venerdì 27 aprile 2012
Partigianato e democrazia. L'amministrazione delle «repubbliche»
Dante Livio Bianco (1909-1953)
Guerra
partigiana vuol dire guerra popolare, vuol dire espressione e messa in
movimento di nuove energie democratiche, vuol dire politica dei C.L.N.
L'epoca
delle «repubbliche» segna precisamente l'apogeo, all'aria aperta, oltreché dell'organizzazione
militare partigiana, anche delle nuove istituzioni democratiche. Escono alla
luce del sole i C.L.N. che si erano già in precedenza costituiti nella
clandestinità — il più delle volte per iniziativa e suggestione diretta dei
comandi partigiani, o sotto lo stimolo indiretto rappresentato dalla presenza
delle formazioni — e se ne costituiscono di nuovi. Là dove la cosa è possibile,
si procede a libere elezioni democratiche, che debbono o designare i membri dei
C.L.N. di nuova costituzione, oppure decidere se convalidare o meno i membri di
quelli già esistenti.
Da
qualche parte, si fanno sentire anche scrupoli di natura costituzionale: chi
deve votare? Tutti i cittadini indiscriminatamente? E chi stabilisce come
dev'essere costituito il corpo elettorale? La questione si presentò particolarmente
in Valle Stura, a Demonte: e venne risolta colla convocazione d'un'assemblea
costituente, composta d'una quarantina di persone, tutte di provata fede
antifascista e di specchiata moralità, e rappresentanti non solo il capoluogo,
ma anche le varie frazioni e borgate del comune. E solo dopo che la minuscola
costituente ebbe deliberato sulla questione preliminare, si procedette all'elezione
del C.L.N., conformemente a quanto deliberato.
Generalmente,
ogni comune ha il suo C.L.N., o si prepara ad averlo: ed il C.L.N. funziona
come giunta comunale di governo. Solo là dove particolari circostanze
sconsigliano l'immediato ricorso al sistema delle elezioni democratiche, viene
nominato un commissario straordinario (cosi, per restare in Valle Stura, a
Vinadio).
Nelle
valli Maira e Varaita, poi, prende vita un nuovo istituto, assai interessante,
non previsto nel comune ordinamento dei C.L.N. : è il C.L.N. «di valle». In
relazione agli sviluppi della guerra partigiana, ma anche per altre ragioni, la
valle costituisce, oltreché una circoscrizione militare, anche un'entità economica,
sociale e politica con peculiarità ed esigenze sue proprie: il C.L.N. di valle
esprime e cura appunto queste particolarità ed esigenze supercomunali, e si
pone come organo di controllo, di coordinamento e di direzione dei C.L.N.
comunali.
Le
incombenze dei C.L.N. sono molteplici: esse si compendiano essenzialmente,
lasciando da parte il campo strettamente politico, nell'esercizio
dell'amministrazione civile.
È
anzitutto la delicata materia dell'annona che viene accuratamente disciplinata,
in modo da soddisfare nel miglior modo le esigenze della popolazione. Si
provvede così alla gestione degli ammassi (per esempio del burro, del latte,
dei formaggi, ecc.), alla fissazione e disciplina dei prezzi, al controllo
delle esportazioni, con l'istituzione, talvolta, di dazi d'esportazione, da
corrispondersi in danaro o in natura, con una quota della merce in uscita.
D'altro
canto, è d'intesa coi C.L.N. che i comandi partigiani prendono iniziative o
comunque si prestano a favore della popolazione. Così, un po' dappertutto, è
attraverso l'organizzazione partigiana che avviene il rifornimento del grano e
della farina destinato al consumo civile. È il comando partigiano che, in Valle
Maira, impianta un servizio regolare di camion che, in sostituzione delle
autocorriere da tempo requisite dai tedeschi, assicura alla popolazione la
possibilità di comunicazioni.
Analogamente è il comando partigiano che in Valle Stura, dopo di averne
militarizzato il personale, assume la gestione del trenino a vapore che — per
ragioni di sicurezza, e non esclusa forse una nota ad pompam — viaggia
come « treno armato », con un cannoncino da 47/32 e una mitragliatrice
antiaerea piazzata sui carri. E non manca nemmeno, in qualche luogo, a
cura delle autorità civili sempre d'intesa con quelle militari, una sia
pur improvvisata organizzazione per la protezione anti-aerea : come a Demonte
dove — dopo alcune avvisaglie poi purtroppo confermate dalle incursioni
degli Stuka che bombardarono Vinadio — si istituì un regolare servizio,
con posti d'avvistamento, altoparlanti per le segnalazioni, sacchetti di
sabbia, squadre di spegnitori, e via dicendo.
Viceversa,
sempre sul piano di quella stretta collaborazione fra i partigiani e la
popolazione, talvolta son le autorità
militari che chiedono prestazioni straordinarie ai civili: come avvenne in
Valle Gesso, dove fu indetta una specie di mobilitazione civile, di servizio
del lavoro, per la posa dei reticolati ed altre opere interessanti la difesa
della zona.
In
queste nuove condizioni, si regola meglio anche la materia delle requisizioni,
per far fronte alle esigenze, specie alimentari, delle formazioni, senza
disconoscere i bisogni e le legittime aspettative della popolazione.
Come
vivono le formazioni partigiane del Cuneese? I mezzi di sussistenza (per tacer
di altre fonti minori od occasionali) sono essenzialmente tre:
1) i «colpi»;
2) il finanziamento da
parte del C.L.N. del Piemonte;
3) le requisizioni.
Sui «
colpi » v'è poco da dire: sono i noti colpi di mano sui magazzini e sui
depositi nazifascisti, l’impossessamento di bestiame, di viveri, di materiali
in giacenza o in viaggio per tedeschi o repubblichini.
Quanto
poi al finanziamento del C.L.N. del Piemonte, si tratta di sovvenzioni assai
cospicue, di decine e decine di milioni: purtroppo però insufficienti a coprire
l'intera massa delle spese. Un esercito partigiano costa caro (sempre meno
caro, però, che un esercito regolare!): e le somme che arrivano da Torino non
bastano. Si noti che — almeno nelle formazioni del Cuneese — né gli ufficiali
ricevevan stipendio, né i partigiani percepivano il soldo: il servizio
partigiano era volontario e, per forza, gratuito, e solo saltuariamente — ma
raramente, per la verità — veniva corrisposto, in via eccezionale, qualche
modesto «premio» in danaro (nei casi più meritevoli di considerazione, si
accordavano viceversa, con una certa regolarità, sussidi per le famiglie).
Eppure, ripetiamo, nonostante la soppressione d'un capitolo di spese così
importante come quello degli « assegni », nonostante lo spirito di sacrificio e
la sobrietà talvolta spartana dei partigiani, i milioni che giungono da Torino
non bastano: ed ecco perché parte delle requisizioni devono essere fatte senza pagamento.
Chi
scriverà un giorno la storia del partigianato, dovrà soffermarsi a lungo su questa
materia delle requisizioni: poiché esse — a parte il lato puramente statistico
ed economico della questione — sono una nuova, diretta testimonianza del
carattere popolare della guerra di liberazione, e confermano la profonda
solidarietà fra partigiani e popolazione, e i grandi sacrifici di questa —
specie nei suoi strati meno abbienti — e l'alto contributo da essa dato alla
lotta.
Intanto
però, nelle «repubbliche», coll'intervento dei C.L.N., si rende possibile un
miglior controllo e una maggior perequazione, una più giusta distribuzione del
carico delle requisizioni, che vengono meglio disciplinate anche dal lato
formale, con un sistema di garanzie dirette a prevenire abusi ed ingiustizie.
[Dante Livio Bianco, Venti mesi di guerra partigiana nel Cuneese, in Guerra partigiana. Raccolta di scritti a cura di Giorgio Agosti e Franco Venturi,
Einaudi, Torino 1954, pp. 98-101]
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
Nessun commento:
Posta un commento