domenica 15 novembre 2009

Rinviato a giudizio per reati ambientali e falsità ideologica in atto pubblico. Ma il Comune modifica il territorio ad uso e consumo della sua società


Parte I

Ilario Galimberti, proprietario di un gruppo commerciale con un fatturato annuo di oltre 250 milioni di euro e 500 dipendenti, presente sul territorio di Limbiate con una grande superficie di vendita (EURONICS) e con il suo quartier generale, il 29 ottobre 2009, alla fine dell’Udienza Preliminare di un procedimento per reati ambientali, è stato rinviato a giudizio avanti il Tribunale di Milano, Sezione X Penale, per il giorno 4 febbraio 2010. I reati di cui dovrà rispondere, in qualità di legale rappresentante e gestore di fatto della ditta Galimberti S.p.a. (che controlla EURONICS), sono i seguenti:

a) aver gestito rilevanti quantità di rifiuti speciali pericolosi senza autorizzazione, in particolare parecchie centinaia di elettrodomestici usati (frigoriferi, lavatrici e televisori) e non bonificati al mese, che poi conferiva a soggetti non autorizzati, compresi fra i 12 per i quali era stato chiesto il rinvio a giudizio (reato di cui all’art. 51 comma 2 del D.L.vo 22/97, ora art. 256 comma 2 del D.L.vo 152/2006)[1]

b) aver omesso di compilare il formulario relativamente allo smaltimento dei rifiuti speciali pericolosi, rifiuti che invece gestiva tutti come non pericolosi con un unico cod. CER 1602004 (reato di cui all’art. 52 comma 3 del D.L.vo 22/97, ora art. 258 comma 4 del D.L.vo 152/2006[2], in relazione alla violazione dell’art. 483 del Codice Penale[3]).

L’udienza preliminare, cominciata il 27 ottobre 2008, ha avuto vari aggiornamenti, nel corso dei quali alcuni degli imputati hanno patteggiato la pena. I reati di cui è accusato Galimberti sarebbero stati commessi in Limbiate fino al 2 febbraio 2006 (teniamo a mente questa data), e per questo motivo il Comune di Limbiate è stato indicato fra le “persone offese” (le altre sono: il Ministero dell’Ambiente, la Regione Lombardia, la Provincia di Milano, il Comune di Milano, il Comune di Novate Milanese).

La Giunta Comunale di Limbiate, tuttavia, l’1/10/2008 ha deliberato di “non proporre (…) azione d’intervento [del Comune] quale parte lesa”, con la seguente “motivazione” che mistifica totalmente (cioè falsifica) la richiesta di rinvio a giudizio del P.M.:

“in quanto anche nel caso dell’eventuale accertamento di un danno ambientale lo stesso non potrebbe essere territorialmente collocato in Limbiate ma in ambito più esteso di più stretta competenza delle altre parti lese” (click here)

La frase riportata afferma che sarebbe scarsamente probabile l’accertamento del danno ambientale e cerca di suggerire del tutto abusivamente che sono stati commessi reati in un ambito non meglio precisato che comprende anche Limbiate, ma soprattutto altrove, per escludere categoricamente che il danno possa essere collocato in Limbiate. Ma la realtà è diversa: a Galimberti e ad altre ben individuate persone sono state ascritte specifiche responsabilità per specifici reati che sarebbero stati commessi in Limbiate. Gli stessi, o analoghi, reati sarebbero stati commessi anche altrove da altre persone, ma senza che fossero in rapporto di continuità territoriale e/o temporale con quelli commessi in Limbiate. In altri termini: anche altri soggetti sono stati accusati di aver gestito altrove rilevanti quantità di rifiuti speciali pericolosi senza autorizzazione, di averli conferiti ad altri soggetti non autorizzati, i quali anch’essi avrebbero omesso di compilare il formulario relativamente allo smaltimento dei rifiuti speciali pericolosi, in relazione alla violazione dell’art. 483 del Codice Penale, e li avrebbero conferiti allo stesso impianto dello stesso soggetto al quale venivano conferiti i rifiuti gestiti da Galimberti. Per questo motivo Galimberti e tutti gli altri sono inclusi nel medesimo procedimento. Ne consegue che, se per i reati commessi altrove dovesse essere riconosciuto un danno ambientale ad altri enti, esso dovrebbe essere riconosciuto anche al Comune di Limbiate, sul territorio del quale sarebbero stati commessi reati qualificabili nello stesso modo.

E quindi, quella “motivazione” manifestamente non è una vera argomentazione. La forma di una specie di responso oracolare con il quale la Giunta, confortata dal parere del Dirigente Affari Generali e Servizi alla Cittadinanza, l’autorevolissimo Avv. Micaela Curcio, avrebbe scritto in anticipo una sentenza, come se sapesse già quale sarà lo svolgimento e la conclusione del procedimento, nasconde qualcosa di assai più grave. La preoccupazione che con essa si è cercato di accreditare subliminalmente, quella di evitare al Comune un esborso inutile, non ha alcuna nobiltà. L'unica e vera preoccupazione della Giunta Comunale è stata quella di non mettersi contro qualcuno che personaggi con la struttura ossea e morale, e con lo "stile" e i precedenti amministrativi dei Romeo, Mestrone, ecc., non sono in grado di contrastare.

La decisione di non costituirsi come parte civile (con quella “motivazione”!), che ho segnalato già un anno fa (v. Una costituzione di parte civile inventata), è stata presa da una Giunta Comunale che ogni anno decide di spendere decine e decine, forse centinaia di migliaia di euro del bilancio comunale per impegnarsi in un’infinità di cause, anche in quelle nelle quali sa già che perderà. Al Comune (cioè a noi) è capitato di essere condannato a pagare anche risarcimenti di molte centinaia di migliaia di euro, solo perché un personaggio come Romeo formalmente può decidere di pagarsi con i soldi pubblici il lusso di fare il gradasso. Molti di questi contenziosi potrebbero essere evitati se, innanzitutto, l’istruzione di certi atti non fosse affidata a “funzionari”, “dirigenti” e/o “consulenti” che frequentemente dimostrano una perizia inversamente proporzionale alla quantità della loro boria; e se, in generale, la Giunta governasse con una maggiore probità amministrativa, della cui penuria si avrebbe il diritto di sospettare anche considerando solo l’enorme numero di liti nelle quali il Comune è costantemente impelagato. Un esempio (ma ve ne sarebbero molti): la Giunta, poco prima di decidere di non costituirsi parte civile in un procedimento contro il padrone di un medio impero commerciale, aveva deliberato di costituirsi quale parte lesa (e quindi di nominare un difensore, con una spesa di alcune migliaia di euro) per il recupero di danni patrimoniali che ammontavano a 837 euro (click here). Questa somma (che, beninteso, era giusto recuperare, attribuendo al recupero anche una funzione “pedagogica”) era stata quantificata su istanza del legale dei responsabili dei danni (alcuni ragazzini che avevano danneggiato una panchina e una pattumiera), ed era quindi un credito facilmente dimostrabile che si poteva recuperare con un semplice decreto ingiuntivo, la cui pratica sarebbe costata molto meno del patrocinio in giudizio. La decisione di procedere in questo modo non solo avrebbe giustificato validamente la non costituzione nel giudizio, ma avrebbe anche alleviato l’onere di questo ai genitori dei teppistelli (tutte brave persone di modeste condizioni economiche).

Potrebbe sembrare che la Giunta Comunale abbia deliberato di non costituirsi senza aver preso visione degli atti delle indagini sui reati ambientali, ma in realtà Romeo, Mestrone & C. sapevano benissimo chi c’era fra gli accusati, ed hanno sminuito coscientemente le conclusioni del Pubblico Ministero, fino a farle passare come irrilevanti per Limbiate. Si trattava invece di accuse basate sui risultati di indagini lunghe e meticolose fatte da numerosi agenti ed ufficiali di polizia giudiziaria. Il magistrato ha indicato il Comune fra le “persone offese” sulla base delle numerose prove documentali e testimoniali raccolte nel corso di queste indagini, che dimostrerebbero che i presunti reati di cui è accusato Galimberti e altri compresi fra gli imputati del procedimento sono stati commessi ripetutamente sul territorio di Limbiate. La reale consistenza dei fatti addebitati ai vari imputati, fra i quali Galimberti, in realtà è stata valutata dalla Giunta tanto attentamente… da decidere di considerarli irrilevanti.

Potrebbe accadere, dunque, che per i reati ambientali che sarebbero stati commessi in Limbiate siano condannate le persone che ne sono imputate, fra le quali Ilario Galimberti, e che il danno ambientale sia accertato, ma non riconosciuto al Comune di Limbiate, che non essendosi costituito parte civile non potrebbe chiedere alcun risarcimento. A questo bel risultato si arriverebbe grazie a Romeo, Mestrone & C. che, fra le tante (allegre) spese legali, ne decidono anche una di alcune migliaia di euro per ottenere che alcuni ragazzini teppistelli indennizzino il Comune dei danni ad una panchina ed ad una pattumiera, ma non decidono di fare i passi necessari affinché sia riconosciuto al Comune, eventualmente, un danno ambientale protrattosi sul suo territorio per molto tempo, e che per la collettività ha un valore morale, oltre che economico, di gran lunga superiore a quello di una panchina e di una pattumiera. I cittadini (fra i quali la mia famiglia) che hanno acquistato elettrodomestici da Ilario Galimberti, e gli hanno conferito quelli vecchi per lo smaltimento, hanno pagato un prezzo aggiuntivo, e lo hanno fatto convinti di affidare quei rifiuti pericolosi non all’ultimo rottamatt brianseu abusivo, ma ad un imprenditore specializzato in grado di mobilitare il know how, l'organizzazione e la tecnologia necessari per evitare all’ambiente i danni di uno smaltimento fai-da-te…

(Ma forse, per arrivare a 250 milioni di euro di fatturato, anche un medio impero commerciale deve turlupinare i cittadini-clienti e danneggiare l'ambiente!).

(segue)



NOTE

[1] Art. 256 Attività di gestione di rifiuti non autorizzata
1. Chiunque effettua una attività di raccolta, trasporto, recupero, smaltimento, commercio ed intermediazione di rifiuti in mancanza della prescritta autorizzazione, iscrizione o comunicazione di cui agli articoli 208, 209, 210, 211, 212, 214, 215 e 216 è punito:
a) con la pena dell'arresto da tre mesi a un anno o con l'ammenda da duemilaseicento euro a ventiseimila euro se si tratta di rifiuti non pericolosi;
b) con la pena dell'arresto da sei mesi a due anni e con l'ammenda da duemilaseicento euro a ventiseimila euro se si tratta di rifiuti pericolosi.
2. Le pene di cui al comma 1 si applicano ai titolari di imprese ed ai responsabili di enti che abbandonano o depositano in modo incontrollato i rifiuti ovvero li immettono nelle acque superficiali o sotterranee in violazione del divieto di cui all'articolo 192, commi 1 e 2.

[2] Art. 258 Violazione degli obblighi di comunicazione, di tenuta dei registri obbligatori e dei formulari
4. Chiunque effettua il trasporto di rifiuti senza il formulario di cui all'articolo 193 ovvero indica nel formulario stesso dati incompleti o inesatti è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da milleseicento euro a novemilatrecento euro. Si applica la pena di cui all'art. 483 del codice penale nel caso di trasporto di rifiuti pericolosi. Tale ultima pena si applica anche a chi, nella predisposizione di un certificato di analisi di rifiuti, fornisce false indicazioni sulla natura, sulla composizione e sulle caratteristiche chimico-fisiche dei rifiuti e a chi fa uso di un certificato falso durante il trasporto.

[3] Art. 483 Falsita' ideologica commessa dal privato in atto pubblico
Chiunque attesta falsamente al pubblico ufficiale, in un atto pubblico, fatti dei quali l'atto e' destinato a provare la verita', e' punito con la reclusione fino a due anni. (…)



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