domenica 29 dicembre 2013

Con una mano davanti e l’altra di dietro. Il P.R. della Villa Medolago dichiarato illegittimo per riapprovarlo con la stessa volumetria












Il primo elemento da tenere in considerazione per comprendere il vero scopo dell’operazione propagandistico-speculativa dell’annullamento “in autotutela” del P.R. della Villa Medolago è che viene portata avanti, in perfetto accordo, da tutta la coalizione del centrosinistra ed è condivisa anche dal centro-destra che cinque anni fa approvò, in modo del tutto illegittimo, quello pseudo piano di recupero. (Tutta la vicenda è stata minuziosamente narrata nel mio post Quando la paura (di un ricorso al T.A.R.) fa novanta...).

Il secondo elemento da considerare è questo: è falso quanto è stato affermato più volte dal consigliere comunale grant e gross, ma pussé ciula che baloss, che alcuni abitanti delle vetuste e piccolissime abitazioni addossate alla villa stavano subendo la minaccia di essere cacciati dalle loro case, e che per difendersi sarebbero stati costretti a compiere, entro il mese di dicembre 2013, presso il T.A.R. di Milano, atti il cui costo non erano in grado di sostenere. In realtà, si tratta di una sola famiglia che ha presentato un ricorso straordinario al Capo dello Stato; un altro ricorrente, invece, quattro anni fa ha perso la sua causa presso il TAR di Milano (per leggere la sentenza: click 201000188) e, nonostante il Comitato delle Pacciade, del quale fa o faceva parte, esponesse in quel periodo un pingue conto in banca, non è stato aiutato a presentare appello al Consiglio di Stato. Si può vedere quale sia lo stato del ricorso superstite, trasposto al TAR di Milano (click Tar Lombardia sede di Milano, "Ricerca Ricorsi", 2009, n. 1868, oppure: http://www.giustizia-amministrativa.it/WEBY2K/DettaglioRicorso.asp?val=200901868).

Chiariamo subito che dopo l’ultima istanza del 24/11/2011 (domanda di fissazione dell’udienza, peraltro mai avvenuta), presentata obbligatoriamente per mantenere “in vita” il ricorso, nessun obbligo di presentare una qualsivoglia istanza ha attualmente la ricorrente che, infatti, a fronte della mancata fissazione dell’udienza, non ha più presentato alcuna istanza per manifestare di avere interesse a mandare avanti il ricorso.

Ma qual è la ragione di tanto "disinteresse"? La ragione, evidenziata dalla lunga teoria di istanze e di stop and go del ricorso, è che in realtà la ricorrente, la cui casetta (come quella dell’altro ricorrente) non fa parte del P.R. (e pertanto, con questo P.R. non è esposta affatto al rischio di essere sloggiata) non ha mai avuto veramente la volontà di arrivare alla sentenza, poiché il suo vero scopo non è di ottenere che il TAR o chicchessia dichiari l’illegittimità del P.R. In altri termini, la ricorrente ha presentato il ricorso solo per mettere i bastoni tra le ruote alla Frua De Angeli Holding al fine di spuntare, con le trattative che sono andate avanti per un po’, un prezzo più alto del reale valore di mercato per la cessione della sua casetta. La holding, trovatasi nell’impasse i cui termini ho spiegato nel post richiamato sopra, ne è venuta fuori rinunciando ad utilizzare per il suo progetto la superficie di alcune case - superficie che avrebbe consentito la costruzione di ben 9.300 mc - ed accrescendo ancor più, rispetto alla prima versione del piano, la volumetria “reperita” nel sottosuolo (!), ma accentuandone, in questo modo, gli aspetti illegittimi. Frua De Angeli Holding certamente preferirebbe risolvere la controversia con un accordo stragiudiziale, che gli darebbe la possibilità di costruire su tutta l'area, ma evidentemente le pretese della ricorrente sono eccessive, e quindi le trattative non sono mai arrivate alla conclusione. Anzi, è probabile che ormai siano cessate da tempo.

È questa la ragione della riscoperta e divulgazione, cinque anni dopo!, da parte del Comitato delle Pacciade di un elemento del tutto secondario, fra quelli che concorrono a determinare l’illegittimità del P.R.: la famigerata fotografia falsificata per mostrare un mai esistito terzo piano da ricostruire in un’ala secondaria della villa. È una fotografia delle cui stranezze solo io a suo tempo mi accorsi, e le segnalai agli avvocati che a loro volta le segnalarono nel ricorso al Capo dello Stato. Tuttavia, il terzo piano inventato, se altera scarsamente l’aspetto di un’ala della villa (e si potrebbe spiegare così la distrazione della Sovrintendenza ai beni architettonici, che avrà confrontato superficialmente la documentazione presentata con quella già in suo possesso), per quanto riguarda la volumetria non aumenta, o aumenta di poco, quella dei locali della villa vera e propria. Quello della fotografia falsificata è stato solo un modesto espediente per creare un clima di attenzione attorno all’iniziativa del Comitato delle Pacciade e dell’Asinistra (caratterizzata dalle falsificazioni che solitamente denotano il loro agire) e per collocare in un alone di più grande simpatia la decisione della giunta, che solo strumentalmente vuole sanzionare le illegalità del P.R.

L’obiettivo vero della giunta di centrosinistra non è quello di sanzionare l’illegittimità di un P.R. presentato in modo truffaldino e approvato con una procedura illegittima da un organo che non era legittimato a farlo, cioè la giunta di centro-destra: se l’obiettivo fosse questo, il momento migliore per annullare il P.R. sarebbe nell’imminenza della scadenza del P.R.G. vigente (30 giugno 2014), quando ormai non vi sarebbe più il tempo per riapprovare un altro Piano di Recupero con tutte le caratteristiche di legittimità richieste.

L’obiettivo vero della giunta (che spiega anche l’appoggio del centro-destra che quel P.R. volle approvare a costo di palesi violazioni della legge) è il seguente: creare, quando ancora mancano sei mesi alla scadenza del P.R.G. che prevede il P.R. della Villa Medolago, le condizioni per farlo ripresentare seguendo la procedura legittima. Annullato il P.R. vigente, uno nuovo potrebbe essere presentato da parte di Frua De Angeli Holding o di un altro soggetto che acquistasse il complesso edilizio della villa e tutte le modestissime abitazioni delle tre corti adiacenti. Tutta questa superficie consentirebbe di costruire se non 23.000 mc (questa è la volumetria del P.R. ancora vigente) almeno 21.500 mc., senza aver più la necessità di inventare inammissibili volumetrie sotterranee "da recuperare". E questo sarebbe possibile anche se il proponente disponesse, per averlo già acquistato, solo del 50,1% delle superfici catastali (e molto probabilmente Frua De Angeli Holding attualmente è in questa condizione), o perché potrebbe in un modo o nell'altro acquisire la proprietà dell'intera area. In altri termini, il proponente potrebbe legittimamente servirsi, se necessario, anche dello strumento dell’esproprio (previsto dalla legge) che gli darebbe la possibilità di far sloggiare gli altri proprietari. Questi, infatti, se non volessero o non potessero partecipare pro-quota al consorzio per attuare il P.R., impedirebbero la realizzazione di un'opera pubblica (caratteristica che, una volta approvato, viene assunta da un P.R. di iniziativa privata previsto dal P.R.G.): da qui la possibilità, prevista dalla legge, dello sgombero coattivo.

Questa iniziativa della giunta, caldeggiata sconsideratamente dal Comitato delle Pacciade e dall’Asinistra, forse invoglierà un proponente qualsiasi a dare un po’ di soldi in più a chi ancora mette il bastone tra le ruote del P.R. affinché lasci libero il campo, ma certamente lo metterà nelle condizioni di poter ripresentare il P.R. con la procedura legittima, cioè lo metterà nella condizione di tenere il coltello dalla parte del manico; vale a dire che, una volta che fosse cessato il pericolo di una sentenza di annullamento del TAR (la decadenza del P.R.  provocherebbe in ogni caso la decadenza del ricorso), il proponente sarà messo in condizione di non dover soddisfare in eccesso le pretese di pochissimi proprietari di modesti alloggi, o di farlo solo a sua discrezione. L'indennzizzo in caso di esproprio, infatti, è previsto dalla legge solo nella misura del valore venale dell'abitazione, detratti gli oneri di urbanizzazione .

Chi ha mascherato le sue venalissime anche se legittime pretese con le motivazioni della “difesa dei beni architettonici”, del “patrimonio culturale”, dell’”ambito urbano a maggior caratterizzazione ambientale”, in realtà (solo) con un nuovo P.R. potrebbe correre il rischio di essere sloggiato coattivamente. E potrebbe restare con una mano davanti e con l’altra di dietro.

Ma, se ciò avvenisse, ben gli starebbe, poiché avrebbe fatto meglio a portare avanti il suo ricorso con coerenza.

sabato 28 dicembre 2013

Il tempo fa giustizia. Finalmente il P.I.I. di Via Monte Sabotino inquadrato in modo (quasi) giusto






Sulla questione del P.I.I. di Via Monte Sabotino, io che ho ideato e interamente scritto l’esposto alla Corte dei Conti e alla Procura della Repubblica del Tribunale ho sempre sostenuto che l’unica soluzione sensata e realistica sarebbe quella di rendere attuabile (ed anche vendibile) il piano, eventualmente ridefinendone gli aspetti urbanistici, ma in ogni caso dopo aver riformulato le clausole economiche della convenzione attuativa al fine di rispettare integralmente la L.R. 12/2005, anche per gli aspetti economici dell’accordo. In un’intervista al “Giornale di Desio” del 5 novembre 2013 ho sostenuto che questa soluzione sarebbe l'unica possibile poiché si deve considerare che, almeno per il momento, l’annullamento di quel piano è praticamente impossibile, sia per i ricorsi che nessuno si preoccupa (interessatamente) di mandare avanti, sia per la curatela fallimentare della SAN Invest, che non solo è ancora lontana dall’essere definita e conclusa, ma non può non preoccuparsi di mantenere il massimo del valore dell’unico bene patrimoniale della società - valore che dipende interamente dall’attuabilità del piano.  

Il misirizzi di Mombello con il suo Comitato delle Pacciade e l’Asinistra e il consigliere grant e gross, ma pussé ciula che baloss invece hanno più volte avanzato la folle pretesa che il P.I.I. sia annullato, incuranti del fatto che in questo caso la collettività dovrebbe sborsare alla SAN Invest la bellezza di 868.000 € (come del resto non si preoccupano del fatto che l’annullamento sic et simpliciter del Piano di Recupero della Villa Medolago costerebbe alla collettività 244.000 €, e non avvantaggerebbe, peraltro, un paio di smandruppati abitanti di Via Doria). Il burbanzoso misirizzi addirittura ha sostenuto che c’era un “atto” che aveva dichiarato l’annullamento, ma che la dirigente del Settore Tecnico si rifiutava (la fedifraga!), di ostenderlo.

A certi omuncoli politici ciò che sostenevo nell’intervista sembrò cervellotico, ma avviene ora che proprio il consigliere che non è baloss nemmeno per un filino rende pubblica una “relazione ricognitiva” sul P.I.I. di Via Monte Sabotino, firmata dalla dirigente del Settore Tecnico, nella quale, esaminate varie soluzioni ipotizzabili, si arriva alla conclusione che tutte, tranne una, sono o impraticabili o difficilissime da concludere effettivamente senza danni per il Comune. L’unica soluzione “praticabile” (sulla quale, sembra, concorderebbe anche il curatore del fallimento) è quella che io suggerivo: raggiungere un accordo con il curatore fallimentare per attuare il P.I.I., naturalmente sanandone tutti gli aspetti illegittimi. E infatti nella relazione si ipotizza una “procedura transattiva” che potrebbe prevedere: a) la ridefinizione della convenzione attuativa “con una volumetria decisamente più contenuta”; b) l’esclusione delle aree esterne al piano (e quindi costringendo a risolvere, con la semplice eliminazione dell’”oggetto del contendere”, le [ormai diventate] privatissime controversie di alcuni di fronte al Consiglio di Stato); c) una nuova definizione di tutti gli interventi pubblici necessari per riqualificare l’ambito”.

Tutte cose assai lontane e anche più serie, quindi, delle pretese del Comitato delle Pacciade e dell’Asinistra. Tuttavia, per ragioni elettorali e di immagine di una maggioranza che in realtà non è più (ma lo è mai stata, dopo le elezioni?) la stessa che ha fatto la campagna elettorale, l’operazione verrà presentata dalla Giunta come se venissero soddisfatte le richieste della compagnia di giro sopra nominata; e già il minga baloss la presenta come risultato della sua “azione politica”, oscurando che questa estate sui giornali locali sosteneva impudentemente che “non dobbiamo farci spaventare dalla prospettiva di rendere i soldi versati dalla SAN Invest”, e oscurando, anche, che già molti anni or sono e  poi ancora a lungo il sottoscritto - e non il Comitato delle Pacciade e nemmeno l’Asinistra - ha chiarito in questo blog e presso alcune Procure il modo in cui il centro-destra congegnava i P.I.I. Anche Ti-che-te-tarchett-i-ball la ascriverà a merito suo e del suo partito, anche se a suo tempo (dopo un appoggio iniziale dato obtorto collo) egli nel suo pseudo-partito più di ogni altro cercò di sabotare il mio lavoro per preparare sia i ricorsi sia gli esposti. Ma facciano pure; questa è la miseria della politica-politicante a livello di paese. Tanto, io cercherò in ogni modo di impedire che con questa soluzione (alla quale non si sarebbe mai arrivati senza i miei esposti) si cerchi anche (o soprattutto?) di ottenere il risultato nient’affatto secondario di esentare un bel po’ di gente dai pesanti addebiti della magistratura contabile e di quella ordinaria.

Si tenga ben presente, dunque, che se si dovesse concludere la transazione delineata nella “relazione ricognitiva”, la nuova convenzione attuativa dovrà prevedere, per quanto riguarda il valore del terreno comunale, la cessione secondo un valore/mq non inferiore a quello effettivo di mercato che aveva nel 2007 e, per quanto riguarda l’eventuale monetizzazione degli standard, il calcolo deve tener conto del valore venale delle aree non cedute secondo i prezzi, ancora una volta, del 2007. Inoltre non si deve trascurare di far riacquistare materialità all’area di circa 5.850 mq, corrispondente a parte dello standard pre-esistente, fatta sparire con una specie di  gioco delle tre carte nel piano finanziario del 2007.

A questo proposito sarebbe allora buona cosa se l’architetto Taglietti abbandonasse certe sue… infondate convinzioni sul valore delle aree standard in cessione che secondo il suo avviso non potrebbe superare i 60-70 €/mq (convinzioni che, si dice, esporrebbe con grande sicumera), e insieme all’architetto Ferrante tenesse in giusta considerazione il fatto che sul P.I.I. di Via Monte Sabotino anche presso la Procura del Tribunale ordinario è stato avviato un procedimento, attualmente all’esame del G.I.P., nel quale io ho un ruolo.


mercoledì 25 dicembre 2013

Buon Natale!




 
Andy Warhol, The Last Supper, Milano 1987


Juan Domingo Sánchez Estop

Molto prima che il cristianesimo diventasse la religione ufficiale dell’impero romano, le date che oggi corrispondono al Natale erano quelle di una delle più importanti feste romane: i Saturnali. I Saturnali celebravano la fine del lavoro nei campi e il riposo invernale dei contadini. In questi giorni gli schiavi godevano di una relativa libertà e si celebrava anche la fine dei giorni più corti dell’anno, l’inizio di un nuovo ciclo. Il cristianesimo recuperò queste date e in particolare quella del 25 dicembre (giorno del Sol Invictus o di Helios secondo il culto mitraico) per festeggiare la nascita di Gesù. Il cristianesimo quindi situò la nascita di Gesù negli stessi giorni in cui gli schiavi potevano godere di una certa libertà e sperare in una liberazione definitiva simboleggiata dal berretto frigio del dio Mitra.

La chiesa celebra in questi giorni la nascita di un uomo restio a farsi assimilare da qualsiasi potere. L’insegnamento del Nazareno, che riprende alla lettera il messaggio rivoluzionario dei profeti, stona in effetti con un’istituzione convertitasi molto presto in un centro di potere a giustificazione di tutti i poteri terreni e di ogni sfruttamento. Sorprende che si predichi il vangelo all’interno di un’istituzione di questo tipo, così come stupisce la pubblicazione di Stato e Rivoluzione di Lenin nell’URSS di Stalin. In tutte e due i casi un messaggio contrario all’ordine esistente finisce per essere neutralizzato dalla sua ripetizione rituale all’interno delle liturgie ufficiali.

Vale la pena allora fare uno sforzo per riscoprire l’autentico messaggio di Gesù – e quello di Lenin – al di là delle mistificazioni. Gesù non è il predicatore di un’obbedienza basata sul terrore, predica invece un’obbedienza libera basata sulla speranza o sulla ragione. E non predica un’obbedienza cieca, ma un’obbedienza alla legge che coincide con la giustizia e la carità. Il messaggio messianico di Cristo – che la Chiesa ha dimenticato – vuole fondare l’obbedienza alla legge in una preliminare assunzione della dimensione del comune. Nessuno prima di Louis Blanc e del Marx della Critica al programma di Gotha aveva detto con tanta chiarezza in cosa potesse consistere una società in cui l’accesso alla ricchezza fosse separata dalla proprietà e dal lavoro, una società comunista. L’idea di «carità» («gratuità»: charis in greco è la grazia, ed è propria della grazia la gratuità) coincide esattamente con un accesso ai beni di questo mondo indipendentemente dai titoli giuridici di proprietà e dalla subordinazione a un ordine del lavoro:

Perciò io vi dico: non preoccupatevi per la vostra vita, di quello che mangerete o berrete, né per il vostro corpo, di quello che indosserete; la vita non vale forse più del cibo e il corpo più del vestito? Guardate gli uccelli del cielo: non séminano e non mietono, né raccolgono nei granai; eppure il Padre vostro celeste li nutre. Non valete forse più di loro? E chi di voi, per quanto si preoccupi, può allungare anche di poco la propria vita? E per il vestito, perché vi preoccupate? Osservate come crescono i gigli del campo: non faticano e non filano. Eppure io vi dico che neanche Salomone, con tutta la sua gloria, vestiva come uno di loro. Ora, se Dio veste così l’erba del campo, che oggi c’è e domani si getta nel forno, non farà molto di più per voi, gente di poca fede?

Non preoccupatevi dunque dicendo: “Che cosa mangeremo? Che cosa berremo? Che cosa indosseremo?”. Di tutte queste cose vanno in cerca i pagani. Il Padre vostro celeste, infatti, sa che ne avete bisogno. Cercate invece, anzitutto, il regno di Dio e la sua giustizia, e tutte queste cose vi saranno date in aggiunta. Non preoccupatevi dunque del domani, perché il domani si preoccuperà di se stesso. A ciascun giorno basta la sua pena [Matteo, 6:25]

Gesù chiama a condividere, ad abbandonare la proprietà, a non preoccuparsi per l’economia e a credere piuttosto nella libera capacità produttiva del comune e della comunità: Vendi tutto quello che hai, distribuiscilo ai poveri e avrai un tesoro nei cieli; e vieni! Seguimi [Luca, 18:22]

In termini moderni si direbbe: Da ciascuno secondo le sue capacità, a ciascuno secondo i suoi bisogni. I veri discepoli del figlio del falegname non sono i grandi prelati né i potenti, ma i comunisti e gli atei. I comunisti in quanto difensori non degli orrori del socialismo di Stato, ma del regime del comune fondato sulla giustizia e la carità , ovvero una giustizia fondata non sulla proprietà ma sul libero accesso al comune.

E gli atei dicevamo, ma anche in questo caso gli atei veri, quindi non quelli che difendono un’atroce religione della Storia, dello Stato o qualsiasi altro incubo. I veri atei sono quelli che non credono nella provvidenza, né in un ordine dell’Universo, ma nella gratuità e nell’aleatorietà della storia e della natura, nella fondamentale aleatorietà del necessario. Tra questi atei della grazia ci sono naturalmente, insieme ai materialisti che rifiutano il principio di ragion sufficiente, i cristiani che propugnano insieme ai teologi della liberazione una «teologia dei predicati» che afferma non che «Dio è amore», ma che «l’amore è Dio», che il figlio dell’uomo è Dio, e che fuori dalla comunità degli uomini, fuori dal regno di questo mondo, non c’è nessun Dio.

Non lasciamo il Natale in mano a quelli che hanno crocifisso Gesù, ai prelati e ai potenti, a quelli che rubano ai poveri. Il Natale non appartiene a loro, ma all’unica comunità in cui credette Gesù, all’unico popolo di Dio che a sua volta è Dio stesso, non il Dio Unico perché la sua divinità è intrinsecamente molteplice ed è l’unica che merita di essere chiamata Dio. Dentro e contro una tradizione cristiana degenerata e corrotta dal potere, festeggiamo la nascita di un grande protagonista della libertà comunista e atea: Gesù di Nazaret.
Buon Natale!


[Lettera alfapiù, 25-12-2013]

martedì 24 dicembre 2013

Farmacopea pellegatiana per "cogliere le più innovative tendenze delle città Europee"






L’assessore all’urbanistica che c’era prima, subito dopo le sue dimissioni disse che avrebbe passato un po’ di tempo a “leccarsi le ferite”. La sua lingua, infatti, oltre al resto produce anche una saliva galenica. Poi, finita l’auto-sanificazione, si mise a distribuire “pillole”. Diceva che con le sue pillole avrebbe placato la nostra sete di sapere perché si era dimesso, che ci avrebbe dimostrato che, per salvare l’anima sua, non gli era rimasto altro che il gesto estremo delle dimissioni. Ci raccontò quali oltraggi gli aveva inflitto il progettista del PGT con una mail, che a riprova ci mostrò. Documentò anche i plagi testuali che ci sono costati decine di migliaia di euro. Tuttavia, gli effetti delle pillole tardavano a manifestarsi. Io gli chiesi, allora, di esporre e chiarire su quali precisi contenuti le divergenze con i progettisti del PGT si erano rivelate non più componibili; di raccontare il modo in cui il sindaco e il suo partito e il centrosinistra tutto l’avevano abbandonato nel gelo dell’Artico con una piccola scorta di arbusti per l’ultimo fuoco, e se ne erano andati via appresso ai tecnici. L’assessore che c’era prima rispose: “Non mancherò”.

Invece è mancato. Il chiarimento, intendo dire; Pellegata c’è ancora. Ed è tale e quale come prima, a parte l’incarico dismesso. Il proposito di riflessione autocritica che aveva manifestato è durato l'espace d'un matin. Dopo averle prese dalla Ripamonti e da Ti-che-te-tarchett-i-ball al congresso del circolo locale del PD, che i due hanno stravinto, tanto da infischiarsene di entrare nel comitato direttivo, e dopo aver assistito alla batosta subita dall’ossimorico leader nazionale sul quale aveva puntato (Cuperlo, dalemiano e “di sinistra”!), ha deciso di diversificare la produzione farmaceutica, ma tornando all’antico. Basta con le pillole sulle controversie che avrebbe sostenuto con i tecnici del PGT. Avanti con gli sciroppi: quello che voleva fare lui come assessore (cosa?), quello che avrebbe paura di fare il sindaco (paura?), il “consumo di suolo”, lo “sviluppo che avrebbe potuto cogliere le più innovative tendenze delle città Europee”, “la creatività”, “l’agricoltura urbana”, “le strade di liberazione collettive” (da percorrere con la giunta di centro-destra della Provincia di Monza e con il Comitato delle Pacciade!), etc. etc. etc.

Basta... basta...! Un po’ d’aria, per favore.

Quanto alle sue dimissioni: visto che non ha voluto restarsene in silenzio, Pellegata dovrebbe avere il coraggio di raccontare come si è svolta veramente la vicenda. Come mai, invece di ottenere la testa del progettista, è avvenuto che lui, Pellegata, è stato costretto (e da chi) a decapitarsi da solo.

Quanto al resto: chiaro che non si può pretendere che Pellegata diventi un frate trappista, tuttavia dovrebbe almeno astenersi per molto tempo ancora dal parlare di difesa del suolo, perché fino al suo ”incidente di percorso” egli ha “creativamente” collaborato a preparare la colata di cemento che scenderà su Limbiate dopo l’approvazione del PGT. E, adesso che ha dovuto andarsene, collabora invece alla diffusione della favola secondo la quale la Giunta Provinciale di Monza avrebbe vincolato molte aree di Limbiate come parte della rete di ricomposizione paesaggistica, o come aree agricole strategiche!

Intanto, se si esaminano non solo le planimetrie, ma anche le norme tecniche del PTCP si arriva facilmente alla conclusione che non è vero. Ma soprattutto: adesso Pellegata vorrebbe dare a vedere che predica bene, ma quand’era assessore ha razzolato malissimo.

La delega all’urbanistica Pellegata l’ha avuta all’inizio dell’estate del 2012, ma già tre mesi prima aveva tranquillamente approvato, con il sindaco che adesso accusa di mancanza di coraggio, una delibera per inviare alla Provincia di Monza delle “osservazioni” al PTCP (adottato ma non ancora approvato) che chiedevano, fra l’altro, di togliere il vincolo ad attività agricola di valore strategico posto sull’area di Via Ravenna; in cambio, di metterlo su aree già vincolate ad attività agricola, con il risultato di diminuire di molto la già esigua superficie di Limbiate destinata alle attività agricole. Vale a dire che la Giunta Comunale non proponeva affatto una compensazione, poiché le aree che erano proposte in cambio di quella di Via Ravenna erano quasi tutte aree pubbliche già vincolate ad attività agricole nel PRG vigente, e per la maggior parte servono come aree didattiche per l’Istituto Tecnico Agrario Statale di Mombello.

Già, l’ITAS di Mombello. Pellegata si è diplomato lì, mentre adesso si occupa di consulenza e sostegno (anche se non nel settore dell'agricoltura) per la creazione  di piccole imprese e cooperative di giovani (con finanziamenti pubblici, suppongo). La sua specialità sarebbe, pare, la creazione di ”incubatori d’impresa”. Tuttavia, facendo l’assessore ha dato prova della creatività che continuamente invoca soprattutto sperperando un bel po’ di quattrini nostri in iniziative demenziali (tutti ricordano, per esempio, l’invito ad appendere vasetti di fiori su pali di varia natura posti lungo le pubbliche vie - e per cortesia non ricominci con la solfa del concorso di idee). Evidentemente non ha creduto che fosse molto creativo usare quei denari per espropriare (o almeno affittare) qualche area che ormai da moltissimi anni è agricola solo di nome, per crearvi qualche piccola cooperativa di produzione ortofrutticola e vendita diretta da far gestire a giovani. Impegnato a “cogliere le più innovative tendenze delle città Europee”, non gli sarà sembrato molto creativo pensare che già solo l’area di Via Ravenna (attualmente agricola solo per figura) avrebbe potuto fornire la terra per diverse aziende di dimensioni non modestissime. (In Valle d’Aosta – dove l’agricoltura è quasi tutta biologica e qualsiasi produzione è di grande qualità - la superficie media dell’azienda agricola è 1.200 mq; l’area di Via Ravenna è di circa 50.000 mq).

Propongo una petizione popolare affinché Pellegata sia “incubato” per decreto per qualche mese almeno. Senza PC.


domenica 22 dicembre 2013

I pendolari della Milano-Limbiate danneggiati da peones e deputati abusivi del PD e dal sub-assessore limbiatese al tram






Alcuni deputati lombardi del PD (alcuni dei quali, giusta la recente sentenza della Corte Costituzionale sul Porcellum, sono deputati abusivi) nei loro blog millantano il testo “emendato” del comma 51 della legge di stabilità 2014 come “messa in sicurezza” della linea tramviaria Milano-Limbiate, come “grande risultato politico”, ma di sicuro per il momento c’è solo che questi peones, con i loro emendamenti dissennati, che prontamente sono stati svuotati dal governo, sono riusciti ad impedire per legge al Ministro delle Infrastrutture (il milanese Lupi, del NCD) l’eventuale scelta discrezionale di non includere anche il progetto della Milano-Limbiate fra gli interventi che il CIPE dovrà obbligatoriamente de-finanziare.

Ciò che viene oscurato, infatti, è che l’obiettivo del comma “emendato” solo apparentemente è “di accelerare gli interventi in aree urbane per la realizzazione di linee tramviarie e metropolitane”, ma in realtà serve per trovare rapidamente i soldi per finanziare un nuovo tratto della Metrotramvia di Padova (e ora anche di quella di Venezia). Un obiettivo che con tutta evidenza è stato formulato e annunciato e infine scritto nella legge di stabilità sulla base degli accordi fissati nel corso degli incontri di fine estate di Lupi con alcuni capataces padovani del PD (click http://www.padovaoggi.it/cronaca/tram-padova-nuova-linea-voltabarozzo-stazione-stadio.html; http://mattinopadova.gelocal.it/cronaca/2013/09/12/news/lupi-si-al-tram-ma-subito-i-lavori-1.7732206). Questi accordi sono stati preceduti da una pressione forte e costante (click http://mattinopadova.gelocal.it/cronaca/2013/08/11/news/il-comune-pensa-al-sir3-stadio-voltabarozzo-la-nuova-linea-del-tram-1.7563345); ad essi il candidato sindaco del PD (attualmente vice facente funzione di sindaco) e il PD padovano tutto annettono una grande importanza in vista delle elezioni che si svolgeranno fra pochi mesi (click Parlamento al lavoro per la nuova linea del tram di Padova).



Si può avere un’idea dell’importanza di questi accordi, e dell’indisponibilità a modificare gli obiettivi che con il comma 51 la lobby dei "compagni" veneti intende raggiungere, se si considera che nella Commissione Bilancio della Camera, dove sarebbe stato ottenuto il “grande risultato” dei peones lombardi del PD, il sottosegretario Baretta (veneziano, del PD), esprimendo il parere del Governo sulle proposte emendative riferite al comma 51 giunto dal Senato, prima ha “fatto presente” e poi ha “ribadito che il Ministero competente per il merito [cioè quello delle Infrastrutture e dei Trasporti, ndr] ha espresso parere contrario su di esse” (quindi anche su quelle provenienti dalla IX Commissione Trasporti) (click http://documenti.camera.it/leg17/resoconti/commissioni/bollettini/pdf/2013/12/13/leg.17.bol0140.data20131213.com05.pdf, pp. 14 e 15).

È questo parere, e non gli emendamenti dei peones lombardi, il viatico con il quale il comma 51 "emendato" tanto dissennatamente giungerà al Ministero, vale a dire al Ministro in persona ed ai suoi più stretti collaboratori, i quali, tenendo conto degli accordi presi da Lupi con gli alleati di governo (accordi addirittura tradotti in un testo di legge) e tenendo conto dell’impossibilità per il progetto della Milano-Limbiate di trasformarsi in pochi mesi in un’opera appaltata, faranno approvare dal CIPE (che è un'articolazione del governo composta da ministri) la graduatoria per l’assegnazione dei fondi racimolabili con le revoche dei finanziamenti non effettivamente assegnati ad altre opere che ancora sono più o meno in alto mare.

Ora, si può stare certi che il ministro (e sindaco uscente di Padova) Zanonato & C. hanno ben calcolato che solo con il Fondo revoche sarà possibile finanziare un progetto della sua città rimasto nel cassetto per diversi anni, e che queste risorse potrebbero anche risultare insufficienti, altrimenti non vi sarebbe stata la necessità di inserire nella legge di stabilità il comma 51 con un testo che prevede expressis verbis la priorità della Metrotramvia di Padova. Con queste premesse, è una previsione quasi certa che nella graduatoria del Fondo revoche la Metrotramvia di Padova sarà al primo posto e quella di Venezia al secondo, poiché entrambe sono opere già progettate e parte di un insieme di lavori già in corso. La linea Milano-Limbiate nella migliore delle ipotesi sarà collocata al terzo posto, ammesso che altre amministrazioni non insorgano nelle prossime settimane per difendere altri interventi revocati, ma che sono in una fase progettuale più avanzata, affinché siano anteposti alla linea milanese.

Questo sarà, molto probabilmente, il “grande risultato politico” ottenuto da un’aspirante cavallerizza e deputata abusiva di Bollate, che avrebbe "capitanato" (in sella al cavallo?) i suoi amici peones lombardi del PD, e dal sub-assessore limbiatese al tram. Costui, per più due anni non ha saputo fare altro che il gregario di un “boia chi molla”, i cui boatos ha sempre dovuto rincorrere ed assecondare, con il risultato che il Comune di Limbiate non solo non ha mai avuto alcuna voce in capitolo, per quanto riguarda il contenuto e le fasi di elaborazione del progetto, ma si è anche impegnato a pagare circa 2.450.000 € per una linea della quale non è proprietario, né si prevede che lo diventi; una linea che per molti anni attraverserà il territorio di Limbiate solo per poche decine di metri, con una sola fermata posta al margine estremo (ma già nel Comune di Varedo) del quartiere che da solo ha circa un terzo degli abitanti del comune; una linea irraggiungibile a piedi dall'80% dei possibili utenti. In più, il Comune di Limbiate dovrà pagare anche per lo studio, imposto dal Comune di Paderno Dugnano, della fattibilità del prolungamento della Metropolitana n. 3, che solo fino a quel comune (cioè solo fino al futuro mega piano edilizio sull'area ex Tonolli) dovrebbe arrivare!

Una dimostrazione più chiara di inettitudine all'amministrazione degli interessi pubblici non potrebbe essere data.


giovedì 19 dicembre 2013

Xe pezo el tacón che el buso. I deputati lombardi del PD e il governo rendono obbligatoria la revoca dei finanziamenti per il tram Milano-Limbiate







Nel testo del comma 51 del maxiemendamento alla cosiddetta legge di stabilità approvato dal Senato, la revoca dei finanziamenti per la “Metrotramvia” Milano-Limbiate non era espressamente prevista; e quindi vi sarebbe stata la possibilità che l’intervento non fosse incluso fra quelli che, ancora non affidati con apposito bando di gara, il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti deve proporre (cioè indicare prescrittivamente) al CIPE affinché siano de-finanziati.

Invece, il testo “emendato” (mai parola assunse un significato più grottesco!) dalla Commissione Bilancio e Tesoro della Camera, che domani sarà approvato con il voto di fiducia, prevede espressamente che il finanziamento della Milano-Limbiate debba provenire dalle risorse del Fondo revoche - e ciò comporta, quindi, la revoca del finanziamento assegnabile al progetto milanese secondo la delibera del CIPE n. 25/2013 (poiché, appunto, ancora non è stato affidato con apposito bando di gara), per non aumentare le uscite del bilancio del Ministero.

Le “cinque semplici parole” inserite come emendamento dalla Commissione Bilancio cambieranno “il destino di una delle infrastrutture più importanti per il territorio a nord di Milano”, ma in peggio, al contrario di quello che dice un letteralmente farneticante comunicato auto-apologetico del PD di Limbiate e del sub-assessore Ti-che-te-tarchett-i-ball!

Altro che modifica “ben studiata”! Essa, al contrario, è una modifica dissennata, poiché la Milano-Limbiate, che nel programma di finanziamenti della delibera del CIPE appena citata era penalizzata esclusivamente dalle lungaggini della Provincia di Milano che impediscono di bandire la gara d’appalto, nell’assegnazione delle risorse del Fondo revoche subirà la concorrenza non più solo della Metrotramvia di Padova, ma anche di quella di Venezia, che possono essere messe in cantiere nel giro di pochi mesi, e di tutte le altre opere revocate, che nel Fondo potrebbero andare a finire.


I mistificatori (ma più che altro sono solo dei patetici bauscia di periferia) del PD non hanno per niente fatto “tornare a disposizione i finanziamenti statali”: al contrario, se questi prima erano assegnabili, una volta che fossero state soddisfate tutte le condizioni stabilite dal D.M. n. 99 del 16-2-2009 (fra le quali l'appalto già assegnato), ora molto probabilmente sono spariti.

Altro che “lavoro di bisturi”! Mai una metafora fu più inappropriata: il bisturi è in realtà un coltello che, se usato con imperizia, provoca danni irreparabili o addirittura la morte del paziente! Come, probabilmente, in questo caso. 

Nessuno ha “capitanato” nessuna “struttura tecnica”. Per peggiorare ulteriormente un testo dalle conseguenze già tanto disastrose per i pendolari della linea Milano-Limbiate, non è stata usata nessuna competenza, ma solo il mediocrissimo bric-à-brac al quale da sempre si dedicano i parlamentari che, per “curare” gli interessi del proprio collegio, cercano di infilare nelle leggi un emendamento qua, un altro là, e nel tentativo di strappare risorse più o meno grandi certo non stanno a badare alla ratio della legge da approvare.

Solo che questa volta la coperta è ancora più corta del solito, e i gruppi contro i quali si devono rivolgere le proprie brighe non solo sono troppo forti, ma sono anche del proprio partito. La lettura degli atti parlamentari dimostra che sono stati proprio il PD e il governo a ricorrere al metodo brutale del “machete”. A parole, vi è stato qualche larvato riconoscimento della validità degli argomenti delle minoranze (per esempio da parte del presidente della Commissione Bilancio, Boccia, del PD), ma nei fatti sono state brutalmente respinte le proposte delle opposizioni di restituire alla legge di stabilità la sua funzione di indirizzo sulla struttura del bilancio dello Stato, invece di svilirla a chilometrico elenco di misure volte a soddisfare un’infinità di richieste localistiche (e che la legge di stabilità abbia in realtà queste caratteristiche è stato ammesso in aula anche dal ministro Franceschini nel porre la questione di fiducia) - e quindi sono state respinte, senza dare la possibilità di una vera discussione, anche le proposte di cancellare in toto il comma 51, cancellazione che, essa sì, avrebbe salvato la Milano-Limbiate dalla revoca. 

Non vi è stato nessun “vaglio” degli emendamenti dei deputati lombardi del PD; al contrario, essi sono stati decapitati con un paio di “colpi di machete” dal governo e dal PD. Ma non solo: ai deputati lombardi di questo “partito” (ma, come si è visto ancora una volta, il PD è soprattutto un assembramento di gruppi elettorali) è stato imposto di rinunciare a qualsiasi velleità di contrastare i “compagni” padovani, ed è stato imposto (anche se formalmente “proposto”) di far passare uno solo dei loro emendamenti, ma con il testo che voleva il governo, ovviamente del tutto inoffensivo per gli interessi dei "compagni" padovani. 

Le “forche caudine” non sono state affatto quelle di una discussione dalla quale sarebbe emersa la validità degli emendamenti dei deputati lombardi del PD, ma solo quelle dell'imposizione, da parte del governo, che fosse supinamente accettato che per assegnare i finanziamenti del Fondo revoche la priorità, nei fatti, sia data inevitabilmente non solo alla Metrotramvia di Padova, ma anche a quella di Venezia, e solo in subordine allaMetrotramvia” Milano-Limbiate

L'evocazione delle "forche caudine" potrebbe essere catalogato come un ennesimo episodio di falsa coscienza; tuttavia, lungi dall'assurgere alla funzione di ideologia, resta al livello infimo della pura e semplice falsificazione della realtà. È solo propaganda di infima qualità.

domenica 15 dicembre 2013

Un altro “scippo di metrotranvia” inventato da un “boia chi molla” e dai suoi gregari del PD








Un altro capitolo della “sobillazione dall’alto” alla maniera dei “Boia chi molla” (1970, moti di Reggio Calabria), periodicamente riattivata dall’assessore provinciale ai trasporti, De Nicola, seguito dal PD, da pseudo-giornalisti di paese disinformati e, purtroppo, anche da alcuni “comitati”, è quello del presunto “scippo” dei finanziamenti per la Metrotramvia Milano-Seregno. Anche in questo caso, lo “scippo” sarebbe decretato dalla Legge di Stabilità 2014 che, trasformata dal governo in maxiemendamento già approvato al Senato, prevederebbe la revoca dei fondi già assegnati ad un’opera già appaltata.

Vale la pena di riportare integralmente il testo del comma scippatore, con i link di tutte le leggi che vi  sono richiamate:

c. 60. All'articolo 46-ter del decreto-legge 21 giugno 2013, n. 69, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 agosto 2013, n. 98, il comma 5 è sostituito dai seguenti:
      «5. Al fine di garantire la tempestiva realizzazione delle opere Expo indispensabili per l'Evento e per far fronte al mancato contributo in conto impianti dovuto dai soci inadempienti, con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, su richiesta del Commissario Unico di cui all'articolo 5 del decreto-legge 26 aprile 2013, n. 43, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 giugno 2013, n. 71, sentiti gli enti territoriali interessati, sono revocati e rifinalizzati i finanziamenti statali relativi ad opere connesse all'Evento, già incluse in apposito allegato al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 22 ottobre 2008, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 277 del 26 novembre 2008, e successive modificazioni, ovvero previsti nell'ambito delle opere di pertinenza del tavolo istituzionale comprensivo degli interventi regionali e sovraregionali istituito con il citato decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 22 ottobre 2008 e presieduto dal Presidente pro tempore della regione Lombardia.
      5-bis. Per l'attuazione del comma 5, i finanziamenti statali relativi alle opere di connessione infrastrutturale del tavolo Lombardia di cui al predetto decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 22 ottobre 2008 individuati con atto del Commissario Unico d'intesa con il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti confluiscono in un apposito fondo iscritto nello stato di previsione del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti – Direzione generale per lo sviluppo del territorio, la programmazione ed i progetti internazionali denominato ”Fondo unico EXPO: infrastrutture strategiche di connessione all'Expo 2015” e finalizzato alla realizzazione delle opere indispensabili per lo svolgimento dell'Evento.
      5-ter. Le somme di cui al comma 5-bis sono versate all'entrata del bilancio dello Stato per essere riassegnate sul Fondo unico Expo. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio».

Dunque, i finanziamenti revocati e rifinalizzati sono quelli per le opere connesse ad EXPO 2015 elencati in “apposito allegato” al DPCM 22 ottobre 2008 “e successive modificazioni”. Chi ha la pazienza di leggere l’allegato e le successive modificazioni scopre che né nell’originale né nelle modificazioni è elencata la Metrotramvia Milano-Seregno, i cui finanziamenti quindi non sono affatto revocati dal comma 60 del maxiemendamento.

Si rivela, quindi, per la miserevole disinformazione propagandistica che è quella diffusa per mezzo di giornali e giornalucoli, secondo la quale la presunta revoca

«comporterebbe il risarcimento (anche con i soldi dei milanesi) dell'azienda aggiudicataria per un danno economico pari al 10% del valore dell'opera, circa 13 milioni di euro, nonché di tutte le attività già svolte, dagli espropri alle progettazioni» (De Nicola su il Giornale, 29 novembre 2013).

L’assessore De Nicola che, all’inizio del 2011, quando ancora le “Metrotramvia” Milano-Limbiate non era nemmeno presa in considerazione dai programmi di finanziamento del CIPE, si inventava un finanziamento “già stanziato” che si rischiava di”perdere” per le “inadempienze” dei Comuni (mentre nemmeno lui nulla faceva per almeno fermare l’obsolescenza della linea, i cui materiali fissi e rotabili erano ormai fradici – tanto da provocare di lì a poco il divieto di esercizio da parte dell’USTIF), adesso si inventa anche la revoca di finanziamenti già stanziati dal CIPE (delibere n. 52/2008 e n. 67/2008 - ben prima quindi del DPCM per EXPO 2015), sulla base della legge 21 dicembre 2001, n. 443 (cosiddetta “legge obiettivo”), tanto che il primo lotto funzionale della Metrotramvia Milano-Seregno è stato già appaltato e il suo cantiere già aperto (e quindi non rientra nemmeno fra le “revoche” previste dal comma 51 del maxiemendamento, fra le quali rientra invece la Milano-Limbiate – sulla quale v. Una “metrotramvia” mai finanziata, quasi revocata, prioritaria per finta).

Purtroppo molti si sono fatti letteralmente scaldare non solo da De Nicola (Fratelli d’Italia), ma anche da molti politicanti di centrosinistra, condannati a subire periodicamente l’iniziativa spregiudicata di questo vecchio arnese della più squalificata destra fascista dalla loro insipienza e soprattutto dall’essere sostanzialmente interni od omogenei alle logiche speculative di chi è favorevole, certo, agli interventi pubblici sui trasporti, ma è interessato soprattutto agli affari edilizi che essi possono promuovere, facilitare, aumentare.

Ma il presunto “scippo” dei finanziamenti per la Milano-Seregno, che ancor più di quello che riguarderebbe la Milano-Limbiate è inventato di sana pianta, dovrebbe suonare, finalmente, come un campanello d’allarme per chi – vale a dire gli utenti ed i cittadini che non si rassegnano a farsi manipolare dai partiti – non ha altri interessi se non quelli della difesa dei trasporti pubblici. Un’attitudine critica nella considerazione della questione delle metrotramvie consentirebbe, forse, di riacquistare la propria autonomia, di pensiero e di azione, per mettere in discussione anche l’operato degli amministratori e dei politicanti locali.

sabato 14 dicembre 2013

Una “metrotramvia” mai finanziata, quasi revocata, prioritaria per finta





 

La Metrotramvia Milano-Limbiate, ancora in fase di progettazione, è chiamata “metrotranvia” per ragioni propagandistiche ma non avrà mai, neanche alla lontana, le caratteristiche di una metropolitana, bensì quelle di un normale tram inter-urbano, poiché se anche fosse collocata al centro della carreggiata della vecchia “Comasina” (come sarebbe previsto dal faraonico progetto della Provincia di Milano), sarebbe comunque intralciata da tali e tanti ostacoli che non potrebbe mai essere un tram tanto veloce da potersi paragonare ad una metropolitana. Sarebbe bene smetterla, con questa fandonia, per parlare più sobriamente di tram inter-urbano.

Quest’opera non è mai stata finanziata. Propagandata come già finanziata al 60% quando ancora non era inclusa in nessun elenco/graduatoria, o programma, di linee di trasporto rapido di massa, solo con la delibera del CIPE n. 91/2011 (pubblicata nella G.U. del 15 giugno 2012 [v. Testo delibera]) è stata inclusa in una “graduatoria” che era in realtà solo l’elenco delle opere di un

“programma di interventi (…) finanziato nel limite delle risorse attualmente  disponibili (…) pari a 144,8 milioni di euro”.

La somma dei finanziamenti richiesti dagli interventi compresi nella “graduatoria”, ciascuno fino al limite massimo del 60% dei costi di attuazione (“quota massima di partecipazione statale”), era di 623.048.216,05 euro.

Che la “Metrotramvia” Milano-Limbiate fosse collocata al primo posto di questa “graduatoria” non significava affatto che aveva acquisito il diritto di essere finanziata prima delle opere che la seguivano, poiché, come già evidenziava la semplice lettura delle cifre, vi era un’enorme differenza tra la somma dei finanziamenti richiesti ed ammissibili per tutto il programma e il “limite delle risorse attualmente [6 dicembre 2011, ndr] (…) disponibili pari a 144,8 milioni di euro. È per questo motivo che, come il CIPE ha più volte ribadito nelle sue delibere,

“il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti ha vincolato le risorse disponibili all’intera graduatoria e non al singolo intervento”.

Vale a dire che i finanziamenti effettivamente disponibili vengono mano a mano assegnati ai progetti che sono in una fase tanto avanzata da poter essere più rapidamente messi in cantiere, senza che la “graduatoria” assegni alcuna ”precedenza” ad un progetto posto prima di un altro.

La Delibera del CIPE n. 25/2013 (pubblicata il 22 giugno 2013 [v. Testo delibera]) ha poi registrato lo stato degli interventi finanziato con la delibera n. 91/2011” comunicato dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, ed ha stabilito che

“le risorse disponibili, (potevano) essere destinate ad alcuni interventi", definiti “interventi finanziabili a carico delle risorse del decreto-legge n. 112/2008”, uno dei quali era la “riqualificazione tranvia extraurbana Milano-Limbiate, lotto funzionale Milano Comasina-deposito Varedo”, per un “Totale dei finanziamenti assegnabili ex delibera n. 91/2011”  di 144.800.000.

“Finanziamenti assegnabili”: a patto di soddisfare le condizioni stabilite dal Ministero dei Trasporti, condizioni che il faraonico progetto della Provincia di Milano ancora oggi non soddisfa.

Quindi, il maxiemendamento con il quale al Senato è stata approvata la Legge di stabilità 2014 non ha scippato niente alla “Metrotramvia” Milano-Limbiate. Quello dello “scippo” è un redditizio ma grossolano espediente retorico-propagandistico che consente a diversi gruppi di politicanti che si disputano l’”egemonia” del progetto (cioè il consenso elettorale che se ne può ottenere) di:

1) occultarne la natura prevalente di strumento moltiplicatore di futuri sovrapprofitti immobiliari e commerciali, più che di soluzione dei problemi di trasporto di alcune cittadine del Nord Milano e da queste verso la metropoli;

2) impedire agli utenti e ai cittadini tutti di prendere coscienza e di discutere: a) delle reali caratteristiche del progetto, non solo sotto l’aspetto delle soluzioni viabilistiche ma anche sotto l’aspetto del rapporto costi-benefici per il trasporto dei pendolari; b) del fatto che i Comuni di Limbiate, Varedo, Senago, Paderno Dugnano e Cormano dovrebbero finanziare non solo un progetto sul quale non hanno avuto finora alcun potere di decisione, ma anche un’opera della quale non diverrebbero proprietari;

3) nascondere l’inettitudine a mandare avanti celermente un progetto che, dopo quasi un decennio dal suo avvio non è ancora arrivato davvero alla fase definitiva – situazione che: a) già per le norme ministeriali sempre ribadite pone il progetto nella condizione di poter essere sopravanzato, nell’assegnazione dei finanziamenti di volta in volta disponibili, da progetti già giunti alla fase dell’apertura dei cantieri, oppure che vi possono giungere rapidamente; b) può essere sfruttata, come sta avvenendo in questi giorni, dalle iniziative di questo o quel gruppo di politicanti per scopi localistico-elettorali (a Padova si voterà nella prossima primavera, a Venezia nel 2015).

Ancora pochi giorni prima dell’approvazione del comma 51 del maxiemendamento, l’assessore provinciale De Nicola accusava EXPO 2015 di “tentativo di scippo”. Costui reiterava una “sobillazione dall’alto” appresa probabilmente ai tempi del “Boia chi molla” (moti di Reggio Calabria, 1970), ed ancora una volta aveva come passista-gregario il sub-assessore limbiatese al tram (del PD). Ma erano proprio i compagni di partito padovani del secondo (il ministro Zanonato e il relatore Santini) che, dopo un accordo stabilito con il ministro delle infrastrutture Lupi (Nuovo Centro Destra) già nel mese di settembre, facevano approvare un emendamento per revocare i fondi con i quali si potrebbe finanziare effettivamente la Milano-Limbiate, se il suo progetto fosse già allo stadio della gara d’appalto, per destinarli ad un nuovo lotto della metrotramvia di Padova, il cui progetto pare sia pronto già da anni e cantierabile nel giro di pochi mesi.

Il sub-assessore ha prima organizzato l’ennesima parata di politicanti da lui “coordinata”, e poi ha “molto lavorato” (questo ha comunicato a tutto l’orbe terracqueo) con un’apprendista cavallerizza capalbiana e deputata bollatese per stendere ben 5 emendamenti per "scongiurare l’ennesimo tentativo di distrazione di fondi (sic!) dall’opera", dei quali uno solo, peraltro identico a quello della IX Commissione Trasporti,  è stato approvato (ieri) dalla Commissione Bilancio (gli altri quattro erano logicamente incongrui e, mentre proponevano nei fatti ulteriori spese, non indicavano le obbligatorie corrispondenti coperture fra le entrate).

Il testo del comma 51, però, per iniziativa della IX Commissione Trasporti e di alcuni altri deputati del PD, è stato ulteriormente emendato a favore di un'altra metrotramvia, quella di Venezia, e quindi, se il testo che sarà portato in aula fosse approvato (*), il risultato sarebbe veramente splendido:

1) i finanziamenti con i quali, sulla base della delibera n. 25/2013 del CIPE, si potrebbe finanziare la “Metrotramvia” Milano-Limbiate, quando fossero disponibili e qualora si bandisse rapidamente la gara d’appalto, saranno comunque revocati;

2) questi finanziamenti saranno trasferiti in uno speciale "Fondo appositamente istituito nello stato di previsione del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti";

3) il fondo costituito con i finanziamenti revocati sarà finalizzato dal CIPE “con priorità per la metrotramvia di Milano-Limbiate e per quelle di Padova e di Venezia”.

Vale a dire che, in realtà, con i fondi (che non saranno nient’affatto aumentati) con i quali si sarebbe potuto finanziare la “Metrotramvia” Milano-Limbiate sarà invece finanziata prioritariamente non solo la Metrotramvia di Padova, ma anche quella di Venezia, poiché entrambe sono già in una fase progettuale che ne potrebbe consentire la messa in cantiere nel giro di pochi mesi. Quindi i finanziamenti disponibili saranno spesi tutti per le metrotramvie venete, e quando finalmente per la Milano-Limbiate si potrà bandire la gara d’appalto non sarà più disponibile nemmeno un centesimo!

Memorabile soluzione propagandistico-mistificatoria! Colossale porcata della quale possono andar fieri il PD e il sub-assessore limbiatese Ti-che-te-tarchett-i-ball, al quale la celebre definizione dell’uomo che Aristotele ha dato nella Politica si attaglia solo a metà!


* Questo il testo approvato dalla Commissione Bilancio (evidenziati in azzurrino gli emendamenti [poi approvato come c. 88 della L. 27-12-2013]):


“Comma 51. Al fine di accelerare gli interventi in aree urbane per la realizzazione di linee tramviarie e metropolitane il CIPE, entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, individua, con apposita delibera, su proposta del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, gli interventi da revocare ai sensi dell’articolo 32, commi da 2 a 5, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111, nonché quelli finanziati dalla legge 26 febbraio 1992, n. 211, sul sistema metropolitano che, alla data di entrata di entrata in vigore della presente legge, non siano stati affidati con apposito bando di gara. Le risorse rivenienti dalle revoche di cui al periodo precedente confluiscono in apposita sezione del Fondo istituito ai sensi dell’articolo 32, comma 6, del citato decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, e sono finalizzate dal CIPE con priorità per la metrotramvia di Milano-Limbiate e per quelle** di Padova e di Venezia.***”

** Emendamento della IX Commissione Trasporti