domenica 18 dicembre 2011

Zõon politikón inverso




(…) vivere ne l’uomo è ragione usare. Dunque, se ’l vivere è l’essere [dei viventi e vivere ne l'uomo è ragione usare, ragione usare è l'essere] de l’uomo, e così da quello uso partire è partire da essere, e così è essere morto. E non si parte da l’uso del ragionare chi non ragiona lo fine de la sua vita? e non si parte da l’uso de la ragione chi non ragiona il cammino che fare dee? Certo si parte; e ciò si manifesta massimamente con colui che ha le vestigie innanzi, e non le mira. E però dice Salomone nel quinto capitolo de li Proverbi: «Quelli muore che non ebbe disciplina, e ne la moltitudine de la sua stoltezza sarà ingannato». Ciò è a dire: Colui è morto che non si fè discepolo, che non segue lo maestro; e questo vilissimo è quello. Potrebbe alcuno dicere: Come è morto e va? Rispondo che è morto [uomo] e rimaso bestia. Ché, sì come dice lo Filosofo nel secondo de l’Anima, (…) la sensitiva sta sopra la vegetativa, e la intellettiva sta sopra la sensitiva. Dunque, (…) levando l’ultima potenza de l’anima, cioè la ragione, non rimane più uomo, ma cosa con anima sensitiva solamente, cioè animale bruto.

Dante Alighieri, Convivio, IV vii 11-15



Non si sa se il segretario comunale abbia manifestato la sua ira a qualche membro altolocato del suo apparato, che sicuramente è fra i corresponsabili dell’orrendo pasticcio che domani sera quasi sicuramente farà entrare nel Consiglio Comunale di Limbiate un consigliere non eletto. Cane non mangia cane, soprattutto se è del PD. Ma pare che, letto il mio articolo Fuori una consigliera nominata abusivamente, dentro uno che non è stato eletto! del 13 dicembre, e dopo aver letto anche Qual è il decimo consigliere che il centro-destra di Limbiate vuole del 6 agosto, con i files all’uno e all’altro allegati, abbia decretato che non c’entrava per niente, epperò sia corso ad “interessare il Prefetto”, a chiedergli lumi.

“Chiedere lumi” al, “interessare” il Prefetto in realtà significa solo questo: si vorrebbe che fosse il Prefetto a presentare al tribunale civile di Milano un’impugnativa della deliberazione consiliare sull’eleggibilità di Giuseppe Bova; deliberazione che difficilmente si potrà non adottare, salvo disubbidire all’ordine del TAR. Il Prefetto, cioè, dovrebbe intentare una causa civile (art. 82 D.P.R. 16 maggio 1960, n. 570) con i soldi pubblici! Soldi pubblici per riparare ad un pasticcio causato innanzitutto dall’arroganza totalitaria di alcuni “morti che vanno”, come li avrebbe definiti Dante Alighieri, del PD, e dalla boria di alcuni funzionari e dirigenti del Comune! I delegati del PD, letteralmente esilarati da una vittoria ottenuta per caso, si sono precipitati all’Ufficio elettorale per il ballottaggio per sostenere che a loro spettava un 15° seggio, e lì, probabilmente, nessun funzionario e nessun dirigente è stato in grado di far capire che, in mancanza di una norma specifica su come arrotondare la cifra con parte decimale corrispondente al 60% dei seggi, era meglio fare ricorso, prudenzialmente, al buon senso e alle consuetudini. Si trattava, infatti, di un’interpretazione della legge eccessivamente favorevole a chi, anche con “solo” 14 seggi più il sindaco, già avrebbe avuto la maggioranza assoluta.

Sarebbe augurabile che il Prefetto mandasse tutti a sculacciare le rane. Perché mai si dovrebbero spendere soldi pubblici per fare una causa civile? Chi è convinto di aver sostenuto tesi fondate si assuma l’onere di un ricorso! Oppure paghi, di tasca sua, il sindaco, che ancora ieri su un giornale locale dimostrava che, alla notifica dei ricorsi, non aveva capito che il Comune di Limbiate doveva costituirsi nella causa avanti il TAR per far rispettare la volontà popolare espressa con i voti, e successivamente non ha capito che doveva obbligare l’avvocato Micaela, dipendente comunale assunto anche sulla base del requisito dell’iscrizione all’ordine degli avvocati, ad andare a patrocinare l’interesse dell’Istituzione Comune, cioè dei cittadini di Limbiate, affinché i giudici appurassero che il decimo seggio per la minoranza corrispondeva ad un quoziente del Terzo Polo e non del PDL. E ancora ieri De Luca non aveva capito niente!

Naturalmente, gli autori [tali Yuri Caturelli e Giuliano Ripamonti, delegati del PD, e i membri dell'Ufficio Elettorale Centrale locale, quasi tutti del PD o ad esso vicini; n.d.r.] di una iniziativa che ha travisato i risultati delle elezioni nemmeno dopo che il segretario comunale ha “interessato” la Prefettura si sono decisi ad ammettere non solo quale splendida figura hanno fatto, ma soprattutto che hanno innescato un meccanismo che ha dato ai cittadini di Limbiate un Consiglio Comunale privo di legittimità. Se non si sono costituiti nel giudizio per ignoranza e per troppa sicumera, ora dovrebbero assumersi l’onere, in ogni senso, di presentare immediatamente un’impugnativa al Tribunale Civile, perché di questa situazione aberrante loro sono i primi responsabili. È difficile, infatti, supporre che i giudici del TAR si sono attenuti ad un verbale dell’ufficio centrale elettorale per il turno di ballottaggio che hanno scorso solo rapidamente. Sembra più plausibile supporre che hanno letto il verbale attentamente, ma che da esso non risultava che il 10° quoziente della minoranza era del Terzo Polo, bensì che in qualche modo risultava che era della coalizione guidata dal PDL. Da un verbale compilato correttamente, infatti, sarebbe stato evidente che il secondo quoziente del Terzo Polo era superiore al nono della coalizione guidata dal PDL [click file], poiché per verificare se doveva essere assegnato o no il premio di maggioranza sarebbe stato necessario stabilire, innanzitutto, la classifica decrescente dei quozienti di tutte le liste o dei gruppi di liste ammesse all’assegnazione dei seggi.

Questo verbale, naturalmente, anche se sicuramente è nelle mani di alcuni consiglieri del PD, non viene reso pubblico. Significativamente, perché è compilato in un certo modo? Perché gli autori dell’esposto del PD che, a quanto pare, ha portato alla redazione di un verbale che non rispecchia chiaramente i risultati delle elezioni, non si sono costituiti nel giudizio per difendere, contro i ricorrenti, la giustezza dell’assegnazione del 15° consigliere di maggioranza al loro partito? Perché il Comune, che è nelle mani di diversi che certamente hanno letto il mio primo articolo, ha evitato di presentare una semplice istanza-memoria con l’esposizione completa della lista decrescente dei quozienti, che avrebbe messo i giudici sull’avviso? Sarebbe stato facile far capire ai giudici che di quel verbale, sulla base del quale era stato assegnato abusivamente un seggio in più al PD, se ne stavano servendo pretestuosamente i due ricorrenti, i quali, dopo averlo studiato attentamente (scilicet: i loro avvocati), hanno capito che potevano ritorcere l’abuso contro il PD. Questa sarebbe la spiegazione dell’”anomalia” dei ricorsi presentati un mese dopo la nomina degli eletti, “anomalia” sulla quale molti si sono scervellati a suo tempo.

Le parole di De Luca al giornale locale, a parte gli sproloquii su ciò “che prevede la legge” e su “Bova (che) metterà la sua esperienza al servizio della città”, sembrerebbero voler dire: “Chiudiamola lì, e non andiamo oltre”, ma Ti-che-te-tarchett-i-ball su un altro giornale dichiara, sembrerebbe a nome del PD: “Siamo ancora convinti che la decisione presa dal Prefetto [invece “la decisione” è stata presa dall’Ufficio centrale elettorale per il ballottaggio, dove la sua coalizione aveva più di un delegato; n.d.r.] non era errata, nonostante quanto ora dica il tribunale … mi spiace che a una giovane come Federica Soldati sia tolta la possibilità di essere in consiglio nonostante sia stata votata [ma non tanto da essere eletta; n.d.r.] Stiamo valutando se, come partito naturalmente, fare ricorso o meno [nessuno, dei molti che potevano farlo, si è costituito, e quindi nessuno può più fare ricorso al Consiglio di Stato, a parte Carrara; n.d.r]. Tanti altri comuni erano nella nostra posizione [è falso: click file] e ci preme capire come mai ad oggi a loro non è stato modificato nulla [ovviamente la ragione è che lì nessuno ha commesso alcun abuso; n.d.r.]. Sappiamo però che sono onerose le spese giudiziarie e stiamo valutando se farlo o meno”. Il poveretto comincia ad anticipare la scusante perché sa già che non faranno ricorso, nemmeno in sede civile, perché come partito non gli conviene: sarebbero sconfitti un’altra volta. Infatti, al PD certo non mancherebbero alcune migliaia di euro per pagare un’impugnativa davanti al Tribunale Civile, e se proprio fossero in bolletta, vista l’importanza della questione e vista la sua sicumera, Ti-che-te-tarchett-i-ball, come segretario del maggiore partito di Limbiate, dovrebbe organizzare una raccolta di fondi per pagare l’avvocato per una causa civile. Ma non per riportare nel Consiglio Comunale la signorina Federica Soldati (qualcuno se ne ricorda la figura?), bensì per dimostrare che Bova non è eleggibile, poiché quel seggio spetta ad un’altra lista, anche se è quella dell’UDC. Egli però non è in grado di liberarsi della spocchia che lo stravolge e di riconoscere l’errore madornale del suo partito, che ha gettato il Consiglio Comunale di Limbiate in una situazione aberrante. A Ti-che-te-tarchett-i-ball, infatti, la definizione usata nella Politica dal Filosofo di Dante si attaglierebbe solo a patto di trasformare il sostantivo in aggettivo, e questo nel primo.




venerdì 16 dicembre 2011

Bova non deve entrare nel Consiglio Comunale! I boriosi e gli inetti chiedano scusa ai cittadini di Limbiate!




Non è l’intelligenza che manca agli italiani. Essi ne hanno da esportare. Manca il carattere. (…) A che parlare di civiltà superiore quando questa è incarnata da uomini la cui vita è un dualismo costante fra pensiero ufficiale e pensiero interiore, fra interesse generale e interesse personale, fra l’idea universale e il «proprio individuo», fra l’ideale alato e il successo terrestre? È alla scuola del carattere che dovremo formarci noi tutti che combattiamo per la rivoluzione e per una differente civiltà.

Emilio Lussu, «Quaderni di ”Giustizia e Libertà”», dicembre 1932, p. 41




Possono ben gloriarsi, i delegati boriosi della lista del PD che, al momento della convalida dei risultati elettorali, hanno perorato con un esposto l’assegnazione abusiva al loro partito di un 15° consigliere, caso unico in tutta l’Italia. [click file] Quanto fosse sincera la loro perorazione si può giudicare dal fatto che nessuno dei consiglieri del PD, ai quali il ricorso di Bova e Carrara era stato notificato, si è costituito nel giudizio. Ora non solo si ritrovano con un seggio in meno, che è stato assegnato dal TAR al maggiore partito del centro-destra, il PDL - mentre invece doveva essere assegnato all’UDC - ma, poiché nessuno ha avuto l'intelligenza politica di costituirsi, nessuno può più fare ricorso al Consiglio di Stato per far correggere l’errore del TAR di Milano.

Come mai il TAR ha commesso questo errore, pur rigettando la tesi, sostenuta interessatamente dai delegati del PD ma fatta propria dall’ufficio centrale elettorale per il turno di ballottaggio costituito nel Comune di Limbiate, “che l’attribuzione di soli 14 seggi alla maggioranza (… ) su 24 totali (…) non rispetterebbe previsione e “ratio” dell’art. 73 comma 10 del D.lgs n. 267/2000” ? Si tratta di un errore favorito dal verbale dell’ufficio? Secondo questo verbale (cito da uno dei ricorsi) “è risultato eletto alla carica di sindaco il signor Raffaele De Luca (…) con attribuzione alle liste collegate (…) complessivamente nr. 15 seggi-consiglieri (9 al PD; 3 a Limbiate Solidale; 2 a La Sinistra; 1 a Italia dei Valori). Alle liste collegate al candidato alla carica di sindaco (…) signor Eugenio Picozzi (…) sono stati attribuiti n. 8 seggi. Infine, alle liste collegate alla carica di sindaco (…) Carlo Schieppati 1 seggio (assegnato allo stesso candidato … )”. Ma in questo verbale, pur accettando l’interessata interpretazione abusiva del citato comma 10, perorata dai delegati del PD, l’ufficio avrebbe dovuto registrare innanzitutto la classifica decrescente dei seggi attribuibili alle coalizioni o alle liste di maggioranza e di minoranza, e quindi anche che il 10° quoziente era della coalizione guidata da Schieppati, e non della coalizione di centro-destra. [click file] Se tutto ciò fosse stato riportato, sarebbe dovuto essere evidente, agli occhi dei giudici, che non al PDL doveva essere attribuito un seggio, bensì all’UDC. Nel verbale, invece, c’è un errore che ha mandato fuori strada i giudici del TAR? Chi l’avrebbe commesso? Come mai? E come mai, invece, al Ministero dell’Interno sono stati trasmessi altri dati (corretti)?

Il sindaco sbruffoneggia per ogni dove che lui avrebbe avuto il coraggio di mandar via il segretario Gennaro Cambria. Mi permetto di dubitare che De Luca alberghi nel suo petto un cuore leonino, e che abbia “mandato via” Cambria per qualche grave scorrettezza, secondo l’allusione espressa con grande sprovvedutezza anche in Consiglio Comunale. Sarà più probabile che, nonostante lo squalificante incidente (per questa volta chiamiamolo così) occorsogli con la mancata costituzione di parte civile nei processi contro la ‘Ndrangheta, si sia limitato, entro i termini di legge, a non rinnovargli l’incarico.

Dopo la sbruffonata su Cambria, De Luca aggiunge, su per giù: “Ma da quando c’è il nuovo segretario, tutto funziona bene”. Invece questa vicenda (anche questa vicenda) dimostra il contrario. De Luca continua anche ad ostentare, tra l’untuoso e il gigionesco, frasi penose del tipo: “Non avevo mai partecipato ad un consiglio comunale, ma sto imparando”. Un’altra delle sue frasi patetiche è: “Sentirò i partiti”, ed è evidente che lo fa davvero, sempre. Ma siccome certe cose non si imparano a sessant’anni, prima dell’arrivo del nuovo segretario succede che, pur avendo un dirigente, l’avvocato Micaela, assunto con il requisito di essere iscritto all’ordine degli avvocati, quella “grande persona” (come dicono alcuni) del Sig. Sindaco di Limbiate Dr. Raffaele De Luca non riesce proprio ad infischiarsene dell’arroganza dei capataces del PD, e non riesce ad ordinare, per esempio, nemmeno di presentare istanza per costituire il Comune nel giudizio sui due ricorsi elettorali. L’avvocato Micaela, da cui dipende anche l’Ufficio Elettorale del Comune, per la seconda volta è aspirante alla carica di sindaco di Senago per il PD, della cui assemblea provinciale, dicono i giornali, fa parte. Noi gli paghiamo uno stipendio di 78.000 euro/anno.

Ma anche dopo l’arrivo di un nuovo segretario (primi di settembre) succede che il sindaco, legale rappresentante pro tempore del Comune di Limbiate, nemmeno tenti di presentare, seppure in extremis, prima dell’udienza del 18 e del contraddittorio del 26 ottobre, uno straccio di istanza-memoria per sostenere non questo o quell’aspirante consigliere, bensì che la volontà popolare doveva essere rispettata attenendosi rigorosamente ai risultati delle votazioni, così come erano stati trasmessi al Ministero dell’Interno. È chiaro che il nuovo segretario è soprattutto una specie di commissario politico messo accanto ad una persona che proprio non ha nessuna delle qualità necessarie per fare il sindaco. Non si sa quale stipendio gli dovremo pagare, ma se fosse come quello di Cambria sarebbero 112.500 euro/anno.

Un giudizio altrettanto severo deve essere dato su tutti gli altri che, abilitati dalle procedure formali delle votazioni a prendere decisioni per tutta la città, non si sono minimamente preoccupati di esercitare questa delega intervenendo per salvaguardare la credibilità della forma più importante della democrazia in ambito locale: quell’istituto che si chiama Consiglio Comunale, nel quale dovrebbero essere rappresentati (= resi presenti) i cittadini e al quale accedono solo coloro che per questa rappresentazione sono stati delegati con un voto. Mi vengono in mente tutte le scemenze che circolavano in giugno e luglio sulla “nuova qualità” del Consiglio Comunale, dopo la vittoria del centrosinistra! I ricorsi sono stati notificati oltre che al Comune e alla signorina Federica Soldati, anche a tutti gli altri consiglieri della maggioranza. Ma nessuno ha fatto né detto qualcosa affinché il Comune si costituisse nel giudizio. Nemmeno dopo che io, pur senza immaginare con quanta superficialità avrebbe giudicato il TAR, avevo segnalato sia come stavano veramente le cose, sia, nei fatti, il pericolo di far entrare nel consiglio comunale un candidato non eletto. (Anzi, no: qualcuno ha detto qualcosa, ma solo per tentare di giustificare con il solito manicheismo del PD il diritto ad avere, se non proprio 24, almeno 15 consiglieri!). Il solo pensiero di contestare Ripamonti, Caturelli, Fortunati, Simonini & C. provoca tremolii e fenomeni intestinali.

La vicenda torna a disdoro anche del consigliere che esercita la funzione di presidente del consiglio comunale. È una persona che conosco da forse quarant’anni, ma non posso esimermi dal dire che ha perso un’altra occasione per dimostrare autonomia politica ed autorevolezza. Egli, come candidato sindaco della coalizione nella quale era pure candidato [...] Tino Grassi, era direttamente interessato ad intervenire nel giudizio, e come presidente del Consiglio Comunale poteva e doveva prendere carta e penna per far presente al segretario comunale (sia a quello vecchio che a quello nuovo), e al sindaco e alla maggioranza che gli hanno dato la sua carica, la necessità, per non correre il rischio di non poter garantire la piena legittimità dell’assemblea legislativa locale, di costituire il Comune nel giudizio. Il fatto è che la coalizione del cosiddetto Terzo Polo nelle recenti elezioni era quella più raccogliticcia, e stava in piedi, come i risultati hanno dimostrato, soprattutto grazie all’UDC. Il ritorno di questo “partito” nell’alveo del centro-destra dopo il primo turno ha reso ancor più evidente il fallimento del cosiddetto Terzo Polo che, improvvisato due settimane prima della presentazione delle liste e partito con l’ambizione di andare addirittura al ballottaggio, non era riuscito ad arrivare nemmeno all’11%. Ridotte obbligatoriamente le proprie ambizioni al posto di presidente del Consiglio Comunale, meglio non rischiare la ritorsione di essere relegato alla visibilità marginale delle sedute consiliari. Per acquisire autonomia politica ed autorevolezza, e soprattutto per essere veramente garante della regolarità del funzionamento del consiglio comunale, l’abito blu, l’inno di Mameli, i sermoni, gli epitaffi non bastano.

Chi potrebbe intervenire per buttare nella pattumiera questo bel pasticcio della cucina politico-istituzionale di Limbiate, dalla quale provengono i suoi ingredienti e nella quale si sono svolte le prime fasi di cottura? L’eleggibilità di Bova può essere contestata con un ricorso da qualsiasi elettore del Comune di Limbiate, nonché dal Prefetto (art. 82 del D.P.R. 16 maggio 1960, n. 570). I tempi del giudizio naturalmente sarebbero abbastanza lunghi. Ma lunedì 19 dicembre, quando Bova dovrebbe entrare nel Consiglio Comunale, tutti i consiglieri della maggioranza avranno uno scatto di orgoglio presentando una mozione per contestarne l’eleggibilità, nonché le loro scuse ai cittadini di Limbiate per non essersi decisi prima a fare davvero i consiglieri comunali? Ne dubito fortissimamente.

martedì 13 dicembre 2011

Fuori una consigliera nominata abusivamente, dentro uno che non è stato eletto!




Se si trattasse solo di dire: “visto che avevo ragione?”, non varrebbe certo la pena di commentare la sentenza della IV Sezione del TAR di Milano su due ricorsi riuniti, presentati da candidati del centro-destra limbiatese non eletti lo scorso maggio. Il mio articolo Qual è il decimo consigliere che il centro-destra di Limbiate vuole è ancora leggibile in questo blog (mentre qualcuno ha cancellato gli sproloqui che a suo tempo aveva pubblicato; ma altri si sono affrettati a pubblicarne ancora sui propri blog). Il fatto è che questa sentenza è un pastrocchio orrendo, che non rimette affatto a posto le cose, ma anzi crea nel Consiglio Comunale di Limbiate una situazione di illegittimità che non può essere tollerata. Il TAR, infatti, dopo aver ordinato l’acquisizione di documenti, dopo aver dedicato alla causa tre sessioni fra udienze e contraddittorii, e dopo una camera di consiglio, ha sentenziato che una consigliera del PD era stata nominata abusivamente, e fin qui tutto va bene; ma poi ha ordinato che il seggio dell’”abusiva” deve essere dato ad un candidato del PDL… che non è stato eletto! Se prima avevamo una maggioranza parzialmente abusiva, d’ora in avanti avremo, se nessuna autorità vi porrà rimedio, un consiglio comunale con un consigliere che non ha ottenuto voti a sufficienza per occupare un seggio. E dunque, poiché la questione della piena legittimità del Consiglio Comunale di Limbiate è questione di enorme importanza, vale la pena che anche i semplici cittadini vi prestino il massimo di attenzione e segnalino che la situazione che si è venuta a creare è ancor più aberrante di quella precedente.

Riprendo le argomentazioni del mio articolo. Seguendo in modo pedissequo i commi 8, 9 e 10 dell’art. 73 del D. lgs n. 267 del 2000, non mi limitavo ad argomentare che “la ratio della legge, che ha lo scopo di attribuire a chi vince le elezioni una maggioranza tale da garantire la governabilità degli enti locali” è “ampiamente rispettata anche se alla maggioranza non sono assegnati 4 decimi di consigliere, che risultano da una norma inapplicabile per palese incongruità con il numero attuale dei componenti il consiglio comunale”; e che “in tutti i comuni con un consiglio comunale di 24 seggi [il TAR stranamente si riferisce ai comuni con meno di 15.000 abitanti], tranne che a Limbiate, alla/e lista/e che non ha/nno conquistato il 60% dei seggi nel primo turno sono stati assegnati 14 consiglieri e non 15” – e appunto con argomenti analoghi il TAR ha sentenziato che alla maggioranza del Consiglio Comunale di Limbiate spettano 14 consiglieri, e 10 alla minoranza. Sostenevo, anche (sempre seguendo in modo pedissequo la legge), che “il TAR dovrebbe stabilire, indipendentemente da quello che sostengono i ricorrenti, a quale lista di minoranza dovrebbe essere assegnato il decimo consigliere, e quindi dovrebbe ricalcolare i quozienti e disporli in una graduatoria decrescente”; lo sostenevo perché solo il calcolo dei quozienti avrebbe potuto dimostrare se ognuno dei ricorrenti aveva titolo per chiedere una sentenza riparatoria. La classifica decrescente, di cui si parla nel comma 8 dell’art. 73 del D. lgs. n. 267 del 2000, dei quozienti ottenuti dividendo “la cifra elettorale di ciascuna lista o gruppo di liste collegate”, dimostrava e dimostra che due quozienti del cosiddetto Terzo Polo si collocavano uno al quinto posto (1.762) e l’altro al decimo (881) [click file]. E poiché un seggio spettava al candidato sindaco non eletto, Carlo Schieppati, l’altro spettava alla lista dell’UDC, precisamente al candidato Grassi, che aveva ottenuto la maggiore cifra elettorale individuale.

Il TAR, invece, dopo aver stabilito il criterio dirimente dell’arrotondamento per difetto quando la parte decimale del 60% dei seggi spettanti alla maggioranza (=14,4) non supera la metà dell’unità di riferimento, non si è più preoccupato di verificare quanto è richiesto dal comma 8 del D. lgs n. 267 del 2000, e si è preoccupato solo di sentenziare che alla maggioranza deve essere tolto il 15° consigliere, mentre alla minoranza se ne deve assegnare uno in più, il decimo. E poiché fra i due ricorrenti Bova ha ottenuto la maggiore cifra elettorale individuale, costui ha visto accolto il proprio ricorso. Secondo il testo della legge e secondo la classifica decrescente dei quozienti elettorali della coalizione guidata dal PDL e di quella del cosiddetto Terzo Polo, è evidente, invece, che alla seconda coalizione spetterebbero due seggi e non uno.

Una riprova? Si clicchi qui: http://elezionistorico.interno.it/index.php?tpel=G&dtel=15/05/2011&tpa=I&tpe=C&lev0=0&levsut0=0&lev1=3&levsut1=1&lev2=104&levsut2=2&lev3=270&levsut3=3&ne1=3&ne2=104&ne3=1040270&es0=S&es1=S&es2=S&es3=N&ms=S
Come si vede, per il Servizio elettorale del Ministero dell’Interno, i seggi devono essere assegnati secondo le norme di legge che ho richiamato (su questo sito i dati dei seggi non erano presenti nei primi giorni dell’agosto scorso, quando ho pubblicato il mio articolo; sono stati pubblicati dopo): alla coalizione PDL-Romeo per Picozzi-Lega Nord spettano 8 seggi; al Terzo Polo ne spettano due, di cui uno all’UDC. Ne risulta che se Bova entrasse nel Consiglio Comunale, entrerebbe un candidato che non ha ottenuto voti sufficienti per essere eletto, e sarebbe escluso, invece, un candidato che i voti sufficienti per essere eletto li aveva ottenuti!

Quale legittimità avrebbero le votazioni del Consiglio Comunale alle quali prendesse parte un consigliere… fittizio? Perché se una sentenza del TAR può ristorare un diritto o un interesse legittimo leso da un provvedimento amministrativo errato o abusivo, certamente non può negare la volontà popolare oppure sostituirvisi.

Perché proprio io faccio questo discorso, che torna a favore di un candidato che, facendo l’assessore del centro-destra, lungo dieci anni di supina acquiescenza ad un gruppo di procacciatori d’affari ha attivamente collaborato a trasformare il Comune di Limbiate appunto in una agenzia d’affari, per la speculazione edilizia e non solo? Semplicemente perché sono quasi sicuro che di fronte a questa ennesima aberrazione della politica limbiatese, nella quale gli aspetti distorti e addirittura perversi sono tradizione ultra-consolidata, nessuno se ne accorgerà (infatti sono già state pubblicate scemenze varie e addirittura dei “Bentornato!”); che nessuno si accorgerà che anche questo episodio precipita la politica e le istituzioni limbiatesi a livelli infimi; che nessuno percepirà che con la rinuncia, più o meno interessata, a costituirsi nel giudizio, il Comune stesso, una buona pletora di inetti alla politica e alle istituzioni, e il diretto interessato, hanno fatto sì che questa volta l’aberrazione ci fosse regalata addirittura da un tribunale amministrativo!

Ovviamente, nessuno di coloro che oggi, fuori e dentro il Comune, blaterano, fra l’altro, di legalità, a suo tempo poteva abbassarsi fino a prendere in seria considerazione il mio articolo (che è stato letto da centinaia di persone, fra esse sicuramente tutti i politicanti di Limbiate, istituzionali e non) e fino a capire che era il caso, avendone titolo, di andare ad argomentare davanti al TAR che per ripristinare la regolare composizione del Consiglio Comunale di Limbiate il decimo seggio della minoranza non doveva essere assegnato a nessuno dei due ricorrenti (uno dei quali non è nemmeno il primo dei non eletti della sua lista!), bensì – poiché si tratta di un principio fondante della democrazia - a chi aveva acquisito con il voto popolare il diritto di ottenerlo. Poiché di molti politicanti limbiatesi io, ancora una volta, scrivevo quello che si può leggere nella seconda parte dell’articolo, molti hanno preferito ripetere, come pare si ami ripetere in una frequentatissima cartolavanderia, “Ricciardi è inattendibile!”, “Ricciardi è un pazzo!”.

Certo che sono pazzo. Ma non frequento le cartolavanderie.



venerdì 21 ottobre 2011

Costruire nuove case ma minare la scuola pubblica




In un articolo pubblicato il 7 di questo mese ho definito dissennata e autoritaria, la deliberazione con la quale la giunta De Luca vorrebbe cedere in uso al Comune di Solaro due scuole da annettere all’Istituto Comprensivo di quel comune, ed accorpare in due soli istituti le rimanenti scuole di Limbiate, dalle materne alle medie inferiori. Va sottolineato che, cedute le scuole del Villaggio del Sole, questo accorpamento diventerebbe obbligatorio, visto che la legge 111/2011 prevede che in ogni istituto comprensivo vi sia almeno una scuola media, e a Limbiate ne resterebbero solo due.

La cessione delle scuole è stata concordata con la Giunta Comunale di Solaro (che non ha mai esposto all’albo pretorio elettronico la delibera con la quale l’affare è stato concluso), ma senza consultare, pare, il dirigente dell’I.C. di quel comune. A Limbiate, invece, prima di concludere l’affare con Solaro sono stati consultati solo i dirigenti scolastici; di questi, tre su quattro erano e sono contrari. Solo quando tutto era già stato deciso è stato chiesto alle altre componenti del mondo della scuola di pronunciarsi [click qui, terzultimo paragrafo]: si sono espressi contro due circoli didattici su tre e il consiglio d’istituto della scuola media, tutti all’unanimità; si è invece pronunciato a favore, ma a maggioranza, solo il I circolo didattico, nel quale la spocchiosissima vice-sindachessa Ripamonti, che abita al Villaggio del Sole, fa la dirigente amministrativa. Sulla (contro)riforma dell’organizzazione della scuola di base di Limbiate la giunta comunale non ha organizzato nessuna altra consultazione. E sì che abbiamo anche un assessore addetto a far scrivere pizzini ai cittadini per auscultarne i suggerimenti!

La delibera in questione, che dimostra troppa (e sospetta) frettolosità, è raffazzonata e priva di motivazioni realmente consistenti, eppure è proprio con un atto simile che si prendono decisioni di capitale importanza su un settore della società tanto delicato come quello della scuola! La dissennatezza e l'autoritarismo che questa delibera esprime risultano ancor più evidenti se li si pone a confronto con il buonsenso che altri enti locali dimostrano nell’applicare la legge 111/2011. Si guardi, per esempio, al modo di procedere delle province e della regione piemontesi, sul quale ci informa la rassegna stampa del Governo italiano [URL: rassegna.governo.it/testo.asp?d=70080234; ringrazio la signora S. G. per avermela inviata].

Innanzitutto, la Regione Piemonte, senza aspettare che la Corte Costituzionale si pronunci sui ricorsi presentati da diverse regioni, ha riaffermato nei fatti le prerogative di organizzazione e programmazione del sistema scolastico che spettano alle regioni, e, anche se la legge finanziaria prevede un nuovo assetto già per l’anno scolastico 2011/2012, ha stabilito, d’accordo con le Province, di recepire il cambiamento con un piano triennale che prevede di raggiungere il 20% dell’obbiettivo nel 2012/13, il 60% l’anno seguente, il 100% nel terzo anno.

Inoltre, con una scelta assai apprezzabile in vista di una migliore gestione degli istituti, la Regione Piemonte ha deciso che i Comprensivi non dovranno superare i 1.200 iscritti.

Anche per i plessi, dice l’assessore regionale Cirio (del PdL), «manterremo i vecchi criteri… Dobbiamo rispettare la legge, ma ci siamo esposti affinché il territorio abbia il tempo necessario per affrontare il cambiamento nel migliore dei modi e garantendo efficienza e qualità del sistema scolastico. Inoltre abbiamo proposto l’istituzione di un tavolo con le Province e l’Ufficio Scolastico Regionale per lavorare anche in futuro su posizioni condivise».

La Giunta Regionale (presieduta da R. Cota, della Lega Nord) ha quindi approvato alcune deroghe per il mantenimento dei plessi: per quelli in pianura 20 iscritti almeno per la scuola dell’infanzia; per la primaria almeno una classe di 10 bambini o una pluriclasse con minimo 8 e massimo 18 alunni; per le sezioni staccate di scuola media almeno 20 iscritti; ecc.

Secondo l’assessore all’istruzione della Provincia di Torino (del PD), queste decisioni «sono frutto della battaglia condotta fin qui. Martedi [25 ottobre 2011] porterò in Giunta la proposta che il primo anno si facciano soltanto operazioni “consensuali”, dal momento che l’opera di montaggio e rimontaggio sarà dolorosa».

Dunque: sembra che in Piemonte, terra di “bugia nen” (non muoverti), per darsi il tempo di riorganizzare il sistema scolastico con calma (i prossimi tre anni!), da luglio ad oggi si siano mossi in tanti: le Province, la Regione e, presumibilmente, anche i Comuni, che avranno fatto pressione sui primi due Enti. Risultato: criteri per una applicazione elastica della legge nazionale e, soprattutto, “consensualità”. È da supporre che assessori locali e, soprattutto, sindaci si siano dati molto da fare; che per riuscire a far scrivere in una delibera regionale dei criteri elastici, che consentano di “affrontare il cambiamento nel migliore dei modi” e garantendo l’efficienza e qualità del sistema scolastico, prima di trovare una soluzione soddisfacente abbiano speso giorni e settimane; che, come si dice, abbiano “fatto rete”, ecc.

Qui a Limbiate è avvenuto il contrario. Il nostro sindaco, sostenuto dal centrosinistra, non ha il tempo per fare il sindaco (compito che comporta, tra l’altro, prendere contatto con altri sindaci ed enti per affrontare, di volta in volta, i problemi più disparati) e, insieme ad un’assessora alla scuola che si adatta a fare l'appendice di una vice-sindachessa spocchiosissima e convinta di essere ormai sulla rampa di lancio verso una sfolgorante carriera politica, ha improvvisato maldestramente una deliberazione che è funzionale esclusivamente alla perpetuazione del disordine edilizio-urbanistico e scolastico di Limbiate, in particolare del quartiere Villaggio del Sole-Brollo. Questo è il quartiere che più degli altri ha subito l’assalto della speculazione edilizia, e di ciò si deve rendere grazie innanzitutto al gruppo di arrampicatori politici penatiani capeggiati dal conducator paesano Fortunati, che già molti anni fa trasformò molte aree standard (cioè destinate a servizi) in aree edificabili. Molte di quelle aree sono già state edificate; su altre si sta ancora costruendo, ma nelle convenzioni attuative non è stata prevista la costruzione, a spese dei privati, delle nuove aule che l’aumento della popolazione rende necessarie, e nemmeno è stato previsto l’incasso degli oneri e delle monetizzazioni per le aree destinate ai servizi ma non cedute dai privati. E mentre il Comune di Limbiate nemmeno ha un Piano dei servizi, il Comune di Solaro nel suo PGT prevede di seguire, quanto a cementificazione del Villaggio Brollo, l’esempio di Limbiate (seppure in misura minore, per indisponibilità di aree), ma nel suo Piano dei servizi non prevede la costruzione di nuove aule!

Quando, fra tre-quattro anni al massimo, tutte le nuove abitazioni costruite al Villaggio del Sole-Brollo saranno abitate, la popolazione del quartiere sarà aumentata di circa 600-700 abitanti, dei quali almeno 250 saranno bambini in età scolare. Due terzi saranno residenti nel comune di Limbiate, ma per loro, come per quelli residenti nel comune di Solaro, non vi saranno aule disponibili. Di questo problema, che sarebbe denominato con il termine eufemistico “criticità” da De Luca & C., costoro sembrano non essere consapevoli, eppure esiste già. I De Luca, le Ripamonti, le Sessa, i Ti-che-te-tarchett-i-ball (il cui prossimo lido politico si trova sulle rive del torrente Guisa) dicono di voler garantire la “continuità didattica” ai bambini del Villaggio del Sole-Brollo ma, con tutta la loro sbandieratissima (in campagna elettorale) competenza politico-amministrativa, invece di un piano di costruzione di nuove aule lì dove servono, hanno preparato e approvato un semplice atto amministrativo con il quale vengono eliminate dal sistema scolastico di Limbiate le aule che già ci sono!

Se questa tendenza a non costruire servizi dovesse essere confermata, il fenomeno delle iscrizioni alle scuole private vicine (già evidentissimo a Solaro, lo dimostrano i dati sul rapporto classi di età/iscrizioni [click qui]) in un prossimo futuro diventerebbe rilevante anche nel quartiere Villaggio del Sole, e quindi a garantire la continuità didattica ci penserebbe l’ormai fiorente industria dell’istruzione privata.

Oldrini continua a dire di essere tranquillo. Ma adesso non sa più come finirà “questa storia”




Il sindaco viene accusato di concussione e violazione della legge sul finanziamento illecito ai partiti. Due le vicende finite sotto la lente della procura monzese. La prima riguarda la ristrutturazione del Palaghiaccio, che sarebbe stata realizzata nei primi anni 2000 dal costruttore Giuseppe Pasini come «condizione essenziale» per ottenere l’approvazione del piano edilizio sull’ex area Marelli. «Ero sotto scacco della politica», ha raccontato Pasini agli inquirenti il 18 marzo 2011. «All’epoca non c’era alcun piano in atto sull’area in questione», ha ribattuto l’avvocato monzese Attilio Villa, difensore di Oldrini. L’altra riguarda alcune elargizioni in denaro, che Oldrini avrebbe ricevuto dall’imprenditore Piero Di Caterina. Quest’ultimo, riferisce di favori in soldi, o pagamenti a terzi, chiesti dal sindaco per circa 60mila euro. Tra questi, viene contestato un sondaggio commissionato all’istituto Ispo per il Comune, nonché sponsorizzazioni della Geas Basket, società sportiva locale. Ancora l’avvocato: «Il sondaggio è stato fatturato regolarmente, e Di Caterina era socio della Geas».


Per leggere tutto l’articolo:


milano.corriere.it/milano/notizie/.../berni-penati-1901893972650.shtml

giovedì 20 ottobre 2011

Giorgio Oldrini dai PM. L'interrogatorio va avanti da cinque ore




Sesto San Giovanni, 20 ottobre 2011 - E' in corso dalle 14.45 di questo pomeriggio l'interrogatorio di Giorgio Oldrini, sindaco di Sesto San Giovanni, presso gli uffici della Guardia di Finanza di via Corridoni a Sesto. Nell'ambito dell'inchiesta su un presunto giro di tangenti legato a operazioni immobiliari sulle aree ex Falck e Marelli, il cosiddetto "sistema Sesto", Oldrini è accusato di concussione e finanziamento illecito al partito dagli imprenditori di Piero Di Caterina e Giuseppe Pasini, i due "gola profonda". Oldrini è assistito dal suo legale, Attilio Villa: lo interroga il pm Walter Mapelli. Prima di entrare negli uffici delle Fiamme Gialle il sindaco ha detto: "Sono sereno, non ho niente da rimproverarmi".

Pasini ha coinvolto Oldrini in relazione alla vicenda della ristrutturazione del Palasport di Sesto mentre Di Caterina gia' negli interrogatori resi l'anno.

[Da “Il Giorno”, www.ilgiorno.it/sesto/cronaca/2011/10/20/604499-giorgio_oldrini.shtml]

mercoledì 19 ottobre 2011

Black tap


Vignetta di Vauro Senesi, da il manifesto

martedì 18 ottobre 2011

Oggi è morto un grande poeta: Andrea Zanzotto (1921)

Da Youtube, alcune sue testimonianze:

sul paesaggio;
sulla storia;
sulla Lega Nord .

lunedì 10 ottobre 2011

Coglionate da politicanti e bisogni scolastici nel Villaggio del Sole-Brollo




Il quartiere-frazione chiamato per una parte Villaggio del Sole e per un’altra Villaggio Brollo è attraversato dai confini di quattro comuni: Limbiate, Solaro, Ceriano Laghetto e per una piccola parte anche Bovisio Masciago. Si è formato a partire dalla metà degli anni cinquanta del secolo scorso e negli ultimi anni ha ripreso ad ingrandirsi con nuove costruzioni. Che la zona fosse attraversata dai confini di quattro comuni era ben noto, evidentemente, alle famiglie che proprio lì hanno costruito le loro case molto tempo fa ed hanno continuato a farlo. Il cammino irregolare e perfino contorto dei confini (vi sono case attraversate dalla linea ideale che divide due comuni!) per le famiglie che hanno scelto, e ancora scelgono, di vivere lì non ha mai costituito un ostacolo per i rapporti sociali, né è mai stato sentito, evidentemente, come un elemento “disgregante”. Dopo tre o quattro generazioni, in quella che era una delle tante “Coree” di Limbiate, vi sono ora molte case che, costruite nei primi anni dell’immigrazione, sono state restaurate, ingrandite, abbellite nei decenni successivi. Segno che, con il progressivo miglioramento delle condizioni economiche delle famiglie, le generazioni che vi si sono succedute hanno continuato a sentirsi legate a quei luoghi che considerano in ogni senso “casa”, luogo nel quale vi è il centro delle proprie relazioni affettive e sociali. Ciò non sarebbe avvenuto se la diversa residenza anagrafica fosse stata causa di “disgregazione” e come tale fosse stata sentita. Descrivere il Villaggio del Sole-Brollo come realtà “disgregata”, senza andare più in là della ripetizione di questa parola, come hanno fatto nelle ultime settimane alcuni politicanti di Limbiate e Solaro, è solo una coglionata. Mi si perdoni il termine; ma non ve n’è uno più appropriato.

Chi è arrivato a Limbiate più di cinquanta anni fa ed è vissuto in una di quelle che allora erano “Coree”; chi non è mai stato sostenuto dai preti e non ha studiato in collegi di prestigiose istituzioni religiose, bensì in scuole pubbliche, anche con doppi e tripli turni; chi non è arrivato a Limbiate già adulto, alla fine degli anni settanta, per fare una libera professione che gli assicura diecimila euro al mese pagati dalla cassa pubblica; chi non ha aspettato di compiere sessant’anni per volgere uno sguardo superficiale alla realtà sociale di Limbiate; chi ha ancora ben stampato nella memoria cosa fosse, allora e ancora per almeno due lustri, la realtà di certe zone di Limbiate abitate da immigrati meridionali e veneti – se oggi si limita a camminare per le strade del Villaggio del Sole-Brollo e guarda e mette in moto un po’ d’immaginazione sociologica, già è in grado di valutare l’incommensurabile differenza fra la qualità sociale (= presenza di “società”) della realtà odierna e quella della realtà di alcuni decenni fa. Una realtà, quella di allora, che oggi chi non l’ha vissuta e non riesce nemmeno ad immaginarsela definirebbe, con un termine idiota preso in prestito da un’antropologia e da una sociologia solo orecchiate, “disgregata”. Ma sarebbe un giudizio superficiale.

Chi ha vissuto quei tempi, sa bene, per esempio, quanta “aggregazione” (parola allora inesistente, insieme al suo contrario, anche nel vocabolario delle persone colte, ed infinitamente più insignificante di termini come “legame”, “aiuto reciproco”) – quanta “aggregazione” vi fosse nelle strade degli immigrati dove, fra gli anni cinquanta e tutti i sessanta, praticamente tutte le famiglie contemporaneamente si auto-costruivano la casa, lavorando il sabato pomeriggio e la domenica; d’estate anche la sera degli altri giorni. Centinaia di famiglie, migliaia di persone che, oltre al lavoro salariato, quasi non facevano altro. Eppure sono state famiglie di questo tipo quelle che hanno costruito il Villaggio del Sole-Brollo e diversi altri quartieri di Limbiate. Proprio queste famiglie, per molto tempo, hanno provveduto a fare “società”, in ogni senso, prima delle istituzioni, che sono intervenute dopo, solo negli anni settanta, in modo del tutto insufficiente – ancora oggi, non v’è chi non lo veda – tuttavia con un buonsenso che non è appannaggio di De Luca & C.

Non ho mai fatto l’apologia delle amministrazioni comunali degli anni settanta e dei primi anni ottanta. Il Piano Regolatore di Limbiate non ha mai regolato granché. Più che altro, quel documento registrava una situazione urbanistica caotica e non tentava minimamente di riordinarla, di correggere almeno qualcuno dei molti aspetti assurdi: case, strade, quartieri, attrezzature pubbliche sorti senza alcuna coerenza, come mera conseguenza di alcuni accidenti storici. Ma se vi è un caso in cui non si è semplicemente preso atto di una situazione per assecondare il modo caotico in cui era sorta, bensì per dotarla almeno in parte delle strutture pubbliche che caratterizzano una situazione urbana, questo caso è quello del Villaggio del Sole-Brollo. (Sto parlando di alcuni decenni fa; negli ultimi dieci anni lo sviluppo del caos è ripreso a ritmi galoppanti, questa volta per diretto impulso di chi invece dovrebbe “regolare”: il Comune di Limbiate, prima, ed ora anche Solaro, che si appresta a seguirne l’esempio).

Per quanto riguarda l’istruzione di base, alcuni decenni addietro si è semplicemente deciso che anche un quartiere-frazione esteso su un territorio diviso fra ben quattro comuni doveva essere dotato di tutte le strutture necessarie per l’istruzione di base, dalla scuola infantile alla scuola media inferiore, e nel corso di alcuni anni queste strutture sono state costruite, una parte nel Comune di Solaro (1 scuola infantile e 1 scuola elementare) e un’altra nel Comune di Limbiate (1 scuola infantile e 1 scuola media). Queste strutture hanno finora accolto bambini provenienti indistintamente da tre comuni: Limbiate, Solaro, Ceriano Laghetto (poiché sembrerebbe che alcune decine di alunni della scuola primaria vengono dalla parte del Villaggio Brollo che si trova in questo comune). Basta dare una rapida occhiata comparativa ai dati demografici e della frequenza scolastica per rendersi conto che: 1) innanzitutto, contrariamente ad una voce diffusa, l’Istituto Comprensivo di Solaro ha già ben più di mille allievi [click qui]; 2) inoltre, dal raffronto delle percentuali dei non frequentanti si direbbe che le scuole di Limbiate siano apprezzate dalle famiglie più di quanto le famiglie di Solaro apprezzino quelle del loro comune [click qui]; 3) benché il Comune di Limbiate non abbia fornito al pubblico alcun dato demografico riguardante il Villaggio del Sole, i pochi dati reperibili dimostrano che diverse decine di alunni residenti nel Villaggio del Sole frequentano la scuola elementare del Villaggio Brollo, e viceversa per quanto riguarda la scuola media. (Inoltre è da porre fortemente in dubbio che siano molte le famiglie del Brollo che preferiscono iscrivere i figli alla S.M. “Pirandello” di Via Drizza di Solaro, che dista dal centro della frazione 2.800 metri, se si percorre la ex S.S. 527, o 3.400 metri se si percorrono le strade interne al paese, mentre la S.M. "Gramsci" del Villaggio del Sole di Limbiate dista solo 800 metri!).

La scuola elementare e la scuola media del Villaggio del Sole-Brollo distano una dall'altra poco più di 400 metri, e se, putacaso, non hanno garantito la continuità didattica non è certo perché una linea ideale le colloca in due diversi comuni, e nemmeno perché dipendono da due diverse direzioni. Inoltre, quelle attività che, per garantire la continuità didattica, sono svolte quasi ovunque da allievi e insegnanti delle classi quinte di una scuola elementare e delle classi prime di una scuola media, normalmente durano solo alcuni giorni. La differenza, sotto molteplici aspetti didattici ed organizzativi, tra scuola elementare e scuola media è un dato di fatto ineliminabile, che tuttavia contribuisce alla crescita ed alla maturazione del bambino se è adeguatamente “accompagnato” nel passaggio dalla scuola elementare a quella media. Tutte le attività necessarie per questo "accompagnamento" possono e devono essere organizzate da insegnanti ed allievi anche se le scuole si trovano in due comuni diversi, dipendono da due diverse direzioni MA OPERANO NELLO STESSO TESSUTO SOCIALE E NELLO STESSO AMBIENTE URBANO!!

I Comuni di Limbiate, Solaro e Ceriano Laghetto devono semplicemente prendere atto di questa situazione e, cominciando a lavorare per mettere in atto forme di intercomunalità, devono stabilire, in accordo con le scuole, una convenzione da inserire nei rispettivi Statuti per assicurare che ciascuno fornisca (pro-quota di alunni) tutto il supporto materiale (per quanto riguarda strutture ed interventi vari di sostegno alla didattica) per la gestione delle attività scolastiche nel Villaggio del Sole-Brollo. Tutto ciò è sicuramente possibile. Non è necessaria alcuna "cessione" o "annessione".

Ovvio, per cominciare a lavorare per mettere in atto forme di intercomunalità (e proprio per quanto riguarda la gestione delle scuole sarebbe possibile muovere in fretta i primi passi in questa direzione) sarebbe necessario: 1) mettersi a ragionare da politici locali (in senso eminente) e non da politicanti; 2) discutere davvero con i cittadini, e non ridicolizzarli in quanto tali mettendoli a scrivere pizzini.

venerdì 7 ottobre 2011

Una deliberazione dissennata a Limbiate. Una deliberazione fantasma a Solaro




Non è affatto vero che la dissennata deliberazione (click qui) con la quale la giunta De Luca vorrebbe proporre alla Provincia di Monza di accorpare autoritariamente in due soli Istituti Comprensivi tutte le scuole di Limbiate dalle materne alle medie inferiori, tranne due da annettere all’istituto Comprensivo di Solaro, è stata “sospesa” [con quale altro provvedimento? ndr] “a seguito della nota dell’ANCI Lombardia sul conflitto di attribuzione tra Stato e regioni in materia”. Questa è solo una frottola maldestra, che non riesce a mistificare, quindi, ciò che realmente è avvenuto: il ritiro materiale della delibera dalla sede della Provincia di Monza, dove era già stata consegnata. Dopo il ritiro, tuttavia, la delibera non è stata affatto annullata.

In realtà il ritiro era ormai politicamente obbligatorio, per diverse ragioni: 1) perché la proposta della Giunta Comunale (un istituto con 1.300 alunni; un altro con 1.700 e la cessione, motivata solo da una promessa elettorale, di una scuola materna e di una media inferiore a Solaro (che tra l’altro è nella provincia di Milano) molto probabilmente sarebbe stata respinta dalla Provincia di Monza e dalla Regione Lombardia, semplicemente perché la proposta era ed è del tutto improvvisata e dissennata (sui termini della “proposta” v. qui un articolo di M. Campisi); 2) perché i casi problematici e non facilmente risolvibili sono molti, e quindi ben si può approfittare del lasso di tempo di circa un mese prima che la Provincia trasmetta alla Regione le proposte dei comuni; 3) perché, anche se non lo dice (alla faccia della trasparenza politica!) nessuno della “maggioranza” che governa Limbiate (una maggioranza eletta con i voti di meno del 25% degli elettori!), quella delibera, che pure reca la dicitura “con voti unanimi espressi in forma palese”, non è stata affatto condivisa da tutta la Giunta (si sa della posizione contraria dell’assessore di SEL e di quello di Limbiate Solidale, la lista del sindaco, il cui capogruppo parimenti era contrario!); 4) perché, soprattutto, contro gli oscuri progetti del PD locale e provinciale (ma poi mica tanto oscuri, come vedremo in un articolo successivo) e contro le follie di politicanti come Ti-che-te-tarchett-i-ball e la spocchiosissima vice-sindachessa Ripamonti, si era pronunciata (con delibere degli organismi scolastici) la grande maggioranza degli insegnanti e dei genitori degli alunni; 4) perché fra gli insegnanti, i genitori e i cittadini (qualcuno dei quali ha fornito dati e informazioni agli insegnanti) aveva già preso piede la proposta (che non è stata affatto accantonata) di organizzare una raccolta di firme in calce ad una petizione da inviare anche alla Provincia; 5) perché l’opposizione di centro-destra, alla quale la stolidezza del centrosinistra ha regalato un’altra occasione d’oro, stava organizzando il tentativo, difficilmente contenibile, di ripetere l’operazione consiglio comunale aperto-assalto al centrosinistra già attuata con successo quattordici anni fa (click qui, terzo paragrafo).

Ritirata la delibera, dei politicanti dotati di un tasso di responsabilità politica appena superiore allo zero ne avrebbero subito approvata un’altra contenente la proposta di riorganizzare tutte le scuole di Limbiate in tre istituti comprensivi, come chiesto, a stragrande maggioranza, da tutte le componenti delle scuole limbiatesi. Non esiste, infatti, nessuna ragione, come ha precisato l’ANCI-Lombardia, per bloccare l’iter di approvazione da parte della Provincia di tutte le proposte provenienti da Comuni che hanno già deliberato, o sono in procinto di farlo, d’intesa con le Scuole (…). Tali interventi, infatti, vengono considerati ‘proposte’ di manutenzione della rete, come avvenuto negli ultimi anni, anche prima della Legge n. 111/11” (click qui, quarto documento). Se a Limbiate si raggiungesse l’accordo per l’accorpamento in tre Istituti, non vi sarebbe alcuna ragione per attendere le indicazioni della Conferenza Unificata Stato-Regioni, la quale in ogni caso non potrà cancellare (per i casi come quello di Limbiate) quanto è stato stabilito dal comma 4 dell’art. 19 della legge 111/11: devono essere creati istituti di almeno mille alunni comprendenti materna, primaria e secondaria di I grado.

Una nuova delibera che accogliesse le indicazioni provenienti dalle scuole restituirebbe tranquillità a tutti i lavoratori (soprattutto al personale ATA), ai genitori, agli organismi scolastici, ai cittadini. È desolante constatare l’incapacità del sindaco e degli assessori di mettere da parte un assai malinteso amor proprio personale e politico, e di sentire, invece, il dovere di sedare le ansie e le angosce che hanno generato nei lavoratori della scuola, nelle famiglie, nei cittadini, ammettendo (anche solo implicitamente) di aver preso una decisione sbagliata poiché non necessaria e, come i fatti hanno dimostrato, del tutto impopolare. Questa ammissione farebbe recuperare il credito politico ricevuto al momento delle elezioni ma tanto rapidamente dilapidato con decisioni dissennate come questa di cui parliamo, e con altre. Per esempio: 1) la mancata costituzione di parte civile nei processi contro la ‘Ndrangheta, causata innanzitutto dalla mancanza di reale volontà politica di compiere quel passo, e inoltre da inettitudine alla politica, ignoranza, dabbenaggine, feticismo della burocrazia; 2) l'omessa richiesta di rifusione dei danni morali causati al Comune dall’ex sindaco Romeo, condannato tre volte in una causa del lavoro; 3) la mancata denuncia di una lunga serie di convenzioni - una più truffaldina dell’altra - attuative di P.I.I. e Piani di Lottizzazione, dai quali ancora si potrebbero ricavare milioni di euro per costruire scuole e altri servizi; 4) l’istituzione di quella specie di tassa sul macinato del terzo millennio che è il raddoppio dell’addizionale comunale sui consumi dell’energia elettrica, giustificata dalla incompetentissima vice-sindachessa con una serie di desolanti bugie. E si potrebbe continuare. A fronte di tanta inettitudine politica, De Luca & C. possono registrare nell’attivo solo l’ordinanza per… tagliare le erbacce sull’argine del canale Villoresi!

La pronta approvazione della proposta fatta da insegnanti e genitori (3 istituti) depotenzierebbe, inoltre, l’offensiva che il centro-destra tenta di imbastire servendosi strumentalmente delle motivazioni sacrosante provenienti dal mondo della scuola (quando mai Romeo, Mestrone, Guerra e soci si sono occupati seriamente delle scuole di Limbiate? Tutti gli edifici stanno cadendo a pezzi!). Vedere con quanta facilità il centrosinistra si fa mettere in difficoltà dal centro-destra è deprimente. Si spera di andare avanti per cinque anni confidando, per contrastare il centro-destra, nell’intelligenza taurina di Ti-che-te-tarchett-i-ball? Oppure nei discorsi di uno che quando parla si mette in posa come una ragazza-coccodè? Ma, fuor di celia: nessuno da quelle parti ha almeno una vaga cognizione di cosa sia l’“iniziativa politica”, una modalità della quale è la capacità di cambiare linea politica, dopo aver constatato di averne scelta una sbagliata? (“Iniziativa politica” era un termine del quale si abusava nel linguaggio del togliattismo, per mistificare iniziative che in nulla modificavano lo status quo democristiano; nel centrosinistra limbiatese, oltre a Fortunati, c’è un altro tipetto che vorrebbe ostentare posizioni e modi “togliattiani”, ma di “iniziativa politica” non è mai stato capace). Qual è l’origine dell’illusione, nella quale mostra di cullarsi la maggioranza del centrosinistra (cioè gli assessori dichiaratamente del PD e quasi tutto questo partito), che sull’accorpamento delle scuole non sia necessario fare un dietro-front, ma solo una pausa? Da cosa è generata la speranza di trovare sponde per un progetto semplicemente dissennato presso la Provincia e/o la Regione? Ed è solo l’insipienza politica che impedisce di accorgersi che simili speranze non possono trovare una conferma, visti gli orientamenti espressi con buonsenso dalla Regione (alla quale spetta decidere sulla materia; click qui, primo documento)? Se lo stesso assessore regionale (click qui, secondo documento) è orientato verso “un’applicazione flessibile dell’articolo 19 comma 4 della legge 111/2011 che non crei problemi sul territorio, non sarebbe più sensato, invece, che la Giunta Comunale di Limbiate cambiasse immediatamente il suo orientamento?

Ma non si tratta solo di stolidezza. Un esame un po’ più ravvicinato della successione degli atti che hanno portato alla sciagurata delibera n. 187 rileva che vi sono passaggi e aspetti che suscitano inquietanti interrogativi. Nella lunga serie delle premesse si legge: “Vista la deliberazione n. 123 del 27.9.2011 con la quale la Giunta Comunale del Comune di Solaro si è espressa in modo favorevole sulla proposta espressa dal Comune di Limbiate”. Ora, a proposito di questa deliberazione non vi è da rilevare solo che: 1) la sua data coincide con il termine che De Luca aveva dato agli organismi scolastici di Limbiate per far pervenire il loro parere sulla sua proposta; 2) quindi, al momento di incontrare la delegazione di insegnanti, lavoratori ATA e genitori, già da tempo erano state poste le basi per la cessione di due scuole al Comune di Solaro; 3) quindi l’incontro del 28 settembre era solo un… incontro di cortesia e non vi era affatto, da parte di De Luca, l’intenzione di trovare un accordo. Ciò che soprattutto si deve rilevare, è che questa deliberazione n. 123 del 27 settembre 2011 è avvolta nel mistero, poiché fino ad oggi 7 ottobre non risulta pubblicata all’albo pretorio elettronico del Comune di Solaro. Parimenti sono avvolti nel mistero anche i termini precisi della proposta del Comune di Limbiate a quello di Solaro. Né l’una né l’altra si trovano all’albo pretorio del Comune di Limbiate, dove dovrebbero trovarsi come allegati della delibera n. 187 del 28 settembre 2011, nella quale tuttavia si dà “atto che le premesse costituiscono parte integrante e sostanziale del presente atto”. (L’omessa pubblicazione degli allegati, nei quali quasi sempre vi è il vero contenuto delle delibere, è un fatto che continua a ripetersi regolarmente anche dopo l’avvento del nuovo segretario comunale, che un tizio ha annunciato nel suo blog come se fosse l’inizio di una nuova era cristiana!).

La deliberazione del Comune di Solaro sarebbe del 27 settembre, ma dieci giorni dopo non è ancora pubblicata (e chissà se lo sarà mai). Impossibile sapere che cosa il Comune di Solaro avrebbe “accettato”. Nemmeno il contenuto della “proposta” del Comune di Limbiate è noto. Alla luce (ma sarebbe più appropriato dire “all’oscurità”) di questi fatti, come non chiedersi cosa si nasconde dietro questo mistero? In altri termini: da che cosa è stata effettivamente determinata la “proposta” di cessione di due scuole al Comune di Solaro, con conseguente accorpamento obbligatorio delle altre scuole di Limbiate in due soli mega-istituti?

Ovviamente, si può trovare la risposta solo sforzandosi di ritrovare la realtà effettuale nascosta dalle rappresentazioni falsificanti che ne danno i politicanti. Ma di questo in un prossimo articolo. Per il momento chiudiamo ricordando che fra le tante promesse del candidato del centrosinistra Raffaele De Luca vi era non solo quella di “prendersi cura” di tutti i cittadini di Limbiate (e attualmente egli non riesce a prendersi cura nemmeno degli assistiti che già aveva!), ma anche quella della massima trasparenza amministrativa. Ora, non sono certo io, che sono particolarmente cattivo (anche) con il centrosinistra, il primo che, guardando i primi mesi del suo operato, arriva alla conclusione che si trattava solo di una… fanfaluca.

mercoledì 5 ottobre 2011

"Ho pagato 3 milioni ai consulenti delle Coop"



Inchiesta Falck, l'imprenditore Pasini rilancia. Davanti al PM di Monza il grande accusatore parla di tre milioni di euro, 600 mila euro in più di quelli ipotizzati, per consulenze inesistenti.

Articolo di Lorenza Pleuteri su "Bologna la Repubblica.it"
Inchiesta Falck, l'imprenditore Pasini ... - Bologna la Repubblica.it



Giuseppe Pasini, l'imprenditore brianzolo perno dell'inchiesta sull'area ex Falck di Sesto San Giovanni, conferma. E rilancia. Sfiora i 3 milioni di euro, circa 600 mila in più di quelli finora ipotizzati, la cifra che il grande accusatore avrebbe pagato per consulenze ritenute inesistenti al fine di creare una 'provvista' di denaro alle società dei due consulenti esterni del Ccc di Bologna indagati, Francesco Agnello Giampaolo Salani. A fare i conti precisi è stato lo stesso Pasini, interrogato per oltre tre ore dal pm di Monza Walter Mapelli, titolare con la collega Franca Macchia del fasciolo sul "sistema Sesto".

Pasini ha ribadito al pm e alla Gdf che le cooperative rosse gli "furono imposte" per i progetti di riqualificazione dei terreni su cui sorgevano le acciaierie e di cui è stato il proprietario fino al 2005. Come hanno riferito i suoi difensori, il professor Carlo Paliero e l'avvocato Filippo De Sanna, Pasini, ha precisato nel dettaglio i suoi rapporti con il Consorzio delle coop guidato da Omer degli Esposti, "che gli fu imposto per la riqualificazione dell'area Falck" dall'amministrazione comunale guidata dall'allora sindaco Filippo Penati.

martedì 4 ottobre 2011

WOWWWWWWWWWW!!!!!!!!! Sul "dimensionamento" degli istituti scolastici la giunta comunale di Limbiate fa marcia indietro!




Il sindaco di Limbiate, ufficialmente accettando l'invito che l'ANCI-Lombardia ha inviato a tutti i comuni della regione, "a non procedere con soluzioni forzate, ma di attendere che vengano definiti i criteri dalla Conferenza delle Regioni" (molte delle quali contestano allo Stato, anche avanti il TAR, di averle espropriate, con l'art. 19 della Legge 15 luglio 2011, n. 111, di una loro prerogativa), ha ritirato la delibera sul "dimensionamento" scolastico, con la quale, come è noto, invece di creare nel comune tre istituti comprensivi (materne-elementari-medie inferiori) di 1.050-1.100 alunni ciascuno (come sarebbe possibile e come la legge consentirebbe), ne voleva creare due: uno di 1300 alunni e un altro addirittura di 1.700! E cedere, per sovrammercato, una scuola materna (50 alunni) ed una media (163 alunni) al Comune di Solaro, che ha già un Istituto Comprensivo di 1.164 alunni!


L'unica reale motivazione, che nulla aveva a che vedere con la "continuità didattica" richiamata del tutto pretestuosamente e strumentalmente, era lo sproloquio elettorale con il quale il sindaco, e soprattutto la vice-sindachessa, che abita al Villaggio del Sole, e Ti-che-te-tarchett-i-ball, che da molti anni risiede a Solaro, avevano raccattato, forse, un po' di voti in quel quartiere, distante meno di 1.500 m dal resto di Limbiate. Avevano promesso una specie di "annessione scolastica" al Comune di Solaro, con la quale miracolisticamente sarebbero state migliorate le condizioni della vita collettiva del quartiere - anzi, finalmente a quella ex-Corea sarebbe stata attribuita "un' identità"! E dunque, come si addice a dei politicanti seri, dovevano mantenere le promesse elettorali!

Non ho il tempo, adesso (h.14.45), di scrivere più distesamente su questo sensatissimo (una volta tanto) dietro-front, che fa uscire il centro-sinistra di Limbiate dall'incubo di ripetere l'esperienza del consiglio comunale aperto che quattordici anni fa (anche allora con la regia di ceffi come Mestrone), segnò la conquista da parte del centro-destra di un intero bacino di voti già del centrosinistra (allora la questione era quella del Centro di Aggregazione Giovanile, che il centrosinistra aveva dato in gestione a persone totalmente avulse non solo dal quartiere Pinzano, ma anche dal resto di Limbiate).

Su come si creano realmente le condizioni per assicurare la continuità didattica (a proposito delle quali si dovrebbe ascoltare soprattutto chi ha esperienza di didattica, e solo subordinatamente le impiegate che si occupano di scuola e fanno le assessore part-time a Limbiate); su quali siano i criteri veri per la creazione di istituti comprensivi (sui quali in questi giorni sono giunti ai sindaci i richiami non solo dell'ANCI-Lombardia, ma anche dello stesso assessorato all'istruzione della Regione); su quali dovrebbero essere le vere capacità politiche e amministrative degli assessori, che non si dimostrano, come pretende un conducator ormai incartapecorito, snocciolando in consiglio comunale un po' di numeri, bensì riuscendo, innanzitutto, ad immaginarsi sociologicamente la vita collettiva ed approntando, poi, non autoritariamente le soluzioni istituzionali adatte a risolverne i problemi - in generale sugli insegnamenti da trarre da questa vicenda, vi sarebbero molte cose da dire. Per parte mia cercherò di farlo nei prossimi giorni.

Per il momento, urliamo con grande gusto l'esclamazione dell'immortale Arturo Fonzarelli: WOWWWWWWWWWW!!!!!!

mercoledì 28 settembre 2011

Acqua pubblica. Il modello Napoli si può esportare


Si possono gestire razionalmente beni comuni sottrendoli al destino di diventare merci? A Napoli ci provano


Alberto Lucarelli e Riccardo Realfonzo*

il manifesto, 28 settembre 2011




Dopo tre mesi di intenso lavoro, durante il quale sono stati consultati esperti di differenti discipline economiche, giuridiche, aziendali, oltre ad esponenti della società civile e delle associazioni ambientaliste, la giunta di Napoli ha approvato la trasformazione della società per azioni Arin che gestisce il servizio idrico a Napoli in azienda speciale. Si tratta della prima giunta in Italia che attua la volontà referendaria del 12-13 giugno 2011.

L'azienda speciale Acqua Bene Comune Napoli, ente di diritto pubblico, nasce dalla consapevolezza che in tutto il mondo le più recenti trasformazioni del diritto hanno prodotto l'emersione a livello costituzionale, normativo, giurisprudenziale e di politica del diritto della categoria dei beni comuni, ossia delle cose che esprimono utilità funzionali all'esercizio dei diritti fondamentali, nonché al libero sviluppo della persona e che vanno preservate anche nell'interesse delle generazioni future. E in questo senso ieri il consiglio comunale di Napoli ha approvato una modifica del suo stesso statuto, con la quale si inserisce tra valori e finalità dello Statuto il riconoscimento e la garanzie dei beni comuni, quali beni direttamente riconducibili al soddisfacimento di diritti fondamentali.

I beni comuni, in primis l'acqua, sono dunque adesso direttamente legati a valori che trovano collocazione costituzionale e che informano lo statuto del Comune di Napoli. Essi vanno collocati fuori commercio perché appartengono a tutti e non possono in nessun caso essere privatizzati. L'acqua bene comune è radicalmente incompatibile con l'interesse privato al profitto e alla vendita. Al tempo stesso è ormai del tutto chiaro nell'esperienza italiana che le privatizzazioni hanno determinato forti incrementi delle tariffe e nessun beneficio per i cittadini in termini di qualità del servizio. Acqua Bene Comune Napoli, chiamata a governare il bene comune acqua della città di Napoli, vuole interpretare, attraverso una buona pratica di democrazia partecipata dal basso, il suo dovere fondamentale di difendere il bene acqua. L'azienda speciale, com'è noto, è un ente pubblico economico strumentale del comune che non persegue finalità di profitto. L'azienda speciale ha l'obbligo del pareggio di bilancio e del suo equilibrio finanziario con una autosufficienza gestionale. La sua attività si svolge secondo gli obiettivi e i programmi dell'ente territoriale, cioè del comune e dei suoi cittadini. Tant'è che la strumentalità dell'azienda speciale comporta l'approvazione degli atti fondamentali e la copertura dei costi sociali da parte del Comune, il quale potrà pianificare la sua politica relativa al servizio idrico integrato in base alle proprie disponibilità finanziarie e agli obiettivi di investimento. La qualità del servizio e la sua sostenibilità con l'azienda speciale assume maggiore rilievo, rispetto alle scelte quantitative che nella gestione privatizzata possono venire comunicate o rappresentate al di fuori di essa in modo più opaco. Acqua Bene Comune Napoli, per come congeniata statutariamente - attraverso un consiglio di amministrazione rappresentativo con voto deliberativo delle associazioni ambientaliste e un comitato di sorveglianza rappresentativo oltre che della cittadinanza attiva anche dei dipendenti dell'azienda - consente di affrontare, o meglio valutare, le conflittualità delle politiche idriche e dell'utenza, anche in termini di trasparenza ed accessibilità agli atti.

Governo pubblico partecipato significa proprio un coinvolgimento attivo dei cittadini alla gestione dei beni comuni, un principio fondamentale, che era originariamente previsto anche in Puglia nel processo normativo di trasformazione dell'Aqp spa in azienda pubblica. Inoltre, lo Statuto prevede che qualora l'amministrazione comunale, per ragioni di carattere ecologico o sociale, ed in relazione ai propri fini istituzionali disponga che l'azienda effettui un servizio o svolga un'attività il cui costo non sia recuperabile deve in ogni caso essere assicurata la copertura del costo medesimo. In questa dimensione ecologica e sociale vanno letti anche gli artt. 27 e 28 dello Statuto che rispettivamente disciplinano e garantiscono il quantitativo minimo giornaliero e il fondo di solidarietà internazionale. L'auspicio è che parta da Napoli un nuovo vento che sappia concretamente reagire alla manovra di ferragosto che ha calpestato la volontà referendaria e soprattutto il principio della sovranità popolare.


* Gli autori sono assessori rispettivamente ai beni comuni e alle società partecipate del Comune di Napoli

domenica 25 settembre 2011

Alla buonora! Penati dai PM. Fissata la data




L' ex vicepresidente PD del consiglio regionale della Lombardia Filippo Penati, indagato dalla Procura di Monza per le tangenti delle aree ex Falck e Marelli di Sesto San Giovanni, sarà interrogato dai pm il 9 ottobre. La richiesta alla Procura era arrivata dallo stesso Penati. «Attraverso i miei legali - ha scritto Penati in una nota - ho chiesto ai procuratori della repubblica di Monza di essere sentito e ciò avverrà il giorno 9 ottobre». L' indagine, che vede oltre venti indagati, riguarda le mazzette pagate dagli imprenditori in cambio di appalti per la riqualificazione delle vecchie aree industriali. Giovedì i pm avevano sentito Pier Francesco Saviotti, ex direttore generale di Banca Intesa , convocato come testimone, per la vicenda Milano-Serravalle.

(24 settembre 2011) - Corriere della Sera

http://archiviostorico.corriere.it/2011/settembre/24/Penati_dai_Fissata_data_co_8_110924047.shtml


mercoledì 21 settembre 2011

Penati, Monza vuole le carte di Tarantini. Intrecci tra l'indagine di Bari e il "sistema Sesto"




Arriveranno a Monza le carte della procura di Bari sulla rete di favori e appalti che ruotava intorno a Gianpaolo Tarantini. Il pm Walter Mapelli, titolare del fascicolo sul "Sistema Sesto", chiederà ai colleghi del capoluogo pugliese il fascicolo con atti e intercettazioni relativi al procedimento in cui è indagato tra gli altri Tarantini. Il faccendiere tentava di raccomandare presso aziende di Stato come Finmeccanica e altri enti pubblici come la Protezione civile l'immobiliarista pugliese Enrico Intini, imprenditore vicino al PD (...).

È proprio Enrico Intini, il trait d'union tra l'inchiesta di Bari e quella di Monza. A Sesto, l'immobiliarista pugliese che ha realizzato diverse residenze, è uno dei finanziatori di Penati, attraverso la sua associazione "Fare Metropoli", solo uno dei filoni su cui si concentra l'attenzione degli investigatori. Dopo le nuove rivelazioni del suo principale accusatore Pietro Di Caterina, Penati - accusato di corruzione, concussione e finanziamento illecito ai partiti - passa al contrattacco e si difende: "Quella della Serravalle fu un'operazione inconfutabile che sbloccò la realizzazione di Brebemi, Tem e Pedemontana. Che ha arricchito la Provincia perché ha mantenuto un patrimonio che vale più del doppio di quando lo presi in consegna. Forse è proprio questo che dà fastidio".

L’articolo integrale:

http://www.repubblica.it/politica/2011/09/21/news/penati_tarantini-21976336/?ref=HREC1-7


V. anche Oldrini: «Sistema Sesto? Magari»


lunedì 19 settembre 2011

Sistema Sesto, il riesame: [Pasini e Di Caterina sono credibili], no alla scarcerazione dell’architetto Magni


Nei suoi confronti resta il pericolo di inquinamento delle prove. Secondo i giudici le dichiarazioni degli imprenditori Pasini e Di Caterina, che accusano tra gli altri anche Filippo Penati, sono attendibili anche se "non dettate da motivazioni morali".



Piero di Caterina e Giuseppe Pasini sono credibili. Quanto raccontato dai due imprenditori, dai quali è partita l’inchiesta sulle tangenti per le aree Falck e Marelli e sul cosiddetto “Sistema Sesto” in cui è indagato anche Filippo Penati, è attendibile anche se non dettato da “pentimento” o “particolare dovere morale”. Lo dice il tribunale del Riesame che con questa motivazione rigetta la richiesta di scarcerazione a favore dell’architetto Marco Magni che, dallo scorso 25 agosto, è sottoposto alla custodia cautelare in carcere. Nelle circa 30 pagine del provvedimento i giudici non si lasciano convincere dalla ricostruzione difensiva fatta dai legali di Magni, gli avvocati Norberto Argento e Luigi Peronetti, e confermano di ritenere degne di fiducia le rivelazioni fatte da Pasini e Di Caterina. Tutto ciò nonostante il fatto che gli imprenditori, “nel rivelare fatti a loro conoscenza, non sono mossi da motivazioni di particolare valore morale, ma solo dal riscontro di non aver ottenuto, nonostante il tanto denaro versato nel tempo, quanto si aspettavano”. Insomma Di Caterina e Pasini non hanno certo vuotato il sacco per senso di giustizia e dovere civico, ma, per i giudici, il fatto che la loro scelta sia dipesa “dall’assenza del ritorno economico promesso” non fa automaticamente venir meno “la valenza delle dichiarazioni sotto il profilo della loro intrinseca credibilità”. Una presa di posizione, quella del collegio, che con queste parole bolla come “inadeguata” la misura degli arresti domiciliari per Magni, perché resta in piedi il pericolo di inquinamento delle prove. Ma anche una decisione con la quale i giudici del Riesame, pur non intervenendo nel merito dei fatti oggetto dell’inchiesta, danno comunque atto di considerare credibile quanto raccontato dai due imprenditori. Dichiarazioni, le loro, che sono alla base delle accuse formulate dai pm della Procura di Monza Walter Mapelli e Franca Macchia, titolari dell’inchiesta.

Da il Fatto Quotidiano on line, 19 settembre 2011



Tangenti a Sesto, Di Caterina: Penati corrotto? No, Oldrini





I ''quattrini' all'ex presidente della provincia Flippo Penati? Per l'imprenditore dei trasporti Piero Di Caterina non erano ''mazzette ma finanziamenti'', una sorta di prestito per sostenerlo politicamente, in parte restituito.

Di Caterina parla durante la trasmissione di Lucia Annunziata 'In mezz'ora', (…) precisa di aver denunciato un ''sistema assolutamente trasversale'' e, durante la trasmissione spiega un personalissimo concetto di corruzione e concussione: ''Io mi sono impegnato a sostenere finanziariamente Penati , nel senso che non corrompo Penati per ottenere appalti illeciti, quelli leciti certamente arrivano, perche' quando sei vicino a un politico e' inevitabile avere dei vantaggi''. Avrebbe versato denaro per ''ottenere appalti nella regolarita'', con ''parita' di accesso'', pur in presenza di ''societa' dominanti''. In dieci anni, a Penati e al suo entourage avrebbe versato ''tre milioni, tre milioni e mezzo di euro'', in parte restituiti.

La musica, a suo avviso, sarebbe cambiata piu' tardi, dopo la meta' degli anni 2000 con ''l'era'' di Oldrini e Alessandrini: ''La parte di Oldrini e' quella che caratterizza maggiormente quello che chiamo 'sistema Sesto', perche' nell'era Oldrini, per essere in condizione di lavorare, bisogna entrare in un sistema di corruzione molto complesso'', ha detto, con successivo annuncio di querela dell' attuale sindaco della Stalingrado d'Italia.

L’articolo integrale:

http://www.ansa.it/web/notizie/rubriche/cronaca/2011/09/18/visualizza_new.html_702064852.html

Altri articoli:

Corriere della sera: «A Penati ho dato tre milioni in dieci anni. Oldrini? E' Il perno del sistema Sesto
La Repubblica: Di Caterina: "In dieci anni ho dato tre milioni a Penati"
Il Fatto Quotidiano: Ex-Falck, l'accusatore di Penati: al centro del "sistema Sesto c’è il sindaco Oldrini

martedì 13 settembre 2011

L’inammissibilità dei referendum elettorali [di PD, SEL, IDV]

di Cesare Salvi*

da Il Riformista, 9 settembre 2011




La serietà nell'iniziativa politica, in un momento nel quale purtroppo cresce la sfiducia dei cittadini nei confronti dei partiti, è più che mai necessaria. Vorrei quindi sottoporre ai sostenitori del referendum, che dicono di voler abrogare l'attuale legge elettorale per sostituirla con la precedente legge Mattarella, se hanno riflettuto sulle conseguenze che si determineranno tra i cittadini, chiamati in questi giorni a firmare, quando la Corte Costituzionale dichiarerà inammissibili i quesiti.

Allo stato attuale della giurisprudenza della Consulta, questo esito negativo sarà infatti inevitabile.

Fin dalla sua prima sentenza (29/1987), che riguardava la legge elettorale del Consiglio Superiore della Magistratura, la Corte Costituzionale affermò che «l'organo, a composizione elettiva formalmente richiesta dalla Costituzione, non può essere privato, neppure temporaneamente, del complesso delle norme elettorali contenute nella propria legge di attuazione. Tali norme elettorali potranno essere abrogate nel loro insieme esclusivamente per sostituzione con una nuova disciplina, compito che solo il legislatore rappresentativo è in grado di svolgere».

Questo principio è ribadito da tutta la giurisprudenza successiva.

Il primo dei due quesiti sottoposto in questi giorni alle firme dei cittadini, che prevede l'abrogazione in toto della legge Calderoli, è dunque palesemente inammissibile. Né si può sostenere, come pure ho avuto purtroppo occasione di leggere, che l'abrogazione dell'attuale legge fa rivivere quella precedente. Come dovrebbe essere noto, «la natura del referendum abrogativo nel nostro sistema costituzionale è quello di atto-fonte dell' ordinamento dello stesso rango della legge ordinaria». E, come si insegna al primo anno di giurisprudenza, «l’abrogazione di una norma, che a sua volta aveva abrogato una norma precedente, non fa rivivere quest’ultima» (cito dal noto manuale che adotto per i miei studenti, il Torrente-Schlesinger).

Naturalmente, se uno studente rispondesse all'esame sostenendo il contrario, sarebbe subito bocciato.

Probabilmente non ignari di ciò, i promotori hanno proposto anche un secondo quesito, che abroga solo parzialmente la Legge Calderoli. La Corte costituzionale ha affermato, infatti, che il referendum in materia elettorale è ammissibile se dal “ritaglio” della legge vigente emerge una normativa immediatamente applicabile: se cioè si può andare a votare senza bisogno di ulteriori interventi legislativi. In passato, proprio perché questo esito non era garantito dal quesito, la Corte costituzionale (sent. 47/1991) dichiarò inammissibile il referendum sulla legge elettorale del Senato; mentre, avendo i promotori riformulato il quesito, la Corte lo ritenne questa volta ammissibile (sent. 32/1993) appunto perché la normativa di risulta avrebbe consentito l’operatività del sistema elettorale, senza alcun ulteriore intervento del legislatore.

Per cercare di infilarsi in questo spiraglio, i promotori hanno provato a ritagliare la legge Calderoli, per far emergere una normativa direttamente applicabile.

Ma non ci sono riusciti. Diversi punti del quesito numero 2, infatti, contengono abrogazioni di legge abrogate (mi si scusi il bisticcio). Il quesito prevede in particolare l'abrogazione delle norme della legge vigente, che a loro volta avevano abrogato i decreti legislativi sulla determinazione dei collegi uninominali della Camera e del Senato. Ma, come si ricordava, l’abrogazione non può far rivivere norme abrogate, e quindi l'eventuale approvazione del quesito produrrebbe una legge priva della normativa che riguarda il suo punto centrale, cioè l'adozione dei collegi uninominali. Ne risulterebbe una legge non immediatamente operativa, in contrasto con quanto richiesto dalla Corte costituzionale.

Chiedo scusa per i tecnicismi. Sono anch'io contrario al "porcellum", e comprendo le ragioni di un'iniziativa referendaria. Per esempio, quella promossa da Passigli (il quesito sull'abolizione del premio di maggioranza è sicuramente ammissibile). Ma, come dicevo all'inizio, il problema è un altro: quando nei talk show televisivi sento promettere che con i referendum si tornerà alla legge elettorale Mattarella, mi indigno, come si dice adesso. Da giurista e da politico di altri tempi.



* Cesare Salvi (1948) dal 1979 è professore ordinario di Diritto civile all’Università di Perugia, dove tutt’ora insegna. Più volte eletto in Parlamento (per il Pds nell’XI e XII Legislatura, per i Ds nella XIII e XIV, nella XV Legislatura è stato capogruppo di Sinistra Democratica), attualmente è Presidente del Consiglio nazionale della Federazione della Sinistra.

lunedì 12 settembre 2011

Il PD, SEL e l’IDV vorrebbero “ammazzare” il porcellum per resuscitare il ... fratello gemello: il mattarellum



Di Gianni Ferrara*

[Da “Riforme Istituzionali”, http://www.riforme.info/, http://www.riforme.net/]




C’è un falso nell’attività pubblica che il codice penale ignora. È il falso nella comunicazione politica. Ha da sempre influito sulla vita politica italiana ma col berlusconismo la ha pervasa. Ora però da fonte diversa di falsi a danno della fede pubblica, degli elettori, della democrazia italiana, se ne sta praticando uno gravissimo. A commetterlo sono i promotori dei referendum elettorali che strombazzano la loro avversione al porcellum ma mirano a restaurare il .. fratello gemello: il mattarellum.

Sostengono che così, da una parte, sarà eliminato lo sconcio del “premio di maggioranza” che, in realtà, è attribuito alla minoranza più consistente trasformandola in maggioranza e, d’altra parte, sarà restituito agli elettori il potere di scegliere i loro rappresentanti. Mentono.

Innanzitutto perché quesiti referendari volti a determinare precisamente, chiaramente, nettamente l’eliminazione dei vizi del porcellum c’erano [click Il referendum della Casta: firmo, voto e ... continuo a non scegliere]. Erano stati proposti nel giugno scorso. Ma furono combattuti con furioso accanimento e con sciagurato successo proprio dai promotori dei referendum “pro mattarellum” inventati appunto per ostacolare una campagna referendaria che con quei quesiti, una volta approvati, avrebbero capovolto il porcellum da maggioritario in proporzionale. La restaurazione che si tenta col mattarellum è invece diretta proprio a riaffermare il sistema maggioritario di elezione, a garantirlo, consolidarlo, perpetuarlo [click Referendum: porcellum e mattarellum a confronto ... Missione impossibile].

A di là dei moltissimi e fondatissimi dubbi sull’ammissibilità di tali referendum, alla stregua della giurisprudenza della Corte costituzionale in materia, va detto, nel merito, che i promotori dei referendum “pro mattarellum” mentono quando dicono di voler eliminare il meccanismo che trasforma la minoranza in maggioranza. Mentono perché il sistema che vorrebbero resuscitare, pur attribuendo un quarto dei seggi al sistema proporzionale, si fonda, per gli altri tre quarti, sul sistema maggioritario in collegi uninominali. Questo, tra quelli esistenti, è il sistema elettorale che determina il massimo di distorsione degli effetti collegabili alle pronunzie del corpo elettorale. Eleggendo un solo parlamentare per collegio, cioè il candidato che abbia ottenuto un voto in più di ciascuno degli altri, conferisce un premio implicito a tale candidato, un premio che, paradossalmente, è direttamente proporzionato al numero dei voti ottenuti … dagli altri candidati. Nullifica così il diritto universale ad essere rappresentati in Parlamento perché esclude dalla rappresentanza quegli elettori che non sono stati capaci di … indovinare, collegio per collegio, quale dei candidati avrebbe ottenuto quel voto in più che lo avrebbe fatto eleggere. Si consideri soprattutto che si tratta di elettori che non si riconosceranno nel rappresentante in Parlamento del proprio collegio, per tutta la legislatura, e magari legislatura per legislatura. Con conseguenze irreparabili sulla consistenza, l’effettività, la credibilità dell’eguaglianza politica, cioè sul principio fondante della democrazia. Ma, come ogni sistema elettorale della specie cui appartiene, il mattarellum può produrre addirittura un risultato complessivo rovesciato rispetto al voto della maggioranza degli elettori, il risultato cioè che la maggioranza dei seggi parlamentari risulti eletta dalla minoranza degli elettori, stante l’ineguale distribuzione delle scelte politiche tra le componenti geografiche del corpo elettorale. In Inghilterra è accaduto più volte. Non è vero, comunque, che il mattarellum, contrariamente al porcellum, esclude premi. È vero che li occulta. In tutte e tre le elezioni svoltesi con detto sistema (1994, 1996, 2001) il premio c’è stato ed è stato sempre superiore al 10 per cento dei seggi.

Non è vero neanche che, come raccontano i promotori del referendum, col mattarellum è l’elettore che sceglie l’eletto. A sceglierlo invece sarà il leader del partito del candidato che, come è a tutti noto, provvederà a destinare nei collegi “sicuri” i candidati che vuol fare eleggere. Così come sceglierà quelli della quota proporzionale collocandoli nei primi posti della lista bloccata. Le somiglianze tra mattarellum e porcellum sono enormi, impressionanti. Non vederle, tacerle provoca domande sconvolgenti.

Una maggioranza parlamentare così fatta quale autonomia potrà mai avere nei confronti di un tal leader diventato premier? Di quanto potere disporrà questo premier? L’esperienza dei governi Berlusconi non ha insegnato nulla?

A quale sistema politico mirano i referendari-maggioritari?

Militano, in gran parte, nel Partito Democratico, e si lasciano incantare da chi sdottoreggia che le elezioni servono a scegliere non la rappresentanza parlamentare, non il tramite dei titolari della sovranità e i suoi mandatari in Parlamento, ma chi deve governare disponendo nelle due Camere dei propri addetti alla traduzione in leggi dei suoi comandi. Si associano IDV e SEL miranti solo ad estorcere la leadership al partito maggiore della coalizione cui vogliono partecipare mediante quella pura mistificazione della democrazia che è la elezione primaria.

La personalizzazione del potere è diventata quindi l’ideologia comune al centrodestra e al centrosinistra?

Rinnegare la democrazia rappresentativa a favore dell’assolutismo elettivo è il nuovo credo di questo Paese?

Insomma, una volta sconfitto Berlusconi, il berlusconismo trionferà condiviso?

La prospettiva che si annuncia è questa. Rivelarla, denunziarla è doveroso.


* Gianni Ferrara (1929) ha insegnato diritto pubblico generale, diritto costituzionale comparato e diritto costituzionale alla facoltà di Giurisprudenza dell’Università La Sapienza di Roma. Eletto deputato nel 1983 e nel 1987, ha fatto parte della commissione Affari costituzionali in ambedue le legislature. Nel 1992 rinuncia alla ricandidatura per riprendere l’attività di ricerca e di insegnamento. Collaboratore delle più importanti riviste di diritto e autore di numerosi saggi, ha fondato e dirige la rivista on line “Costituzionalismo.it”.