruzioni, tenendo conto della prassi della monetizzazione e/o compensazione al ribasso che il Comune continua a seguire (finché non interverrà la magistratura!), sarebbero compensate con l’area dell’ipotetico parcheggio di via F.lli Cairoli, il cui valore anche dopo la recente variante rimane ben inferiore a quello delle aree edificabili!
 

Peggio del giovane Sindona

Ecco a cosa serve la proposta della “permuta a compensazione di un esproprio”: a valorizzare al massimo una proprietà fondiaria che, restando lì dov’è, potrebbe essere valorizzata con costruzioni residenziali solo in minima parte! È necessario, quindi, il marchingegno nascosto nella “proposta dell’opposizione”: la proprietà privata di un’area assoggettata a diversi vincoli di inedificabilità, e pertanto solo modestamente valorizzabile, verrebbe “traslata” (per usare un termine del settore) su un’area del patrimonio pubblico priva di vincoli. Il privato potrebbe così ricavarne il massimo profitto!

Il famigerato criminale Michele Sindona, legato alla mafia siciliana e mandante dell’omicidio dell’avvocato Giorgio Ambrosoli, cominciò a costruire le sue fortune, tra la fine degli anni quaranta e i primi anni cinquanta del novecento, acquistando per conto terzi terreni agricoli attorno a Milano che poi, corrompendo gli amministratori pubblici, riusciva a far trasformare in terreni edificabili; ne ricavava laute provvigioni ed appartamenti per sé. Con l’operazione che viene proposta per l’area di via F.lli Cairoli si farebbe assai peggio, poiché il Comune, cioè la collettività, non dovrebbe limitarsi a concedere un atto amministrativo (la dichiarazione di edificabilità di un terreno agricolo), ma addirittura dovrebbe cedere agli speculatori una proprietà pubblica! Che nessun cretino venga a blaterare sulle “contropartite”, poiché, ripeto, sull’area di via F.lli Cairoli vi sono già dei vincoli tali che, anche se restasse di proprietà privata, la destinerebbero a verde, e se il Comune la volesse espropriare il suo prezzo sarebbe quello di un terreno agricolo. Quanto, poi, alla proposta di costruzione di un parcheggio su un’”area ad elevata vulnerabilità idraulica e per possibili casse di colmata”, essa da sola basta a dileggiare la stoltezza di chi la fa.

Programmazione della speculazione e ambientalismo prostituito

Dicevo prima che ora tutto è (più) chiaro, poiché non si potrebbe trovare un esempio migliore per spiegare quanto sia appropriato usare il termine speculazione (ovviamente pervertendone il significato originario) quando si parla degli affari dell’edilizia, ed è chiaro, anche, che il termine “programmazione”, con il quale sproloquia continuamente Ti-che-te-tarchett-i-ball, deve essere inteso come sinonimo di "speculazione". Ovviamente l’origine della proposta non è da collocare esattamente nella scatola cranica di costui, bensì in quella di altri che, marpioni, l’hanno suggerita a lui e agli altri che l’hanno presentata alla stampa e si sono fatti fotografare in gruppo. Ma chi sono costoro? Sono solo dei cretini politici, più deleteri dei cretini semplici perché agiscono nell’arena pubblica, o sono dei venditori immobiliari? Corrono voci, infatti, che i veri proprietari dell’area siano noti costruttori ed immobiliaristi più vicini al PD che a Romeo. E guarda che caso: il gruppetto che appare sul “Giornale di Desio” del 22 dicembre è costituito per cinque sesti da eredi, compagni di partito e corresponsabili di chi ha cementificato Piazza della Repubblica!

In ogni caso, sia i tempi della proposta di variante, sia le modalità della marcetta in fa maggior, sia la proposta di “soluzione ragionevole” dimostrano che tutto era preparato da lunga pezza. La marcetta non era il primo episodio di una lotta (che infatti non c’è stata), ma solo un mezzo per creare nell’opinione pubblica contraria alla speculazione edilizia le condizioni affinché la successiva proposta apparisse “intelligente”, risolutiva ed “equa”. Creata la situazione propizia, i mentori occulti del coordinatore del PD e dell’Asinistra hanno suggerito la soluzione che potrebbe soddisfare, in un colpo solo: l’esigenza degli speculatori di trarre il massimo profitto da tutta l’area di via F.lli Cairoli (previa “traslazione” della proprietà su un’area pubblica priva di vincoli); la squallida vanagloria del benefattore dei bambini di Černobyl' (in quali mani!); le illusioni di rivalsa elettorale delle cariatidi dell’Asinistra; l’ansia di protagonismo degli organizzatori di pacciade. Ecco come la difesa dell’ambiente (“la porta del Parco delle Groane!”, “l’ultima grande risorsa per la città!”, “il “limite della ragione e della capacità di urbanizzare in modo consapevole e sostenibile!”) può essere prostituita e usata per soddisfare la libidine del massimo profitto dei palazzinari!

Un Piano di Lottizzazione a te, una Pianificazione Comunale Orientata a me
 
Questa operazione è stata contrattata, ovviamente, con la banda di procacciatori di affari che governa il Comune. In un contratto si dà e si riceve. Per l’appunto, sul cambio di destinazione dell’area di via F.lli Cairoli, l’”opposizione” non ha aperto bocca prima della scadenza del termine per fare le osservazioni, e quelle (inconsistenti) presentate pro-forma non sono state divulgate. Dopo la scadenza, l’”opposizione” ha approvato a scatola chiusa il Piano di Lottizzazione di via Monza [ampliamento di Euronics; aggiunta dell'1-5-2012 (n.d.r.)] e, anche per distogliere l’attenzione da questa bella porcheria, pochi giorni dopo è stata organizzata la patetica marcetta. Nei due mesi successivi nulla più è stato detto o fatto, né sull’area di via F.lli Cairoli, né sul P.L. di via Monza A proposito di questo piano, quasi in extremis e solo dopo che certi rilievi [vale a dire del sottoscritto ; aggiunta dell'1-5-2012 (n.d.r.)], evidentemente, erano giunti a qualcuno, è stata presentata un’osservazione manifestamente improvvisata, formalmente firmata da Mauro Varisco ma della quale sicuramente egli non ha pensato né scritto nemmeno una virgola (poiché, infatti, non è in grado, né mai lo sarà, di fare quel tipo di discorso). L’osservazione conteneva proposte di modifiche altrettanto illogiche di ciò che chiedeva di modificare, e non poteva che essere respinta. Anche per quanto riguarda i rilievi effettivamente critici degli interventi orali nel consiglio comunale del 29 dicembre 2009, in pratica sono stati utilizzati (malamente) solo quelli (certamente captati per interposta persona, ed esposti tutti solo fino al punto in cui erano stati captati) di qualcuno [vale a dire del sottoscritto; aggiunta dell'1-5-2012 (n.d.r.)] che, senza essere consigliere comunale, si prende la briga di andare in Municipio a gettare un’occhiata critica su certi documenti. Ma l’osservazione e i rilievi critici servivano solo per fare la recita dell’opposizione, poiché è nella categoria delle farse che deve essere collocato il voto del 29 dicembre contrario all’approvazione definitiva del P.L., dopo averne approvata l’adozione, alla metà di ottobre, senza aver formulato il benché minimo rilievo critico (infatti, erano solo causidiche e nient’affatto critiche le “migliorie” alla convenzione attuativa proposte da Terragni, che sono state accettate all’istante, senza alcuna discussione. Ti-che-te-tarchett-i-ball, invece, è stato accontentato con la vaga promessa di una pista ciclabile.

Do ut des: il P.L. di via Monza contro la Pianificazione Comunale Orientata di via F.lli Cairoli, da “traslare”, però, su un’area pubblica dove sia possibile realizzare il massimo profitto!


venerdì 1 gennaio 2010

Voglio fare un tuffo nell'animalità per ritrarne nuovo vigore


Capodanno


di Antonio Gramsci (1891-1937)


Ogni mattino, quando mi risveglio ancora sotto la cappa del cielo, sento che per me è capodanno.

Perciò odio questi capodanni a scadenza fissa che fanno della vita e dello spirito umano un'azienda commerciale col suo bravo consuntivo, e il suo bilancio e il preventivo per la nuova gestione. Essi fanno perdere il senso della continuità della vita e dello spirito. Si finisce per credere sul serio che tra anno e anno ci sia una soluzione di continuità e che incominci una novella istoria, e si fanno propositi e ci si pente degli spropositi, ecc. ecc. È un torto in genere delle date.

Dicono che la cronologia è l'ossatura della storia; e si può ammettere. Ma bisogna anche ammettere che ci sono quattro o cinque date fondamentali, che ogni persona per bene conserva conficcate nel cervello, che hanno giocato dei brutti tiri alla storia. Sono anch'essi capodanni. Il capodanno della storia romana, o del Medioevo, o dell'età moderna. E sono diventati cosí invadenti e cosí fossilizzanti che ci sorprendiamo noi stessi a pensare talvolta che la vita in Italia sia incominciata nel 752, e che il 1490 o il 1492 siano come montagne che l'umanità ha valicato di colpo ritrovandosi in un nuovo mondo, entrando in una nuova vita. Cosí la data diventa un ingombro, un parapetto che impedisce di vedere che la storia continua a svolgersi con la stessa linea fondamentale immutata, senza bruschi arresti, come quando al cinematografo si strappa la film e si ha un intervallo di luce abbarbagliante.

Perciò odio il capodanno. Voglio che ogni mattino sia per me un capodanno. Ogni giorno voglio fare i conti con me stesso, e rinnovarmi ogni giorno. Nessun giorno preventivato per il riposo. Le soste me le scelgo da me, quando mi sento ubriaco di vita intensa e voglio fare un tuffo nell'animalità per ritrarne nuovo vigore. Nessun travettismo spirituale. Ogni ora della mia vita vorrei fosse nuova, pur riallacciandosi a quelle trascorse. Nessun giorno di tripudio a rime obbligate collettive, da spartire con tutti gli estranei che non mi interessano. Perché hanno tripudiato i nonni dei nostri nonni ecc., dovremmo anche noi sentire il bisogno del tripudio. Tutto ciò stomaca.

Aspetto il socialismo anche per questa ragione. Perché scaraventerà nell'immondezzaio tutte queste date che ormai non hanno piú nessuna risonanza nel nostro spirito e, se ne creerà delle altre, saranno almeno le nostre, e non quelle che dobbiamo accettare senza beneficio d'inventario dai nostri sciocchissimi antenati.


"Avanti!", a. XX, n. 1, 1° gennaio 1916, cronache torinesi, nella rubrica "Sotto la mole", ora in Cronache torinesi 1913-1917 , Giulio Einaudi editore, Torino 1980, pp. 47-48