1) Alcuni giostrai hanno svolto la
loro attività e si sono insediati da tempo su un’area adiacente al parco dei
divertimenti (ora non più in funzione) vicino allo Chalet del laghetto della Città Satellite (“Greenland”), che è un angolo
di Limbiate fra i più lontani dalla zona urbanizzata. Sull'area, attigua
agli impianti che gestivano, questi giostrai hanno realizzato un insediamento
abitativo costituito da case mobili, caravan, roulottes ed edifici in muratura.
L’insediamento è privo si
autorizzazione paesaggistica, nonostante sia stato realizzato su un’area
compresa nel Parco Regionale delle Groane, ed è incompatibile con la
destinazione assegnata all’area stessa già dal vecchio P.R.G., che la
identificava come zona di “riqualificazione ambientale ad indirizzo
naturalistico”; le strutture, inoltre, sono state realizzate senza
autorizzazione edilizia.
L’area recentemente è stata
acquistata da una impresa che dovrebbe ri-attrezzarla sulla base di un
nuovo progetto, ma sempre come parco divertimenti. Il progetto, tuttavia, è
ancora alquanto nebuloso, né questa ditta si è mai davvero preoccupata di far sgomberare
l’area. Se ne è occupata, invece, la dirigente del settore tecnico del Comune, che
con ordinanza n. 37 datata 24 aprile 2013 ha intimato ai conduttori dell’area
di procedere alla demolizione delle opere eseguite, comprensive di case mobili,
caravan, roulottes ed edifici in muratura, con pulizia dell’area dai rifiuti e
conferimento degli stessi e delle macerie di risulta in discariche autorizzate.
I conduttori dell’area hanno
impugnato l’ordinanza avanti il TAR Milano, Sezione Quarta, che due giorni fa
ha depositato la sentenza (n. 996/2015) con la quale il ricorso per
illegittimità è stato respinto. Secondo i giudici amministrativi, l’ordinanza della
dirigente del settore tecnico è del tutto legittima. Visti i presupposti di
fatto e lette le motivazioni, credo che nessuno possa dissentire.
2) Nel 2002, un’altra famiglia entra
in possesso di una casa costruita in un’altra zona di Limbiate (questa, totalmente urbanizzata).
Nel 2003 questi proprietari
ottengono un “Permesso di Costruire in
Sanatoria”.
Successivamente, però, risulta
che, difformemente dal permesso di
costruire in sanatoria, è stato costruito un secondo piano interrato.
Nel 2004 costoro presentano una seconda richiesta
tendente a ottenere la sanatoria dell'illecito edilizio ai sensi della Legge
24/11/2003, n. 326.
Ma, evidentemente, l'illecito
edilizio (difforme da un permesso di
costruire in sanatoria!) non è in alcun modo sanabile, tanto che viene
emesso un “Provvedimento di diniego”.
Questo provvedimento, però, non viene emesso dopo i canonici sessanta
giorni dalla richiesta di sanatoria, bensì
dopo quasi sei anni, nel 2010!
All’inizio del 2011, infine, ai
proprietari viene notificato l’ordine
di provvedere a propria cura e spese, entro
90 giorni dalla notifica del
provvedimento, alla rimessione in pristino del secondo piano interrato in
conformità al Permesso di Costruire in Sanatoria del 2003.
Nel medesimo immobile, però, risulta difforme
dall’originaria concessione edilizia del 1999 anche il piano sottotetto.
Anche
per il sottotetto, nella stessa data di quella per il piano interrato, viene presentata
una richiesta di sanatoria edilizia ai sensi della Legge 24/11/2003, nr. 326.
Ma
evidentemente anche in questo caso
l’abuso non è sanabile, tanto che, ancora una volta dopo sei anni (!), viene
emesso un provvedimento di diniego e, sempre all’inizio del 2011, l’ordine di
provvedere a propria cura e spese, entro
90 giorni dalla notifica del
provvedimento, alla rimessione in pristino del piano sottotetto.
Nel maggio del 2011, contro le due ordinanze gli interessati
presentano al Presidente della Repubblica, tramite lo stesso Comune, un ricorso
straordinario per illegittimità.
Nel luglio successivo, la nuova
giunta di centro-destra-sinistra conferisce ad un avvocato il mandato per la difesa tecnica dei provvedimenti dei tecnici comunali. Spesa: € 4.800,00,
oltre oneri accessori (deliberazione n. 152 del 13/7/2011).
Ma, alcuni mesi dopo, un’altra
deliberazione della Giunta Comunale (n. 2 dell’11-1-2012) ha reso
noto che le stesse persone hanno presentato un altro ricorso straordinario al Presidente della Repubblica,
avverso un altro diniego di sanatoria di abuso edilizio (emesso
in data 3 agosto 2011).
Questo ulteriore diniego, dice
la deliberazione della giunta, è motivato dal fatto che
“l’opera realizzata ricade all’interno della fascia di rispetto
cimiteriale nella quale, ai sensi del P.R.G. e della normativa
igienico-sanitaria vigenti, non è consentita l’edificazione”.
Anche in questo caso, la giunta
decide di conferire un mandato ad un legale esperto nelle materie di edilizia
ed urbanistica. La delibera non specifica il costo di questo ulteriore mandato,
ma presumibilmente sono state impegnate
alcune altre migliaia di euro.
Fin
qui, abbiamo solo:
- alcuni reiterati abusi
edilizi (opere difformi, addirittura, anche dal provvedimento di sanatoria!)
che, secondo i tecnici comunali, non sono sanabili;
- provvedimenti di diniego di
sanatorie emessi solo dopo più di sei anni dall’accertamento;
- ordinanze di rimessione in pristino non ottemperate;
- due ricorsi straordinari al Presidente
della Repubblica, presentati dai responsabili degli abusi, che sostengono l'illegimittità dei provvedimenti di diniego delle sanatorie;
- decisioni della giunta
(ovviamente legittime, ma che forse non erano indispensabili) di
affidare ad un legale la difesa della legittimità dei provvedimenti
emessi dai tecnici comunali.
A questo punto, la giunta ed i
tecnici comunali avrebbero potuto attendere (o anche sollecitare) che il
Consiglio di Stato (al cui parere deve conformarsi la decisione del Presidente
della Repubblica), esprima:
- o il parere che i ricorsi
devono essere accolti (totalmente o parzialmente), ed in questo caso i tecnici
comunali dovrebbero riformare i loro provvedimenti, attenendosi alle
indicazioni dei giudici amministrativi - riforma che nessuno potrebbe contestare, perché dettata dal Presidente della Repubblica con decreto inappellabile;
- oppure il parere che i ricorsi
non possono essere accolti.
Ma, evidentemente, la maggioranza
di centro-destra-sinistra che ha in mano il Comune (nella quale, o nei pressi della quale,
evidentemente, c’è qualcuno che crede di essere la reincarnazione di Agostino
Depretis [1813-1887]) teme che si
verifichi proprio la seconda ipotesi, che renderebbe obbligatorio far eseguire ai ricorrenti, e se
necessario alla forza pubblica, le ordinanze già emesse.
Se non si tratta di questo timore, l'Arch.
Paola Taglietti, Dirigente del Settore Tecnico, vorrebbe cortesemente dire ai cittadini di Limbiate chi o che cosa l'ha spinta a mettere per iscritto, in una determinazione dirigenziale (n. S03/169), ma senza esporre uno straccio di motivazione,
di aver
“Rilevata la necessità di acquisire uno specifico parere legale in
merito alla possibilità o meno di ripresentare
i termini dei condoni edilizi del 2004 già diniegati (sic) (nello specifico le pratiche nn. 257 e 259”,
e di aver deciso di spendere altri 1.903,20 € per incaricare lo stesso legale, al quale già era stato affidato
l’incarico di difendere la legittimità dei dinieghi di sanatoria e delle
ordinanze di ripristino, di trovare qualche cavillo da utilizzare per rendere "legittimo" ciò che già era stato giudicato illegittimo dal Settore Tecnico comunale, in
seguito a procedimenti già conclusi - procedimenti della cui legittimità la giunta era tanto
convinta, da aver deciso di difenderli in un procedimento giudiziario (spendendo diverse migliaia di euro)?