mercoledì 25 luglio 2012
«Pensiero unico... e la gente non reagisce». Intervista a Luciano Gallino
Vindice Lecis, Il Tirreno, 24 luglio 2012
ROMA.
«Sono riusciti a far credere a milioni di persone che la situazione è talmente
grave che bisogna stare zitti. Il capolavoro è stato convincere che il primo
problema sia la spesa pubblica e non, ad esempio, l’immenso drenaggio di
risorse pubbliche andate alle banche».
Luciano Gallino, saggista, sociologo del lavoro e studioso
dell’economia italiana, non vuole cantare nel coro di quello che chiama «il
pensiero neo liberale» egemone in Italia e in Europa. È uno dei motivi della
mancanza di una reazione di massa ai tagli alla spesa e alla mancanza di
lavoro?
«In Italia in otto giorni hanno fatto una riforma delle
pensioni che i dati Inps non giustificavano. Hanno dato il via libera a un
patto fiscale con Bruxelles giudicato indispensabile ma senza un minimo di
analisi sui rischi. Hanno riformato il mercato del lavoro con provvedimenti
pasticciati. La visione neo liberale è che non ci sono alternative a tagli e
riduzione del settore pubblico».
La gente non protesta…
«Quando queste scelte sono approvate dalla quasi totalità
del Parlamento significa dire al Paese che non ci sono altre strade. Per questo
diventa quasi impossibile trovare soluzioni nell’opinione della gente. Che si
arrabbia ma non incide. Quando un partito che dovrebbe essere di centro
sinistra come il PD fa passare tutto questo, rende chiara la difficoltà a
costruire contrasti e reazioni. I movimenti, pur nella loro autonomia, se non
trovano delle sponde fanno poca strada».
Ci sono responsabilità della sinistra?
«Il PD ha fatto proprie le ricette neo liberali. La
sinistra si divide e non incide. Il risultato è una gigantesca egemonia del
pensiero neo liberale e delle loro ricette sbagliate come non si era mai vista.
Un pensiero unico dominante che riesce a convincere i cittadini che non ci sono
alternative».
Alcune riforme sembravano però necessarie.
«Quella del lavoro è poca cosa, un pasticcio, e non ha
minimamente intaccato la questione vera della precarietà. Pensiamo al patto
fiscale: non si è ben capito che rappresenterà un enorme onere per un ventennio
con quel rientro mostruoso di debito pubblico che il nostro e altri Paesi non
possono reggere in alcun modo. Con
l’urgenza, lo stato di necessità, lo spread e altro si approva tutto».
«Nessuno ha però analizzato, come è stato fatto negli Usa e
in Gran Bretagna, che la diminuzione di occupati nel pubblico provoca e causa la
diminuzione dell’occupazione del settore privato. Lungi dall’essere condizione
favorevole è invece il contrario. Intanto aumenta la disoccupazione, cresce il
precariato con leggi sbagliate che hanno prodotto il peggio del peggio. E a
Mirafiori, ad esempio, si rischia un blocco sino alla fine del 2013».
Le ricette da adottare?
«Lo Stato deve
continuare a investire e intervenire. A partire dall’istruzione e dalla formazione
come sta facendo Hollande. E, a somiglianza dell’amministrazione Obama, con un
piano di piccoli lavori pubblici per garantire l’occupazione. Questa egemonia
neo liberale sta uccidendo il Paese».
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