mercoledì 17 febbraio 2010

L’eccezione e il sovrano. Quando l’emergenza diventa ordinaria amministrazione


di Gaetano Azzariti


Montesquieu meglio di ogni altro spiega le disavventure giudiziarie di Bertolaso. Sin dal 1748 il teorico della divisione dei poteri ci ha, infatti, chiarito che “solo il potere arresta il potere”, mentre il sistema della protezione civile si fonda sull’opposto principio del potere libero di intervenire senza assoggettarsi o essere limitato da altri. Perché, allora, stupirsi se ora si verifica che questo è stato esercitato senza freni? Ci si è affidati agli uomini (della protezione civile) e non alle leggi vigenti: ma è ben noto che ciò comporta il rischio dell’assolutismo. I caratteri delle persone - la loro lealtà e correttezza ovvero la loro propensione a delinquere - in questo caso c’entrano poco o nulla. Un potere senza controllo non può che fuoriuscire dalla legalità normativa.

Per leggere tutto l'articolo:


domenica 14 febbraio 2010

Un bando da peracottari per vendere terreni comunali con varianti urbanistiche illegittime





Come se niente fosse, sul sito web del Comune di Limbiate, continua a campeggiare un “Bando pubblico incanto per la vendita degli immobili inseriti nel piano delle valorizzazioni e alienazioni del Comune di Limbiate. Terreni edificabili per insediamenti produttivi nelle aree di via Garibaldi - Rettificato”. [click qui ]

Sulle “rettifiche” si dovrebbero fare alcune osservazioni, ma prima spieghiamo perché “come se niente fosse”: perché si tratta di terreni la cui destinazione urbanistica è stata variata seguendo una procedura che era illegittima. Il bando dice:

“con l’approvazione del Piano delle valorizzazioni e alienazioni del Comune di Limbiate (MI), ai sensi dell’art. 58 del decreto legge n. 112 del 25 giugno 2008, convertito con legge n. 133 del 6 agosto 2008”, la destinazione urbanistica del PRG vigente degli immobili in oggetto è stata variata in ZONA D per l’insediamento di attività artigiane-produttive”,

ma la sentenza della Corte Costituzionale n. 340 del 16-12-2009 ha dichiarato che dell’articolo 58 era illegittima proprio la parte del comma 2 che diceva:

«la deliberazione del consiglio comunale di approvazione del piano delle alienazioni e valorizzazioni costituisce variante allo strumento urbanistico generale. Tale variante, in quanto relativa a singoli immobili, non necessita di verifiche di conformità agli eventuali atti di pianificazione sovra-ordinata di competenza delle Province e delle Regioni. La verifica di conformità è comunque richiesta e deve essere effettuata entro un termine perentorio di trenta giorni dalla data di ricevimento della richiesta, nei casi di varianti relative a terreni classificati come agricoli dallo strumento urbanistico generale vigente, ovvero nei casi che comportano variazioni volumetriche superiori al 10 per cento dei volumi previsti dal medesimo strumento urbanistico vigente».

La sentenza è stata pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale il 7 gennaio 2010 e quindi dal giorno successivo la parte riportata del comma ha perso ogni efficacia e, per conseguenza, le varianti approvate non sono più valide, perché sono state approvate sulla base di una norma statale che la Corte Costituzionale ha dichiarato illegittima con le seguenti argomentazioni:

“ai sensi dell’art. 117, terzo comma, ultimo periodo, Cost., in tali materie lo Stato ha soltanto il potere di fissare i principi fondamentali, spettando alle Regioni il potere di emanare la normativa di dettaglio. La relazione tra normativa di principio e normativa di dettaglio va intesa nel senso che alla prima spetta prescrivere criteri ed obiettivi, essendo riservata alla seconda l’individuazione degli strumenti concreti da utilizzare per raggiungere detti obiettivi (…)

Orbene la norma in esame, stabilendo l’effetto di variante … ed escludendo che la variante stessa debba essere sottoposta a verifiche di conformità, con l’eccezione dei casi previsti nell’ultima parte della disposizione (la quale pure contempla percentuali volumetriche e termini specifici), introduce una disciplina che non è finalizzata a prescrivere criteri ed obiettivi, ma si risolve in una normativa dettagliata che non lascia spazi d’intervento al legislatore regionale, ponendosi così in contrasto con il menzionato parametro costituzionale [il grassetto è mio, ndr]. [click qui]

Dunque nell’approvare i piani comunali e le loro varianti non è possibile derogare dalle norme dei piani provinciali e regionali, poiché per i piani comunali, come è noto, le leggi urbanistiche regionali stabiliscono contenuti precisi (che cosa i piani devono stabilire, su quali studi devono essere basati ecc.) e procedure di garanzia che consentano, tra l’altro, la pubblicità delle scelte e la partecipazione dei cittadini.

Invece l’inserimento nell’elenco dei singoli immobili “non strumentali all’esercizio delle proprie funzioni” non solo aveva reso vendibile ogni singolo bene trasferito al “patrimonio disponibile”, ma ne aveva immediatamente cambiato, anche, la “destinazione urbanistica”. La norma abrogata, in effetti, consentiva varianti automatiche del piano urbanistico comunale che non erano subordinate alla verifica di conformità con le disposizioni dei piani provinciali e regionali, cioè al rispetto di questi. L’inclusione di un immobile nel “piano delle alienazioni” nei fatti autorizzava (anche) scelte urbanistiche non fondate su studi e valutazioni approfondite e/o non stabilite con procedure trasparenti.

I piani comunali e le loro varianti sono subordinati alle scelte della pianificazione “sovra-ordinata”, vale a dire alle prescrizioni dei piani provinciali e regionali che, tra l’altro, prescrivono – quando sono fatti correttamente - le tutele dei beni culturali e i vincoli paesaggistici, confermano le decisioni relative alla difesa del suolo e delle acque, dettano norme per ridurre il consumo di suolo e tengono conto di esigenze di carattere sovra-comunale, particolarmente importanti nella zona di Limbiate, dove si registra il massimo, a livello provinciale e regionale, di integrazione e congestione urbanistica fra diversi comuni. Le “varianti automatiche” derivate dall’inclusione degli immobili nel “piano delle alienazioni” che non rispettano la pianificazione sovra-ordinata inevitabilmente provocano pesanti devastazioni del territorio e rischi per i suoi abitanti.

Ovviamente il Comune può inserire gli immobili nel “piano delle alienazioni” e decidere qual è la nuova destinazione urbanistica, ma questa deve essere stabilita non solo espressamente, ma anche seguendo le regole dettate dalle leggi regionali e provinciali, poiché l’inserimento nel piano e la previsione della destinazione urbanistica non determinano immediatamente una variante allo strumento urbanistico generale: “la destinazione urbanistica – ribadisce infatti la sentenza della Consulta - va ovviamente determinata nel rispetto delle disposizioni e delle procedure stabilite dalle norme vigenti”. Pertanto, la verifica di conformità con i piani provinciali e regionali va fatta sempre e comunque.

Per effetto della sentenza della Consulta, le varianti approvate dal Consiglio Comunale di Limbiate con la delibera di approvazione del Bilancio previsionale 2009 non sono più valide, e ciascun immobile ha riacquisito la destinazione urbanistica che aveva prima. I bandi ancora non espletati non sono più validi, poiché l’art. 136 della Costituzione stabilisce che

“Quando la Corte dichiara l’illegittimità costituzionale di una norma di legge o di atto avente forza di legge, la norma cessa di avere efficacia dal giorno successivo alla pubblicazione della decisione”;

e l’art. 30 della Legge 11 marzo 1953 n. 87 disciplina ulteriormente gli effetti della pronuncia di illegittimità costituzionale. La Cassazione, a sua volta, ha più volte ribadito che

"Le pronunce di accoglimento della Corte Costituzionale hanno effetto retroattivo, inficiando fin dall'origine la validità e l'efficacia della norma dichiarata contraria alla Costituzione, salvo il limite delle situazioni giuridiche "consolidate" per effetto di eventi che l'ordinamento giuridico riconosce idonei a produrre tale effetto, quali le sentenze passate in giudicato, l'atto amministrativo non più impugnabile, la prescrizione e la decadenza” [i grassetti sono miei, ndr]

Pertanto fra quelle relative ai bandi già espletati restano valide solo le transazioni già consolidate anteriormente all’8 gennaio 2010 (data nella quale la sentenza è divenuta pienamente efficace). Tutte le altre devono essere annullate, e gli oneri che ne dovessero conseguire devono essere addebitati a chi ha continuato ad ignorare la sentenza della Corte Costituzionale.

Per quanto riguarda il bando dal quale siamo partiti, il geniale Dott. Giuseppe Cogliati, che lo ha firmato, imperterrito lo ha ripubblicato il 21 gennaio 2010 con la dicitura, come dicevamo, “rettificato”. Il bando, supponiamo, sarà stato redatto, o visto prima della pubblicazione, dall’adamantino Segretario Generale Dr. Gennaro Cambria, dall’autorevole Arch. Enrico Galbiati, dal ferratissimo Avv. Micaela, nonché dal rubizzo Geom. Cadei (che sulle “rettifiche” ai documenti urbanistici ha costruito la sua fama di tecnico “che mette a posto le cose, anche alzando la voce”), ed era stato pubblicato già due volte, nel giugno e nell’ottobre del 2009. La terza edizione, tuttavia, continua a riportare gli stessi errori, poiché le rettifiche sono state, sostanzialmente, alcuni adeguamenti dei “pezzi” da vendere (con il primo bando un unico lotto, poi due lotti, e da ultimo quattro lotti, uno dei quali a sua volta diviso in tre appezzamenti) e l’eliminazione di alcune permute tra gli acquirenti privati e il Comune, che i primi hanno considerato troppo onerose anche se erano quasi un regalo: e come avrebbe mai potuto, il “Comune” (scilicet: la banda di procacciatori d’affari – composta da “politici” e da funzionari - che spadroneggia nel Municipio), non prendere per ordini certi desideri?

Ma, nonostante le ripetute rettifiche, la squadra di alesatori provetti capeggiata dal condannato per tangenti (e anche per danno all’immagine della pubblica amministrazione) Segretario Generale Dr. Cambria, e composta dal Dr. Cogliati, dal Dr. Galbiati, dall’Avv. Micaela e dal Geom. Cadei, ha continuato a produrre un bando in cui si dice che:

- “sono oggetto della vendita i terreni edificabili per INSEDIAMENTI PRODUTTIVI (Zona D - art. 18 NTA) … individuati catastalmente al fg 13 mapp. 96-97-98-99-102-103-107;

- “complessivamente di mq. 49.110 catastali”;

- “al prezzo di base d’asta di euro 6.011.064,00;

- “la destinazione urbanistica del PRG vigente degli immobili in oggetto è stata variata in ZONA D per l’insediamento di attività artigiane-produttive

L’autorevolezza dei funzionari sunnominati è tale che non per niente noi spendiamo circa 350.000 euro all’anno per pagarli, ma questo non ci autorizza affatto a pretendere che, prima di pubblicare un bando, essi facciano anche alcune elementari verifiche; sarebbe davvero una pretesa infantile. Certe incombenze da “vile meccanico” i cittadini devono rassegnarsi ad accollarsele per intero, con il solo ausilio dei documenti che le suddette autorità graziosamente mettono a disposizione sul sito web del Comune. Tuttavia, anche i “vili meccanici” possono ottenere un certo compenso, seppure non monetario, perché già con una semplice occhiata alla tavola con fotografie aeree e planimetrie che accompagna il bando [click qui] si può notare che:

- fra i mappali elencati nel bando e rappresentati nella tavola, il n. 98 (di 2.309 mq) sembra corrispondere alla già esistente via Isonzo, che quindi non dovrebbe essere compresa nella superficie totale (49.110 mq) dei lotti posti in vendita (o la banda suddetta vuole vendere la strada ai privati?); 

- dei mappali n. 97 e n. 99 restano inedificate solo alcune aiuole stradali, e non sembra che le loro misure corrispondano effettivamente a quelle indicate nella scheda E2 allegata al “Piano delle valorizzazioni e alienazioni” (rispettivamente mq 900 e mq 540) [click qui];

- il mappale n. 96 (compreso nell’elenco del bando) è occupato per più di un terzo da un parcheggio già costruito, e quindi la parte ancora non edificata non può avere la misura di 4.826 mq indicata nella scheda E2;

- i mappali n. 104 (335 mq), n. 105 (11.245 mq!) e n. 106 (340 mq) non sono elencati nel bando, ma solo sommando la superficie totale di questi mappali (11.920 mq) a quella dei mappali indicati nel bando (37.190 mq) si può ottenere la misura di 49.110 mq di terreno comunale messi all’asta.

L’individuazione degli immobili da vendere è stata fatta come dice il comma 1 dell’articolo 58 del D. lgs 112/2008:

“ciascun ente con delibera dell’organo di governo individua, redigendo apposito elenco, sulla base e nei limiti della documentazione esistente presso i propri archivi e uffici, i singoli beni immobili ricadenti nel territorio di competenza, non strumentali all’esercizio delle proprie funzioni istituzionali, suscettibili di valorizzazione ovvero di dismissione”

E dunque con determina S02/30 del 27/01/2009 (un venerdì), per “Predisposizione piano delle alienazioni e valorizzazioni immobiliari nonché consulenza ed assistenza nel procedimento di ricognizione e valorizzazione del patrimonio immobiliare del Comune” è stato incaricato un esimio Architetto esterno, Giuseppe Brollo, che è stato compensato con una cifra (22.464 euro) oltraggiosamente irrisoria, se si considera che la fantastica alacrità del “team” capitanato da costui ha fatto sì che dopo soli sei giorni l’”organo di governo” del Comune fosse in grado di proclamare:

“il competente settore dell’amministrazione ha proceduto alla ricognizione del patrimonio dell’ente, sulla base della documentazione presente negli archivi e negli uffici, predisponendo il Piano delle alienazioni e valorizzazioni immobiliari unitamente all’allegato elenco di immobili (terreni e fabbricati) suscettibili di valorizzazione e/o dismissione, non strumentali all’esercizio delle funzioni istituzionali” [click qui]

Secondo l’”organo di governo” tale era il grado di scientifica esattezza del “Piano” e dell’”Elenco” (sostanzialmente la stessa cosa) che, sottoposti al vaglio dell'acribia filologica delle “commissioni comunali”, ne sono usciti indenni:

“di seguito ad alcune osservazioni sono state apportate delle rettifiche marginali e delle correzioni di errori materiali nelle intestazioni che non modificano il contenuto del piano adottato” (il grassetto è mio, ndr) [click qui]

Ma se qualcuno, sprovvisto dell’autorevolezza istituzionale dei membri delle “commissioni comunali”, esamina quei documenti, anche senza acribia ma aiutandosi con qualche brandello di memoria del territorio, trova che le carte del “piano delle alienazioni e valorizzazioni immobiliari” danno una rappresentazione del territorio vecchia di alcuni decenni; su questa rappresentazione sono stati semplicemente appiccicati alcuni “aggiornamenti”, ma il territorio rappresentato non solo non corrisponde, in molti casi, alla situazione reale di oggi, ma nemmeno a quella rappresentata dalla cartografia aerofotogrammetrica del 2004. E per quanto riguarda gli esempi citati, essi dimostrano che non sono state fatte nemmeno le opportune verifiche della corrispondenza tra i dati catastali e la situazione reale degli immobili da mettere all’asta.

Dovrebbe essere chiaro, allora, che la sentenza della Corte Costituzionale obbliga il Comune a riapprovare il “Piano delle valorizzazioni e alienazioni” dei beni patrimoniali, ma questa volta rispettando le procedure pubbliche, ripristinate dalla sentenza, capaci di garantire una reale trasparenza; le varianti eventualmente approvate dovranno essere sottoposte al giudizio di conformità con i piani provinciali e regionali. Vale a dire che tutto il “Piano” deve essere riesaminato dall’inizio, ma sulla base di documenti redatti con abilità superiori a quelle dei peracottari!

Ma sicuramente la banda di procacciatori d’affari tenterà tutti gli escamotages possibili ed immaginabili per non fare né l’una né l’altra cosa. Né vi sono speranze da riporre nell’”opposizione”, poiché, come questo episodio dimostra per l’ennesima volta, essa è costituita da ciarlatani e da inetti, che inoltre sono conniventi con il malaffare edilizio (ma, per raccogliere voti, blaterano di “mafia a Limbiate”!). Quanto al “Comitato delle pacciade” guidato da quell’intrepido e ferratissimo angelo sterminatore della speculazione edilizia di nome Mauro Varisco, sul piano di alienazione degli immobili comunali non solo non ha avuto nulla da dire quando è stata posta in vendita un'area standard situata a 250 m da via M.te Sabotino, ma ancor meno sa dire qualcosa adesso, dopo il knock-out della recente sentenza del T.A.R. che ha bocciato il primo dei due ricorsi sul piano di recupero della Villa Medolago. Passato direttamente dalla sonnolenza post-prandiale allo stato semi-comatoso, se e quando si risveglierà avrà un grande appetito e sarà assorbito dall'organizzazione dell'ennesima mangiata.

giovedì 4 febbraio 2010

[Il popolo è veramente libero solo quando la burocrazia, trincerata dietro la muraglia della procedura e dei regolamenti, è sbattuta fuori]


Giulio Preti, filosofo e partigiano (1911-1972)


L’epurazione va adagio, troppo adagio, e mentre il popolo si sollazza a tonsurare e insultare ragazzette cretine, i maggiori responsabili (che non sono soltanto gli alti papaveri dell’ex-Repubblica Sociale Italiana) restano, con vari pretesti, ai loro posti, conservano troppi dei loro privilegi di fatto. Lo dirò francamente: si sta rivelando in molti settori responsabili una mentalità reazionaria, o per lo meno conservatrice, troppo conservatrice. La burocrazia italiana si era resa insostituibile creando nelle questioni più semplici un macchinoso apparato procedurale, che rende difficile a chi non è un tecnico la più semplice delle pratiche; eppure, in fin dei conti, tutto si potrebbe risolvere con molto buon senso e un pochino di pratica. Non sarebbe ora di iniziare un nuovo costume, proprio in questi giorni dell’insurrezione popolare? Il popolo non è veramente libero se non quando la burocrazia, trincerata dietro la muraglia inespugnabile della procedura e dei regolamenti, è sbattuta fuori e l’esecuzione della legge si svolge nella maniera il meno complicata possibile.


[Da L’esperienza insegna…, “La Provincia Pavese", anno I, n. 20, venerdì 4 maggio 1945, ora in Giulio Preti, L’esperienza insegna… Scritti civili del 1945 sulla Resistenza, a cura e con saggio introduttivo di Fabio Minazzi, Manni Editori, Lecce 2003, pp. 89-94]

mercoledì 3 febbraio 2010

[«Rubare» significa prosciugare, con l’aiuto delle leggi, le tasche a milioni di uomini e donne, in modo che essi non se ne accorgano]


Gaetano Salvemini (1873-1957)


«Rubare» nel linguaggio di Ernesto Rossi, come in quello di Luigi Einaudi, che, con scandalo dei ben pensanti, tirò giù dalla soffitta questo comandamento qualche tempo fa, non vuol dire mettere brutalmente le mani nella tasca del vicino per alleggerirla del portafoglio: operazione della quale il vicino subito si avvede, e si mette a strillare, e chi la tenta può finire al fresco. «Rubare» significa prosciugare, con l’aiuto delle leggi, le tasche a milioni di uomini e donne, in modo che essi non se ne accorgano. Questa operazione avviene continuamente, e per vie infinite come quelle della provvidenza, grazie ai provvedimenti che ministri, deputati e senatori approvano, spesso senza averli neppure letti, e grazie a funzionari sconosciuti, i quali — in combutta con chi è interessato al sullodato prosciugamento — inventano quei provvedimenti, aspettano che siano approvati dai ministri, deputati e senatori, e poi li applicano, facendo magari dir loro tutto il contrario di quanto si supponeva che dicessero.


[Da Settimo, non rubare, in “Critica sociale”, 1952, 8, pp. 466-468, poi in Opere, VIII, Scritti vari (1900-1957), a cura di Giorgio Agosti e Alessandro Galante Garrone, Feltrinelli, Milano 1969, pp. 372-377 (il brano riportato è a p. 373, ed è parte di un articolo su uno dei libri più belli di Ernesto Rossi (1897-1967), Settimo: non rubare, Laterza, Bari 1952)]


Ernesto Rossi. Nota biografica