giovedì 26 luglio 2012
ALBA alle elezioni, non con il PD – Intervista a Paul Ginsborg
Lo storico Ginsborg: Bersani erede della bonaccia PCI, non
fa niente ma guadagna punti. «I partiti vorrebbero mangiarci, ma non ripeteremo
mai la brutta storia della Sinistra Arcobaleno. E non sacrificheremo la nostra
diversità per un’alleanza»
Professor Paul Ginsborg, in questo secondo appuntamento di
ALBA sarà lei ad affrontare il nodo della partecipazione alle politiche del
2013. Cosa deciderete?
Più che un nodo è una patata bollente. Ma è troppo presto
per decidere. Questo movimento è in fase di crescita. I «nodi territoriali»,
circa ottanta, hanno bisogno di solidificarsi. Dobbiamo rinforzarci, fare rete,
costruire quei legami politici a me cari, l’empatia, la mitezza. È il momento
di discutere, e tutti oggi vogliono dire la loro. C’è una cosa che ci accomuna:
la diversità. Il nostro atto di nascita è un atto di accusa al sistema
partitico novecentesco arrivato a fine corsa. Vogliamo fondare un nuovo sistema
politico, introdurre elementi di una cultura politica rivoluzionaria. Non penso
alla presa del Palazzo d’Inverno ma a un nuovo modo di fare politica. Marco
Revelli parla di «spazio pubblico allargato», che coinvolge la società civile e
politica e combina la democrazia rappresentativa e partecipata. Questi di Parma
[30 giugno-1 luglio 2012; ndr] sono due bellissimi giorni di democrazia
partecipata. A costo zero, 350 persone sono rimaste ore ai tavoli a discutere.
Non sacrificheremo a nessun costo questa diversità in un’alleanza che ci
snaturi.
Sta dicendo che questa purezza non è coalizzabile con i
partiti di centrosinistra?
Io non la chiamo purezza, la chiamo innovazione. E la mia
opinione personale è che non è possibile un’alleanza
elettorale con il PD. Qui molte persone che oggi hanno aderito ad Alba
hanno raccontato di essersi logorate dentro il PD quando hanno provato a
introdurre forme politiche nuove. Penso alla frattura fra dirigenti e base del
PD che è avvenuta in Val di Susa. Non credo che i
partiti si possano autoriformare. Io vivo a Firenze, e conosco la grande
generosità di molti militanti democratici. Ma sono ingabbiati in un radicato
sistema di potere PDS-DS-PD. Detto questo, io vengo da una forte militanza
antiberlusconiana. Non faremo tornare il centrodestra. Per questo preferiamo un
sistema elettorale che non obblighi agli apparentamenti.
A Firenze nel PD c’è la variante Renzi, che però ha fatto
dell’innovazione il suo marketing.
Renzi non è una variante, è un democristiano nelle file
del PD. Non rompe affatto con quella tradizione. È un nuovo tanto vecchio, va
benissimo per il PD.
Renzi o Bersani, per lei non cambia nulla?
L’erede della tradizione comunista per me non è Bersani,
ma il presidente della Regione Enrico Rossi. Un erede onesto e molto dignitoso.
Ma questo non ci rende i rapporti più semplici. Anzi direi che, a parte la
cordialità personale, con il nostro movimento non ha alcun rapporto.
Insomma Bersani non è un vostro interlocutore?
No, per ora. È anche difficile sapere se il suo modo di
essere, elettoralmente parlando, paghi o no. Certo, ricorda il primo Prodi,
quello molto imbranato. Resta il grande mistero delle scelte dell’elettorato
italiano. Calvino parlava della «bonaccia del PCI». Ecco, Bersani è erede di
questa tradizione: non fa nulla però magari guadagna tre punti.
Come giudica questa entente cordiale tra PD e UDC?
Noi che abbiamo aderito al manifesto di Alba veniamo dalla
sinistra. Ma proviamo a guardare oltre, e a parlare con centinaia di migliaia
di persone, soprattutto quelle che hanno abbracciato il Movimento 5 Stelle. Con
loro abbiamo in comune la critica del vecchio sistema partitico e la fede
nell’importanza del governo locale. L’ideale sarebbe trovare una grande
alleanza sociale fra la parte più battagliera della classe operaia, i ceti medi
urbani che sono stati conquistati alla difesa della Costituzione, e con i
precari, un bacino ancora inespresso ma dalle enorme potenzialità. Questo
puzzle sociale di tre elementi diversi potrebbe essere la nostra base
elettorale. Una grande «ALBA» per l’Italia.
Voi criticate il PD,
soprattutto. Ma qui con voi discutono anche i militanti di SEL, Ferrero del PRC
è venuto a Parma, e il portavoce della Federazione della Sinistra era ai
tavoli.
Sarebbero felici di mangiarci a pranzo la domenica. Ma una
cosa è chiara a tutti: la vicenda della sinistra arcobaleno è stata brutta e
verticistica, il contrario di tutte le nostre idee sulla democrazia
partecipata. Noi non ripeteremo mai quella esperienza.
I partiti però vi guardano con sufficienza. Vi giudicano
effimeri, movimenti carsici, dai girotondi ad oggi. Perché ALBA dovrebbe essere
diversa?
Non possiamo fornire alcuna garanzia. Non offriamo
carriere, i nostri individui sono liberi, fanno una scelta di impegno
disinteressato. Ma il dato è esattamente contrario a quello che pensano i
partiti: negli ultimi vent’anni la società civile e democratica è molto
cresciuta. È vero, siamo un fiume carsico, ma la piena è sempre più forte.
L’associazione Libera, del resto, o Libertà e Giustizia sono organizzazioni
notevoli, durature, solide. La società civile ha molte deficiencies, potremmo chiamarle inadeguatezze. Ma non può essere
accusata di aver portato il paese sull’orlo dell’abisso. Quello che manca oggi è proprio un soggetto politico che
condivida con la società civile un linguaggio democratico di proposte radicali.
È la nostra scommessa.
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