giovedì 26 luglio 2012
ALBA alle elezioni, non con il PD – Intervista a Paul Ginsborg
Lo storico Ginsborg: Bersani erede della bonaccia PCI, non
fa niente ma guadagna punti. «I partiti vorrebbero mangiarci, ma non ripeteremo
mai la brutta storia della Sinistra Arcobaleno. E non sacrificheremo la nostra
diversità per un’alleanza»
Professor Paul Ginsborg, in questo secondo appuntamento di
ALBA sarà lei ad affrontare il nodo della partecipazione alle politiche del
2013. Cosa deciderete?
Più che un nodo è una patata bollente. Ma è troppo presto
per decidere. Questo movimento è in fase di crescita. I «nodi territoriali»,
circa ottanta, hanno bisogno di solidificarsi. Dobbiamo rinforzarci, fare rete,
costruire quei legami politici a me cari, l’empatia, la mitezza. È il momento
di discutere, e tutti oggi vogliono dire la loro. C’è una cosa che ci accomuna:
la diversità. Il nostro atto di nascita è un atto di accusa al sistema
partitico novecentesco arrivato a fine corsa. Vogliamo fondare un nuovo sistema
politico, introdurre elementi di una cultura politica rivoluzionaria. Non penso
alla presa del Palazzo d’Inverno ma a un nuovo modo di fare politica. Marco
Revelli parla di «spazio pubblico allargato», che coinvolge la società civile e
politica e combina la democrazia rappresentativa e partecipata. Questi di Parma
[30 giugno-1 luglio 2012; ndr] sono due bellissimi giorni di democrazia
partecipata. A costo zero, 350 persone sono rimaste ore ai tavoli a discutere.
Non sacrificheremo a nessun costo questa diversità in un’alleanza che ci
snaturi.
Sta dicendo che questa purezza non è coalizzabile con i
partiti di centrosinistra?
Io non la chiamo purezza, la chiamo innovazione. E la mia
opinione personale è che non è possibile un’alleanza
elettorale con il PD. Qui molte persone che oggi hanno aderito ad Alba
hanno raccontato di essersi logorate dentro il PD quando hanno provato a
introdurre forme politiche nuove. Penso alla frattura fra dirigenti e base del
PD che è avvenuta in Val di Susa. Non credo che i
partiti si possano autoriformare. Io vivo a Firenze, e conosco la grande
generosità di molti militanti democratici. Ma sono ingabbiati in un radicato
sistema di potere PDS-DS-PD. Detto questo, io vengo da una forte militanza
antiberlusconiana. Non faremo tornare il centrodestra. Per questo preferiamo un
sistema elettorale che non obblighi agli apparentamenti.
A Firenze nel PD c’è la variante Renzi, che però ha fatto
dell’innovazione il suo marketing.
Renzi non è una variante, è un democristiano nelle file
del PD. Non rompe affatto con quella tradizione. È un nuovo tanto vecchio, va
benissimo per il PD.
Renzi o Bersani, per lei non cambia nulla?
L’erede della tradizione comunista per me non è Bersani,
ma il presidente della Regione Enrico Rossi. Un erede onesto e molto dignitoso.
Ma questo non ci rende i rapporti più semplici. Anzi direi che, a parte la
cordialità personale, con il nostro movimento non ha alcun rapporto.
Insomma Bersani non è un vostro interlocutore?
No, per ora. È anche difficile sapere se il suo modo di
essere, elettoralmente parlando, paghi o no. Certo, ricorda il primo Prodi,
quello molto imbranato. Resta il grande mistero delle scelte dell’elettorato
italiano. Calvino parlava della «bonaccia del PCI». Ecco, Bersani è erede di
questa tradizione: non fa nulla però magari guadagna tre punti.
Come giudica questa entente cordiale tra PD e UDC?
Noi che abbiamo aderito al manifesto di Alba veniamo dalla
sinistra. Ma proviamo a guardare oltre, e a parlare con centinaia di migliaia
di persone, soprattutto quelle che hanno abbracciato il Movimento 5 Stelle. Con
loro abbiamo in comune la critica del vecchio sistema partitico e la fede
nell’importanza del governo locale. L’ideale sarebbe trovare una grande
alleanza sociale fra la parte più battagliera della classe operaia, i ceti medi
urbani che sono stati conquistati alla difesa della Costituzione, e con i
precari, un bacino ancora inespresso ma dalle enorme potenzialità. Questo
puzzle sociale di tre elementi diversi potrebbe essere la nostra base
elettorale. Una grande «ALBA» per l’Italia.
Voi criticate il PD,
soprattutto. Ma qui con voi discutono anche i militanti di SEL, Ferrero del PRC
è venuto a Parma, e il portavoce della Federazione della Sinistra era ai
tavoli.
Sarebbero felici di mangiarci a pranzo la domenica. Ma una
cosa è chiara a tutti: la vicenda della sinistra arcobaleno è stata brutta e
verticistica, il contrario di tutte le nostre idee sulla democrazia
partecipata. Noi non ripeteremo mai quella esperienza.
I partiti però vi guardano con sufficienza. Vi giudicano
effimeri, movimenti carsici, dai girotondi ad oggi. Perché ALBA dovrebbe essere
diversa?
Non possiamo fornire alcuna garanzia. Non offriamo
carriere, i nostri individui sono liberi, fanno una scelta di impegno
disinteressato. Ma il dato è esattamente contrario a quello che pensano i
partiti: negli ultimi vent’anni la società civile e democratica è molto
cresciuta. È vero, siamo un fiume carsico, ma la piena è sempre più forte.
L’associazione Libera, del resto, o Libertà e Giustizia sono organizzazioni
notevoli, durature, solide. La società civile ha molte deficiencies, potremmo chiamarle inadeguatezze. Ma non può essere
accusata di aver portato il paese sull’orlo dell’abisso. Quello che manca oggi è proprio un soggetto politico che
condivida con la società civile un linguaggio democratico di proposte radicali.
È la nostra scommessa.
mercoledì 25 luglio 2012
«Pensiero unico... e la gente non reagisce». Intervista a Luciano Gallino
Vindice Lecis, Il Tirreno, 24 luglio 2012
ROMA.
«Sono riusciti a far credere a milioni di persone che la situazione è talmente
grave che bisogna stare zitti. Il capolavoro è stato convincere che il primo
problema sia la spesa pubblica e non, ad esempio, l’immenso drenaggio di
risorse pubbliche andate alle banche».
Luciano Gallino, saggista, sociologo del lavoro e studioso
dell’economia italiana, non vuole cantare nel coro di quello che chiama «il
pensiero neo liberale» egemone in Italia e in Europa. È uno dei motivi della
mancanza di una reazione di massa ai tagli alla spesa e alla mancanza di
lavoro?
«In Italia in otto giorni hanno fatto una riforma delle
pensioni che i dati Inps non giustificavano. Hanno dato il via libera a un
patto fiscale con Bruxelles giudicato indispensabile ma senza un minimo di
analisi sui rischi. Hanno riformato il mercato del lavoro con provvedimenti
pasticciati. La visione neo liberale è che non ci sono alternative a tagli e
riduzione del settore pubblico».
La gente non protesta…
«Quando queste scelte sono approvate dalla quasi totalità
del Parlamento significa dire al Paese che non ci sono altre strade. Per questo
diventa quasi impossibile trovare soluzioni nell’opinione della gente. Che si
arrabbia ma non incide. Quando un partito che dovrebbe essere di centro
sinistra come il PD fa passare tutto questo, rende chiara la difficoltà a
costruire contrasti e reazioni. I movimenti, pur nella loro autonomia, se non
trovano delle sponde fanno poca strada».
Ci sono responsabilità della sinistra?
«Il PD ha fatto proprie le ricette neo liberali. La
sinistra si divide e non incide. Il risultato è una gigantesca egemonia del
pensiero neo liberale e delle loro ricette sbagliate come non si era mai vista.
Un pensiero unico dominante che riesce a convincere i cittadini che non ci sono
alternative».
Alcune riforme sembravano però necessarie.
«Quella del lavoro è poca cosa, un pasticcio, e non ha
minimamente intaccato la questione vera della precarietà. Pensiamo al patto
fiscale: non si è ben capito che rappresenterà un enorme onere per un ventennio
con quel rientro mostruoso di debito pubblico che il nostro e altri Paesi non
possono reggere in alcun modo. Con
l’urgenza, lo stato di necessità, lo spread e altro si approva tutto».
«Nessuno ha però analizzato, come è stato fatto negli Usa e
in Gran Bretagna, che la diminuzione di occupati nel pubblico provoca e causa la
diminuzione dell’occupazione del settore privato. Lungi dall’essere condizione
favorevole è invece il contrario. Intanto aumenta la disoccupazione, cresce il
precariato con leggi sbagliate che hanno prodotto il peggio del peggio. E a
Mirafiori, ad esempio, si rischia un blocco sino alla fine del 2013».
Le ricette da adottare?
«Lo Stato deve
continuare a investire e intervenire. A partire dall’istruzione e dalla formazione
come sta facendo Hollande. E, a somiglianza dell’amministrazione Obama, con un
piano di piccoli lavori pubblici per garantire l’occupazione. Questa egemonia
neo liberale sta uccidendo il Paese».
Quando la Costituzione batte la finanza, la democrazia respira
La Corte Costituzionale si pronuncia contro l’obbligo alla
privatizzazione dei servizi pubblici locali difendendo il risultato dei referendum.
Questa è una vittoria politica, non solo
giuridica, frutto di un’iniziativa POLITICA di un gruppo di giuristi e
sottoscritta da migliaia di italiani nell’agosto 2011, in diretta
continuità con la vittoria referendaria.
Questa notizia è passata sottotraccia nella maggior parte dei media, quindi sta a noi, ad ALBA, spiegare
ciò che è successo e cosa significa.
martedì 24 luglio 2012
Legge elettorale, un piano contro il Movimento 5 Stelle?
Enzo Di
Frenna
Da Il Fatto Quotidiano, 24 luglio 2012
La notizia merita di
correre veloce nella Rete. Un tam tam assordante, che travalica i social network e arriva
nelle case degli italiani, attraverso fotocopie, volantini, allegando come prova l’articolo di Italia Oggi – giornale nelle simpatie del Pdl – a
firma di Cesare Maffi,
un giornalista che sembra essere ben informato anche dei fatti che accadono
nelle segrete stanze dell’Udc e della Lega.
Senza pudore, con vergognosa sfacciataggine, la casta politica svela a un giornalista un piano segreto
che in realtà conoscono anche le formiche di casa mia: azzoppare il Movimento 5 Stelle con una nuova
legge elettorale, più maiala del Porcellum.
Insomma, impedire ai cittadini di entrare in Parlamento. Scrive il giornalista:
“Il problema primo, per giungere a una
revisione del Porcellum, è semplice: occorre trovare una convergenza d’interessi.
Per ora, l’unico spasmodico desiderio comune a Pdl, Pd e altri è individuabile
nell’azzoppare la rappresentanza parlamentare dei grillini. Nessuno, però, è in grado d’individuare un
sistema che possa, se non azzerare, almeno comprimere un movimento accreditato
addirittura fra il 15 e il 20 per cento”.
È una notizia che andrebbe
segnalata immediatamente alla magistratura.
Se il giornalista Maffi viene convocato dagli inquirenti e rivela chi gli ha
riferito questo piano scellerato, abbiamo la prova che “Pdl, Pd & Company”
stanno preparando una legge elettorale con finalità private, atte a mantenere i
loro privilegi, e non
certo per dar voce – democraticamente – alla volontà sovrana del popolo.
Escludere una forza politica che vuole un’Italia migliore, è un reato? Napolitano non ha nulla da dire? Il
garante della Costituzione che ha approvato un Lodo Alfano incostituzionale,
che però dice “non mi sono mai
allontanato dai poteri sanciti dalla Costituzione”, questo
presidente della Repubblica che non sente il boato dei lettori che fanno
esplodere il M5S, ebbene, il nostro anziano difensore della Patria, non ha
nulla da dire? Che legge elettorale si auspica? Una nuova truffa ai danni degli
elettori italiani?
Ancora una volta tocca
alla Rete denunciare l’ennesima
porcata ai danni degli italiani. Secondo voi, cari lettori,
esistono i presupposti legali per una denuncia alla magistratura? Intravedete
il reato di “attentato ai diritti
politici del cittadino” previsto dall’art.294 del Codice Penale, che
testualmente recita: “chiunque con
violenza, minaccia o
inganno impedisce in
tutto o in parte l’esercizio di un diritto politico, ovvero determina taluno a
esercitarlo in senso difforme dalla sua volontà, è punito con la reclusione da
uno a cinque anni”? Vi sono avvocati
disponibili a fornire i presupposti normativi per denunciare
questa vergogna?
Condividete il messaggio,
quindi. È necessario far sapere cosa tramano coloro che stanno affondando
l’Italia. Cioè gli stessi cialtroni che si presenteranno in tv alle prossime
elezioni invocando “un Paese migliore” e il “bene degli italiani”.
lunedì 23 luglio 2012
Il nuovo inceneritore di Desio NON si farà!
Dopo quattro anni di battaglia, siamo lieti di comunicare che il nuovo inceneritore di Desio NON si farà!
E’ ufficiale. Lo prevede il piano di
Bea S.p.A. (la società pubblica che gestisce il vecchio inceneritore e che
voleva costruire il nuovo) illustrato mercoledì scorso all'Assemblea dei soci e
che sarà approvato a breve.
Il Comitato per l’Alternativa al
nuovo inceneritore di Desio accoglie la notizia con immensa gioia e soddisfazione!
E’ una grande vittoria dei cittadini, principalmente di Desio, Bovisio
Masciago, Varedo e Cesano Maderno, che hanno chiaramente manifestato la loro
contrarietà al progetto.
E’ stato un lungo percorso cominciato
nell’ormai lontana primavera del 2008, quando i gruppi “Meetup Amici di Beppe Grillo” di Desio, Monza, Carate Brianza e
Saronno hanno dato vita al Comitato e cominciato a fare i primi banchetti
informativi. All’epoca aveva tutta l’aria di essere una lotta contro i mulini a
vento. Il raddoppio del forno era già previsto, messo nero su bianco nel Piano
Rifiuti della Provincia di Milano; i bandi per la progettazione dell’opera
erano già stati indetti; i politici locali, quasi tutti schierati a favore,
organizzavano assemblee pubbliche con i vertici di Bea per spiegare ai
cittadini quanto fosse bello avere un nuovo inceneritore (pardon,
termovalorizzatore) in casa.
Noi ci siamo opposti a questo
scellerato progetto con le unghie e con i denti. Da allora ad oggi di acqua sotto
i ponti ne è passata tanta: decine di migliaia di volantini distribuiti, 53
comunicati stampa, migliaia di firme raccolte, 8 incontri pubblici, 2 audizioni
in Provincia, decine di banchetti informativi, 691 post e 38.583 visualizzazioni
sul nostro blog, l’intervento di 400 cittadini in un consiglio comunale aperto,
decine di lettere inviate ai medici di base, la presa di posizione dell’Ordine
dei Medici di Monza e Brianza, la campagna “striscione sul balcone” e una
quantità incalcolabile di ore di impegno.
La speranza si era accesa quando la
nuova amministrazione comunale di Desio si era dichiarata contraria al nuovo
forno... e oggi, alla fine, la forza della ragione ha prevalso!
Ringraziamo tutti coloro che ci sono
stati vicini, per primo tutti gli esperti che ci hanno aiutato a comprendere il
tema rifiuti e sono intervenuti nei nostri incontri pubblici: da Enzo Favoino
(Scuola Agragria di Monza) a Carlo Maria Teruzzi (Ordine dei Medici Monza e
Brianza) da Marco Caldiroli (Medicina Democratica) a Federico Valerio (Istituto
Tumori Genova), da Gianluigi Salvador (WWF Veneto) a Federico Balestreri
(Associazione Medici per l’Ambiente), da Paul Connet a Massimo Cerani.
Il lavoro non è finito: la strada verso la
riduzione e il riciclo totale dei rifiuti in Brianza è ancora lunga. Il vecchio
inceneritore (che si avvia verso i 40 anni di attività!) è ancora lì a bruciare.
Continuano a rattopparlo e a cambiare i pezzi per tenerlo in vita il più a
lungo possibile. Basta con questo accanimento terapeutico! E’ ora di mandarlo
definitivamente in pensione e riconvertire il sito al trattamento meccanico
biologico dei rifiuti indifferenziati residui.
Ed è ora che le amministrazioni pubbliche si
impegnino seriamente nella riduzione alla fonte dei rifiuti e nel potenziamento
della raccolta differenziata… A Bovisio Masciago e Varedo già oggi la raccolta
differenziata si aggira attorno al 70%... a quanto si arriverebbe se le
amministrazioni comunali si impegnassero seriamente?
Ma oggi godiamoci questa enorme vittoria. Il
nuovo inceneritore non si farà più. Questo è un punto fermo da cui non si torna
indietro!!!
Gianmarco Corbetta
Comitato per l’Alternativa al nuovo inceneritore di Desio http://blog.libero.it/NoIncDesio/
sabato 21 luglio 2012
Democrazia 1 - “L'Europa lo chiede” 0
Vittoria alla Corte Costituzionale contro l'obbligo
alla privatizzazione e lo scippo dei referendum.
La
Corte costituzionale ha bocciato l'articolo 4 della
cosiddetta manovra di ferragosto 2011 accogliendo il ricorso scritto per la Regione Puglia da
Ugo Mattei e Alberto Lucarelli, due dei primi firmatari e redattori del
Manifesto per un soggetto politico nuovo - ALBA.
L'articolo di Alberto Lucarelli
e Ugo Mattei sul merito della sentenza su Il Manifesto (21/07/2012):
http://www.soggettopoliticonuovo.it/2012/07/21/un-colpo-al-liberismo-ugo-mattei-e-alberto-lucarelli-il-manifesto/
http://www.soggettopoliticonuovo.it/2012/07/21/un-colpo-al-liberismo-ugo-mattei-e-alberto-lucarelli-il-manifesto/
Il comunicato stampa
di Alberto Lucarelli e Ugo Mattei (20/07/2012):
http://www.soggettopoliticonuovo.it/2012/07/21/comunicato-stampa-lucarelli-e-mattei-20072012-riaffermati-i-diritti-di-27-milioni-di-italiani/
http://www.soggettopoliticonuovo.it/2012/07/21/comunicato-stampa-lucarelli-e-mattei-20072012-riaffermati-i-diritti-di-27-milioni-di-italiani/
La sentenza di ieri è fondamentale anche perché
afferma, come oggi dichiara Stefano Rodotà, il rifiuto
della “logica emergenziale in economia che pretende di travolgere tutto, Costituzione
compresa”. Questa sentenza mostra che in nome della crisi e del
ritornello ”L’Europa lo chiede” non si può fare tutto.
Possiamo dire che i fautori del pensiero unico in nome de
“L’Europa lo chiede” hanno perso e che questo risultato “rappresenta un
passaggio fondamentale intorno al quale le forze democratiche di questo Paese
dovranno ritrovarsi per indicare strade alternative alle politiche liberiste di
Monti per uscire dalla crisi” .
Ed è anche da questa esperienza, dalla volontà di generare
nuove forme della politica, che ha avuto inizio il percorso di un soggetto
politico nuovo, di ciò che oggi è ALBA.
********************************
La vittoria di ieri alla Corte Costituzionale è una vittoria
politica, non solo giuridica, frutto di un'iniziativa POLITICA di
un gruppo di giuristi e sottoscritta da migliaia di italiani nell'agosto 2011, in diretta
continuità con la vittoria referendaria.
Questa è la ricostruzione cronologica dell'iniziativa
politica:
http://www.soggettopoliticonuovo.it/2012/07/21/dallacqua-ad-alba-un-percorso-politico/:
http://www.soggettopoliticonuovo.it/2012/07/21/dallacqua-ad-alba-un-percorso-politico/:
*agosto 2011- viene resa pubblica la lettera- memorandum dell'Europa
all'italia. Viene immediamente predisposta una manovra economica , in forma di
DECRETO LEGGE ( decreto di ferragosto) che taglia per decine di miliardi e
attacca diritti fondamentali ( nell'art.4 ribalta il risultato referendario di
2 mesi prima, nell'art. 8- recependo il modello Pomigliano- che gli accordi
aziendali possono non rispettare le leggi. Il Decreto viene emanato dal
Presidente Napolitano il 13 agosto 2011: http://politicaesocieta.blogosfere.it/2011/08/manovra-finanziaria-napolitano-emana-il-decreto.html .
Era la seconda manovra in 20 giorni, all'emanazione della
prima il presidente Napolitano dichiarò che era stato un "miracolo"
*14 agosto 2011 fu lanciato un appello contro una manovra
incostituzionale:
http://www.siacquapubblica.it/index.php?option=com_content&view=article&id=196%3Aappello-contro-la-manovra-diferragosto2011&catid=9%3Adocumentazione&Itemid=8&lang=it
http://www.siacquapubblica.it/index.php?option=com_content&view=article&id=196%3Aappello-contro-la-manovra-diferragosto2011&catid=9%3Adocumentazione&Itemid=8&lang=it
promosso dai giuristi estensori dei referendum sull'acqua,
Alberto Lucarelli, Ugo Mattei, Luca Nivarra e Gaetano Azzariti.
*28 agosto 2011 in base a quest'appello due giuristi, da lì a pochi
mesi promotori di ALBA, Alberto Lucarelli e Ugo Mattei fecero una lettera aperta
a Vendola per "ricevere mandato, naturalmente a titolo assolutamente
gratuito, da soli o insieme ad altri legali di Sua fiducia, a rappresentare la Regione Puglia (ed
incidentalmente la nuova egemonia dei beni comuni) di fronte alla Consulta in
un ricorso diretto di incostituzionalità del Decreto 138\2011.
*1 settembre 2011 A questa richiesta Vendola, come presidente della
Region Puglia, rispose positivamente il 1 settembre 2011:
http://www.siacquapubblica.it/index.php?option=com_content&view=article&id=199%3A-opporsi-con-ogni-mezzo-io-ci-sto-nichi-vendolada-il-manifesto-492011&catid=15%3Aarticoli&Itemid=17&lang=en
http://www.siacquapubblica.it/index.php?option=com_content&view=article&id=199%3A-opporsi-con-ogni-mezzo-io-ci-sto-nichi-vendolada-il-manifesto-492011&catid=15%3Aarticoli&Itemid=17&lang=en
Staff web ALBA - soggetto politico nuovo
venerdì 20 luglio 2012
Le Petit Picchevolien, d’après l’adjoint A. P.
Capaci (essere -). In
assenza di risorse è veramente una sfida che va monitorata e resa trasparente.
Città. Deve crescere... e tanto.
Commissione di Controllo e Garanzia. Non ha a che fare con logiche da
inquisizione.
Cultura. È un tema che ha a che fare con le politiche
sociali.
Cultura del cecchino. L’assessore Pellegata non la condivide.
Giovani. Come cultura.
Lavoro. Come cultura.
Osservatori ONU. Le invenzioni dell’assessore Pellegata gli daranno
un lavoro.
Paradigma. Quello di fondo è cambiato.
Pellegata. Avverte un'urgenza.
Percorsi nuovi. Bisogna inventarli. Altrimenti le sentinelle e
gli osservatori ONU... osserveranno un lento declino.
Picchevole. (Non si
può dare la definizione: Pellegata ne detiene il copyright).
Sentinelle. Come osservatori
ONU.
Sviluppo. Come cultura.
Urbanistica. Come cultura.
Welfare. (1) Senza dibattito è una vera tragedia. (2) Senza
dibattito è una vera scivolata di stile.
[V. anche le voci Confronto politico, Democrazia, Memoria (2), Pellegata, Valore, Vivi Limbiate del Dictionnaire flaubertien, nel sidebar]
giovedì 19 luglio 2012
Essere a sinistra
Emilio Lussu (1890-1975)
… Ma oggi, desidero non aspettare
ancora per rispondere alla tua domanda: «Che vuol dire
essere a sinistra?» Siccome io affermo che tu sei stato sempre a destra ed io a sinistra,
devo precisare.
Innanzi tutto, essere a
sinistra presuppone in molti anche una particolare
formazione psicologica. In molti, non in tutti, evidentemente.
Psicologicamente, io sono stato sempre a sinistra, certo
per atavismo. Gente di montagna, i miei avi non pagarono mai diritti feudali; e non già in
grazia a uno speciale privilegio, ma
perché sopprimevano gli esattori baronali, regolarmente nei passaggi obbligati. Ne è derivato
che, in me, la rivolta a dare quanto non è dovuto è istintiva; il
primo impulso è quello, e poi la ragione lo conferma. Ancora
oggi, in un ordinamento democratico repubblicano liberamente
scelto e accettato, l’autorità mi dà un senso di fastidio: reminiscenza sopravvissuta, nell’inconscio, di quanto i miei avi
sentivano di avversione nemica per le autorità costituite dei
loro tempi, le quali erano certamente arbitrarie e imposte,
contro giustizia. Per cui, il senso di giustizia in me non è solo
ragionato ma innato, il che fa sì che è moltiplicato per due.
Questo senso di giustizia, prima ancora
che non la conoscenza scientifica, mi ha portato al socialismo, fin dai primi
passi politici. E il fastidio che tuttora mi dà l'autorità,
malgrado sia arrivato a maturità politica, esplode poi in umorismo ogni volta in cui
l'autorità si veste di sussiego e di pomposità:
umorismo, cioè il sentimento innato di rivolta, reso incruento e addolcito dall'educazione
e dalla cultura. Un anno fa, un tuo compagno socialdemocratico
di destra, con cui commentavo l'elezione dell'onorevole
Tupini a sindaco di Roma, nelle forme politiche equivoche che
ci sono note, finiva col giudicarlo un grande successo dell'esponente
democristiano perché malgrado tutto, era riuscito ad
essere sindaco di Roma, Sindaco di Roma! La mia reazione era opposta
ed io vedevo in piazza del Campidoglio, sul cavallo di
bronzo dorato, al posto di Marco Aurelio,
Tupini con in testa il cappello a cilindro.
Ecco, psicologicamente, la sinistra e la destra. E
permetterai che ti dica che tu, in questo settore
ancestrale sei e sei sempre stato a destra, anche quando eri un
socialista di base, militante combattivo: l'autorità ti ha sempre, non dico intimidito, ma sedotto. È assai probabile che più di
uno dei ministri e sotto segretari socialdemocratici in questi
dieci anni siano stati al governo, innanzi tutto per questo
stesso fatto psicologico che li poneva a destra pregiudizialmente. E
quanti non ce ne saranno nelle stesse condizioni, fra quelli
che attendono ansiosamente questa mai troppo benedetta alternativa
socialista.
Per uno
di sinistra, il potere è solo un posto di responsabilità e di lotta,
psicologicamente identico al posto che differenti momenti politici impongono si
occupi in carcere, al confino, in esilio o fra i partigiani.
Politicamente,
per un socialista, essere a sinistra è un'altra questione, per quanto non necessariamente
legata alla prima. «La sinistra», tu mi dici nella tua lettera, «deve
consistere nel creare
un governo amico dei lavoratori, capace, onesto, coraggiosamente riformatore.»
No, mio caro: questo è essere a destra.
Essere a
sinistra consiste nel basare la lotta politica e ogni conquista della classe
operaia e dei lavoratori nella lotta autonoma, sindacale, sociale e politica;
essere sempre presenti nella lotta delle masse; realizzare la democrazia verso
il socialismo con continue conquiste e difenderle, con la lotta. Se ciò non avviene,
la democrazia non la si conquista e non la si difende: né con la Costituzione, né col
presidente della Repubblica, né col Parlamento, né col governo, né con
l'esercito, per sé soli.
La
stessa Costituzione democratica non ci viene da un areopago di «amici dei
lavoratori, capaci, onesti, coraggiosamente riformatori», ma dalla Assemblea di
un popolo, i cui delegati, usciti dalla Resistenza e dalla Liberazione,
rappresentavano le istanze sociali e politiche più avanzate della rivoluzione
antifascista e antinazista. Erano i rappresentanti usciti dal popolo: erano il
popolo di quel saliente periodo storico. Voglio dire che la libertà e lo stato
democratico non ci sono caduti dall'alto illuminato, ma ci sono venuti dal
basso, dall'impeto della lotta popolare e nazionale. La Repubblica, allora,
rappresentava una istanza ed una condizione della democrazia, ed io ero per la Repubblica: quindi a
sinistra. Per te, repubblica o monarchia erano termini secondari. Il problema
istituzionale, che pure era il problema attuale della democrazia, ti era
indifferente: eri quindi a destra.
Quelli che, all'atto della Liberazione e subito dopo
reclamavano la rivoluzione integrale socialista non erano a sinistra. Erano
massimalisti, cioè politici incapaci di porre gli obbiettivi voluti in rapporto
con la realtà della situazione generale, nazionale e internazionale, incapaci di
valutare l'avversario in rapporto ai mezzi necessari per affrontarlo. Che altro
non è il massimalismo che dismisura fra azione e pensiero. A sinistra, allora, erano
quelli che, stando nella lotta, intendevano legarla alla realtà ed evitare
l'avventura del passo superiore alla lunghezza delle gambe, evitare cioè il
precipizio. Ma erano a destra quelli che pensavano che ormai non rimaneva altro
da fare, tutto essendo già stato fatto. Ed erano a destra quelli che, dopo la Costituente, ormai
ottenuta la Costituzione
della Repubblica, si rimettevano fiduciosamente ai prossimi Parlamenti e ai
loro governi. Eppure, la lotta democratica, nella legalità costituzionale,
cominciava proprio allora, e dura tuttora, senza che si siano prefissate tappe
di arrivo e di sosta. La lotta per la democrazia non conosce riposo.
I
Consigli di gestione sono caduti perché non li abbiamo saputi inserire nella
realtà dell'azienda né abbiamo voluto difendere i primi esperimenti e volevamo
codificarli prima ancora che fossero conquistati in una maturata esperienza di capacità
e di lotta, e attendevamo dal governo, dove pure erano i rappresentanti operai,
quanto dipendeva solo da noi. Ma le Commissioni interne, con cui gli operai
erano subito penetrati nella vita interna della fabbrica, hanno resistito,
nonostante la spietata
repressione padronale sostenuta dal potere politico. Abbiamo ancora il Testo di
pubblica sicurezza fascista, perché non abbiamo saputo mobilitare a fondo, con
una lotta unitaria, le masse, per sopprimerlo. E non abbiamo ancora la Regione, che pure è la
base dell'ordinamento dello Stato, per la stessa ragione. Essere a sinistra
significa vedere questi errori, ed essere a destra significa dare scarsa
importanza a tutto ciò. C’è, insomma, più democrazia costituzionale nella lotta
d'una lega di contadini giustamente impostata che non nell'insegnamento pubblico
delle norme della Costituzione. La Costituzione è cosa morta, se non è animata dalla
lotta. E anche quando siamo stanchi e vicini alla sfiducia, non c'è altro su
cui fare affidamento. Rimettersi all'alto è capitolazione sempre.
Tu, che
sei a destra, chiedi a me, che sono a sinistra, se accetto il metodo
democratico e la libertà come mezzo e come fine. Ed io ti rispondo, senza
riserve mentali che li accetto. Ma tu li accetti nella forma, io nella forma e
nella sostanza. Ho cioè coscienza che non c'è né democrazia né libertà politica
se non preceduta e accompagnata dalla liberazione del cittadino dall'oppressione
e dal bisogno. Per un socialista, la lotta democratica è la lotta per arrivare
a questa liberazione. Anche tu aspiri a questa liberazione, ma paternalisticamente,
con «un governo amico dei lavoratori, capace, onesto ecc.», io dal basso. Cioè,
non un governo amico dei lavoratori, ma un governo dei lavoratori, che arrivino
al governo per la loro forza e la loro capacità. Senza questa forza e questa
capacità, i lavoratori non sanno che farsene del governo, perché se vi
arrivassero per intrallazzi, vi sarebbero intrappolati e schiacciati e
corrotti, come è avvenuto a voi socialdemocratici.
Ecco la
destra e la sinistra, rispondendoti piuttosto affrettatamente. Ed è della
sinistra non solo la volontà di accettare il metodo democratico, ma di erigerlo
e di imporlo agli altri, e di essere costantemente inseriti nella massa dei
lavoratori e del popolo per poter respingere con la violenza la eventuale violenza
di chi, abbandonato il metodo democratico, ricorresse alla violenza, assente o
complice lo Stato. Perché, per rispettare il metodo democratico occorre essere
in due.
E basta
davvero!
Con affetto, tuo
Emilio Lussu (1957)
[Da Emilio
Lussu, Essere a sinistra, Mazzotta, Milano
1976, pp. 239-242 ]
giovedì 12 luglio 2012
Archetti&Campisi gemelli narcisi
Non è vero che quando
furono portati nel Consiglio Comunale il Bilancio di previsione e il Rendiconto
consuntivo, nell’aprile e nel maggio del 2010, “era un periodo in cui [Campisi] si aggrappava … agli
aspetti tecnici per mettere in discussione un bilancio che sapevamo tutti che
invece meritava una discussione politica”, come dice Ti-che-te-tarchett-i-ball in
“Campisi
come Mestrone”.
A quell’epoca il consigliere comunale
Campisi era nella stessa condizione dei consiglieri di adesso, in altre parole
dipendeva totalmente dai dettati “tecnici” dei Cambria e dei Cogliati. Fuori
dal Consiglio, invece, ricordo che era arrivato a scrivere, qualche tempo
prima, a proposito dei ricorsi alla magistratura amministrativa sui P.I.I. di
Via Monte Sabotino e Via Belluno, che un’azione politica (annullare o no i
P.I.I.) non doveva essere messa nelle mani di un giudice: una posizione
sostanzialmente simile a quella che sostiene Ti-che-te-tarchett-i-ball, vale a dire
che le scelte amministrative non devono essere regolate da criteri giuridici
pre-ordinati, bensì da criteri politici, cioè dalle scelte discrezionali
di chi ha il potere, che stabilisce ciò
che è politico, cioè qualsiasi sua decisione, e ciò che non è politico, ovvero tutto quello che contrasta le sue decisioni.
In quella occasione, Campisi e tutto
il centrosinistra accettarono le segnalazioni, le proposte e i suggerimenti che
feci io, che già avevo sostenuto che le varianti urbanistiche del Piano delle
Alienazioni dei beni demaniali del Comune, e i bandi per la vendita di alcuni
lotti di terreno, erano diventati illegittimi in seguito ad una sentenza della
Corte Costituzionale. Inoltre mi ero anche accorto (io, e non i consiglieri
Archetti, Campisi, Terragni, Binacchi, Pecora), pochissime ore prima del Consiglio Comunale del 9 aprile 2010, che dopo quella sentenza il centro-destra
di Romeo & C. stava tentando di riapprovare
il Piano delle Alienazioni con l’inserimento nei documenti del Bilancio previsionale
di una delibera della quale nessuno (tranne chi l’aveva fatta) era a conoscenza,
e che era stata pubblicata solo il
giorno prima. Chiesta su mio suggerimento un’interruzione del Consiglio, fra
i più attenti nell’ascoltare la mia segnalazione e le delucidazioni necessarie
per spiegare il tentativo di Romeo-Cambria-Cogliati vi era proprio Ti-che-te-tarchett-i-ball:
ne ricordo ancora gli occhi accesi (egli già pregustava la sua concione contro
il centro-destra!), il rammarico perché “non riesco però ad afferrare gli
aspetti tecnici della questione” (così disse) e il gesto con il quale
accompagnava le sue parole: apriva e chiudeva a pugno una mano. Egli era anche
fra i più entusiasti nell’accogliere la mia proposta di abbandonare in segno di
protesta il Consiglio Comunale, qualora (come poi regolarmente avvenne) il
centrodestra si fosse rifiutato di rinviare il Consiglio Comunale per dare la
possibilità ai consiglieri di approfondire la conoscenza della questione. Il
fatto è che c’erano in ballo alcuni milioni di euro di vendite fittizie (o perché non si potevano più portare a termine
sulla base di varianti divenute illegittime, o perché ancora non erano state
fatte) che ad ogni costo dovevano essere inseriti nei bilanci (sia quello consuntivo,
sia quello previsionale) per poterli in qualche modo salvare… Quindi, se è vero
che Ti-che-te-tarchett-i-ball ha letto i verbali vecchi, ne falsifica il contenuto: altro che “non avevo assolutamente voglia”!
Campisi, che non si era mai distinto
per l’interesse ad analizzare i vari provvedimenti amministrativi del
centro-destra, accettò la proposta dell’iniziativa per le stesse ragioni di Ti-che-te-tarchett-i-ball:
era un’ottima occasione per concionare (anche se meno rozzamente) contro Romeo
& C.; era un’ottima occasione, cioè, per coltivare il proprio narcisismo (come
l’uno e l’altro continuano a fare), senza aver fatto un benché minimo sforzo per
prepararsi. Infatti, adesso Campisi si guarda bene dal dare spiegazioni a chi gliele
chiede. Ancora adesso è soprattutto interessato a specchiarsi… nel Garbogera.
Il giorno dopo, però, Ti-che-te-tarchett-i-ball
fu messo brutalmente in riga da chi allora (come ancora oggi) dettava la linea
nel PD, che gli fece capire che l’iniziativa di denunciare i falsi in bilancio,
che avrebbe mandato a gambe all’aria il centro-destra, avrebbe anche
pregiudicato eventuali assegnazioni di aree demaniali ad imprenditori vicini al
PD, e inoltre molti affari edilizi non ancora conclusi, nei quali avevano interessi
altri soggetti economici (progettisti, ditte costruttrici, immobiliaristi) più
o meno vicini al PD, che oltretutto era terrorizzato dalla prospettiva delle
elezioni anticipate (dopo la permanenza nel palazzo municipale, per alcuni
mesi, di un commissario prefettizio), per le quali sapeva di non essere
preparato. Ti-che-te-tarchett-i-ball abbassò subito il capo, e cominciò
immediatamente a lavorare per insabbiare tutto. Campisi, fatto il suo paio di interventi nel Consiglio Comunale, fu ben felice di liberarsi dall'impiccio, e aderì, nei fatti, all'insabbiamento.
Quanto fosse giusto sostenere, come io da subito sostenni, che prima di procedere alle vendite dei terreni demaniali era necessario far approvare le varianti urbanistiche del Piano delle Alienazioni sia dalla Provincia che dalla Regione, e che pertanto qualsiasi vendita di terreni inclusi nel Piano approvato dal centro-destra era illegittima, lo dimostra la decisione della Giunta De Luca che, con la fame di entrate dalla quale è attanagliata, ha deciso, tuttavia, di non inserire nel Bilancio previsionale 2012 proventi dalla vendita di terreni. Qualcuno più intelligente e più posato di Ti-che-te-tarchett-i-ball sa, evidentemente, qual è il valore delle norme, e ha ritenuto troppo pericoloso inserire nel bilancio cifre derivanti da vendite di terreni (peraltro solo sperabili) le cui varianti di destinazione non sono più valide dal gennaio 2010.
Quanto fosse giusto sostenere, come io da subito sostenni, che prima di procedere alle vendite dei terreni demaniali era necessario far approvare le varianti urbanistiche del Piano delle Alienazioni sia dalla Provincia che dalla Regione, e che pertanto qualsiasi vendita di terreni inclusi nel Piano approvato dal centro-destra era illegittima, lo dimostra la decisione della Giunta De Luca che, con la fame di entrate dalla quale è attanagliata, ha deciso, tuttavia, di non inserire nel Bilancio previsionale 2012 proventi dalla vendita di terreni. Qualcuno più intelligente e più posato di Ti-che-te-tarchett-i-ball sa, evidentemente, qual è il valore delle norme, e ha ritenuto troppo pericoloso inserire nel bilancio cifre derivanti da vendite di terreni (peraltro solo sperabili) le cui varianti di destinazione non sono più valide dal gennaio 2010.
Gli sviluppi della vicenda, come
anche le premesse, possono essere ricostruiti, da chi ne avesse voglia, leggendo
gli articoli che si ritrovano con i links riportati qui appresso, dai quali chi
non ha una mentalità totalitaria come quella di Ti-che-te-tarchett-i-ball potrà
capire quali questioni politiche si celano dietro gli “aspetti tecnici” sui
quali (anche per crassa ignoranza) blatera costui, e anche quale impegno e
quale coerenza di azione siano necessari per smascherare le truffe (e le loro
falsificazioni come provvedimenti “necessari”)
della mala politica: alla quale partecipano sia il centro-destra che il
centrosinistra.
- Un
bando da peracottari per vendere terreni comunali con varianti urbanistiche
illegittime [14 febbraio 2010];
- Pretoriani
e/o collaborazionisti del sindaco Romeo? [24 aprile 2010];
- Niente
balle: le varianti urbanistiche “automatiche” sono illegittime. [28 aprile 2010]
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