mercoledì 31 marzo 2010

I voti sono come le fidanzate, e quelli che i cittadini limbiatesi hanno dato al Movimento 5 Stelle non sono dell'IDV



L’unica vera novità dei risultati delle elezioni regionali a Limbiate è che nessuno ormai può continuare a negare che vi sono cittadini che non ne possono più non solo del malgoverno del centro-destra, ma anche dell’opposizione finta del centro-sinistra. Che a Limbiate esistano anche cittadini che, pur opponendosi a Berlusconi, Formigoni, Romeo, ecc., non sono disposti a credere che l’unica possibile alternativa d’opposizione sia quella del tutto virtuale dei vari PD, SEL, RC-PdCI, IDV, io lo sostengo da tempo contro vari minuscoli politicanti come lo statista postelegrafonico, Campisi, Archetti, Terragni, Binacchi, Pecora, ecc., che hanno sempre preteso di essere loro l’unica opposizione. Dall’altro ieri ciò non è più possibile (ma i suddetti continueranno con le loro pretese), poiché un gruppo di 409 cittadini, pari al 2,82% degli elettori, nelle elezioni regionali ha votato per il Movimento 5 Stelle, cioè per l’unico movimento (nel quale da tempo mi colloco) che fa l’opposizione sia al centro-destra, sia al centro-sinistra, mirando a “cinque stelle”, vale a dire a cinque grandi obbiettivi da tenere ben fermi: la difesa intransigente e senza compromessi politicisti dell’ambiente, dell’acqua, di uno sviluppo fondato sul lavoro e non sulla sua distruzione, della connettività gratis per tutti e senza censure, dei trasporti pubblici non inquinanti e a basso costo per andare dovunque. Che il centro-destra consideri l’ambiente solo come spazio disponibile per la cementificazione e l’acqua come una merce; che favorisca politiche che mirano alla distruzione del lavoro; che miri all’ulteriore ipertrofia del trasporto privato e che voglia sottoporre a censura anche l’internet – tutto questo è ben chiaro per molti. È invece meno chiaro che in ognuno di questi settori le politiche del centro-sinistra sono solo versioni leggermente ammorbidite delle politiche neo-liberiste del centro-destra. Tuttavia, la consapevolezza che contro queste politiche i cittadini devono e possono organizzarsi da soli cresce velocemente. Addirittura, questa consapevolezza è già una forza visibile e misurabile non solo nelle piazze o nell’internet, ma anche tramite quel misuratore della coscienza pubblica tipico delle società con un tasso almeno sufficiente di democrazia, che è la scheda elettorale.

Le liste civiche del Movimento 5 Stelle sparse in tutta l’Italia sono già una cinquantina. Nelle elezioni regionali di due giorni fa queste liste, presentate in sole cinque regioni su tredici, hanno ottenuto una percentuale di voti pari all’1,5% a livello nazionale (Lombardia 3,01%, Piemonte 3,66%, Veneto 2,57%, Emilia Romagna 6%, Campania 1,33%). Nella provincia di Monza il Movimento 5 Stelle ha ottenuto 14.788 voti pari al 3,45%, la percentuale più alta fra tutte le province lombarde. Questi i dati di alcuni comuni della provincia: Desio 5,18%, Cesano Maderno 3,00%, Bovisio Masciago 4,49%, Varedo 3,73%, Ceriano Laghetto 3,30%, Brugherio 4,12% Monza 4,11% (qui sono stati ottenuti più voti di Sinistra Ecologia e Libertà, Pensionati, Verdi, UDC, PRC-PdCI, Forza Nuova: il Movimento è la quinta forza dopo PDL, Lega, PD e IDV; a Desio è stata superata anche quest’ultima lista).

Qui a Limbiate la percentuale è stata, come dicevo, del 2,82%. E tuttavia, che anche a Limbiate esista fra i cittadini e si manifesti (anche se per il momento solo con la scheda elettorale) un’opposizione tanto al neo-liberismo duro del centro-destra, quanto a quello morbido (si fa per dire) del centro-sinistra, non è cosa che possa essere trangugiata senza difficoltà da chi, facendo il politicante sin dalla più tenera età, non può non inquietarsi se nella società si muove qualcosa di autonomo. “Sì, c’è qualcuno che ha dato dei voti al Movimento 5 Stelle, ma li ha pescati nel nostro elettorato, e quindi la percentuale del 2,82% sarebbe da sommare al nostro 8%! Perché, perdindirindina, noi abbiamo bissato il successo già ottenuto alle europee e alle provinciali del 2009! Se non fossero saltati fuori questi birbanti, infatti, il nostro risultato sarebbe superiore al 10%!”

Questo, sostanzialmente, il senso del discorsetto che l’IDV fa a proposito di quel 2,82% di voti, e che è stato scritto, presumibilmente, da un noto magliaro illusionista: infatti è falso che l’IDV abbia "bissato" il successo ottenuto nelle elezioni provinciali e in quelle europee del 2009, nelle quali aveva ottenuto, rispettivamente l’8,82% e l’8,94% (dati della Provincia di Monza). Ha compiuto, invece, in meno di dieci mesi, un notevole passo indietro, poiché nelle regionali 2010 ha ottenuto precisamente l’8,02% (dato del Ministero dell’Interno). Se prendiamo in considerazione il dato minore del 2009, l’8,82% delle provinciali, ci accorgiamo che la differenza con le regionali del 2010 è 0,8: vale a dire che l'IDV di Limbiate ha già perso la decima parte della percentuale ottenuta nemmeno dieci mesi fa. Non si tratta affatto di un successo “bissato!” Anzi, la roccaforte dell'Italia dei Valori in Brianza è già sbrecciata.

Ma, a parte questa falsificazione, che è tipica del personaggio e che basterebbe da sola a dare l’impronta al discorsetto, questo contiene la riproposizione di un vieto cliché degli stalinisti italioti, secondo i quali tutti i voti dati ad una lista d’opposizione alla destra, ma non collegata alla loro, non erano la manifestazione di una diversa opposizione, bensì voti rubati a loro, o dispersi, quando non erano considerati addirittura voti di liste di disturbo. Impossibile discutere con i fanatici, i manichei, i settari, gli stalinisti (che hanno delle caratteristiche proprie, ma compendiano anche le altre forme di intolleranza); tutt’al più, anche perché il tentativo di fagocitazione (o di procurarsi un’altra claque adorante, nella prospettiva di una vociferata uscita dall’IDV) in questo caso è fin troppo scoperto e ridicolo, potremmo paragonare l'autore a quel tizio che, non riuscendo a farsi una fidanzata, se la prendeva con un amico che di fidanzate ne aveva molte, ma non ne procurava mai una a lui!

I voti, infatti, sono come le fidanzate (o i fidanzati). Ognuno se li deve procurare da solo. E se li perde, quasi sempre è perché non se li sa conservare. Che dire di diverso, di fronte alla canea che il PD ha scatenato contro il Movimento 5 Stelle, perché con il 4,08% di voti ottenuti in Piemonte dal suo candidato presidente Davide Bono avrebbe provocato la sconfitta del centro-sinistra? In Piemonte, limitandoci a parlare di ambiente e di grandi infrastrutture, la giunta guidata da Mercedes Bresso (che era, ma ormai molti anni fa, una studiosa di “ecologia politica”!) ha sbagliato tutto. Sulla TAV in Val di Susa (voluta anche dall’allora ministro Di Pietro), costei, insieme a quell’altro bel tomo di Chiamparino, il sindaco di Torino, è sempre andata a testa bassa contro un vastissimo movimento che comprende anche molti sindaci e amministratori locali (e che è stato capace di produrre anche molti studi e progetti alternativi). Ma se non riesce a superare il leghista Cota, la colpa è di Beppe Grillo! Per vincere le elezioni regionali non serve nemmeno arrivare al 50% + 1, basta la maggioranza semplice. Ma se dopo cinque anni di governo si perdono voti e non ce la si fa, mentre dei cittadini senza soldi, senza strutture, senza alcuna copertura mediatica, servendosi solo della loro preparazione, della loro intelligenza, dei collegamenti tramite l’internet, e presentando dei candidati sconosciuti nel mondo della “politica” ma con un discorso chiaro, semplice (le “cinque stelle”), diffuso già da molto tempo – se questi cittadini riescono a ottenere novantamila voti… li hanno tolti alla Bresso e l’hanno fatta perdere!

Qui a Limbiate i 409 cittadini che hanno votato il Movimento 5 Stelle non hanno fatto perdere nessuno, poiché il centro-destra già da molti anni è stabilmente attestato sul 60%, mentre il centro-sinistra perde regolarmente da altrettanti anni e per molto tempo ancora continuerà a perdere. Ma un fine analista, generato pur sempre da quel ceppo vetero-stalinista che ancora è in grado, evidentemente, di produrre polloni, nonostante i molti cambiamenti di sigla – questo fine analista (temo che in questo caso la parola non debba far parte della famiglia del sostantivo “analisi”, bensì debba essere apparentata ad un aggettivo di una diversa famiglia lessicale), è già pervaso da un’inquietudine sottile che deve essere subito esorcizzata. L’antidoto, ovviamente, può essere solo un ragionamento altrettanto sottile: “Se non ci fosse stata la lista di Beppe Grillo che ha preso quasi il 3%, pescando in un elettorato che molto probabilmente si sarebbe orientato verso di noi, il nostro risultato sarebbe stato sicuramente sopra il 10%”.

Sarà che in determinate occasioni certe metafore (“pescando in un elettorato”) mi sembrano alquanto orride (ma rivelano molto della mentalità del politicante che le usa); oppure sarà che (purtroppo lo devo ammettere) gli schemi logico-aristotelici come “Se mia nonna avesse le ruote sarebbe una carriola”, non sono mai riuscito ad afferrarli davvero - ed è chiaro, quindi, che gli arditi passaggi del sottile ragionamento che ho citato non sono alla mia portata; sarà quel che sarà, ma sono costretto a dichiarare che c’è qualcosa che davvero mi toglie il sonno: quale sarà mai la pulsione oscura che, sulle molte probabilità che fosse accresciuta ancor più la gloria elettorale di “loro dell’IDV”, ha fatto invece prevalere in 409 elettori una delle poche probabilità di scegliere il Movimento 5 Stelle?

Non sarà che anche fra i cittadini solitamente inesperti di politica che seguono le “cinque stelle” si è ormai diffusa la convinzione che qui a Limbiate, più che altrove (ma non dappertutto), l’IDV è composta soprattutto da vecchio ciarpame della peggiore politica politicante, da miseri arrivisti falliti nel PD e da semianalfabeti le cui pretese di essere qualcuno sono state frustrate nel centro-destra? Non sarà che è troppo evidente che gli uni e gli altri nell’IDV hanno trovato solo un marchio in espansione su una discreta fetta del mercato politico locale? Non sarà che tutti costoro mostrano di essere totalmente ignoranti di qualsiasi procedura amministrativa, ma in particolare di quelle con le quali si distrugge l’ambiente e si mettono in atto autentiche truffe ai danni dei cittadini (tanto che queste truffe regolarmente gli passano sotto il naso senza che ne abbiano il minimo sentore)? Non sarà che mostrano di essere anche pusillanimi nelle rare occasioni nelle quali finalmente si accorgono di qualcosa (grazie ai discorsi di qualche cittadino che gli arrivano per interposta persona) ma si limitano, tuttavia, a usare (in modo maldestro) brandelli di questi discorsi solo per farsi un po’ belli nel Consiglio Comunale e si guardano bene dall’agire di conseguenza denunciando all’autorità giudiziaria ciò che dovrebbe essere denunciato? Non sarà che, dopo l’exploit delle elezioni provinciali del 2009, tutta questa gente, poiché certe abitudini contratte nei partiti di provenienza sono dure a morire, ha offerto di sé l'ennesimo desolante spettacolo di mostrarsi impegnata soprattutto a scannarsi vicendevolmente su chi dovrebbe essere il candidato sindaco dell’IDV e su chi sarebbe il legittimo portavoce del “partito”?

Non sarà, quindi, che il personale dell’IDV di Limbiate appare antropologicamente alieno a chi ha in mente un agire cittadino guidato dalle “cinque stelle”?

martedì 16 marzo 2010

Una bufala prevista dalla legge




Il PD di Limbiate ha scatenato un’offensiva. Obbiettivo: far subire i rigori della legge al Tecoppa sub-aspromontano travestito da sindaco di Limbiate. Niente di meno. A dire il vero sembrerebbe più facile ottenere da una gallina l'imitazione del Manneken-Pis di Bruxelles, ma Ti-che-te-tarchett-i-ball, il coordinatore del PD, non è disposto a transigere, né a temporeggiare, perché quando è troppo è troppo! [Il PD di Limbiate scrive al Prefetto] Aveva dichiarato, magnanimo, che non si sarebbe messo a “fare le pulci” su cosa facevano di giorno il sindaco e la sua “addetta stampa”; [Romeo si attenga alle regole] ma che di sera la giovanotta finta bionda slavata abbia l’impudenza di presentarlo in pubblico, e che lui salga sul palcoscenico del "teatro più bello di Milano" (dopo l’Arcimboldi, naturalmente) insieme a una compagnia di travestiti, beh, questo davvero è troppo!

Ci sono delle regole, per Diana! E devono essere rispettate, capito?! La Circolare n. 9/2010 del Ministero dell’Interno è più stentorea di un generale davanti alle sue truppe schierate:

“Si rammenta (art. 9, comma 1 della Legge 22 febbraio 2000 n. 28) che, dalla data di convocazione dei comizi elettorali - cioè dall'11 febbraio, giorno di pubblicazione del manifesto di convocazione dei comizi - e fino alla conclusione delle operazioni di voto, è fatto divieto a tutte le amministrazioni pubbliche di svolgere attività di comunicazione ad eccezione di quelle effettuate in forma impersonale ed indispensabili per l'efficace assolvimento delle proprie funzioni.”
Quindi, la giovanotta di cui sopra, se non sa come riempire le serate, se ne vada piuttosto a ballare, e il Tecoppa sub-aspromontano se ne stia alla larga dai teatri. Se no il PD di Limbiate chiederà al Prefetto di infliggere ai due… ?? Già: qual è la sanzione che potrebbe essere comminata? Quale pena, se non corporale almeno pecuniaria, potrebbe essere inflitta?

Io sono convinto che, considerando solo l'attività fuori dalla campagna elettorale, già i due meriterebbero di essere messi alla gogna per un anno intero ogni martedì mattina sulla Piazza Walter Tobagi, sulla Piazza Aldo Moro, in Via Raffaello Sanzio, a rotazione e ogni volta dando la facoltà a dieci cittadini di accarezzare le loro posterga ignude con un mazzo di ortiche: lui perché usa il Comune come se fosse un’agenzia di affari, e lei perché sarà pure la sua “addetta”, e per questo noi gli paghiamo ogni annno molte diecine di migliaia di euro, ma come “addetta stampa” semplicemente non esiste. Tuttavia, per il fatto che durante la campagna elettorale i due cooperano nell’inosservanza dei “doveri di equilibrio e di correttezza degli amministratori, sia nella scelta dei contenuti che delle forme della comunicazione”, che la legge imporrebbe, per questo, ahinoi, non possiamo schiaffeggiarli nemmeno con un giglio. Il fatto è che la legge non prevede nessuna sanzione per chi si diverte di più a fare lo squilibrato e lo scorretto. La circolare, infatti, chiarisce:

“L'ampiezza dei concetti espressi dal legislatore (…) sembra comunque rapportarsi - tenuto conto dell'assenza di specifiche sanzioni nello stesso contesto normativo - all'opportunità di fare affidamento sui doveri di equilibrio e di correttezza degli amministratori, sia nella scelta dei contenuti che delle forme della comunicazione.”
E quindi, non serve a nulla importunare il Prefetto con l’esposizione delle malefatte del sindaco e della sua “addetta”. O meglio: serve solo a diffondere l’ennesima bufala di Ti-che-te-tarchett-i-ball, il quale trascura coscienziosamente i vari episodi di malaffare nei quali spesso sono implicati suoi sostenitori e amici di partito (costruttori, immobiliaristi, architetti, avvocati, ecc.), che ogni anno provocano danni erariali per diversi milioni, ma non manca di (stra)parlare quando è sicuro che l’”esposizione” non provocherà nessuna ritorsione sulla camarilla affaristica che lui rappresenta. In questo modo egli cerca di nascondere (e sicuramente presso molti vi riesce) che è connivente con i protagonisti di molti episodi di malaffare (la “mafia reale” di Limbiate), e che in altri casi egli obbedisce alla regola dell’omertà.

Ma proviamo ad ammettere che Ti-che-te-tarchett-i-ball non “ci fa”: significherebbe, però, che “ci è”, vale a dire che è tanto somaro da non accorgersi che la norma alla quale si appella è del tutto priva di efficacia perché in nessun modo può essere coercibile, come dice a chiare lettere la stessa circolare che egli richiama. E allora, anche solo per la somaraggine meriterebbe di far compagnia a quei due ogni martedì mattina. Ma in realtà egli “ci fa” e “ci è”; anzi, “ci fa perché ci è”.

L’inefficace comma 1 dell’art. 9 della legge 22 febbraio 2000, n.28, è solo fumo negli occhi. Una bufala che può produrre solo altre bufale. Ma chi c’era al governo quando fu approvata questa legge tanto morigeratrice? Il Presidente del Consiglio dei Ministri era (come lo chiamava il vignettista Vincino ai tempi di "Tango", inserto satirico dell’"Unità") Minimo D’Alema.

lunedì 15 marzo 2010

Sandro Archetti, scopiazzatore maldestro di una laida falsificazione di una grande scrittrice



quanti falsano i dati antichi si dedicano anche, più in generale,
alla falsificazione della storia del tempo presente

Nicole Loraux, 1996




Sandro Archetti ci ha regalato, giorni or sono, un altro fiore da aggiungere alla già rigogliosa antologia della sua produzione à la manière de Frate Antonino da Scasazza e dell’Assessore allo Sporto. Dopo le finissime analisi dell’attuale situazione politica di Limbiate, espresse in testi che nulla hanno da invidiare all’eleganza della prosa d’arte [v. Antologia di un consigliere comunale…], il suo ingegno versatile si è spinto oltre, fino ad attingere le vette dell’analisi storico-comparata dei più grandi statisti degli ultimi due secoli.

È noto che l’on. Fini e Berlusconi discordano anche su questo, poiché il secondo assegna a se stesso la palma del migliore (“sono il più grande capo di governo degli ultimi 150 anni”), mentre per il primo – almeno fino a qualche tempo fa – il più grande statista dell’ultimo secolo era il suo progenitore Benito Mussolini. L’erede del frate scasazzese tuttavia non si perde in queste sciocche diatribe metriche; egli sa bene che quello che conta (historia magistra vitae…) è cogliere l’essenza delle questioni e delle figure storiche e, guidato da questo sano principio metodologico, giunge a conclusioni originalissime che comunica alla città con la prosa scintillante di un pezzo rubricato non a caso sotto “Cultura” [con la maiuscola, n.b.].

Conclusioni originalissime: poiché il risultato al quale mira l’analisi storico-comparata del nostro autore è ben altro che la banale determinazione di chi, fra i due statisti sunnominati, sia il più grande. Il risultato cercato ed ottenuto è invece questo: Berlusconi è come Mussolini! Ma per giungere a questa conclusione – poiché un risultato originale deriva sempre da un metodo originale – per Sandro Archetti non è necessario riferirsi (dopo aver fatto la fatica di leggerle) alle analisi e alle opere storiche di autori come Piero Gobetti, Angelo Tasca, Gaetano Salvemini, Antonio Gramsci, Palmiro Togliatti, Daniel Guerin, Luigi Salvatorelli, Renzo De Felice, ecc.: tutte anticaglie inutili; né è necessario perdere tempo nel porsi l’evidentemente falso problema se ed in che misura l’analogia sia una forma della comprensione storica, e in che misura sia possibile comprendere il presente con il passato: al macero anche Johann Gustav Droysen, Marc Bloch ed Edward H. Carr, nonché barbosi filologi come Luciano Canfora e filosofi dell'analogia come Enzo Melandri. Non parliamo nemmeno, poi, della necessità di leggere il libro su Berlusconi di Giuseppe Fiori (forse il più grande biografo italiano degli ultimi decenni). Roba da perditempo. Esibendo, come si usa nella comunità degli studiosi, gli opportuni dati bibliografici, Sandro Archetti ci guida a scoprire rapidamente che tutto era stato pre-detto già nel 1945, quando Berlusconi aveva nove anni, dalla scrittrice Elsa Morante!

In La dittatura… striscia il nostro ci presenta un brano che, dice lui, sarebbe stato scritto da Elsa Morante nel 1945, e sarebbe (notare la disinvolta precisione del riferimento bibliografico) “rintracciabile nel 1° volume delle sue opere, edito da Mondadori e pubblicato postumo, nel 1988”; in questo testo vi sarebbero (“eccome se ve ne sono!”, ci sottolinea) “particolari che contano” (!). Il brano che egli ci presenta è il seguente:


« Il capo del Governo si macchiò ripetutamente durante la sua carriera di delitti che, al cospetto di un popolo onesto, gli avrebbero meritato la condanna, la vergogna e la privazione di ogni autorità di governo.
Perché il popolo tollerò e addirittura applaudì questi crimini?
Una parte per insensibilità morale, una parte per astuzia, una parte per interesse e tornaconto personale.
La maggioranza si rendeva naturalmente conto delle sue attività criminali, ma preferiva dare il suo voto al forte piuttosto che al giusto.
Purtroppo il popolo italiano, se deve scegliere tra il dovere e il tornaconto, pur conoscendo quale sarebbe il suo dovere, sceglie sempre il tornaconto.
Così un uomo mediocre, grossolano, di eloquenza volgare ma di facile effetto, è un perfetto esemplare dei suoi contemporanei. Presso un popolo onesto, sarebbe stato tutt’al più il leader di un partito di modesto seguito, un personaggio un po’ ridicolo per le sue maniere, i suoi atteggiamenti, le sue manie di grandezza, offensivo per il buon senso della gente a causa del suo stile enfatico e impudico.
In Italia è diventato il capo del governo.
Ed è difficile trovare un più completo esempio italiano.
Ammiratore della forza, venale, corruttibile e corrotto, cattolico senza credere in Dio, presuntuoso, vanitoso, fintamente bonario, buon padre di famiglia ma con numerose amanti, si serve di coloro che disprezza, si circonda di disonesti, di bugiardi, di inetti, di profittatori; mimo abile, e tale da fare effetto su un pubblico volgare, ma, come ogni mimo, senza un proprio carattere, si immagina sempre di essere il personaggio che vuole rappresentare ».

Questo brano, però, non è stato scritto da Elsa Morante.

Si tratta, infatti, di un falso, e non è nemmeno farina del sacco di Ti-che-te-tarchett-i-ball. Questo testo, infatti, circola ormai da diverse settimane da un blog all’altro (qualcuno ha calcolato che è stato pubblicato da almeno 700 tra blog e siti vari) ed è stato messo insieme da qualche cialtrone antiberlusconiano reazionario (è facile notare che il vero obbiettivo polemico è il “popolo italiano”), che si è servito di frasi e parole prese da un testo realmente scritto da Elsa Morante in un diario del 1945, ma che evidentemente non era destinato alla pubblicazione. In effetti, i curatori delle Opere della scrittrice, pubblicate in due volumi nei “Meridiani” Mondadori (Milano 1988), con ovvia correttezza non l’hanno posto fra le “opere”, ma se ne sono serviti integralmente per la Cronologia della vita della scrittrice che apre la raccolta. Il falso – che potrebbe anche essere una beffa come quella delle teste “scolpite da Amedeo Modigliani”, ma in realtà da alcuni burloni e gettate – affinché fossero subito “ritrovate” - in un canale di Livorno alla metà degli anni ottanta del ‘900) è stato confezionato togliendo dalla pagina di diario della Morante le parti evidenziate in blu nel testo originale, che riporto qui appresso, ed interpolandovi le parti che sopra sono evidenziate in rosso.


« Roma 1° maggio 1945

Mussolini e la sua amante Clara Petacci sono stati fucilati insieme, dai partigiani del Nord Italia. Non si hanno sulla loro morte e sulle circostanze antecedenti dei particolari di cui si possa essere sicuri. Così pure non si conoscono con precisione le colpe, violenze e delitti di cui Mussolini può essere ritenuto responsabile diretto o indiretto nell’alta Italia come capo della sua Repubblica Sociale.
Per queste ragioni è difficile dare un giudizio imparziale su quest’ultimo evento con cui la vita del Duce ha fine.
Alcuni punti però sono sicuri e cioè
: durante la sua carriera, Mussolini si macchiò più volte di delitti che, al cospetto di un popolo onesto e libero, gli avrebbero meritato, se non la morte, la vergogna, la condanna e la privazione di ogni autorità di governo (ma un popolo onesto e libero non avrebbe mai posto al governo un Mussolini). Fra tali delitti ricordiamo, per esempio: la soppressione della libertà, della giustizia e dei diritti costituzionali del popolo (1925), l’uccisione di Matteotti (1924), l’aggressione all’Abissinia, riconosciuta dallo stesso Mussolini come consocia alla Società delle Nazioni, società cui l’Italia era legata da patti (1935), la privazione dei diritti civili degli Ebrei, cittadini italiani assolutamente pari a tutti gli altri fino a quel giorno (1938).
Tutti questi delitti di Mussolini furono o tollerati, o addirittura favoriti e applauditi. Ora, un popolo che tollera i delitti del suo capo, si fa complice di questi delitti. Se poi li favorisce e applaude, peggio che complice, si fa mandante di questi delitti.

Perché il popolo tollerò favorì e applaudì questi delitti? Una parte per viltà, una parte per insensibilità morale, una parte per astuzia, una parte per interesse o per machiavellismo. Vi fu pure una minoranza che si oppose; ma fu così esigua che non mette conto di parlarne. Finché Mussolini era vittorioso in pieno, il popolo guardava i componenti questa minoranza come nemici del popolo e della nazione, o nel miglior dei casi come dei fessi (parola nazionale assai pregiata dagli italiani).
Si rendeva conto la maggioranza del popolo italiano che questi atti erano delitti? Quasi sempre, se ne rese conto, ma il popolo italiano è cosìffatto da
dare i suoi voti piuttosto al forte che al giusto; e se lo si fa scegliere fra il tornaconto e il dovere, anche conoscendo quale sarebbe il suo dovere, esso sceglie il suo tornaconto.
Mussolini, uomo mediocre, grossolano, fuori dalla cultura, di eloquenza alquanto volgare, ma di facile effetto, era ed è un perfetto esemplare e specchio del popolo italiano contemporaneo. Presso un popolo onesto e libero, Mussolini sarebbe stato tutto al più il leader di un partito con un modesto seguito e l’autore non troppo brillante di articoli verbosi sul giornale del suo partito. Sarebbe rimasto un personaggio provinciale, un po’ ridicolo a causa delle sue maniere e atteggiamenti, e offensivo per il buon gusto della gente educata a causa del suo stile enfatico, impudico e goffo. Ma forse, non essendo stupido, in un paese libero e onesto, si sarebbe meglio educato e istruito e moderato e avrebbe fatto migliore figura, alla fine.
In Italia, fu il Duce. Perché è difficile trovare un migliore e più completo esempio di Italiano.
Debole in fondo, ma ammiratore della forza, e deciso ad apparire forte contro la sua natura. Venale, corruttibile. Adulatore. Cattolico senza credere in Dio. Corruttore. Presuntuoso: Vanitoso. Bonario. Sensualità facile, e regolare. Buon padre di famiglia, ma con amanti. Scettico e sentimentale. Violento a parole, rifugge dalla ferocia e dalla violenza, alla quale preferisce il compromesso, la corruzione e il ricatto. Facile a commuoversi in superficie, ma non in profondità, se fa della beneficenza è per questo motivo, oltre che per vanità e per misurare il proprio potere. Si proclama popolano, per adulare la maggioranza, ma è snob e rispetta il denaro. Disprezza sufficientemente gli uomini, ma la loro ammirazione lo sollecita. Come la cocotte che si vende al vecchio e ne parla male con l’amante più valido, così Mussolini predica contro i borghesi; accarezzando impudicamente le masse. Come la cocotte crede di essere amata dal bel giovane, ma è soltanto sfruttata da lui che la abbandonerà quando non potrà più servirsene, così Mussolini con le masse. Lo abbaglia il prestigio di certe parole: Storia, Chiesa, Famiglia, Popolo, Patria, ecc., ma ignora la sostanza delle cose; pur ignorandole le disprezza o non cura, in fondo, per egoismo e grossolanità. Superficiale. Dà più valore alla mimica dei sentimenti, anche se falsa, che ai sentimenti stessi. Mimo abile, e tale da far effetto su un pubblico volgare. Gli si confà la letteratura amena (tipo ungherese), e la musica patetica (tipo Puccini). Della poesia non gli importa nulla, ma si può commuovere a quella mediocre (Ada Negri) e bramerebbe forte che un poeta lo adulasse. Al tempo delle aristocrazie sarebbe stato forse un Mecenate, per vanità; ma in tempi di masse, preferisce essere un demagogo.
Non capisce nulla di arte, ma, alla guisa di certa gente del popolo, e incolta, ne subisce un poco il mito, e cerca di corrompere gli artisti. Si serve anche di coloro che disprezza. Disprezzando (e talvolta temendo) gli onesti, i sinceri, gli intelligenti poiché costoro non gli servono a nulla, li deride, li mette al bando. Si circonda di disonesti, di bugiardi, di inetti, e quando essi lo portano alla rovina o lo tradiscono (com’è nella loro natura), si proclama tradito, e innocente, e nel dir ciò è in buona fede, almeno in parte; giacché, come ogni abile mimo, non ha un carattere ben definito, e s’immagina di essere il personaggio che vuole rappresentare. »


Dalle pagine autobiografiche postume,
in “Paragone Letteratura”, n. 456, n.s., n.7, febbraio 1988,
poi in Opere, vol. I, Mondadori, Milano 1988, pp. L-LII




Come si vede, del brano autentico non è rimasto quasi niente, e in quel poco che è rimasto è stata inserita una grande quantità di interpolazioni.

Si tratta di un’operazione volgarissima, compiuta da qualcuno che raggiunge gli stessi abissi di deprivazione morale e culturale del nostro erede scasazzese; costui, incurante di qualsiasi correttezza, ha creduto anch’egli di poter far dire a una scrittrice sicuramente fra le più grandi del Novecento ciò che egli crede si possa dire di Berlusconi. E questo povero, ingenuo e maldestro falsario si è anche illuso di riuscire maggiormente credibile raccontando la frottola di aver reperito il brano nell’edizione alla quale sommariamente rinvia. Evidentemente, egli ritiene che chiunque acceda al blog del suo partito manchi, come egli manca, di qualsiasi conoscenza di Elsa Morante, sia altrettanto privo di qualsiasi pratica di libri e di letture, e non possa sospettare, già ad una prima lettura, il falso; infine, che non sia in grado di controllare.

Ricordare che Elsa Morante è stata in diverse sue opere una grande scrittrice è un’ovvietà. Tuttavia, per quanto riguarda la rappresentazione del mondo in generale e per quanto riguarda la capacità di giudizio propriamente storico era (come, mi ricordo, diceva Sebastiano Timpanaro) “un disastro”. Questo aspetto si manifestò (con tratti addirittura di regressione verso un generico populismo di stampo ottocentesco) soprattutto nell’ultima fra le sue opere maggiori, La Storia (1974), che ebbe un grande successo di pubblico (in gran parte dovuto, a mio parere, non solo al grande battage pubblicitario ma anche al fatto di essere pubblicata proprio quando iniziava il cosiddetto “riflusso” post-’68). Tuttavia, quando nel 1945 parlava di Mussolini e del rapporto che questi aveva intrattenuto per oltre un ventennio con il popolo italiano, Elsa Morante, per essere stata contemporanea del fenomeno e per averlo osservato con angoscia, sapeva bene di cosa stava parlando, e proprio perché era una scrittrice di valore era ben in grado di compiere un’analisi psicologica del personaggio Mussolini. È vero che manca nel testo della Morante qualsiasi accenno alle responsabilità, per l’ascesa di Mussolini e del fascismo, dei grandi agrari, dei grandi gruppi economici e industriali, dell’imbelle opposizione liberale, della maggioranza del movimento operaio in mano ai riformisti (ma fra essi, inascoltato, Giacomo Matteotti chiedeva di organizzare l'autodifesa armata come, prima del 1915, aveva sostenuto che per scongiurare l'ingresso dell'Italia nella guerra si doveva organizzare l'insurrezione), del Capo dello Stato di allora (il re, che si rifiutò di firmare lo stato d’assedio che avrebbe stroncato in poche ore il colpo di stato dell’ottobre del 1922), degli alti gradi dell'esercito, della Chiesa, del servilismo degli intellettuali, ecc. Ma non si deve dimenticare che era solo una pagina di un diario privato non destinata alla pubblicazione; e tuttavia, anche con questi gravi limiti, chi ne ha manipolato il testo fino a distruggerlo quasi interamente, per dargli la forma di un misero anti-berlusconismo ante-litteram ha dovuto eliminare tutti i precisi riferimenti ad alcuni fra i principali delitti di Mussolini e del fascismo, e molte delle precise notazioni sulla psicologia delle masse durante il ventennio e sulla figura del capo del fascismo.

Ma non è il caso, qui, di mettersi a fare una discussione storico-letteraria. Quello che conta è denunciare l’operazione di un somaro come Sandro Archetti, consigliere comunale e coordinatore del PD locale che per dire un paio di idiozie su Berlusconi (senza mai osare nominarlo), pur essendo del tutto privo di conoscenze storiche e letterarie, e privo in generale della pratica di libri e di letture, ha abusato del nome di una grande scrittrice pubblicando la falsificazione oscena di un suo testo. Questo poveretto, trovata chissà come la falsificazione, l’ha immediatamente riprodotta mirando all’effetto che avrebbe dato il nome di una grande scrittrice, e non ha controllato il testo lì dove è reperibile, cioè nell’edizione delle Opere della Morante nei “Meridiani” di Mondadori (che ha citato, senza averla vista, tanto per darsi un tono), né si è accorto che insieme al testo falso nella rete circolano anche le proteste di molti lettori onesti della Morante.

Quello della falsificazione è il costume con il quale Ti-che-te-tarchett-i-ball ama esibirsi iterativamente, tanto da far pensare che egli sia la personificazione di uno scioglilingua milanese che produce senza tregua frottole, falsificazioni e distorsioni. Solo per ricordarne alcune:

- le denunce alla Corte dei Conti dei danni erariali causati dal centro-destra limbiatese, millantate ma mai presentate;

- i sette (sette!) progetti ecologici elaborati “scientificamente” da lui e dai suoi amici di partito (ma scopiazzati chissà dove), fatti passare come “adottati dalla Giunta” (in realtà da questa sollecitati, e tuttavia ormai svaniti nel nulla);

- i favolosi rimborsi di fantomatici versamenti per lo smaltimento delle acque reflue che sarebbero spettati a migliaia di cittadini (sui quali l’ha menata per mesi, finché è stato costreto a confessare che sulla situazione della rete fognaria non sapeva niente);

- i presunti danni per 1.800.000 euro causati ai cittadini limbiatesi dall’artemisia non sfalciata (calcolati mediante l’uso della “proprietà transitiva”, ma mai documentati);

- i mancati versamenti dei contributi dello Stato al bilancio del Comune di Limbiate (frottola che abilmente gli era stata messa in bocca dalla coppia Marcel Terragni-Albertine Cogliati, mentre lo Stato in realtà aveva puntualmente versato quanto dovuto);

- le denunce ciarlatanesche della penetrazione della mafia nell’amministrazione pubblica in Brianza (continuando, da perfetto dilettantucolo dell’antimafia, ad omettere di denunciare i mille episodi di malaffare qui a Limbiate – a cominciare da quelli di cui sono responsabili gli amici del suo partito - che si potrebbero documentare con gli stessi documenti ufficiali);

- un pessimo asilo nido privato fatto passare per un’autorevole istituzione pedagogica (la smentita gli è arrivata dall’interno stesso del settore);

- ecc. ecc.

E questo figuro sarebbe il candidato che secondo alcuni sciagurati/e l’”opposizione” di centro-sinistra dovrebbe presentare nelle elezioni del 2011!



Forma e sostanza nel diritto. A proposito del decreto legge n. 29 del 2010



di Gaetano Azzariti


Nessuno credo possa negare che il decreto-legge n. 29 del 2010 (cosiddetto salva liste) è stato adottato in una situazione di forte tensione politica, che rischiava - e ancora rischia - di degenerare e uscire fuori controllo. Appare evidente, inoltre, che lo svolgimento di elezioni amministrative regionali che non veda la partecipazione di tutte le formazioni politiche, e in particolare non veda la lista espressione diretta del partito più votato a livello nazionale, rappresenta una lesione al diritto politico di elettorato attivo (non invece del tutto di quello passivo, come preciserò tra un attimo), e in sostanza si traduce in un più generale vulnus all'ordinamento democratico-rappresentativo. Mi sembra necessario però aggiungere che questa considerazione - spesso minacciosamente ripetuta - non può andare disgiunta dalla indicazione dei responsabili che hanno determinato questa situazione di fatto; di chi cioè ha prodotto la lesione lamentata o il vulnus denunciato. E questi sono certamente coloro che non hanno rispettato quanto è chiaramente scritto nelle leggi – sia statali sia regionali - circa il termine di presentazione delle liste. Per questo il diritto di elettorato passivo, in fondo, più che essere stato negato, è stato non esercitato; almeno per quella parte che spetta alle formazioni politiche, mentre per la parte che spetta ai singoli candidati è stato sì conculcato, ma dai delegati alla presentazione delle liste. Del che quest’ultimi dovrebbero rispondere in sede civile, oltre che politica.

Per leggere tutto l’articolo:
http://www.costituzionalismo.it/articolo.asp?id=334



mercoledì 10 marzo 2010

Antologia di un consigliere comunale e coordinatore del PD di Limbiate, discepolo di Frate Antonino da Scasazza ed epigono dell’Assessore allo Sporto



Gentile signor P.G. come capita spesso siamo di fronte ad un tema portante nella visione della città, della sua urbanistica e della sua estetica.

Questa amministrazione continua a ritenere gli alberi inseriti nel contesto urbano, come un problema, quindi da estirpare alla radice. Quello che lascia perplessi è la saccenza con cui questi amministratori trattano le competenze degli altri, in questo caso dell’impresa di manutenzione che aveva consigliato una potatura minima.

Abbiamo provveduto a trasmettere un’interpellanza scritta al Comune (da Pini marittimi massacrati al Centro sportivo via Tolstoj).


L’appoggio ai candidati del Popolo della Libertà nella corsa per il Consiglio regionale li obbliga a liberarsi da quell’apparente aurea di “verginità politica”, per schierarsi politicamente al fianco di uno schieramento che ha un Presidente del Consiglio plurindagato, arrogante, irrispettoso delle regole, delle istituzioni e della Costituzione italiana (da Per Limbiate, Insieme per Pinzano & co, liste civiche? ).


Il fatto che il piazzale di fronte all’ingresso del Comune e piazza 5 Giornate, essendo prive dei certificati di collaudo, non possano essere considerate “proprietà pubbliche” [e di chi sarebbero “proprietà”? (ndr)], che nessuno vi abbia garantito la sicurezza, che non sia stato possibile sbloccare le fideiussioni delle imprese che le hanno realizzata (società peraltro fallite), ha dei grossi risvolti politici, e se fossimo nei panni del Sindaco, andrebbe a documentarci.

Ora scommettiamo che sulla metrotranvia, dove intendiamo incalzare il Sindaco… (da Limbiate ha un sindaco troppo confuso e indeciso).




[Si valuta appieno l'importanza del primo autore citato nel titolo se si considera che anche un grande linguista e filosofo del linguaggio come Tullio De Mauro gli dedicò un breve ma mirabile saggio, Viaggio a Scasazza (provincia, come è noto, "di Trapani e Agrigento e, forse, Siracusa"), in L'Italia delle Italie, Editori Riuniti, Roma 1987, pp. 185-189 (2 ed., ivi, 1992). Molti lacerti di Frate Antonino sono ancora reperibili su You Tube.

La tradizione del secondo autore è affidata, purtroppo, solo all'oralità di alcuni limbiatesi (mi risulta, però, che qualcuno conserva quaderni fittamente riempiti con i suoi brani amorevolmente trascritti), ma, secondo il mio modesto avviso, egli regge validamente il confronto con Frate Antonino, poiché solo un autore dello stesso valore poteva comporre frasi come le seguenti: "Ringrazio il qui presente (...) perché è stato per molto tempo vicino al capezzolo di mia moglie, quando era malata"; "L'importanza del lavoro dei artichecchi non può essere sminuzzata", ecc.].




lunedì 8 marzo 2010

[“Non c’è un modo legale per sanare la situazione”]


Intervista a Lorenza Carlassare, professore emerito a Padova


“Come costituzionalista sono molto restia a parlare dell’ultimo decreto del governo. È tutto illegittimo: il giurista non ha niente da dire perché non esiste un modo legale per sanare la situazione”.

“… c’è una prima cosa da dire: come si può sostenere che si tratta di una “norma di interpretazione autentica”? Il provvedimento stabilisce che la presentazione delle liste può avvenire anche nel giorno non festivo successivo all’entrata in vigore del decreto. Cosa si interpreta qui? Questa è una disposizione nuova che introduce una proroga dei termini.”


Per leggere tutta l'intervista (publicata su "Il Fatto Quotidiano" del 7 marzo 2010):
http://masaghepensu.splinder.com/post/22358712/TUTTO+INCOSTITUZIONALE...Loren

"Decreto salva-liste? Uso fraudolento della norma interpretativa"


Intervista con il costituzionalista Michele Ainis


“… questo decreto si espone a dubbi di incostituzionalità sotto diversi profili. Innanzitutto la regione può lamentare la lesione delle proprie competenze in materia elettorale. E poi le varie questioni sul piano della costituzionalità del decreto legge: oggi, per esempio, il Tar potrebbe sollevare una questione di legittimità costituzionale sotto il profilo dell'uso della categoria dell'interpretazione autentica. Attenzione, un uso fraudolento…

“…perché si può ricorrere a leggi di interpretazione autentica quando il legislatore precisa esso stesso il significato di una legge già in vigore, quando esistano dei dubbi oggettivi circa il significato di una legge. Se i dubbi sono oggettivi, questo deve essere documentabile perché esistono dei contrasti giurisprudenziali, tra tribunali per intenderci, o perché esistono delle prassi amministrative discordanti circa l'applicazione della legge medesima. Se tutto questo non c'è e se per giunta la legge interpretativa crea una situazione del tutto nuova, come mi pare sia avvenuto in questo caso, allora è una legge falsamente interpretativa che viene qualificata così soltanto per assicurarle degli effetti retroattivi"..

Per leggere tutta l'intervista:

Il decreto salva-liste e l'abuso di potere normativo


di Gianni Ferrara


È esemplare la decisione della Giunta regionale del Lazio di impugnare innanzi alla Corte costituzionale il decreto-legge 5 marzo 2010 n. 29. A mio giudizio, è anche doverosa. Si oppone ad un atto affetto da molti e gravi vizi di incostituzionalità, chiaramente ed immediatamente evidenti. La Costituzione, che come ogni atto giuridico, va letta per intero, all’articolo 122, primo comma, prescrive: “Il sistema di elezione e i casi di ineleggibilità e di incompatibilità del Presidente e degli altri componenti della Giunta regionale nonché dei consiglieri regionali sono disciplinati con legge della Regione nei limiti dei principi fondamentali stabiliti con legge della Repubblica, che stabilisce anche la durata degli organi elettivi.”

L’attribuzione alle Regioni, a ciascuna Regione, della potestà legislativa in materia elettorale è quindi indubbia, ineccepibile, inderogabile. Il decreto legge del 5 marzo quindi invade l’ambito proprio della competenza legislativa regionale in materia elettorale.


Per leggere l'intero articolo: http://www.costituzionalismo.it/aggiornamento.asp?id=488

domenica 7 marzo 2010

Tabucchi: “Napolitano garante di Berlusconi, non della Costituzione”



“Un'altra legge vergogna. Ritengo responsabile in prima persona Giorgio Napolitano. Per gli esegeti del regime non poteva non firmare. Invece poteva, bastava che volesse. Le leggi razziali nel '38 non le firmò Mussolini, ma Vittorio Emanuele III. Nelle vere democrazie l'operato del Presidente della Repubblica è sottoposto alle giuste critiche dell'opinione pubblica, ma in Italia non si può, è lesa maestà. Napolitano, questa volta in maniera flagrante, ha rotto i patti con gli italiani. Oggi, con questa legge illegale e totalitaria, quando ci dice che, fra le regole della legge e il dover impedire ai cittadini di votare una lista, lui sceglie di rompere le regole perchè sono una forma, ebbene io rispondo che tutte le leggi che abbiamo sono una forma, anche la Costitituzione è una forma perche è fatta di regole. E se si rompono le regole della Costituzione si rompe la Costituzione. In questo momento storico Napolitano non è garante della mia Costituzione, mi pare si sia fatto garante di Berlusconi. Se Napolitano non capisce che deve prima di tutto difendere la Costituzione con le sue forme, nessuno lo obbliga a stare al Quirinale: è un dovere e questo dovere richiede molta, molta attenzione, perchè ormai in Italia la Costituzione è stata divorata”.

Su MicroMega.net un intervento audio di 15 minuti di Antonio Tabucchi a commento del decreto salva-liste approvato dal governo e controfirmato dal Presidente della Repubblica.

["Così si apre la strada a nuove intimidazioni"]


Gustavo Zagrebelsky, intervista a "la Repubblica", 7 marzo 2010


"Chi intende partecipare all'elezione deve sottostare ad alcuni ovvi adempimenti circa la presentazione delle candidature. Qualcuno non ha rispettato le regole. L'esclusione non è dovuta alla legge ma al suo mancato rispetto".

"Si dice: ma qui è questione del 'principale contendente'. Il tarlo sta proprio in quel "principale". Nelle elezioni non ci sono 'principali' a priori. Come devono sentirsi i "secondari"? L'argomento del principale contendente è preoccupante. Il fatto che sia stato preso per buono mostra il virus che è entrato nelle nostre coscienze: il numero, la forza del numero determina un plusvalore in tema di diritti".

"Si è troppo tollerato e la somma degli abusi ha quasi creato una mentalità: che la legge possa rendere lecito ciò che più ci piace".

"C'è chi cerca di provocare lo scontro. Per evitarlo non si può rinunciare a difendere i principi fondamentali".

http://www.repubblica.it/politica/2010/03/07/news/zagrebelsky_intervista-2539237/


sabato 6 marzo 2010

[«Spesso la mediocrità è una voragine per la quale anche gli spiriti eletti provano una cupa attrazione»]



"Diversamente dalla bozza di decreto prospettatami dal Governo in un teso incontro giovedì sera, il testo successivamente elaborato dal Ministero dell'interno e dalla Presidenza del consiglio dei ministri non ha presentato a mio avviso evidenti vizi di incostituzionalità."




[“Serve molta buona volontà, troppa buona volontà, per considerare interpretativo questo decreto legge!”]


- Il testo del decreto-truffa: click qui


- La “Disciplina dell’attività di Governo e ordinamento della Presidenza del Consiglio dei Ministri”:

Legge 23 agosto 1988, n. 400

Art. 15
Decreti-legge

1. I provvedimenti provvisori con forza di legge ordinaria adottati ai sensi dell’articolo 77 della Costituzione sono presentati per l’emanazione al Presidente della Repubblica con la denominazione di "decreto-legge" e con l’indicazione, nel preambolo, delle circostanze straordinarie di necessita’ e di urgenza che ne giustificano l’adozione, nonché dell’avvenuta deliberazione del Consiglio dei Ministri.

2. Il Governo non può, mediante decreto-legge:
a) conferire deleghe legislative ai sensi dell’articolo 76 della Costituzione;
b) provvedere nelle materie indicate nell’articolo 72, quarto comma, della Costituzione;
c) rinnovare le disposizioni di decreti-legge dei quali sia stata negata la conversione in legge con il voto di una delle due Camere;
d) regolare i rapporti giuridici sorti sulla base dei decreti non convertiti;
e) ripristinare l’efficacia di disposizioni dichiarate illegittime dalla Corte costituzionale per vizi non attinenti al procedimento.

3. I decreti devono contenere misure di immediata applicazione e il loro contenuto deve essere specifico, omogeneo e corrispondente al titolo.

4. Il decreto-legge e’ pubblicato, senza ulteriori adempimenti, nella Gazzetta Ufficiale immediatamente dopo la sua emanazione e deve contenere la clausola di presentazione al Parlamento per la conversione in legge.

5. Le modifiche eventualmente apportate al decreto-legge in sede di conversione hanno efficacia dal giorno successivo a quello della pubblicazione della legge di conversione, salvo che quest’ultima non disponga diversamente. Esse sono elencate in allegato alla legge. 6. Il Ministro di grazia e giustizia cura che del rifiuto di conversione o della conversione parziale, purché definitiva, nonché della mancata conversione per decorrenza del termine sia data immediata pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.


- La Costituzione della Repubblica Italiana:

Art. 72.

4. […]

La procedura normale di esame e di approvazione diretta da parte della Camera è sempre adottata per i disegni di legge in materia costituzionale ed elettorale e per quelli di delegazione legislativa, di autorizzazione a ratificare trattati internazionali, di approvazione di bilanci e consuntivi.

[...]




- Le reazioni dei costituzionalisti:

- Decreto salva lista: una frode o una soluzione ragionevole?
http://blog.rainews24.it/2010/03/06/decreto-salva-lista-una-frode-o-una-soluzione-ragionevole/

- Per costituzionalisti dl a forte rischio
http://www.aprileonline.info/notizia.php?id=14330

- Per gli esperti è a rischio di inconstituzionalità
http://www.unita.it/news/italia/95882/ecco_il_testo_del_decreto_per_gli_esperti_a_rischio_di_inconstituzionalit

- Rileggere documento CEI "Educare alla legalita" (1991)
http://www.asca.it/news-REGIONALI__CECCANTI__RILEGGERE_DOCUMENTO_CEI__EDUCARE_ALLA_LEGALITA_-899792-ORA-.html

Il costituzionalista Zanon: «Caso di interpretazione autentica»

Il "decreto salva liste": dialogo con il costituzionalista Massimo Siclari
http://www.mpnews.it/index.php?section=articoli&category=30&id=5347/attualit%C3%A0/Il-%22decreto-salva-liste%22:-dialogo-con-il-costituzionalista-Massimo-Siclari

Il decreto-truffa

di Massimo Villone


Alla fine, il misfatto si compie. Il governo con decreto-legge modifica le regole in corsa, e stravolge la competizione elettorale a vantaggio della propria parte.

Questo infatti è accaduto. È del tutto inconsistente lo schermo di una norma che si autodefinisce interpretativa. Anzitutto, a nulla vale argomentare che la decisione è lasciata ai giudici. Il problema non è chi deciderà applicando la norma, ma quale norma si dovrà applicare. Perché la norma sia davvero interpretativa, bisogna supporre che in una medesima disposizione preesistente in realtà convivano più potenzialità normative, e che il legislatore scelga tra i possibili e molteplici significati uno compiutamente già presente. Non a caso, una norma interpretativa viene a valle di contrasti giurisprudenziali, di dubbi applicativi, di incertezze evidenziate dall’esperienza. Nulla di questo è alla base dei pasticci degli ultimi giorni. Tutti assumono che vi sia stato pressapochismo da parte dei presentatori, o peggio. E allora cosa dobbiamo mai interpretare?

Per leggere l'intero articolo: