giovedì 26 luglio 2012

ALBA alle elezioni, non con il PD – Intervista a Paul Ginsborg


Daniela Preziosi, il Manifesto, 1-7-2012

Lo storico Ginsborg: Bersani erede della bonaccia PCI, non fa niente ma guadagna punti. «I partiti vorrebbero mangiarci, ma non ripeteremo mai la brutta storia della Sinistra Arcobaleno. E non sacrificheremo la nostra diversità per un’alleanza»
 
[Affinché si informi un po’ e si chiarisca le idee chi - da sempre - lavora nell’ombra per dividere, per escludere, per emarginare, e adesso già si affretta a blaterare: “Uniamo le forze…”! S.R.]

Professor Paul Ginsborg, in questo secondo appuntamento di ALBA sarà lei ad affrontare il nodo della partecipazione alle politiche del 2013. Cosa deciderete?

Più che un nodo è una patata bollente. Ma è troppo presto per decidere. Questo movimento è in fase di crescita. I «nodi territoriali», circa ottanta, hanno bisogno di solidificarsi. Dobbiamo rinforzarci, fare rete, costruire quei legami politici a me cari, l’empatia, la mitezza. È il momento di discutere, e tutti oggi vogliono dire la loro. C’è una cosa che ci accomuna: la diversità. Il nostro atto di nascita è un atto di accusa al sistema partitico novecentesco arrivato a fine corsa. Vogliamo fondare un nuovo sistema politico, introdurre elementi di una cultura politica rivoluzionaria. Non penso alla presa del Palazzo d’Inverno ma a un nuovo modo di fare politica. Marco Revelli parla di «spazio pubblico allargato», che coinvolge la società civile e politica e combina la democrazia rappresentativa e partecipata. Questi di Parma [30 giugno-1 luglio 2012; ndr] sono due bellissimi giorni di democrazia partecipata. A costo zero, 350 persone sono rimaste ore ai tavoli a discutere. Non sacrificheremo a nessun costo questa diversità in un’alleanza che ci snaturi.

Sta dicendo che questa purezza non è coalizzabile con i partiti di centrosinistra?

Io non la chiamo purezza, la chiamo innovazione. E la mia opinione personale è che non è possibile un’alleanza elettorale con il PD. Qui molte persone che oggi hanno aderito ad Alba hanno raccontato di essersi logorate dentro il PD quando hanno provato a introdurre forme politiche nuove. Penso alla frattura fra dirigenti e base del PD che è avvenuta in Val di Susa. Non credo che i partiti si possano autoriformare. Io vivo a Firenze, e conosco la grande generosità di molti militanti democratici. Ma sono ingabbiati in un radicato sistema di potere PDS-DS-PD. Detto questo, io vengo da una forte militanza antiberlusconiana. Non faremo tornare il centrodestra. Per questo preferiamo un sistema elettorale che non obblighi agli apparentamenti.

A Firenze nel PD c’è la variante Renzi, che però ha fatto dell’innovazione il suo marketing.

Renzi non è una variante, è un democristiano nelle file del PD. Non rompe affatto con quella tradizione. È un nuovo tanto vecchio, va benissimo per il PD.

Renzi o Bersani, per lei non cambia nulla?

L’erede della tradizione comunista per me non è Bersani, ma il presidente della Regione Enrico Rossi. Un erede onesto e molto dignitoso. Ma questo non ci rende i rapporti più semplici. Anzi direi che, a parte la cordialità personale, con il nostro movimento non ha alcun rapporto.

Insomma Bersani non è un vostro interlocutore?

No, per ora. È anche difficile sapere se il suo modo di essere, elettoralmente parlando, paghi o no. Certo, ricorda il primo Prodi, quello molto imbranato. Resta il grande mistero delle scelte dell’elettorato italiano. Calvino parlava della «bonaccia del PCI». Ecco, Bersani è erede di questa tradizione: non fa nulla però magari guadagna tre punti.

Come giudica questa entente cordiale tra PD e UDC?

Noi che abbiamo aderito al manifesto di Alba veniamo dalla sinistra. Ma proviamo a guardare oltre, e a parlare con centinaia di migliaia di persone, soprattutto quelle che hanno abbracciato il Movimento 5 Stelle. Con loro abbiamo in comune la critica del vecchio sistema partitico e la fede nell’importanza del governo locale. L’ideale sarebbe trovare una grande alleanza sociale fra la parte più battagliera della classe operaia, i ceti medi urbani che sono stati conquistati alla difesa della Costituzione, e con i precari, un bacino ancora inespresso ma dalle enorme potenzialità. Questo puzzle sociale di tre elementi diversi potrebbe essere la nostra base elettorale. Una grande «ALBA» per l’Italia.

Voi criticate il PD, soprattutto. Ma qui con voi discutono anche i militanti di SEL, Ferrero del PRC è venuto a Parma, e il portavoce della Federazione della Sinistra era ai tavoli.

Sarebbero felici di mangiarci a pranzo la domenica. Ma una cosa è chiara a tutti: la vicenda della sinistra arcobaleno è stata brutta e verticistica, il contrario di tutte le nostre idee sulla democrazia partecipata. Noi non ripeteremo mai quella esperienza.

I partiti però vi guardano con sufficienza. Vi giudicano effimeri, movimenti carsici, dai girotondi ad oggi. Perché ALBA dovrebbe essere diversa?

Non possiamo fornire alcuna garanzia. Non offriamo carriere, i nostri individui sono liberi, fanno una scelta di impegno disinteressato. Ma il dato è esattamente contrario a quello che pensano i partiti: negli ultimi vent’anni la società civile e democratica è molto cresciuta. È vero, siamo un fiume carsico, ma la piena è sempre più forte. L’associazione Libera, del resto, o Libertà e Giustizia sono organizzazioni notevoli, durature, solide. La società civile ha molte deficiencies, potremmo chiamarle inadeguatezze. Ma non può essere accusata di aver portato il paese sull’orlo dell’abisso. Quello che manca oggi è proprio un soggetto politico che condivida con la società civile un linguaggio democratico di proposte radicali. È la nostra scommessa.

Formigoni indagato si difende con "l'eccellenza della Lombardia"







Vendola indagato si difende con "l’eccellenza della Puglia”







mercoledì 25 luglio 2012

«Pensiero unico... e la gente non reagisce». Intervista a Luciano Gallino


Vindice Lecis, Il Tirreno, 24 luglio 2012




   ROMA. «Sono riusciti a far credere a milioni di persone che la situazione è talmente grave che bisogna stare zitti. Il capolavoro è stato convincere che il primo problema sia la spesa pubblica e non, ad esempio, l’immenso drenaggio di risorse pubbliche andate alle banche».

Luciano Gallino, saggista, sociologo del lavoro e studioso dell’economia italiana, non vuole cantare nel coro di quello che chiama «il pensiero neo liberale» egemone in Italia e in Europa. È uno dei motivi della mancanza di una reazione di massa ai tagli alla spesa e alla mancanza di lavoro?

«In Italia in otto giorni hanno fatto una riforma delle pensioni che i dati Inps non giustificavano. Hanno dato il via libera a un patto fiscale con Bruxelles giudicato indispensabile ma senza un minimo di analisi sui rischi. Hanno riformato il mercato del lavoro con provvedimenti pasticciati. La visione neo liberale è che non ci sono alternative a tagli e riduzione del settore pubblico».

La gente non protesta…

«Quando queste scelte sono approvate dalla quasi totalità del Parlamento significa dire al Paese che non ci sono altre strade. Per questo diventa quasi impossibile trovare soluzioni nell’opinione della gente. Che si arrabbia ma non incide. Quando un partito che dovrebbe essere di centro sinistra come il PD fa passare tutto questo, rende chiara la difficoltà a costruire contrasti e reazioni. I movimenti, pur nella loro autonomia, se non trovano delle sponde fanno poca strada».

Ci sono responsabilità della sinistra?

«Il PD ha fatto proprie le ricette neo liberali. La sinistra si divide e non incide. Il risultato è una gigantesca egemonia del pensiero neo liberale e delle loro ricette sbagliate come non si era mai vista. Un pensiero unico dominante che riesce a convincere i cittadini che non ci sono alternative».

Alcune riforme sembravano però necessarie.

«Quella del lavoro è poca cosa, un pasticcio, e non ha minimamente intaccato la questione vera della precarietà. Pensiamo al patto fiscale: non si è ben capito che rappresenterà un enorme onere per un ventennio con quel rientro mostruoso di debito pubblico che il nostro e altri Paesi non possono reggere in alcun modo. Con l’urgenza, lo stato di necessità, lo spread e altro si approva tutto».

Da decenni in Italia si vogliono diminuire i confini dello Stato.
«Nessuno ha però analizzato, come è stato fatto negli Usa e in Gran Bretagna, che la diminuzione di occupati nel pubblico provoca e causa la diminuzione dell’occupazione del settore privato. Lungi dall’essere condizione favorevole è invece il contrario. Intanto aumenta la disoccupazione, cresce il precariato con leggi sbagliate che hanno prodotto il peggio del peggio. E a Mirafiori, ad esempio, si rischia un blocco sino alla fine del 2013».

Le ricette da adottare?

«Lo Stato deve continuare a investire e intervenire. A partire dall’istruzione e dalla formazione come sta facendo Hollande. E, a somiglianza dell’amministrazione Obama, con un piano di piccoli lavori pubblici per garantire l’occupazione. Questa egemonia neo liberale sta uccidendo il Paese».


Quando la Costituzione batte la finanza, la democrazia respira







 La Corte Costituzionale si pronuncia contro l’obbligo alla privatizzazione dei servizi pubblici locali difendendo il risultato dei referendum.

Questa è una vittoria politica, non solo giuridica, frutto di un’iniziativa POLITICA di un gruppo di giuristi e sottoscritta da migliaia di italiani nell’agosto 2011, in diretta continuità con la vittoria referendaria.

Questa notizia è passata sottotraccia nella maggior parte dei media, quindi sta a noi, ad ALBA, spiegare ciò che è successo e cosa significa.




martedì 24 luglio 2012

Legge elettorale, un piano contro il Movimento 5 Stelle?



Enzo Di Frenna

Da Il Fatto Quotidiano, 24 luglio 2012





   La notizia merita di correre veloce nella Rete. Un tam tam assordante, che travalica i social network e arriva nelle case degli italiani, attraverso fotocopie, volantini, allegando come prova l’articolo di Italia Oggi – giornale nelle simpatie del Pdl – a firma di Cesare Maffi, un giornalista che sembra essere ben informato anche dei fatti che accadono nelle segrete stanze dell’Udc e della Lega. Senza pudore, con vergognosa sfacciataggine, la casta politica svela a un giornalista un piano segreto che in realtà conoscono anche le formiche di casa mia: azzoppare il Movimento 5 Stelle con una nuova legge elettorale, più maiala del Porcellum. Insomma, impedire ai cittadini di entrare in Parlamento. Scrive il giornalista: “Il problema primo, per giungere a una revisione del Porcellum, è semplice: occorre trovare una convergenza d’interessi. Per ora, l’unico spasmodico desiderio comune a Pdl, Pd e altri è individuabile nell’azzoppare la rappresentanza parlamentare dei grillini. Nessuno, però, è in grado d’individuare un sistema che possa, se non azzerare, almeno comprimere un movimento accreditato addirittura fra il 15 e il 20 per cento”.
   È una notizia che andrebbe segnalata immediatamente alla magistratura. Se il giornalista Maffi viene convocato dagli inquirenti e rivela chi gli ha riferito questo piano scellerato, abbiamo la prova che “Pdl, Pd & Company” stanno preparando una legge elettorale con finalità private, atte a mantenere i loro privilegi, e non certo per dar voce – democraticamente – alla volontà sovrana del popolo. Escludere una forza politica che vuole un’Italia migliore, è un reato? Napolitano non ha nulla da dire? Il garante della Costituzione che ha approvato un Lodo Alfano incostituzionale, che però dice “non mi sono mai allontanato dai poteri sanciti dalla Costituzione”, questo presidente della Repubblica che non sente il boato dei lettori che fanno esplodere il M5S, ebbene, il nostro anziano difensore della Patria, non ha nulla da dire? Che legge elettorale si auspica? Una nuova truffa ai danni degli elettori italiani?
   Ancora una volta tocca alla Rete denunciare l’ennesima porcata ai danni degli italiani. Secondo voi, cari lettori, esistono i presupposti legali per una denuncia alla magistratura? Intravedete il reato di “attentato ai diritti politici del cittadino” previsto dall’art.294 del Codice Penale, che testualmente recita: “chiunque con violenza, minaccia o inganno impedisce in tutto o in parte l’esercizio di un diritto politico, ovvero determina taluno a esercitarlo in senso difforme dalla sua volontà, è punito con la reclusione da uno a cinque anni”? Vi sono avvocati disponibili a fornire i presupposti normativi per denunciare questa vergogna?
   Condividete il messaggio, quindi. È necessario far sapere cosa tramano coloro che stanno affondando l’Italia. Cioè gli stessi cialtroni che si presenteranno in tv alle prossime elezioni invocando “un Paese migliore” e il “bene degli italiani”. 

lunedì 23 luglio 2012

Il nuovo inceneritore di Desio NON si farà!







     Dopo quattro anni di battaglia, siamo lieti di comunicare che il nuovo inceneritore di Desio NON si farà!
E’ ufficiale. Lo prevede il piano di Bea S.p.A. (la società pubblica che gestisce il vecchio inceneritore e che voleva costruire il nuovo) illustrato mercoledì scorso all'Assemblea dei soci e che sarà approvato a breve.
Il Comitato per l’Alternativa al nuovo inceneritore di Desio accoglie la notizia con immensa gioia e soddisfazione! E’ una grande vittoria dei cittadini, principalmente di Desio, Bovisio Masciago, Varedo e Cesano Maderno, che hanno chiaramente manifestato la loro contrarietà al progetto.
E’ stato un lungo percorso cominciato nell’ormai lontana primavera del 2008, quando i gruppi “Meetup Amici di Beppe Grillo” di Desio, Monza, Carate Brianza e Saronno hanno dato vita al Comitato e cominciato a fare i primi banchetti informativi. All’epoca aveva tutta l’aria di essere una lotta contro i mulini a vento. Il raddoppio del forno era già previsto, messo nero su bianco nel Piano Rifiuti della Provincia di Milano; i bandi per la progettazione dell’opera erano già stati indetti; i politici locali, quasi tutti schierati a favore,  organizzavano assemblee pubbliche con i vertici di Bea per spiegare ai cittadini quanto fosse bello avere un nuovo inceneritore (pardon, termovalorizzatore) in casa.
Noi ci siamo opposti a questo scellerato progetto con le unghie e con i denti. Da allora ad oggi di acqua sotto i ponti ne è passata tanta: decine di migliaia di volantini distribuiti, 53 comunicati stampa, migliaia di firme raccolte, 8 incontri pubblici, 2 audizioni in Provincia, decine di banchetti informativi, 691 post e 38.583 visualizzazioni sul nostro blog, l’intervento di 400 cittadini in un consiglio comunale aperto, decine di lettere inviate ai medici di base, la presa di posizione dell’Ordine dei Medici di Monza e Brianza, la campagna “striscione sul balcone” e una quantità incalcolabile di ore di impegno.
La speranza si era accesa quando la nuova amministrazione comunale di Desio si era dichiarata contraria al nuovo forno... e oggi, alla fine, la forza della ragione ha prevalso!
Ringraziamo tutti coloro che ci sono stati vicini, per primo tutti gli esperti che ci hanno aiutato a comprendere il tema rifiuti e sono intervenuti nei nostri incontri pubblici: da Enzo Favoino (Scuola Agragria di Monza) a Carlo Maria Teruzzi (Ordine dei Medici Monza e Brianza) da Marco Caldiroli (Medicina Democratica) a Federico Valerio (Istituto Tumori Genova), da Gianluigi Salvador (WWF Veneto) a Federico Balestreri (Associazione Medici per l’Ambiente), da Paul Connet a Massimo Cerani.
 Il lavoro non è finito: la strada verso la riduzione e il riciclo totale dei rifiuti in Brianza è ancora lunga. Il vecchio inceneritore (che si avvia verso i 40 anni di attività!) è ancora lì a bruciare. Continuano a rattopparlo e a cambiare i pezzi per tenerlo in vita il più a lungo possibile. Basta con questo accanimento terapeutico! E’ ora di mandarlo definitivamente in pensione e riconvertire il sito al trattamento meccanico biologico dei rifiuti indifferenziati residui.
 Ed è ora che le amministrazioni pubbliche si impegnino seriamente nella riduzione alla fonte dei rifiuti e nel potenziamento della raccolta differenziata… A Bovisio Masciago e Varedo già oggi la raccolta differenziata si aggira attorno al 70%... a quanto si arriverebbe se le amministrazioni comunali si impegnassero seriamente?
 Ma oggi godiamoci questa enorme vittoria. Il nuovo inceneritore non si farà più. Questo è un punto fermo da cui non si torna indietro!!!


Gianmarco Corbetta

Comitato per l’Alternativa al nuovo inceneritore di Desio http://blog.libero.it/NoIncDesio/


sabato 21 luglio 2012

Democrazia 1 - “L'Europa lo chiede” 0



Vittoria alla Corte Costituzionale contro l'obbligo alla privatizzazione e lo scippo dei referendum. 



 La Corte costituzionale ha bocciato l'articolo 4 della cosiddetta manovra di ferragosto 2011 accogliendo il ricorso scritto per la Regione Puglia da Ugo Mattei e Alberto Lucarelli, due dei primi firmatari e redattori del Manifesto per un soggetto politico nuovo - ALBA.

L'articolo di Alberto Lucarelli e Ugo Mattei sul merito della sentenza su Il Manifesto (21/07/2012): 
http://www.soggettopoliticonuovo.it/2012/07/21/un-colpo-al-liberismo-ugo-mattei-e-alberto-lucarelli-il-manifesto/


La sentenza di ieri è fondamentale anche perché afferma, come oggi dichiara Stefano Rodotà,  il rifiuto della “logica emergenziale in economia che pretende di travolgere tutto, Costituzione compresa”.  Questa sentenza mostra che in nome della crisi e del ritornello ”L’Europa lo chiede” non si può fare tutto.

Possiamo dire che i fautori del pensiero unico in nome de “L’Europa lo chiede” hanno perso e che questo risultato “rappresenta un passaggio fondamentale intorno al quale le forze democratiche di questo Paese dovranno ritrovarsi per indicare strade alternative alle politiche liberiste di Monti per uscire dalla crisi” .
Ed è anche da questa esperienza, dalla volontà di generare nuove forme della politica, che ha avuto inizio il percorso di un soggetto politico nuovo, di ciò che oggi è ALBA.

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La vittoria di ieri alla Corte Costituzionale è una vittoria politica, non solo giuridica, frutto di un'iniziativa POLITICA  di un gruppo di giuristi e sottoscritta da migliaia di italiani nell'agosto 2011, in diretta continuità con la vittoria referendaria.

Questa è la ricostruzione cronologica dell'iniziativa politica: 
http://www.soggettopoliticonuovo.it/2012/07/21/dallacqua-ad-alba-un-percorso-politico/:

*agosto 2011- viene resa pubblica la lettera- memorandum dell'Europa all'italia. Viene immediamente predisposta una manovra economica , in forma di DECRETO LEGGE ( decreto di ferragosto) che taglia per decine di miliardi e attacca diritti fondamentali ( nell'art.4 ribalta il risultato referendario di 2 mesi prima, nell'art. 8- recependo il modello Pomigliano- che gli accordi aziendali possono non rispettare le leggi. Il Decreto viene emanato dal Presidente Napolitano il 13 agosto 2011: http://politicaesocieta.blogosfere.it/2011/08/manovra-finanziaria-napolitano-emana-il-decreto.html .
Era la seconda manovra in 20 giorni, all'emanazione della prima il presidente Napolitano dichiarò che era stato un "miracolo"

promosso dai giuristi estensori dei referendum sull'acqua, Alberto Lucarelli, Ugo Mattei, Luca Nivarra e Gaetano Azzariti.

*28 agosto 2011 in base a quest'appello due giuristi, da lì a pochi mesi promotori di ALBA, Alberto Lucarelli e Ugo Mattei fecero una lettera aperta a Vendola per "ricevere mandato, naturalmente a titolo assolutamente gratuito, da soli o insieme ad altri legali di Sua fiducia, a rappresentare la Regione Puglia (ed incidentalmente la nuova egemonia dei beni comuni) di fronte alla Consulta in un ricorso diretto di incostituzionalità del Decreto 138\2011.

 *1 settembre 2011 A questa richiesta Vendola, come presidente della Region Puglia, rispose positivamente il 1 settembre 2011: 
http://www.siacquapubblica.it/index.php?option=com_content&view=article&id=199%3A-opporsi-con-ogni-mezzo-io-ci-sto-nichi-vendolada-il-manifesto-492011&catid=15%3Aarticoli&Itemid=17&lang=en

Staff web ALBA - soggetto politico nuovo



 

venerdì 20 luglio 2012

Le Petit Picchevolien, d’après l’adjoint A. P.





 
Capaci (essere -). In assenza di risorse è veramente una sfida che va monitorata e resa trasparente.
Città. Deve crescere... e tanto.
Commissione di Controllo e Garanzia. Non ha a che fare con logiche da inquisizione.
Cultura. È un tema che ha a che fare con le politiche sociali.
Cultura del cecchino. L’assessore Pellegata non la condivide.
Giovani. Come  cultura.
Lavoro. Come  cultura.
Osservatori ONU. Le invenzioni dell’assessore Pellegata gli daranno un lavoro.
Paradigma. Quello di fondo è cambiato.
Pellegata. Avverte un'urgenza.
Percorsi nuovi. Bisogna inventarli. Altrimenti le sentinelle e gli osservatori ONU... osserveranno un lento declino.
Picchevole. (Non si può dare la definizione: Pellegata ne detiene il copyright).
Sentinelle. Come osservatori ONU.
Sviluppo. Come  cultura.
Urbanistica. Come  cultura.
Welfare. (1) Senza dibattito è una vera tragedia. (2) Senza dibattito è una vera scivolata di stile.


[V. anche le voci Confronto politico, Democrazia, Memoria (2), Pellegata, Valore, Vivi Limbiate del Dictionnaire flaubertien, nel sidebar]

giovedì 19 luglio 2012

Essere a sinistra


 Emilio Lussu (1890-1975)


     … Ma oggi, desidero non aspettare ancora per rispondere alla tua domanda: «Che vuol dire essere a sinistra?» Siccome io affermo che tu sei stato sempre a destra ed io a sinistra, devo precisare. 
Innanzi tutto, essere a sinistra presuppone in molti anche una particolare formazione psicologica. In molti, non in tutti, evidentemente. Psicologicamente, io sono stato sempre a sinistra, certo per atavismo. Gente di montagna, i miei avi non pagarono mai diritti feudali; e non già in grazia a uno speciale privilegio, ma perché sopprimevano gli esattori baronali, regolarmente nei passaggi obbligati. Ne è derivato che, in me, la rivolta a dare quanto non è dovuto è istintiva; il primo impulso è quello, e poi la ragione lo conferma. Ancora oggi, in un ordinamento democratico repubblicano liberamente scelto e accettato, l’autorità mi dà un senso di fastidio: reminiscenza sopravvissuta, nell’inconscio, di quanto i miei avi sentivano di avversione nemica per le autorità costituite dei loro tempi, le quali erano certamente arbitrarie e imposte, contro giustizia. Per cui, il senso di giustizia in me non è solo ragionato ma innato, il che fa sì che è moltiplicato per due. Questo senso di giustizia, prima ancora che non la conoscenza scientifica, mi ha portato al socialismo, fin dai primi passi politici. E il fastidio che tuttora mi dà l'autorità, malgrado sia arrivato a maturità politica, esplode poi in umorismo ogni volta in cui l'autorità si veste di sussiego e di pomposità: umorismo, cioè il sentimento innato di rivolta, reso incruento e addolcito dall'educazione e dalla cultura. Un anno fa, un tuo compagno socialdemocratico di destra, con cui commentavo l'elezione dell'onorevole Tupini a sindaco di Roma, nelle forme politiche equivoche che ci sono note, finiva col giudicarlo un grande successo dell'esponente democristiano perché malgrado tutto, era riuscito ad essere sindaco di Roma, Sindaco di Roma! La mia reazione era opposta ed io vedevo in piazza del Campidoglio, sul cavallo di bronzo dorato, al posto di Marco Aurelio, Tupini con in testa il cappello a cilindro.
   Ecco, psicologicamente, la sinistra e la destra. E permetterai che ti dica che tu, in questo settore ancestrale sei e sei sempre stato a destra, anche quando eri un socialista di base, militante combattivo: l'autorità ti ha sempre, non dico intimidito, ma sedotto. È assai probabile che più di uno dei ministri e sotto segretari socialdemocratici in questi dieci anni siano stati al governo, innanzi tutto per questo stesso fatto psicologico che li poneva a destra pregiudizialmente. E quanti non ce ne saranno nelle stesse condizioni, fra quelli che attendono ansiosamente questa mai troppo benedetta alternativa socialista.
Per uno di sinistra, il potere è solo un posto di responsabilità e di lotta, psicologicamente identico al posto che differenti momenti politici impongono si occupi in carcere, al confino, in esilio o fra i partigiani.
   Politicamente, per un socialista, essere a sinistra è un'altra questione, per quanto non necessariamente legata alla prima. «La sinistra», tu mi dici nella tua lettera, «deve consistere nel creare un governo amico dei lavoratori, capace, onesto, coraggiosamente riformatore.» No, mio caro: questo è essere a destra.
Essere a sinistra consiste nel basare la lotta politica e ogni conquista della classe operaia e dei lavoratori nella lotta autonoma, sindacale, sociale e politica; essere sempre presenti nella lotta delle masse; realizzare la democrazia verso il socialismo con continue conquiste e difenderle, con la lotta. Se ciò non avviene, la democrazia non la si conquista e non la si difende: né con la Costituzione, né col presidente della Repubblica, né col Parlamento, né col governo, né con l'esercito, per sé soli.
La stessa Costituzione democratica non ci viene da un areopago di «amici dei lavoratori, capaci, onesti, coraggiosamente riformatori», ma dalla Assemblea di un popolo, i cui delegati, usciti dalla Resistenza e dalla Liberazione, rappresentavano le istanze sociali e politiche più avanzate della rivoluzione antifascista e antinazista. Erano i rappresentanti usciti dal popolo: erano il popolo di quel saliente periodo storico. Voglio dire che la libertà e lo stato democratico non ci sono caduti dall'alto illuminato, ma ci sono venuti dal basso, dall'impeto della lotta popolare e nazionale. La Repubblica, allora, rappresentava una istanza ed una condizione della democrazia, ed io ero per la Repubblica: quindi a sinistra. Per te, repubblica o monarchia erano termini secondari. Il problema istituzionale, che pure era il problema attuale della democrazia, ti era indifferente: eri quindi a destra.
Quelli che, all'atto della Liberazione e subito dopo reclamavano la rivoluzione integrale socialista non erano a sinistra. Erano massimalisti, cioè politici incapaci di porre gli obbiettivi voluti in rapporto con la realtà della situazione generale, nazionale e internazionale, incapaci di valutare l'avversario in rapporto ai mezzi necessari per affrontarlo. Che altro non è il massimalismo che dismisura fra azione e pensiero. A sinistra, allora, erano quelli che, stando nella lotta, intendevano legarla alla realtà ed evitare l'avventura del passo superiore alla lunghezza delle gambe, evitare cioè il precipizio. Ma erano a destra quelli che pensavano che ormai non rimaneva altro da fare, tutto essendo già stato fatto. Ed erano a destra quelli che, dopo la Costituente, ormai ottenuta la Costituzione della Repubblica, si rimettevano fiduciosamente ai prossimi Parlamenti e ai loro governi. Eppure, la lotta democratica, nella legalità costituzionale, cominciava proprio allora, e dura tuttora, senza che si siano prefissate tappe di arrivo e di sosta. La lotta per la democrazia non conosce riposo.
 I Consigli di gestione sono caduti perché non li abbiamo saputi inserire nella realtà dell'azienda né abbiamo voluto difendere i primi esperimenti e volevamo codificarli prima ancora che fossero conquistati in una maturata esperienza di capacità e di lotta, e attendevamo dal governo, dove pure erano i rappresentanti operai, quanto dipendeva solo da noi. Ma le Commissioni interne, con cui gli operai erano subito penetrati nella vita interna della fabbrica, hanno resistito, nonostante la spietata repressione padronale sostenuta dal potere politico. Abbiamo ancora il Testo di pubblica sicurezza fascista, perché non abbiamo saputo mobilitare a fondo, con una lotta unitaria, le masse, per sopprimerlo. E non abbiamo ancora la Regione, che pure è la base dell'ordinamento dello Stato, per la stessa ragione. Essere a sinistra significa vedere questi errori, ed essere a destra significa dare scarsa importanza a tutto ciò. C’è, insomma, più democrazia costituzionale nella lotta d'una lega di contadini giustamente impostata che non nell'insegnamento pubblico delle norme della Costituzione. La Costituzione è cosa morta, se non è animata dalla lotta. E anche quando siamo stanchi e vicini alla sfiducia, non c'è altro su cui fare affidamento. Rimettersi all'alto è capitolazione sempre.
Tu, che sei a destra, chiedi a me, che sono a sinistra, se accetto il metodo democratico e la libertà come mezzo e come fine. Ed io ti rispondo, senza riserve mentali che li accetto. Ma tu li accetti nella forma, io nella forma e nella sostanza. Ho cioè coscienza che non c'è né democrazia né libertà politica se non preceduta e accompagnata dalla liberazione del cittadino dall'oppressione e dal bisogno. Per un socialista, la lotta democratica è la lotta per arrivare a questa liberazione. Anche tu aspiri a questa liberazione, ma paternalisticamente, con «un governo amico dei lavoratori, capace, onesto ecc.», io dal basso. Cioè, non un governo amico dei lavoratori, ma un governo dei lavoratori, che arrivino al governo per la loro forza e la loro capacità. Senza questa forza e questa capacità, i lavoratori non sanno che farsene del governo, perché se vi arrivassero per intrallazzi, vi sarebbero intrappolati e schiacciati e corrotti, come è avvenuto a voi socialdemocratici.
Ecco la destra e la sinistra, rispondendoti piuttosto affrettatamente. Ed è della sinistra non solo la volontà di accettare il metodo democratico, ma di erigerlo e di imporlo agli altri, e di essere costantemente inseriti nella massa dei lavoratori e del popolo per poter respingere con la violenza la eventuale violenza di chi, abbandonato il metodo democratico, ricorresse alla violenza, assente o complice lo Stato. Perché, per rispettare il metodo democratico occorre essere in due.
E basta davvero!
Con affetto, tuo
Emilio Lussu (1957)


[Da Emilio Lussu, Essere a sinistra, Mazzotta, Milano 1976, pp. 239-242 ]

giovedì 12 luglio 2012

Archetti&Campisi gemelli narcisi





Non è vero che quando  furono portati nel Consiglio Comunale il Bilancio di previsione e il Rendiconto consuntivo, nell’aprile e nel maggio del 2010, “era un periodo in cui [Campisi] si aggrappava … agli aspetti tecnici per mettere in discussione un bilancio che sapevamo tutti che invece meritava una discussione politica”, come dice Ti-che-te-tarchett-i-ball in “Campisi come Mestrone”.
A quell’epoca il consigliere comunale Campisi era nella stessa condizione dei consiglieri di adesso, in altre parole dipendeva totalmente dai dettati “tecnici” dei Cambria e dei Cogliati. Fuori dal Consiglio, invece, ricordo che era arrivato a scrivere, qualche tempo prima, a proposito dei ricorsi alla magistratura amministrativa sui P.I.I. di Via Monte Sabotino e Via Belluno, che un’azione politica (annullare o no i P.I.I.) non doveva essere messa nelle mani di un giudice: una posizione sostanzialmente simile a quella che sostiene Ti-che-te-tarchett-i-ball, vale a dire che le scelte amministrative non devono essere regolate da criteri giuridici pre-ordinati, bensì da criteri politici, cioè dalle scelte discrezionali di chi ha il potere, che stabilisce ciò che è politico, cioè qualsiasi sua decisione, e ciò che non è politico, ovvero tutto quello che contrasta le sue decisioni.
In quella occasione, Campisi e tutto il centrosinistra accettarono le segnalazioni, le proposte e i suggerimenti che feci io, che già avevo sostenuto che le varianti urbanistiche del Piano delle Alienazioni dei beni demaniali del Comune, e i bandi per la vendita di alcuni lotti di terreno, erano diventati illegittimi in seguito ad una sentenza della Corte Costituzionale. Inoltre mi ero anche accorto (io, e non i consiglieri Archetti, Campisi, Terragni, Binacchi, Pecora), pochissime ore prima del Consiglio Comunale del 9 aprile 2010, che dopo quella sentenza il centro-destra di Romeo & C. stava tentando di riapprovare il Piano delle Alienazioni con l’inserimento nei documenti del Bilancio previsionale di una delibera della quale nessuno (tranne chi l’aveva fatta) era a conoscenza, e che era stata pubblicata solo il giorno prima. Chiesta su mio suggerimento un’interruzione del Consiglio, fra i più attenti nell’ascoltare la mia segnalazione e le delucidazioni necessarie per spiegare il tentativo di Romeo-Cambria-Cogliati vi era proprio Ti-che-te-tarchett-i-ball: ne ricordo ancora gli occhi accesi (egli già pregustava la sua concione contro il centro-destra!), il rammarico perché “non riesco però ad afferrare gli aspetti tecnici della questione” (così disse) e il gesto con il quale accompagnava le sue parole: apriva e chiudeva a pugno una mano. Egli era anche fra i più entusiasti nell’accogliere la mia proposta di abbandonare in segno di protesta il Consiglio Comunale, qualora (come poi regolarmente avvenne) il centrodestra si fosse rifiutato di rinviare il Consiglio Comunale per dare la possibilità ai consiglieri di approfondire la conoscenza della questione. Il fatto è che c’erano in ballo alcuni milioni di euro di vendite fittizie (o perché non si potevano più portare a termine sulla base di varianti divenute illegittime, o perché ancora non erano state fatte) che ad ogni costo dovevano essere inseriti nei bilanci (sia quello consuntivo, sia quello previsionale) per poterli in qualche modo salvare… Quindi, se è vero che Ti-che-te-tarchett-i-ball ha letto i verbali vecchi, ne falsifica il contenuto: altro che “non avevo assolutamente voglia”!
Campisi, che non si era mai distinto per l’interesse ad analizzare i vari provvedimenti amministrativi del centro-destra, accettò la proposta dell’iniziativa per le stesse ragioni di Ti-che-te-tarchett-i-ball: era un’ottima occasione per concionare (anche se meno rozzamente) contro Romeo & C.; era un’ottima occasione, cioè, per coltivare il proprio narcisismo (come l’uno e l’altro continuano a fare), senza aver fatto un benché minimo sforzo per prepararsi. Infatti, adesso Campisi si guarda bene dal dare spiegazioni a chi gliele chiede. Ancora adesso è soprattutto interessato a specchiarsi… nel Garbogera.
 Il giorno dopo, però, Ti-che-te-tarchett-i-ball fu messo brutalmente in riga da chi allora (come ancora oggi) dettava la linea nel PD, che gli fece capire che l’iniziativa di denunciare i falsi in bilancio, che avrebbe mandato a gambe all’aria il centro-destra, avrebbe anche pregiudicato eventuali assegnazioni di aree demaniali ad imprenditori vicini al PD, e inoltre molti affari edilizi non ancora conclusi, nei quali avevano interessi altri soggetti economici (progettisti, ditte costruttrici, immobiliaristi) più o meno vicini al PD, che oltretutto era terrorizzato dalla prospettiva delle elezioni anticipate (dopo la permanenza nel palazzo municipale, per alcuni mesi, di un commissario prefettizio), per le quali sapeva di non essere preparato. Ti-che-te-tarchett-i-ball abbassò subito il capo, e cominciò immediatamente a lavorare per insabbiare tutto. Campisi, fatto il suo paio di interventi nel Consiglio Comunale, fu ben felice di liberarsi dall'impiccio, e aderì, nei fatti, all'insabbiamento.
     Quanto fosse giusto sostenere, come io da subito sostenni, che prima di procedere alle vendite dei terreni demaniali era necessario far approvare le varianti urbanistiche del Piano delle Alienazioni sia dalla Provincia che dalla Regione, e che pertanto qualsiasi vendita di terreni inclusi nel Piano approvato dal centro-destra era illegittima, lo dimostra la decisione della Giunta De Luca che, con la fame di entrate dalla quale è attanagliata, ha  deciso, tuttavia, di non inserire nel Bilancio previsionale 2012 proventi dalla vendita di terreni. Qualcuno più intelligente e più posato di Ti-che-te-tarchett-i-ball sa, evidentemente, qual è il valore delle norme, e ha ritenuto troppo pericoloso inserire nel bilancio cifre derivanti da vendite di terreni (peraltro solo sperabili) le cui varianti di destinazione non sono più valide dal gennaio 2010.

Gli sviluppi della vicenda, come anche le premesse, possono essere ricostruiti, da chi ne avesse voglia, leggendo gli articoli che si ritrovano con i links riportati qui appresso, dai quali chi non ha una mentalità totalitaria come quella di Ti-che-te-tarchett-i-ball potrà capire quali questioni politiche si celano dietro gli “aspetti tecnici” sui quali (anche per crassa ignoranza) blatera costui, e anche quale impegno e quale coerenza di azione siano necessari per smascherare le truffe (e le loro falsificazioni come provvedimenti “necessari”) della mala politica: alla quale partecipano sia il centro-destra che il centrosinistra.