lunedì 9 novembre 2009

Saldare il conto, please. (Una sentenza sulle monetizzazioni degli standard urbanistici di "Milano Citylife" che non fa dormire Romeo, Mestrone & C.)


Il T.A.R. di Milano non ha ancora pubblicato le motivazioni della sentenza, ma solo il dispositivo, che tuttavia è di un tenore da non lasciar spazio a dubbi [click here]: le monetizzazioni degli standard urbanistici del mega P.I.I. “Milano Citylife” sull’area Portello-Fiera (quello dei grattacieli storti che anche Berlusconi ha raccomandato di raddrizzare) devono essere pagate come dice l’art. 46 della l.r. 12/2005:

la convenzione [per l’attuazione del P.I.I.; ndr] può prevedere, in alternativa totale o parziale della cessione [delle aree; ndr], che all'atto della stipulazione i soggetti obbligati corrispondano al comune una somma commisurata all'utilità economica conseguita per effetto della mancata cessione e comunque non inferiore al costo dell'acquisizione di altre aree.

I costruttori (Generali, Allianz, Ligresti e la famiglia romana Toti), che dopo l’approvazione del progetto, nel 2005, se l’erano cavata con la modica cifra di 4 milioni di euro, e che solo dopo la variante del 2008 ne avevano pagati altri 39, molto probabilmente dovranno sborsare al Comune di Milano altri 120 milioni di euro.

Questa sarebbe la conseguenza più che probabile della sentenza del T.A.R. di Milano che ha accolto uno dei ricorsi presentati dall’Associazione "Vivi e progetta un’altra Milano", limitatamente alla parte “attinente la monetizzazione degli standard urbanistici”, nella quale i ricorrenti sostenevano appunto che la monetizzazione degli standard deve essere calcolata come prescrive il citato articolo della legge urbanistica lombarda. Va sottolineato che il T.A.R. ha ribadito il dettato della legge e non si è fatto sviare dalla valutazione dell’area che il Comune di Milano aveva commissionato all’Agenzia del territorio al momento della variante (poiché dopo la prima approvazione del P.I.I. i ricorrenti avevano già puntato il dito sull’entità irrisoria delle monetizzazioni). I giudici amministrativi hanno ritenuto che anche questa valutazione non era “commisurata all'utilità economica conseguita per effetto della mancata cessione”, e comunque era “inferiore al costo dell'acquisizione di altre aree”. Che proprio questo poi si ritroverà argomentato nelle motivazioni della sentenza sembra essere condiviso, nella sostanza, anche da Carlo Masseroli, assessore all’urbanistica del Comune di Milano, il quale ostenta non solo soddisfazione perché la sentenza “consente il proseguimento del progetto”, ma anche “contentezza” perché la sentenza farà arrivare molti milioni nella cassa comunale! Ovviamente cerca di oscurare, in questo modo, il regalo ultramilionario che il Comune di Milano aveva ripetutamente tentato di fare a Ligresti & C. (Ma altri due esposti sono all’esame della Corte dei Conti e della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Milano).

Tuttavia, il P.I.I. “Milano Citylife”, pur uscito dall’esame del T.A.R. sostanzialmente indenne per quanto riguarda gli aspetti urbanistici fondamentali, potrebbe essere affossato dalla moltiplicazione per quattro della somma delle monetizzazioni, poiché, mentre siamo ancora nel pieno di una crisi economica che potrebbe durare ancora a lungo, sembra che i costruttori abbiano grandi difficoltà a trovare i 2,1 miliardi di euro per finanziare il progetto. L’aggiunta di 120 milioni di monetizzazioni, che dovrebbero essere pagati immediatamente, aggraverà ancor più queste difficoltà. [click here]

Ma di difficoltà ve ne sono altre. Sembra ovvio prevedere che per i pubblici ministeri della Procura del Tribunale di Milano che stanno approfondendo la conoscenza della questione delle monetizzazioni (e che hanno già ascoltato i cittadini), la sentenza dei giudici amministrativi inevitabilmente farà giurisprudenza, tanto più autorevole in quanto prodotta dalla magistratura speciale amministrativa. I giudici ordinari presumibilmente cercheranno piuttosto di acquisire elementi per capire attraverso quali procedure extra-amministrative, e con il concorso di chi, è stato determinato un valore delle aree da monetizzare enormemente più basso di quello di mercato (400 euro invece di 2000!), sia al momento dell’approvazione del P.I.I., sia al momento della variante, e chi (oltre ai costruttori, ovviamente) ne ha tratto vantaggio, poiché operazioni tanto rischiose certo non vengono fatte gratis.

Un analogo approfondimento certamente sarà fatto (ma probabilmente viene già fatto) dai magistrati che si occupano dei fatti e delle “procedure”, appunto del tutto analoghe, che io ho cercato di delucidare e documentare con i miei esposti sui vari P.I.I. e piani di lottizzazione di Limbiate. La dimensione di questi “affari” ovviamente è proporzionata alla piccola dimensione del Comune di Limbiate, tuttavia anche qui abbiamo degli standard urbanistici monetizzati in misura irrisoria, tanto da far mancare alla cassa comunale l’introito di diversi milioni di euro. Ma vi sono anche alcune peculiarità locali: oneri di urbanizzazione (ed anche il contributo sul costo di costruzione) “scomputati” abusivamente; prezzi di materiali e lavori che dovevano essere scontati prima dello "scomputo", ma che sono stati invece scomputati interamente; un’area né ceduta né monetizzata, ma letteralmente fatta sparire con una specie di gioco delle tre carte; un’area che la Provincia di Milano avrebbe dovuto vendere al Comune per quattro soldi affinché vi facesse un parcheggio pubblico, ma che il Comune vorrebbe “girare” per quattro soldi ad un’impresa privata; l’esproprio di alcuni terreni per opere di urbanizzazione primaria che dovrebbe essere accollato all’”operatore privato” (eufemismo per “speculatore”), ma che invece si vorrebbe pagare con soldi pubblici; infine, un’area di proprietà pubblica che è stata venduta per meno della metà del valore di mercato.

La svendita dell’area pubblica ad uno speculatore (pardon: a un “operatore privato”) non è certo il danno maggiore alla cassa pubblica, ma è esemplificativa delle procedure amministrative (se si possono chiamare così) con le quali vengono preparate e portate avanti operazioni speculative come quelle dei P.I.I. Per esempio, per dimostrare che il valore di un terreno pubblico sarebbe meno della metà del valore di mercato, l’esimio architetto Franco Zinna, che era capo, fra l’altro, anche di un Ufficio Espropri del Comune che egli ha sempre tenuto in clandestinità, non si è rivolto all’Agenzia del Territorio (come ha fatto il Comune di Milano, tuttavia senza riuscire ad abbindolare il T.A.R.), ma ha preferito pagare, per l’ennesima volta e con i nostri soldi, una fanciulla con il suo stesso titolo affinché periziasse (si fa per dire) i terreni compresi in un modo o nell’altro nel P.I.I. di Via M.te Sabotino. Costei, grazie agli incarichi ricevuti dal sunnominato esimio architetto, in quattro-cinque anni ha incassato dal Comune circa 200 milioni di euro [Recte: 200 mila euro!]* per compiti da "specialista della materia” (fra i quali il ri-disegno dei vialetti di giardini pubblici che sono stati rifatti lì dov’erano e con le stesse dimensioni di prima!). Nella perizia, tuttavia, la fanciulla ha dimostrato di essere così finemente specializzata da riuscire anche a sbagliare qualsiasi calcolo aritmetico. E se quella perizia doveva fungere da giustificazione autorevole dell’operazione-svendita, un’altra, che era stata preparata seguendo procedure ormai dichiarate illegittime dalla Corte Costituzionale, doveva fungere (anche) da giustificazione della monetizzazione irrisoria degli standard.

Ma a volte il destino è cinico e baro. Entrambe le perizie, che erano già state adottate, ovviamente senza alcun controllo (nemmeno da parte degli inetti dell'opposizione!), sono finite sotto gli occhi di un essere malvagio come il sottoscritto, e quindi il babbo della "specialista della materia" è stato costretto a venire due volte ad esibire patetiche giustificazioni dell’operato suo e della figlia. In entrambe le occasioni, i farfugliamenti sempre più avviluppati del "perito" tradivano uno stato d’animo che in quelle settimane non doveva essere propriamente olimpico; tuttavia egli è riuscito sia a dire che gli errori di calcolo erano dovuti ad una svista, sia a scivolare nel grottesco proponendo una correzione che a sua volta conteneva un errore di calcolo, sia a smentire se stesso e la sua figliola esibendo un’altra perizia, nella quale il valore del terreno questa volta era molto vicino al prezzo di mercato, sia, infine, ad inventarsi (spalleggiato da un avvocato/assessore davvero valente) un’innovativa giurisprudenza secondo la quale quando la Corte Costituzionale sentenzia che una norma è illegittima, si continua a seguirla finché non viene sostituita da una nuova norma!

Non contento di tutto ciò, il babbo si è spinto oltre, e dopo qualche mese di chissà quali e quante ambasce paterne e filiali, è andato ancora una volta da solo (lui che non aveva ricevuto l’incarico della perizia!) a giurare in Tribunale sulla veridicità di tutte le perizie sue e della figlia. Ma, (talis pater…) nel confezionare un paio di fascicoli di documenti, il babbo ha talmente pasticciato che anche un bambino capirebbe agevolmente lo scopo vero di un atto tanto maldestro, ma non per questo meno grave: impressionare quello che costui considera il vulgo dei cittadini con un "giuramento", al fine di scoraggiare chi si fosse fatto venire l'uzzolo di andare a mettere sotto gli occhi di un sostituto procuratore le copie dei suoi scartafacci. Infatti, esibendo due perizie in contrasto fra loro, più un’altra elaborata con una procedura già dichiarata illegittima dalla Corte Costituzionale, costui ha tranquillamente (?) giurato “di aver bene e fedelmente proceduto alle operazioni e di non aver altro scopo di quello di far conoscere la verità”! Ma io, che com'è noto sono un essere insensibile, non mi sono fatto impressionare. Vedremo quale è stato l’effetto che le perizie hanno fatto sui magistrati della Procura del Tribunale e della Corte dei Conti.

Con perizie fornite da consulenti di questo tipo si è preteso di giustificare sia la svendita del terreno comunale, sia la monetizzazione delle aree standard, e mentre il valore/mq dell’area comunale è stato abbassato a meno della metà, il valore delle aree da monetizzare è stato ulteriormente abbassato fino ad un quarto del prezzo di mercato! Che i magistrati vi dedichino il massimo dell’attenzione (e non vedo come ciò potrebbe non accadere), sembra solo ovvio, come sembra ovvio che su quanto emerge dall’esame delle perizie, delle convenzioni e dei fatti che ho abbondantemente esposto e documentato si riverberi anche la recente giurisprudenza del T.A.R. sul P.I.I. “Milano Citylife”.

Si può quindi ritenere plausibilmente che, dopo la sentenza sulle monetizzazioni di “Milano Citylife”, siano aumentate le probabilità di un deciso intervento della magistratura penale, che potrebbe innanzitutto sindacare la legittimità degli atti di molte persone che, ricoprendo ruoli diversi, nelle fasi di elaborazione e di approvazione dei P.I.I. di Limbiate si sono prodigate (spesso con abilità da autentici... peracottari) per assicurare regali milionari ad alcuni palazzinari, e poi disapplicare questi atti qualora li ritenesse illegittimi, salva restando la competenza del Giudice Amministrativo per la loro eventuale rimozione.

Ma, oltre alle difficoltà (chiamiamole così) che potrebbero essere create dalla magistratura penale e che riguarderebbero diverse persone, l’obbligo di monetizzare gli standard sulla base del valore di mercato delle aree potrebbe far diventare l’affare P.I.I. non più tanto appetibile (come nel caso di "Milano Citylife" e pur facendo le debite proporzioni). E pertanto potrebbe avvenire che i P.I.I. non fossero annullati dalla giustizia amministrativa, ma che, riaffermato l’obbligo di monetizzare gli standard come dice la l.r. 12/2005, si rivelassero non più tanto profittevoli e quindi nei fatti inattuabili.

A giusto titolo, quindi, Romeo, Mestrone & C. non riescono a dormire.


* (15/11/2009) Fino ad oggi il post è stato letto da molte decine di persone, alcune delle quali mi hanno anche telefonato per commentarlo, ma nessuno mi ha segnalato il ciclopico lapsus, del quale mi sono accorto per puro caso da solo. In quel contesto, il Maligno deve averci messo la coda, perché 200 milioni di euro è tutto il bilancio del Comune per diversi anni! Per il lapsus (del resto evidente) mi scuso con gli interessati, ma quello che ritengo di dover dire sul loro operato (e che del resto dico da tempo) non cambia e non cambierà, in nessuna sede.

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