domenica 27 febbraio 2011

BASTA CEMENTO!

BASTA CEMENTO!

Basta con la cementificazione del suolo. Negli ultimi dieci anni sono stati cementificati 76 ettari del suolo di Limbiate; la superficie impermeabilizzata è salita a più di 726 ettari, pari a quasi il 59% del territorio comunale (1.234,4 ettari).

Se escludiamo la superficie del Parco delle Groane (interamente fuori dall’abitato), nel perimetro urbano la superficie “antropizzata” (= impermeabilizzata) è pari a circa il 98%!

Il cemento si è mangiato altri 67,89 ha (1 ha = 10.000 mq) di terreni agricoli (-16%) e 6,7 ha di superfici naturali (-4%).

La popolazione di Limbiate in dieci anni è aumentata di 2.626 abitanti; per ognuno dei nuovi abitanti sono stati cementificati 284,11 mq di territorio!

BASTA CEMENTO
QUINDI, E NON “MENO CEMENTO”!

BASTA CEMENTO SULLE POCHISSIME AREE RIMASTE DI QUELLE CHE IL PIANO REGOLATORE DESTINAVA AL VERDE E AI SERVIZI PUBBLICI!

BASTA CON LE “MONETIZZAZIONI” (soldi invece della cessione al Comune delle aree standard). Le leggi (e le norme comunali) ammettono la “monetizzazione” solo in casi eccezionali, che devono essere adeguatamente motivati e documentati.

IL VERDE E I SERVIZI PUBBLICI NON POSSONO ESSERE BARATTATI CON UN PO’ DI SOLDI IN PIÙ. LA LOGICA DEL “FAR INCASSARE (UN PO’) DI PIÙ AL COMUNE” PUÒ ESSERE (E SARÀ) FACILMENTE ACCETTATA DALLA SPECULAZIONE EDILIZIA!

BASTA REGALI ALLA SPECULAZIONE EDILIZIA! Con ogni Programma Integrato di Intervento, con ogni Piano di Lottizzazione il Comune di Limbiate regala alla speculazione edilizia centinaia di migliaia, IN ALCUNI CASI MILIONI, di euro, concordando “scomputi” dagli oneri di urbanizzazione che verrebbero “compensati” con opere (ESCLUSIVAMENTE DI URBANIZZAZIONE PRIMARIA) che spesso sono inutili, quasi sempre sono di pessima fattura (con conseguente aumento delle spese di rifacimento e di manutenzione che poi sono a carico del Comune), quasi sempre servono esclusivamente per aumentare la valorizzazione dei nuovi edifici che gli speculatori mettono in vendita.

BASTA CON I PROGRAMMI INTEGRATI DI INTERVENTO, presentati e approvati sempre in coppia (poiché uno interessa alla speculazione vicina al centrosinistra, e l’altro alla speculazione vicina al centro-destra), con i quali i privati cementificano fino all’ultimo metro ESCLUSIVAMENTE A LORO VANTAGGIO, MENTRE DELL’INTEGRAZIONE FRA FUNZIONI PRIVATE E FUNZIONI PUBBLICHE E DELLA RIQUALIFICAZIONE URBANISTICA DI TUTTA UNA ZONA (come prescrive la legge) NON VI È ALCUNA TRACCIA.

27/2/2011
MOVIMENTO 5 STELLE - LIMBIATE



martedì 22 febbraio 2011

Lo scioglimento anticipato delle Camere tra difesa della democrazia e "tradimenti"



Massimo Villone



[…]

La funzione di motore istituzionale nel caso di crisi è da sempre riconosciuta dai costituzionalisti anche al capo dello stato nella forma di governo parlamentare. Ed è una funzione che non necessita di una traduzione in formule di poteri straordinari, come pure esistono in alcune Costituzioni. Possiamo considerarla una funzione intrinseca di sistema, da leggere ricostruttivamente nei poteri attribuiti. In sostanza, è nell’ambito di questa funzione che vediamo nascere nella nostra esperienza i governi “tecnici” o “del presidente”. Nella grande crisi dei primi anni ’90 fu certamente fondamentale il ruolo svolto dal presidente della Repubblica. E una lettura strettamente formale della Costituzione e delle prassi fino ad allora seguite condurrebbe alla conclusione che si trattò di un ruolo in ampia parte extra ordinem. Viviamo oggi una condizione di crisi probabilmente non meno grave. E di nuovo il capo dello stato è un punto focale della vicenda istituzionale.

Lo scioglimento anticipato è strumento primario della funzione del capo dello stato di motore istituzionale nel caso di crisi. È la risorsa estrema, che chiama il popolo sovrano a pronunciarsi per ripristinare la buona salute delle istituzioni democratiche. Un potere da utilizzare con parsimonia, ma laddove necessario senza esitazioni o ritardi. E indubbiamente nell’esercitarlo il capo dello stato dispone di un ambito di irriducibile discrezionalità. La prova di ciò viene dal modello scritto in Costituzione, che prevede il parere dei presidenti delle camere. Che senso avrebbe tale parere – per di più obbligatorio e non vincolante – se lo scioglimento si legasse solo alla certificazione della sufficienza o insufficienza dei numeri parlamentari? Basterebbe a tal fine la lettura dei verbali d’aula. Proprio la previsione di tali pareri, invece, certifica la sussistenza di situazioni politiche e istituzionali suscettibili di valutazioni diverse, e dunque idonee a sostenere scelte e decisioni parimenti diverse, che rimangono affidate al capo dello stato, destinatario dei pareri medesimi.

Va appunto notato che la disfunzionalità per il governo di centrodestra in carica non riguarda i numeri parlamentari. E un eventuale scioglimento anticipato non si giustificherebbe con riferimento a questo dato. Nemmeno le esecrabili consuetudini di vita del presidente del consiglio potrebbero di per sé sostenere un rinvio alle urne. La disfunzionalità che può offrire fondamento all’esercizio di un potere di ripristino istituzionale da parte del capo dello stato è data dallo scontro con la magistratura, che il presidente del consiglio alimenta senza cesura di continuità ed inasprendo toni già inaccettabili. Scontro che ha generato e genera una distorsione grave del processo politico-legislativo, tradotta in una legislazione ad personam volta a sottrarre il capo del governo al giudizio, o ad impedire lo scrutinio giudiziario sulle sue attività. Una distorsione certificata da molteplici sentenze della corte costituzionale (lodo Schifani, lodo Alfano, legittimo impedimento). Tale da provocare danni gravi e di portata estesa molto al di là dei casi personali. Che non trova fine, e vede pienamente impegnato il governo e la maggioranza parlamentare (lodo costituzionale, processo breve, intercettazioni). Una distorsione non impedita dalle assemblee parlamentari svuotate di ogni potere reale, dagli istituti della responsabilità politica dissolti, dalla rappresentanza parlamentare resa addomesticata ed obbediente dalla legge elettorale. Condizioni tali da creare una vera e propria emergenza democratica, determinata da un presidente del consiglio che sovverte le istituzioni a fini di autodifesa.

Qui il danno viene dalla permanenza in carica del governo, e non dalla sua caduta. Certo l’emergenza verrebbe attenuata se, con le dimissioni del presidente del consiglio, si desse vita a un nuovo governo pur con la stessa maggioranza. E in tale caso è sostenibile l’argomento che verrebbero meno le condizioni per lo scioglimento anticipato. Ma l’ipotesi non sembra al momento realistica. E dunque possiamo mai sostenere che al capo dello stato non sia consentito esercitare il proprio ruolo di custode della Costituzione e di motore del sistema nel caso di crisi, rimanendogli precluso lo scioglimento anticipato e il ricorso ad un nuovo voto popolare? Non possiamo. Lo scioglimento deve ritenersi ammesso, anche in presenza di una maggioranza numericamente sufficiente. In presenza di ferite già gravi inferte alle istituzioni, è strumento volto a prevenire ulteriori – e maggiori – danni.

[…]


Tutto l’articolo su http://www.costituzionalismo.it/aggiornamento.asp?id=540

lunedì 21 febbraio 2011

SE NON ORA, QUANDO? Modesta proposta ai parlamentari delle opposizioni




Legittima difesa repubblicana contro l'eversione costituzionale

Il governo Berlusconi, e la sua maggioranza parlamentare obbediente “perinde ac cadaver”, è entrato in un crescendo di eversione che mira apertamente a distruggere i fondamenti della Costituzione repubblicana e perfino un principio onorato da tre secoli: la divisione dei poteri. Di fronte a questo conclamato progetto di dispotismo proprietario chiediamo alle opposizione (all’Idv che si riunisce domani, al Pd che dell’opposizione è il partito maggiore, ma anche all’Udc e a Fli, che ormai riconoscono l’emergenza democratica che il permanere di Berlusconi al governo configura) di reagire secondo una irrinunciabile e improcrastinabile legittima difesa repubblicana, proclamando solennemente e subito il blocco sistematico e permanente del Parlamento su qualsiasi provvedimento e con tutti i mezzi che la legge e i regolamenti mettono a disposizione, fino alle dimissioni di Berlusconi e conseguenti elezioni anticipate. Se non ora, quando?


Andrea Camilleri
Roberta De Monticelli
Paolo Flores d’Arcais
Dario Fo
Margherita Hack
Franca Rame
Barbara Spinelli
Antonio Tabucchi
Marco Travaglio

http://www.micromega.net/

lunedì 14 febbraio 2011

[Nel chiasso verboso dell'opposizione costituita]

[…]


Le forze che sappiamo sprovviste di un pensiero
distinto dal governo dello stato
di cose presente
attivano accorte l’istinto ordinario
di sopravvivenza.

Nel chiasso verboso dell’opposizione
costituita,
avanza a ritroso la loro marcia sorda
verso il ripristino del punto di partenza, seguendo l’usuale
iter salvifico di distruzione.


Gianfranco Ciabatti (1936-1994), Prima persona plurale. Non-poesie civili o refutabili 1959-1988, Contraddizione, Roma 1988.



domenica 13 febbraio 2011

Vezio De Lucia. La linea rossa




«Un confine netto che decreti lo stop al consumo di suolo. Da lì bisogna ripartire. Parola di Vezio De Lucia, urbanista militante», intervistato su Costruire, gennaio 2011, da Fulvio Bertamini

Vezio De Lucia, 72 anni, napoletano, è un urbanista militante in servizio permanente effettivo. Già direttore generale dell’Urbanistica presso il ministero dei Lavori pubblici e membro del Consiglio superiore, è stato assessore all’Urbanistica di Antonio Bassolino ai tempi dell’effimera rinascita di Napoli. Poi litigò con ‘o sindaco e non venne confermato. Vanta anche un altro licenziamento lusinghiero: quando lavorava a Porta Pia fu silurato dal ministro Dc Giovanni Prandini, poi travolto da Tangentopoli. Consigliere nazionale di Italia Nostra, ha firmato molti piani e vinto il premio Cederna 2006 per l’urbanistica.

De Lucia, l’urbanistica è davvero in crisi?

«In una crisi irreversibile, direi. Il dato drammatico è che nel frattempo si consuma il territorio, con conseguenze gravissime. Vede, l’urbanistica è molto diversa dalla finanza: il condono fiscale può avere esiti molto pesanti per l’economia e la morale collettiva, ma trascorsi dieci anni è possibile dimenticarlo, praticando una politica opposta, in grado di veicolare principi diversi. Il condono edilizio, invece, lascia un segno irreversibile: le sue ricadute sul territorio non possono più essere rimosse, se non a costi spropositati e impraticabili. Questo rende drammatico il panorama in cui siamo calati. La dilapidazione delle risorse territoriali prosegue. E all’orizzonte non vedo speranze di cambiamento.»

[Il testo completo dell’intervista è leggibile sul sito eddyburg.it: http://www.eddyburg.it/article/articleview/16608/0/259/]

sabato 12 febbraio 2011

Attacco allo Stato





Carlo Galli

È GUERRA contro lo Stato. Non si può diversamente interpretare l´impressionante escalation di cui ieri Berlusconi si è reso protagonista, alzando il livello dello scontro fino a un punto di non ritorno. Che questa sia per lui, con ogni evidenza, la partita finale è chiaro da espressioni estreme come «golpe morale contro di me», come «inchieste degne della Ddr», come «l´ultimo giudice è il popolo». Così, ancora una volta, Berlusconi afferma la propria superiorità carismatica e populistica contro l´ordinamento, contro le leggi. Il Princeps legibus solutus nella sua versione contemporanea gioca il popolo contro lo Stato. Il suo popolo, naturalmente: una potente astrazione, confezionata dal suo potere mediatico, una sua proprietà patrimoniale che non ha nulla a che fare col popolo di una moderna democrazia. Che non è massa ma cittadinanza, che non è visceralità prepolitica ma appartenenza consapevole a un destino comune in una rigorosa forma istituzionale.


[Per leggere tutto l'articolo su Repubblica.it, click su http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2011/02/11/attacco-allo-stato.html

giovedì 10 febbraio 2011

[Codesta anomalia ha da essere sanata]





L’operaio,
l’agitatore, lo scioperante,
il barbone, il miserabile,
l’ignorante e quant’altro, vogliamo dire
la forza-lavoro, insomma, nel suo andirivieni
fra l’assunzione e la degradazione,
non avrà mai ragione del giudice
mandatario del governante.
Non cadere
in mano all’inquisitore:
ecco il suo habeas corpus.

Il padrone,
il conformista, lo zelante,
lo splendido, il finanziere,
l’istruito e quant’altro, vogliamo dire
il capitale, insomma, nella sua perseveranza
fra l’accumulo e la distruzione,
mai finirà sub judice:
ecco il suo habeas corpus.

E se una volta il giudice impazzisce di eccessiva
confidenza in se stesso, codesta anomalia
ha da essere sanata:
se non basta la disciplina c’è la mafia,
se non basta la mafia
c’è la democrazia.


Gianfranco Ciabatti (1936-1994), Prima persona plurale. Non-poesie civili o refutabili 1959-1988, Contraddizione, Roma 1988.



mercoledì 9 febbraio 2011

[Dappertutto la verità è calpestata da quelli che se ne sentono offesi o danneggiati, specialmente quando domina uno solo, o pochi]



Ci fanno velo la potenza e l’educazione: accade così che quando due si comportano allo stesso modo noi spesso diciamo che l’uno può far questo impunemente, mentre all’altro non è lecito: la differenza non sta nella cosa, ma in chi la fa. La superbia è propria dei dominanti: gli uomini insuperbiscono per essere stati eletti a una carica annuale: figuriamoci i nobili, che pretendono onori per l’eternità. Ma la loro arroganza si adorna di fasto, di lusso, di prodigalità e di una certa coordinazione dei vizi, di una certa studiata vacuità e raffinatezza nel malcostume: finisce che i vizi, i quali se considerati separatamente ad uno ad uno nella loro massima espressione sono brutti e vergognosi, sembrano cose oneste ed eleganti agli ingenui e agli ignoranti. Il volgo, peraltro, non ha il senso della misura ed è terribile se non viene tenuto nel timore: non si mischiano infatti facilmente libertà e servaggio. Non fa infine meraviglia che la plebe non conosca verità né giudizio, dal momento che i principali affari di stato vengono trattati alle sue spalle, ed essa può trarre delle congetture solo da pochi elementi che non si sono potuti nascondere. La sospensione del giudizio è una virtù rara. Dunque pretendere di fare ogni cosa all’insaputa dei cittadini, e al tempo stesso che essi non formulino giudizi malevoli né diano sinistre interpretazioni di tutto, è il massimo della stoltezza. Se la plebe fosse in grado di controllare se stessa e di sospendere il giudizio sulle cose poco conosciute, oppure di giudicare correttamente sulla base di pochi elementi noti, allora essa sarebbe degna di governare piuttosto che essere governata. Ma, come abbiamo detto, la natura è uguale in tutti: il dominio fa insuperbire tutti: tutti sono terribili se non sono intimoriti, e dappertutto la verità è calpestata da quelli che se ne sentono offesi o danneggiati, specialmente quando domina uno solo, o pochi, che non guardano al diritto o alla conoscenza del vero, ma alla consistenza delle ricchezze.

Baruch Spinoza, Tractatus politicus (1675-76), VII, 27 (trad. it. Trattato politico, a c. di Paolo Cristofolini, Edizioni ETS, Pisa 1999, pp. 142-43).