domenica 28 dicembre 2008

La merda in cattedra

Salvatore Ricciardi




« Quand la merda la monta in scagn
o la spuzza o la fa dann »
[1]




Capita che nella vita ci siano faccende infinitamente più importanti e vitali (per se stessi, per i propri familiari, per le persone con le quali si fa qualcosa per combattere le cavallette che da sette anni devastano Limbiate) delle quali responsabilmente ci si deve occupare prima di trovare non solo il tempo, ma anche la voglia di sopportare il tedio di dover rispondere alle turpitudini di Campisi, la Guida e Grande Timoniere del PD di Limbiate, che ha dichiarato di non voler più rispondermi (e quando mai l’avrebbe fatto?), ma non ha omesso di prodursi nelle sue solite bassezze [v. Ultima risposta a Salvatore Ricciardi]. È necessario, comunque, ancora una volta, mettere le cose a posto. (Beninteso, non è a Campisi che mi rivolgo. Sarebbe tempo sprecato, né ho mai avuto un qualsivoglia interesse per la sua persona. Mi interessa, invece, come sa chiunque abbia avuto la pazienza di leggere ciò che ho scritto su fatti politici, la sua figura, o meglio il ruolo della sua figura pubblica qui a Limbiate).

Tralascio le scusanti patetiche e infantili che egli ha escogitato a proposito degli orari di pubblicazione dei suoi post. Tralascio anche ogni considerazione sulla pretesa di spacciare per “riepilogo” l’estrapolazione dal loro contesto di mie frasi e parole ironiche, satiriche, sardoniche, sarcastiche, ma inserite in un contesto, condivisibile o meno, sempre di tipo argomentativo, che egli considera oltraggi alla sua dignità di vestale della politica locale [v. Epilogo]. Quanto alla precisazione sul ruolo di sua moglie nel Consorzio Nord Milano, che sia insegnante o impiegata, per quello che ho scritto, non cambia nulla. Devo invece rispondere all’ennesima turpitudine con la quale egli ancora una volta tenta di infamarmi. Egli dice, infatti, che sarei stato assunto dal CNM perché gravitavo “attorno al PCI”. Ancora una volta, purtroppo, per rispondere sarò costretto a riferirmi a fatti di trenta-quaranta anni fa, ma chi avrà la pazienza di leggere avrà altri elementi per capire come mai, ogni volta che critico fatti e personaggi pubblici senza adeguarmi all’orrendo costume di parlare male solo dei nemici tacendo le colpe e le connivenze dei (presunti) loro avversari, ciò fa venire l’itterizia a Campisi, che di certi fatti è responsabile e di certi personaggi è diretto ed esemplare erede, mentre di altri fatti e di altri personaggi è rispettivamente corresponsabile e complice politico. E regolarmente perde il lume della ragione e non si nega nessuna bassezza, nessuna viltà.


Io sono uscito dal PCI sbattendo la porta nell’autunno del 1969 (quello che poi fu chiamato ”caldo” e che per molti, che pure allora erano già adulti, solo dopo divenne un patrimonio mitologico appreso, ma nient’affatto vissuto), quando Campisi non era ancora nato. Da tempo criticavo la linea politica nazionale del partito e il modo in cui questo era diretto qui a Limbiate, e non ero il solo. In quel periodo importantissimo, non solo nella storia delle lotte politico-sociali italiane, ma nella storia italiana del Novecento tout-court, io, come altre migliaia e migliaia di giovani militanti in tutta l’Italia, mi svegliavo presto per andare a fare lavoro politico, spesso in fraterna collaborazione con sindacalisti della CGIL, davanti ad alcune fabbriche locali. Un pomeriggio, in una riunione di partito, constatai per l’ennesima volta quanto fosse effettivamente profonda la preparazione del piccolo notabile locale di allora. Costui, uno spiantato (e, come seppi molti anni dopo, un ex fascista che aveva fatto imprigionare alcuni partigiani, uno dei quali è ancora vivo) che coltivava l’ambizione di sistemarsi facendo il funzionario di partito, rispondeva sempre con sprezzante sufficienza alle mie sollecitazioni a mobilitare il partito per contribuire davvero all’organizzazione delle lotte di quel periodo. Per dimostrare la sua preparazione aveva l’abitudine di copiare quasi integralmente gli articoli di fondo dell’”Unità”, che poi faceva passare per relazioni di suo pugno. Il desolante imbroglio era davvero facile: pochissimi, nel corso della settimana, compravano il “giornale degli operai e dei contadini” fondato da Antonio Gramsci; quasi tutti lo compravano solo con la diffusione domenicale. Nonostante il fastidio deprimente che provavo, intervenni criticando l’indifferenza per le lotte operaie, in quei giorni particolarmente acute anche qui a Limbiate, ma mi fu impedito con la forza di continuare a parlare. La goccia fece traboccare il vaso: rinfacciai al misero notabile il suo “stile di lavoro”, qualificai la risposta violenta al dissenso interno per quello che era: un metodo da squadristi, e me ne andai.

Questa rottura non influì, tuttavia, sui rapporti di amicizia con alcuni militanti di base non “in carriera”, della cui (reciproca) stima continuai e continuo a godere. Ma è ovvio che il mio ininterrotto interesse, anche nell’ambito dei miei studi, per quell’importantissimo fenomeno storico-politico, culturale e umano che era il PCI (continuai a leggere assiduamente “l’Unità”, “Rinascita” e “Critica marxista” fino ai primi anni Novanta), e i rapporti cordiali che conservai con alcuni suoi militanti, non possono essere compresi nei termini giusti da chi ha gli spaventosi limiti spirituali e mentali, l’incultura e l’antropologia gesuitico-stalinistica di un minuscolo notabile di paese come Campisi, che è stato allevato in batteria e con mangimi OGM in un partito che ha cambiato diversi nomi (PCI, PDS, DS, PD), ma i cui dirigenti non hanno mai cambiato la loro prassi corrotta, come hanno dimostrano (ma non ve n’era bisogno) anche i fatti portati alla luce in queste ultime settimane.

Ho cominciato a lavorare nel CFP di Limbiate nel 1978, quando Campisi aveva 6-7 anni, ben prima della fondazione del Consorzio per la Formazione Professionale Nord-Milano, che fu creato diversi anni dopo unificando scuole di diversi comuni, fra le quali quella di Limbiate, ed ereditandone tutto il personale. All’epoca, e per diversi anni ancora, il PCI locale si disinteressava totalmente della formazione professionale. Alla fondazione del CNM, la presidenza… figurativa fu sì assegnata a una tizia del PCI di un altro comune, ma solo per ragioni di proporzionalità lottizzata, che doveva essere rispettata, per l’appunto, almeno figurativamente. Costei, infatti, manifestamente non capiva nulla di formazione professionale e nei fatti, finché vi restò, nel CNM contò sempre meno del due di picche. In ogni modo era, e restò, per me del tutto sconosciuta, anche nell’aspetto (la sede della presidenza del CNM in quegli anni non era a Limbiate).

I miei rapporti con i “dirigenti” locali del PCI nel periodo compreso tra la fine degli anni Settanta e l’inizio degli Ottanta possono essere illustrati dai fatti seguenti. Era l’epoca delle costruzioni su aree di proprietà pubblica cedute in comodato a cooperative create ad hoc e legate ai “partiti di massa” (PCI, PSI, DC). I finanziamenti erano distribuiti dalla Regione Lombardia, ma non alle cooperative costituite da lavoratori senza casa, bensì, tramite le grandi federazioni di cooperative di abitazione (ognuna legata ad un partito), direttamente alle ditte costruttrici. Nessuna cooperativa, e nemmeno un gruppo di cooperative, avrebbe mai potuto ottenere i finanziamenti pubblici se si fosse collocata al di fuori di questo meccanismo lottizzante e corrotto, che il Comune di Limbiate (allora in mano a PCI e PSI) si guardava bene dal mettere in discussione.

Ora, quali erano le conseguenze di questo meccanismo? Che, per esempio, le casette prefabbricate costruite per una cooperativa locale del PCI costavano ai soci molto (anche tre volte) più di quanto quelle casette, costruite con quei materiali e con quelle modalità, sarebbero costate sul mercato se le cooperative assegnatarie dei terreni e dei finanziamenti avessero potuto contrattare autonomamente con una ditta costruttrice.

Io mi resi conto di questa forma di corruzione inizialmente quasi per caso. Visitando un compagno e amico constatai che, per i materiali usati, per le dimensioni e per la disposizione dei locali, le casette prefabbricate, nonostante qualche tentativo di abbellimento, erano manifestamente brutte e scadenti. I prezzi che mi furono comunicati anche da altri che le avevano acquistate mi sembravano esagerati. Ne parlai con un affermato e onestissimo professionista del PCI, presidente (in un altro comune vicino) di una storica cooperativa edificatrice del PCI che allora ormai da molti anni non costruiva più niente. Questo professionista progettava e realizzava come privato interventi edilizi in autonomia dai partiti, lontano dalla nostra zona ma sempre nell’hinterland di Milano, e quindi aveva, tra l’altro, larga e profonda esperienza del mercato edilizio e dei finanziamenti che si potevano ottenere dalle banche anche senza la copertura dei fondi pubblici. Egli, listino prezzi alla mano, mi mostrò quali fossero sul mercato i prezzi reali, “chiavi in mano”, di quel tipo di casette, e quali fossero i tassi d’interesse che le banche praticavano per i finanziamenti a imprenditori privati che realizzavano lo stesso tipo di intervento. Quei tassi erano notevolmente inferiori a quelli che invece dovevano pagare i soci delle cooperative del PCI obbligati a rivolgersi esclusivamente a determinate ditte che erano scelte dalle grandi federazioni di cooperative di abitazione (nel caso in questione, da quella che in Lombardia era dominata dal PCI). Ecco perché, a conti fatti, in alcuni casi quelle casette costavano agli acquirenti due e anche tre volte più dei reali costi di mercato. Si trattava di uno dei tanti meccanismi approntati e gestiti dai grandi “partiti di massa” per spartirsi la torta dei finanziamenti pubblici per l’edilizia popolare.

Mi capitò di dire queste cose in pubblico, addirittura mentre ero seduto ad un tavolo di una festa dell’”Unità”. Uno dei presenti, assessore del PCI, si alzò stringendo i pugni e spostando il busto in avanti per urlarmi, rosso in viso e letteralmente schiumando bava: “Chi dice queste cose è un democristiano, oppure un fascista, oppure un mafioso!”. Un altro personaggio, assai più pacato, e che per il suo mandato ben conosceva certi procedimenti amministrativi regionali, tentò invece di convincermi che la cosa era la più normale di questo mondo e, anzi, mi spiegò meglio il meccanismo che criticavo!

Pochi anni dopo, scoppiarono varie vicende che provocarono molte denunce incrociate alla magistratura, che coinvolsero molti dirigenti delle cooperative locali legate al PCI (e almeno un assessore). Ancora qualche altro anno dopo, le vicende venute alla luce con l’inchiesta “Mani pulite”, dimostrarono quanto certe pratiche fossero diffuse anche nel PCI, il quale avrebbe dovuto (ma ancora ne avrebbero l’obbligo i suoi eredi) fare un monumento a quel Primo Greganti che, unico, non parlò di fronte ai giudici e quindi non avviò quell’”effetto domino” che fece crollare altri partiti. Adesso Campisi, che della storia del suo partito conosce solo qualche brandello della vulgata agiografica e propagandistica, pretende di invocare lo spirito di “Enrico”… [v. Questione morale] “Ma mi faccia il piacere!”, direbbe il Principe Antonio De Curtis).

Certo, Campisi preferirebbe che le responsabilità sue e del suo partito non fossero ricordate, né quelle vecchie, i cui responsabili sono ancora in campo, né quelle più recenti, delle quali è responsabile anche lui, e che si prendessero in considerazione solo le fanfaluche che egli produce con le sue recite da leader che “porta la responsabilità di un grande partito”…, ma questi sono solo pii desideri di un politicante da strapazzo. Egli si vanta di fare politica (quella che per lui è la politica) “ormai da quindici anni”, ma non ha ancora imparato (ma cosa si può imparare se si fa “politica” solo stando rinserrato nella sala del consiglio comunale?) che solo i fatti veri sono “la politica”, e non le fanfaluche, non le autorappresentazioni vanagloriose.

Costui, che sarà cattolicissimo ma nient’affatto cristiano, dopo avermi psichiatrizzato a distanza nel cuore della notte, decretando che denoterei “un evidente comportamento isterico compulsivo”, ora vorrebbe farmi da precettore spirituale per insegnarmi “a stare al mondo”. A me pare, invece, che la citazione che riporto in nota gli si attagli perfettamente.




[i] "« Quand la merda la monta in scagn » dice la versione piacentina di un vecchio proverbio « o la spuzza o la fa dann ». Il riferimento originario era alle classi basse che cominciavano a emergere, occupando posizioni prima riservate alla nobiltà e alla borghesia: da che ho memoria, l’ho però sempre sentito usare solo contro la bassezza morale (così come « canaglia », un tempo spregiativo classista). Quando i cialtroni gli incapaci i ladri (« la merda ») montano in cattedra (« scagn », scanno), o puzzano o fanno danno. Dove la congiunzione o non ha propriamente valore disgiuntivo, alternativo. Di fatto, la merda e puzza e fa danno. Io l’intendo così, che i cialtroni ecc. sono nocivi, rovinosi, ma se anche per avventura non lo fossero, sempre puzzano: sono un pessimo spettacolo; un’offesa, quanto meno, per il naso.


Ovvio il succo. Quella che a me pare straordinaria è l’immagine della « merda che monta in cattedra ». Intanto, la riduzione sintetica a merda di diversi disvalori: ignoranza e boria, idiozia e disonestà, incompetenza, villanìa, prepotenza... E poi questa merda - questa che è soltanto, nient’altro che merda - che ascende e s’impanca, e dal posto elevato che ha raggiunto pretende di insegnare e comandare e imporsi come modello...” (Piergiorgio Bellocchio, La merda in cattedra, in “ Diario “, a. VIII, n. 10, giugno 1993, pp. 49-50; ora in Al di sotto della mischia. Satire e saggi, Libri Scheiwiller, Milano 2007, pp. 169-170. La parafrasi del celebre titolo Au-dessus de la mélée di Romain Rolland – autore amatissimo dal giovane Gramsci, è di Norberto Bobbio [ibidem, p. 180]).



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lunedì 22 dicembre 2008

Il gioco delle tre carte: far sparire 5.862 mq di aree standard per far perdere alla cassa pubblica 1.406.880 euro e farli guadagnare ai palazzinari

Salvatore Ricciardi



Sarà capitato a molti di osservare nelle più affollate stazioni della metropolitana l’abilità di certi delinquentucoli che, spostando a velocità ridotta tre carte su un tavolinetto, danno a chi si ferma ad osservarli l’illusione di riuscire a seguire gli spostamenti della carta vincente. Però gli illusi che fanno delle puntate perdono regolarmente: nella posizione nella quale credono che sia finita la carta vincente ne scoprono un’altra. Ma si tratta di un gioco tutto sommato modesto e ormai preistorico. Nella metropolitana c’è solo un sottoproletario che per sbarcare il lunario maneggia tre sole carte, e per coprire i suoi trucchi si serve di un’abilità esclusivamente manuale. Costui, inoltre, è aiutato solo dall’iterazione ossessiva di pochissime parole per stordire un po’ chi vuole farsi abbindolare, da un paio di compari che fanno finte puntate vincenti per convincere i gonzi a tentare il gioco, e da un altro paio che stazionano nei pressi, con la funzione di “palo”, per avvertire in tempo dell’arrivo della polizia.


Il gioco delle tre carte in versione sofisticata

Altre versioni del gioco delle tre carte sono assai più sofisticate, ma ne conservano, tuttavia, la sostanza originaria. Ovviamente, quando il gioco è praticato in una di queste versioni non ci si colloca a Cadorna FN nell’ora di punta, bensì in uffici pubblici e studi professionali discreti, comodi e ovattati, dove non servono né i compari che fanno puntate finte, né i “pali” per avvertire dell’arrivo della polizia, perché questa quasi mai arriva. Né, per tenere il banco, ci si affida ad abilità esclusivamente manuali e al concorso di alcuni sottoproletari. Servono piuttosto giocatori che siano in possesso di titoli accademici e che svolgano professioni che godono di grande apprezzamento sociale. Non si usano tre carte da gioco da spostare velocissimamente su un tavolinetto, ma ci si serve di carte più grandi che riempiono diversi faldoni e sono piene di termini presi da due o tre linguaggi settoriali, di grafici, di disegni, di decine e decine di segni e simboli uno più criptico dell’altro. A differenza del vecchio gioco delle tre carte, in questo gioco si fa largo uso (e abuso) di norme, leggi, regolamenti uno più lungo, complicato e astruso dell’altro.

Nel gioco delle tre carte nelle stazioni della metropolitana perde solo chi è tanto sciocco da parteciparvi. In certe versioni sofisticate del gioco, invece, i perdenti sono moltissimi, anche un’intera collettività di cittadini, i quali perdono anche se non hanno partecipato al gioco, e spesso nemmeno sanno di aver perso, e quanto, perché tutto è coperto dal segreto almeno di fatto delle procedure dell’”apparato” amministrativo pubblico, magari guidato da uno che è stato tangentista e poi reo confesso e condannato, come il dottor Gennaro Cambria, Segretario Generale del Comune di Limbiate [1]. Se poi fra i cittadini perdenti qualcuno comincia ad avere qualche sospetto, tutto l’altro apparato, quello politico, si mobilita per fargli credere che no, al contrario!, ha ottenuto meravigliosi “benefici” sotto forma di mattonelle auto-bloccanti e cordoli prefabbricati! Glielo assicurano, per esempio, alcuni piazzisti dallo stile aiazzonico-berlusconiano travestiti da assessori e da sindaci [v. http://it.youtube.com/watch?v=M8YZmBFqnIU], che si appoggiano all’autorità delle funzioni e dei titoli di funzionari e consulenti che proclamano, anche per iscritto, che certe speculazioni edilizie migliorano la vita dei cittadini e accrescono il patrimonio comunale di nuove superfici “a standard” (di aree, cioè, destinate a funzioni pubbliche).

In questa opera di persuasione si è distinto anche il “Nucleo di Consulenza per la valutazione dei Programmi Integrati d’Intervento” composto dall’avvocato Pietro Carlo Sironi, dall’architetto Antonio Ricciardi (non è mio parente e nemmeno lo conosco!) e dall’architetto Franco Zinna (a quel tempo responsabile del Settore Tecnico del Comune di Limbiate), che al prezzo di (non si sa quante ma sicuramente molte) migliaia di euro ha espresso la sua “valutazione” del P.I.I. di Via Monte Sabotino in ben 9 righe (formule di circostanza comprese), con le quali ha affermato:

a) “si ritiene che l’intervento consente di migliorare l’utilizzo delle aree a standard previste dal P.R.G., di riqualificare importanti tratti di viabilità primaria, nonché di acquisire nuove superfici a standard al patrimonio comunale”;

b) “si sottolinea l’aspetto di permeabilità futura verso il Parco delle Groane mediante la previsione di attraversamenti ciclo-pedonali in sicurezza”.

Ora, che non si possa “migliorare l’utilizzo delle aree a standard ecc.” se esse vengono totalmente coperte da costruzioni private; che per “riqualificare importanti tratti di viabilità primaria”, attualmente in ottimo stato, non è necessario fare un P.I.I. su un’area destinata dal P.R.G. a verde pubblico attrezzato; che “l’aspetto di permeabilità futura verso il Parco delle Groane mediante la previsione di attraversamenti ciclo-pedonali in sicurezza” è una “previsione” che il progetto del P.I.I. non giustifica affatto, ed è quindi una balla grande come il Duomo di Milano, poiché non è giustificata nemmeno da due tronconi di strada cieca che da strade urbane portano ad autorimesse private – tutte queste sono obiezioni facili e immediate.

Sembra meno facile, invece, rendersi conto e dimostrare che l’”acquisizione” di “nuove superfici a standard al patrimonio comunale” è una balla ancora più grande, e che questa balla nasconde un consistente danno erariale. Infatti, se si va a verificare quale sarebbe l’estensione delle “nuove superfici a standard“ che avrebbero aumentato il “patrimonio comunale” ci si imbatte in alcune addizioni e sottrazioni (volutamente) confuse, che tuttavia possono essere seguite con più calma di quanto si possa seguire il gioco delle tre carte nelle stazioni della metropolitana – e alla fine il trucco salta fuori.


Partiamo dall’art. 90, comma 1, della Legge Regione Lombardia n. 12/2005 che stabilisce:

“I programmi integrati di intervento garantiscono, a supporto delle funzioni insediate, una dotazione globale di aree o attrezzature pubbliche e di interesse pubblico o generale, valutata in base all’analisi dei carichi di utenza che le nuove funzioni inducono sull’insieme delle attrezzature esistenti nel territorio comunale, in coerenza con quanto sancito dall’articolo 9, comma 4”.

Se il Comune è dotato del piano dei servizi, è in relazione alle previsioni di tale strumento che si deve valutare l’incidenza dei carichi di utenza. Se questo strumento manca, come nel Comune di Limbiate, e se si incide, come avviene nella fattispecie, su aree destinate a standard, il criterio da seguire resta quello di cui all’art. 6, comma 3, della l. r. n. 9/99:

“Qualora il programma integrato abbia ad oggetto aree in tutto o in parte destinate ad attrezzature pubbliche o di uso pubblico e ne preveda una differente utilizzazione, esso deve assicurare il recupero contestuale della dotazione di spazi pubblici in tal modo venuta meno”.

Lo stesso criterio è espresso dal “Documento di inquadramento”, ai sensi del quale, per le aree a standard in cui potrà essere prevista la collocazione di un P.I.I., occorre assicurare

“oltre alla quota minima determinata in base alle disposizioni legislative vigenti, anche il recupero della dotazione di standard in tal modo venuta meno “ (punto 5.4 del “Documento”)

Orbene, il P.I.I. in questione prevede di insediare 230 nuovi abitanti in un’area la cui superficie era quasi per intero destinata a standard. Quest’area, quindi, dovrebbe essere recuperata (anche altrove), oppure non ceduta dall’operatore privato ma pagata (“monetizzata”) al comune secondo il valore di mercato. A questa superficie “da recuperare”, quanta superficie standard, indotta da questi 230 nuovi abitanti, dovrebbe essere aggiunta (vale a dire ceduta gratuitamente al comune o monetizzata)?

La "Relazione Tecnica" del progetto del P.I.I. della società Marzaiola S.r.l. (alla quale è poi subentrata la SAN INVEST S.r.l), firmata dall’architetto Andrea Milella, a questo proposito presenta alcuni conteggi alquanto funamboleschi, e inoltre disposti in un modo che non ne favorisce la comprensione.

Ma vediamo: nella tabella 1 di pagina 1, è riportato che l’azzonamento del P.R.G. vigente al momento dell’approvazione del P.I.I., per le attrezzature collettive indicava la superficie di mq 13.629 [2] (quindi da recuperare), mentre nel testo, a pagina 5, a proposito dello standard indotto, la relazione dice che

“la superficie minima di urbanizzazione calcolata utilizzando lo standard per abitante, determinato dal Comune in mq 34,16, è la seguente:

ab. 230 x mq 34,16 = mq 7.856,8 arrotondati a mq 7.857 [3].

Il fabbisogno complessivo del P.I.I. è quindi pari a

13.629 mq (standard pre-esistente) + 7.857 mq (standard indotto) = 21.486 mq

Questo fabbisogno di aree standard è soddisfatto per una parte con la cessione, e per la restante con la monetizzazione.

Per la cessione l’art. 8 punto 1 della “Convenzione” stabilisce che

“per il soddisfacimento dello standard richiesto dal Programma Integrato di intervento, si rende necessario il reperimento di aree per una superficie complessiva di mq 7.857”

e pertanto,

“la società SAN INVEST S.r.l. (…) si impegna a cedere gratuitamente al COMUNE DI LIMBIATE le aree della superficie complessiva di mq 5.105, ecc.”

destinate al soddisfacimento degli standard nell’ambito del perimetro che individua le aree interne.

Poiché nella convenzione non sono stabilite altre cessioni di aree da destinare a standard, la superficie residua (standard preesistente da recuperare + standard indotto) da monetizzare, è (sarebbe) pari a 16.381 mq (21.486 mq — 5.105 mq).

Nella “Convenzione” attuativa, però, la monetizzazione è calcolata per una superficie minore. Infatti, a quanto ammontano le monetizzazioni che vi sono stabilite? L’”Articolo 9 - Monetizzazione” della “Convenzione”, al punto 1 ne indica solo due:

- la monetizzazione della “restante quota di aree per urbanizzazione secondaria”, mq 2.752 (differenza fra mq 7.857 e mq 5.105);
- la monetizzazione dello “standard qualitativo richiesto dal Programma Integrato d’Intervento”, per una superficie di mq 7.767 [4].

Se facciamo la somma mq 2.752 + mq 7.767 otteniamo il

totale delle aree standard monetizzate: 10.519 mq < 16.381 mq.


Come far sparire più di mezzo ettaro di terreno...

Della restante parte di mq 5.862 (differenza fra 16.381 mq da monetizzare e 10.519 mq effettivamente monetizzati) nella “Convenzione” non vi è più traccia, né sotto forma di aree monetizzate, né sotto forma di aree cedute gratuitamente al Comune. Per ritrovarne una, seppure solo “virtuale”, dobbiamo ritornare ai calcoli funamboleschi della relazione tecnica, dove nella tabella 3 di pagina 2 troviamo una “variante proposta” di “area (con) destinazione pubblica” di mq 5.862, ottenuta sommando:

- mq 757 destinati a viabilità, che non potrebbero essere conteggiati negli standard!;
- mq 5.105 di superficie già calcolati come area da cedere per urbanizzazione secondaria.

Ed eccolo qui, il trucco: un’area “virtuale” di mq 5.862 viene sottratta dalla preesistente area destinata a standard di mq 13.629, per ottenere una presunta “riduzione di (soli) mq 7.767 della superficie con destinazione pubblica” da compensare “con la corresponsione della somma definita dalla Convenzione di attuazione del P.I.I.”.

Ma in questo modo, con una sorta di “gioco delle tre carte” da stazione della metropolitana,
i 5.105 mq che erano già stati sottratti una prima volta dallo standard indotto, sono stati sottratti di nuovo dallo standard pre-esistente!!!


...per far guadagnare un sacco di soldi ai palazzinari

Più che di prestidigitazione, si tratta di vera magia! Infatti: mentre la monetizzazione della “restante quota di aree per urbanizzazione secondaria” (2.752 mq) e dello “standard qualitativo richiesto dal Programma Integrato d’Intervento” (7.767 mq), è stata calcolata, seppure al ribasso, sulla base di perizie commissionate e preparate “ad hoc” che hanno stabilito del tutto abusivamente il valore di 60,25 €/mq, per la parte dell’area a standard pre-esistente e da monetizzare, semplicemente non è stato necessario nessun calcolo al ribasso da dover “giustificare” con perizie compiacenti, perché l’area è stata fatta… sparire. È bastato un giochetto aritmetico un po’ più abile ma della stessa natura di quello delle tre carte nelle stazioni della metropolitana, dove l’abilità manuale di chi tiene il banco consiste solo nel creare l’illusione che la carta vincente si trovi in una certa posizione, mentre immancabilmente si trova in un’altra. Qui la “carta” vincente, ovverosia un’area di 5.862 mq (più di mezzo ettaro!), che doveva essere ceduta o monetizzata, letteralmente è stata fatta sparire dal ”banco”.

L’imbroglio è mascherato con i calcoli funamboleschi delle tre tabelle contenute nella pagina 2 della “Relazione Tecnica”!

In questo caso, però, non si è trattato di alcune decine di euro perdute da un singolo gonzo di passaggio. Secondo il calcolo che sembrerebbe corretto alla luce dell’articolo 46, comma 1, lettera a. della Legge Regionale n. 12/2005
[5], vale a dire tenendo conto del valore venale delle aree edificabili stimato dal Comune di Limbiate come base per il calcolo dell’I.C.I (240 €/mq), con il funambolismo aritmetico di cui sopra alla cassa pubblica è stato causato un danno calcolabile nel modo seguente:

mq 5.862 x 240 € = 1.406.880 €.

Questo danno si aggiunge agli altri già indicati a suo tempo [v.
Chi è stato beneficiato da chi con il P.I.I. di Via Monte Sabotino]. Vale la pena di riepilogarli, ricordandosi anche di confrontare il prezzo della vendita del terreno comunale (105 €/mq) con quello di un’altra vendita, quella del terreno della Marzaiola S.r.l. avvenuta presso lo stesso notaio un’ora e venti minuti prima che il Comune di Limbiate e la SAN INVEST S.r.l (subentrata alla Marzaiola S.r.l) sottoscrivessero la Convenzione che, fra l’altro, ha stabilito questi danni. La Marzaiola S.r.l. (che aveva proposto e concordato il P.I.I. con il Comune) è uscita dall’affare vendendo alla SAN INVEST S.r.l un terreno di circa 8.497 mq., posto in buona parte al di sotto del piano stradale (fino a oltre 3 m.), solo parzialmente suscettibile di utilizzazione edificatoria, praticamente intercluso ma attiguo al terreno comunale - che invece è in piano, al livello delle strade circostanti e totalmente suscettibile di utilizzazione edificatoria - per la… modesta cifra di 5.800.000,00 €, ovvero per 682,59 €/mq!


Come realizzare sovrapprofitti senza investire un centesimo.
Riepilogo dei danni erariali provocati con il P.I.I. di Via Monte Sabotino


1) Vendita del terreno comunale:

- prezzo "convenuto": (105 € x 5.759,08 mq) = 604.703,40 €;
- prezzo secondo la stima a suo tempo approvata dal Comune:(240 € x 5.759,08 mq) = 1.382.179,20 €;
- risparmio regalato all'operatore privato: 777.475,80 €.

2) Monetizzazione delle aree per gli standard di urbanizzazione secondaria:

- monetizzazione "convenuta": (60,25 € x 2.752 mq) = 165.808,00 €;
- monetizzazione secondo la stima del Comune:(240 € x 2.752 mq) = 660.480,00 €;
- risparmio regalato all'operatore privato: 494.672,00 €.

3) Monetizzazione degli standard qualitativi:

- monetizzazione "convenuta": (60,25 € x 7.767 mq) = 467.961,75 €;
- monetizzazione secondo la stima del Comune:(240 € x 7.767 mq) = 1.864.080,00 €;
- risparmio regalato all'operatore privato: 1.396.118,25 €.

4) Costo dell'esproprio per opere di urbanizzazione secondaria

(ma in realtà solo primaria) accollato al Comune
(= risparmio regalato all'operatore privato) : 219.864,30 €.

5) Oneri di urbanizzazione primaria non versati: 141.910,00 €.

6) Oneri di urbanizzazione secondaria non versati:
493.580,00 €.


Totale dei regali all'operatore privato (e danno per la cassa pubblica) : 3.303.756,05 €.


Nella convenzione sono indicate una serie di opere di urbanizzazione primaria e secondaria “in eccesso”, che non sono scomputabili, per un valore presunto di 1.481.964,62 €. In ogni caso, all’operatore privato questi lavori costerebbero, nei fatti, la metà. Ma l’esame del computo metrico estimativo dimostra che si tratta quasi esclusivamente di opere di urbanizzazione primaria, e pertanto sarebbe scomputabile solo la parte di opere pari al valore degli OO.UU. 1 calcolati secondo la tabella comunale: 141.910 €. Pertanto, il danno erariale effettivo dovrebbe essere calcolato nel modo seguente:

3.303.756,05 € - 141.910,00 € = 3.161.846,05 €
,

che sommati a 1.406.880 € sottratti “virtualizzando” parte delle aree standard pre-esistenti darebbe come risultato un

danno per la cassa pubblica di 4.568.726,05 €.

Vale a dire che la SAN INVEST S.r.l, prima ancora di posare il primo mattone di una costruzione per la quale, secondo il “Piano finanziario” del P.I.I., sono previsti investimenti per 15.020.190 € e utili per 1.816.174,09 €, ha già realizzato un utile preventivo di 4.568.726,05 €!


Note:

[1] V. i seguenti articoli del “Corriere della sera”, da me reperiti e segnalati, alcuni mesi fa, ad alcuni consiglieri. L’invereconda Guida e Grande Timoniere del PD locale, Campisi, cementificatore fallito e connivente, li usò, senza citare chi aveva fatto la ricerca, per la sua solita grottesca autorappresentazione di “fustigatore” della politica limbiatese.

esproprio lumaca. davanti al giudice il comune di Pieve;
espropri a Pieve Emanuele, assolto Sardella;
arrestato Maurizio Ricotti signore delle grandi opere;
Pieve, ex sindaco " pentito " svela il giro mazzette;
il paese delle bustarelle;
piovono manette a Pieve;
Pieve raggiunge quota 36 arresti;
Pieve, fuga da Tangentopoli;
nuova bufera su Pieve. sequestrati i contratti di gas, mense e rifiuti;
folla di tangentomani;
Tangentopoli scende a patti;
Ex colonnello finisce in manette. anche la guardia di Finanza nella Tangentopoli di Legnano;
Dalle mazzette al traffico di scorie.

[2] Il dato è riportato, oltre che nella relazione tecnica, pag. 1, anche in molti altri documenti del P.I.I., fra i quali la convenzione attuativa, art. 8.

[3] Per il calcolo dello standard indotto dal P.I.I. si è fatto riferimento ai parametri del piano regolatore, piuttosto che ai minimi di legge, in quanto il documento di inquadramento espressamente prevede che ‘fino all’approvazione del Piano dei Servizi le aree da cedere o da asservire ad uso pubblico non possono essere quantifìcate in misura inferiore a quanto stabilito dal vigente PRG”.

[4] Il paragrafo che vi è dedicato come “giustificazione” è un autentico capolavoro d’incongruenza e di fumosità. “Ai sensi dell’art. 90, comma 4 della L.R. 12/2005 e del Documento d’Inquadramento del Comune di Limbiate si dà atto che il soddisfacimento dello standard qualitativo richiesto dal Programma Integrato di Intervento produce una diminuzione di standard del P.R.G. vigente pari a mq. 7.767,00 e pertanto il valore a mq. stimato dalla perizia sopra citata di un’area destinata a standard risulta pari a Euro 60,25/mq ". Innanzitutto il riferimento all’ art. 90, comma 4 della L.R. 12/2005, è alquanto incongruo, poiché, in realtà, oggetto di quell’articolo sono le condizioni per l’ammissibilità della (eventuale) monetizzazione; poi, il P.I.I. richiede in realtà un aumento di standard; infine, dalle “premesse” (chiamiamole così) che precedono non “risulta” affatto “il valore a mq. stimato dalla perizia sopra citata di un’area destinata a standard pari a Euro 60,25/mq”, poiché il calcolo del valore monetizzato degli standard deve seguire le prescrizioni dell’art. 46, comma 1, lettera a. della Legge Regionale n. 12/2005 (v. la nota n. 5).

[5] ”Qualora l'acquisizione di tali aree non risulti possibile o non sia ritenuta opportuna dal comune in relazione alla loro estensione, conformazione o localizzazione, ovvero in relazione ai programmi comunali di intervento, la convenzione può prevedere, in alternativa totale o parziale della cessione, che all'atto della stipulazione i soggetti obbligati corrispondano al comune una somma commisurata all'utilità economica conseguita per effetto della mancata cessione [sott. mia; ndr] e comunque non inferiore al costo dell'acquisizione di altre aree”.

[6] Per le fonti delle cifre:

- 105 € x 5.759,08 mq = 604.703,40 : l’ormai famigerata perizia della ditta Bensi;
- 240 €: è la stima del valore delle aree edificabili approvata dal Comune per il calcolo dell’ I.C.I. 2007 e 2008 (delibera C.C. n. 2 del 27/02/2007; delibera C.C. n. 17 del 02/04/2008);
- 60,25 € x 2.752 mq = 165.808,00 : atto notarile “Convenzione…P.I.I.… Via Monte Sabotino" del 10/06/2008, art. 9;
- 60,25 € x 7.767 mq = 467.961,75 €: ibidem;
- 219.864,30 €: ibidem, art. 4;
- 141.910,00 €: ibidem, art. 11, e tabella comunale OO.UU. primaria;
- 493.580,00 €: ibidem, art. 11, e tabella comunale OO.UU. secondaria;
- 1.481.964,62 €: ibidem, art. 11.


domenica 30 novembre 2008

Fancazzista anche di notte, sbarella all’ora del lupo*

Salvatore Ricciardi



Michelangelo, psichiatra

Una trentina d’anni fa, quando l’antipsichiatria era anche una moda culturale (ma, per questo aspetto, già declinante), a Limbiate viveva P. Aveva letto, forse, qualche pagina de L’istituzione negata [1], una raccolta di saggi scritti da psichiatri e studiosi della corrente che aveva come principale esponente Franco Basaglia. Nel libro veniva discussa, tra l’altro, la funzione sociale repressiva dell’istituzione psichiatrica, anche con riferimento all’esperienza della comunità terapeutica dell’Ospedale Psichiatrico di Gorizia. P. non era granché loquace, ma, se parlava, qualunque fosse l’argomento inevitabilmente ne dava un’interpretazione “psichiatrica” e “anti-repressiva”. Un giorno aggiunse, sotto il nome P. posto sulla porta dell’appartamento in cui viveva da solo (ma pare che avesse dimenticato una moglie in qualche angolo del Sud), la scritta “psichiatra”. La lasciò lì per qualche tempo, poi la tolse e si mise a fare il pescivendolo. Dopo qualche anno di commercio, P. vendette l’attività. Ormai da molto tempo non si vede più in giro.

Non si sa se Michelangelo Campisi abbia letto quel libro, che da tempo è una rarità bibliografica [2]. Ma egli con il suo partito ha celebrato i trenta anni della legge 180 e la figura di Franco Basaglia, e forse per questo crede di aver ottenuto l’abilitazione a fare lo psichiatra. Sembra però che del pensiero di Franco Basaglia, che aveva evidenti (e anche dichiarati) risvolti politici eversivi, non abbia colto nemmeno quel poco che ne aveva colto P. Incurante di qualsiasi coerenza con il pensiero e l’opera di chi aveva celebrato di giorno, ha poi optato di notte per la funzione repressiva e di controllo sociale della psichiatria. Poche ore dopo quella celebrazione ha formulato una diagnosi a distanza, con la quale ha certificato che il sottoscritto “denota un evidente comportamento isterico compulsivo” [v. Salvatore salva tutti].

Si noti l’orario di pubblicazione: le 3:48 antimeridiane! Si sarà svegliato all’improvviso con l’impulso di scrivere la diagnosi? Oppure, insonne, l’avrà lungamente elaborata? Chissà. Fatto sta che costui, in piena notte, invece di dormire o di dedicarsi a qualche sollazzevole attività coniugale, sta sveglio per certificare urbi et orbi che il sottoscritto è affetto da un grave disturbo del comportamento! Egli ama le citazioni in latino; come non dedicargli la seguente: De te fabula narratur?

Responsabile dello sfascio di Limbiate

La “diagnosi”serve a Campisi per rispondere agli “insulti” che il sottoscritto, in questo “spazio web”, gli rivolgerebbe “per nutrire il proprio ego smisurato”. Ma è davvero questo ciò che, in piena notte, spinge la Guida e Grande Timoniere del PD locale a mettersi ad ululare al cielo i suoi alti lai? Viene il sospetto che a farlo sbarellare, cioè a fargli perdere (e non è la prima volta) il controllo di ciò che dice, sia piuttosto la rabbia di non avere argomenti per rispondere a chi gli ricorda puntualmente le sue pesanti responsabilità, e quelle delle suo partito, per lo sfascio urbanistico (ma non solo) di Limbiate. Egli, infatti, non risponde per niente alle critiche politiche su questioni precise che gli sono rivolte, ma si mette a parlare della natura diabolica e dei trascorsi privati di chi formula quelle critiche (all’interno delle quali sono inserite, certo, parole feroci), che demistificano lui e i suoi atteggiamenti pubblici.

Sono ormai passati sette anni da quando lui e i suoi amici sono stati trombati nelle elezioni, ma ancora noi cittadini di Limbiate subiamo le conseguenze delle scelte sue e della giunta del suo mentore politico Fortunati. E ancora le subiremo per molto tempo. L’ignoranza politica, l’incultura, l’incapacità, il velleitarismo da neofiti del mercato (edilizio, ma non solo), che caratterizzavano i provvedimenti di quella giunta e dei suoi sostenitori, sono diventati ancor più evidenti negli anni successivi, con l’attuazione che ne ha fatto (e continuerà a farne) la giunta attuale. Questa, tra l’altro, non deve più mistificare la sua natura antisociale, come invece ancora era costretta a fare quella, e spesso, limitandosi ad attuare nient’altro che quanto era stato a suo tempo preparato da quel gruppo di inetti, che ha fatto tornare Limbiate indietro di trent’anni – spesso questa giunta porta quelle scelte alle conseguenze estreme senza doversi sforzare più di tanto. A quel tempo Campisi era capogruppo del PDS (poi DS e adesso PD). Lo sfascio politico, morale e culturale, oltre che sociale, in generale l’arretratezza (sotto ogni aspetto) di Limbiate non trova paragone in nessun angolo degradato delle altre metropoli europee. Questo sfascio, se non è stato avviato dalla giunta Fortunati, da questa però è stato precipitato lungo una china ripidissima. Quali sono i cambiamenti sostanziali fatti dalle giunte Romeo? Nessuno. Tutto ciò che è stato attuato in questi ultimi sette anni è stato collocato, come i pezzi di un puzzle, nel quadro preparato dalla giunta Fortunati. Solo, sono stati caricati i colori. Il P.I.I. sull’area di Via Monte Sabotino, per esempio, non sarebbe possibile se la giunta Fortunati avesse realizzato il verde pubblico attrezzato che doveva realizzarvi. Idem per il P.L. di Via A. da Giussano-Montale (qui la destinazione d’uso era già stata cambiata dalla giunta Fortunati!). Il “Piano di Recupero della Villa Rasini-Medolago”, sarà attuato facendo sloggiare una dozzina di famiglie (altro che “apertura al pubblico!), grazie alle varianti della giunta Fortunati, la cui politica in questo è stata davvero “lungimirante”! In generale le aree, già vincolate a verde dal PRG, che allora furono dichiarate edificabili, e che più recentemente sono state coperte di cemento, non si contano. E resterà, ad imperitura vergogna di quei cialtroni, il mostro edilizio di Piazza della Repubblica. Non parliamo, poi, della dismissione, nient’affatto obbligatoria, dei servizi pubblici in attivo. Eccetera.

Disprezzo per l’autonomia popolare

La maturazione della coscienza degli storici errori di quella giunta comincia finalmente a manifestarsi, insieme alla consapevolezza che i cittadini devono e possono fare da soli, senza i partiti. Ovvio che questi processi molecolari provochino all’unico partito (uso la parola del tutto convenzionalmente) che a Limbiate conserva una consistenza, seppure solo larvale, cioè al PD, attacchi di panico più grandi di quelli che la vista di trecce d’aglio e paletti di frassino appuntiti provocherebbe ad un vampiro. Soprattutto se questi processi sono favoriti e manifestati da una pratica sociale che sfugge a ogni controllo partitico; soprattutto se questa pratica ha successo e comincia a svilupparsi la presa di coscienza della funzione castrante, ed espropriatrice della sovranità popolare, dei partiti; soprattutto, ancora, se questa pratica fa emergere, per contrasto, l’inconsistenza dei “dirigenti” dei partiti, la loro incapacità di rappresentare alcunché mascherata con una grande verbosità, la loro indisponibilità (antropologica, si potrebbe dire) a lavorare per la ri-aggregazione sociale (che non si ottiene certo con le vetrine periodiche di qualche “banchetto” domenicale).

Questi personaggi, nel deserto piatto della politica limbiatese godono da tempo di una rendita di posizione ottenuta esclusivamente esercitando una loquela da quattro soldi. Ma, come capita a tutti i notabili inconsistenti, costoro vivono attanagliati dall’insicurezza, dalla sensazione di precarietà. Dopo essere stati trombati alle amministrative del 2001, Campisi e il PD hanno già subito molte altre sonore batoste, e vivono nel terrore di doverne subire ancora altre. Non riescono nemmeno ad immaginare come modificare la situazione politica locale. Aspettano qualche manna che scenda dal cielo. Da tempo hanno gettato alle ortiche anche il più vago riferimento ai valori di eguaglianza e giustizia sociale. Ma, della storia dalla quale provengono (e non mi riferisco a ciò che si chiamava movimento operaio, o sinistra, bensì alla storia delle macchine-partito di massa che, incarnando fisicamente quei valori, assorbivano totalmente qualsiasi istanza sociale) – della storia di quei partiti essi conservano solo l’intolleranza per qualsiasi autonomia di pensiero e di posizione politica, che spesso li caratterizzava negativamente. (Una volta, costoro apostrofavano brutalmente chi praticava forme autonome di intervento sociale con la domanda: “Chi ti paga?”). Nella casta sociale dei “politici”, che, anche quando non traggono sostentamento direttamente dalla politica, dei politici professionali hanno tutti i tratti peggiori, qualsiasi forma di pratica sociale autonoma non può che suscitare rabbia furente.

“La calunnia è un venticello…”

Non c’è quindi molto da stupirsi se Campisi, omettendo di rispondere alle critiche che ho rivolto ai suoi comportamenti pubblici, dimostra la sua bassezza morale tentando di diffamarmi riferendosi alla mia vita privata. Costui, infatti, per invalidare le argomentazioni dei miei discorsi non tenta affatto di dimostrarne, per esempio, la (eventuale) contraddittorietà; si mette invece a diffamarmi scrivendo qualcosa di più delle allusioni e delle insinuazioni su fatti dei quali egli non ha alcuna conoscenza diretta, ma a proposito dei quali, evidentemente, ha sentito il venticello della calunnia e lo vuole alimentare. Sono fatti che riguardano l’ambito privato e riservato della mia vita, nel quale sono compresi i miei rapporti di lavoro. Mi costringe quindi a dire qualcosa di me, come ho fatto finora solo nella scheda personale di questo blog ed esclusivamente per quanto riguarda le mie attività sociali.

Innanzitutto, Campisi, siccome a Limbiate riesce a dare a bere a molti, che si fanno ingannare dalla sua incontinente loquela, che egli è una persona “colta e preparata”, cerca di dimostrare l’inconsistenza della mia preparazione culturale. Ma non lo fa mostrando l’incongruità o l’erroneità dei riferimenti che qualche volta mi capita di indicare, o che traspaiono da ciò che scrivo. No. La mia preparazione sarebbe scarsa perché ho insegnato “in una scuoletta comunale di formazione professionale”. Pertanto io non sono, anche se vorrei sembrarlo, “un luminare”, né “uno scienziato”, né “un professore di Harvard”.

Intanto, la località di Harvard non esiste. Esiste l’Università Harvard, dal nome di un benefattore, che ha sede in quel di Cambridge, Massachusetts (USA). Ma lì certamente io non avrei mai potuto (ma nemmeno voluto) studiare. La mia numerosa famiglia non solo non appartiene, infatti, a nessun establishment, ma mio padre era un manovale edile (un magutt) che era stato carbonaio, e mia madre è stata una donna di servizio a ore e una casalinga, e prima ancora una raccoglitrice di olive. Ma, soprattutto, sin dall’adolescenza io sono un comunista trinariciuto, come, con tono da orripilata nobildonna reazionaria e oscurantista, ricorda Campisi. E sono comunista trinariciuto anche perché (ma non solo), pur senza fare esperienze alla Rosso Malpelo (a Limbiate non sono mai esistite miniere), ho cominciato a lavorare all’età di otto anni. E dunque: come non dire, a chi, come Campisi, per denigrarmi pretende di dipingermi come un figlio di papà vissuto nella bambagia, che egli è un “individuo spregevole, volgare negli atti e nelle parole”, ovverosia un cialtrone?

Io non mi vergogno affatto di essere stato insegnante “in una scuoletta comunale di formazione professionale”, e non vedo come da ciò si potrebbe misurare la pochezza della mia preparazione culturale che, secondo l’insinuazione di Campisi, maschererei con “l’abuso delle citazioni” e con la “scrittura pomposa e altisonante” che mi attribuisce. Che dire? C’è chi si è procurato e si procura dei riferimenti culturali e li usa, sforzandosi non di esibirli, bensì di servirsene appropriatamente anche nei discorsi politici, e chi non sa andare oltre le favolette di Fedro. La “scuoletta” dove ho insegnato per oltre un ventennio, che era ed è gestita da un consorzio di comuni, tuttavia non era affatto disprezzata, e continua ad essere ambitissima (per ragioni “alimentari”), dal PCI-PDS-DS-PD, che ne occupa la poltrona di presidente da circa trent’anni, sistemandovi (come in una staffetta, solo che il testimone è un lauto stipendio) ora questo ora quel suo funzionario disoccupato. Dello stesso partito, o della sua area, erano e sono i dirigenti propriamente scolastici e molti insegnanti, fra i quali si trovano diversi parenti più o meno stretti di esponenti del PD. Mi dicono che vi insegna anche la moglie di Campisi. E inoltre parenti di personaggi-chiave (in ambito istituzionale) della speculazione edilizia limbiatese... Quelle funzioni presidenziali , occupate stabilmente dagli amici di partito di Campisi, sono sempre state solo ed esclusivamente funzioni meramente politiche, e il consorzio non è mai stato tanto grande da richiedere un impegno a tempo pieno (e non è l'unico caso). Campisi ha mai rivolto a costoro il suo farisaico discorsetto sulla politica che dovrebbe essere fatta gratis? Come mai egli, che si vanta di aver rinunciato alle poche centinaia di euro dei gettoni di presenza spettanti ai consiglieri comunali, sta nello stesso partito di gente che grazie al partito si è sistemata vita natural durante?

Bassezza morale

Con il chiaro intento di diffamarmi, Campisi fa un’abietta insinuazione a proposito della conclusione del mio rapporto di lavoro con quella scuola. Egli, rimestando fatti ormai lontani, insinua che si è trattato della conclusione di un’”esperienza da ‘fancazzista con stipendio pubblico'”. Premesso che di aver avuto il coraggio di concludere quel rapporto di lavoro (e proprio in un momento per me dolorosissimo) io mi rallegro ancora dopo circa dieci anni, per quella vicenda io non ho nulla di cui vergognarmi. A comportarsi “ingloriosamente” certo non fui io, poiché riuscii facilmente ad imporre che la conclusione del rapporto di lavoro si verificasse nelle modalità che io avevo scelto, semplicemente servendomi delle leggi e del contratto collettivo nazionale di lavoro che qualcuno, tanto arrogante quanto farneticante, aveva tentato più volte di violare, pretendendo di ficcare il naso in aspetti nient’affatto disonorevoli della mia condizione di lavoratore in malattia, ma assolutamente riservati e garantiti dalla legge. L’interruzione del rapporto di lavoro non avvenne affatto con le forme e per i motivi insinuati da Campisi. Egli e chi lo imbecca pensano di rispondere così a quello che dico sulla loro politica? Ne prendo atto, ma sappiano che : 1) non temo nulla e nessuno; 2) adesso io non sono un loro dipendente; 3) sono molto più attrezzato di allora.

Poiché si tratta di fatti che attengono alla sfera privata e riservata della mia vita, non intendo (ma solo qui e solo per il momento) aggiungere altro. Campisi non è il solo che si permette di stravolgere quei fatti per tentare di squalificarmi, per dipingermi come un pazzo. Da quando ho ricominciato ad intervenire nella politica locale (e dovrebbe essere evidente, ormai, che sia il sostantivo che l’aggettivo hanno per me un significato eminente che non potrà mai essere inteso da personaggi della bassezza morale di Campisi), mi risulta che alcuni/e usano raccontare versioni in vario modo distorte o false di quella vicenda per calunniarmi (e conosco e ho annotato nomi, cognomi e circostanze). Aspettavo da tempo di avere a disposizione delle prove per difendermi nelle sedi opportune. Ecco che il primo fesso che me le offre direttamente è Campisi. Il quale, se per mesi ha offerto in pubblico le prove dell’abitudine di occuparsi, quotidianamente e a lungo, del suo blog durante l’orario di lavoro, dovrebbe semmai lagnarsi solo della sua mancanza d’intelligenza. Per colpire la sua arroganza, tipica della casta dei politicanti, mi ero limitato a rilevare la cosa solo qui, in questo blog, usando un termine colorito. Ma adesso, poiché si deve andare à la guerre comme à la guerre, quelle prove le ho raccolte per poterle usare.

Arretratezza politico-culturale

Campisi mi calunnia anche a proposito della mia attività internazionale, della quale io mi pavoneggerei (tanto che ne dico qualcosa in una pagina che si deve aprire di proposito!), ma della quale egli nulla sa, non avendo mai letto un solo rigo di quanto io ho scritto per i miei committenti. Egli tuttavia ha scritto che sono “pagato con i soldi pubblici dei contribuenti per scrivere certi progetti intellettualistici che non servono a una ‘beata minchia’ alla collettività” [i termini da “coatto” di periferia sono suoi]. Ne ha le prove?

Campisi, sprovveduto notabile paesano che ha avuto come maestri solo certi dittatorelli stalinisti di paese, e come pratica politica solo gli interventi nel consiglio comunale, nulla sa e nulla è in grado di capire della cooperazione internazionale fra enti locali Europa-America Latina, enormemente incrementata all’epoca della presidenza della commissione della UE di Romano Prodi (che ora fa parte del PD). Egli non sa, evidentemente, quanti comuni italiani vi partecipano, e quanto la partecipazione a certi incontri e a certi progetti internazionali sia stata e sia ambita e ricercata da una foltissima schiera di sindaci e assessori del suo partito. Ad essi spetterebbe, semmai, la responsabilità di essersene serviti, in alcuni casi, solo come un fiore all’occhiello. Per quanto mi riguarda, ho rifiutato e anche interrotto rapporti di lavoro quando mi è stato chiesto di progettare attività solo di facciata, o quando sulla partecipazione popolare i “politici” volevano fare solo discorsi mistificatori.

Fustigatore parolaio e inconseguente

A proposito di quanto Campisi dice sulla mia presunta attività di “censore e moralista degli incarichi degli altri”, chiunque lo abbia letto avrà visto che con il Primo esposto sugli incarichi del Comune di Limbiate a collaboratori esterni e consulenti, io, raccogliendo una sollecitazione periodicamente rinnovata dal Procuratore Generale della Corte dei Conti, ho richiamato l’attenzione sull’inosservanza, dichiarata “grave”, di un obbligo stabilito da una legge (la finanziaria 2008) di un governo guidato dal PD, e l’ho fatto perché inadempiente era stato, fra gli altri, proprio il consigliere comunale Campisi, che ne avrebbe avuto l’obbligo. Si trattava, guarda il caso, principalmente della consulenza che è stata “ordinata” dalla giunta comunale per giustificare l’assunzione di una pensionata, una vicenda sulla quale Campisi ha recitato la solita parte del fustigatore (come ama definirsi), ma, come al solito, senza passare ai fatti. Dopo il mio esposto, il Comune ha cominciato a pubblicare almeno uno scarno elenco (ma non i provvedimenti) degli incarichi conferiti nel 2008: fra questi vi sono anche quelli, strapagati, conferiti a un noto esponente del PD milanese per consigliare questa giunta nella sua politica edilizia, caratterizzata anche dalla grande abbondanza di illegitimità formali e procedurali (alle quali naturalmente corrispondono altrettante illegittimità sostanziali).

Reazionario oscurantista e iettatore impenitente

Era tipico del più becero stalinismo di squalificare l’avversario innanzitutto moralmente, anche frugando nella sua vita privata. Inoltre si faceva ricorso agli ospedali psichiatrici, ai lavori forzati, alle pistolettate nella nuca. Sono le pratiche tipiche, in realtà, di ogni totalitarismo. Campisi, come abbiamo visto, ricorre senza molti scrupoli alla prima pratica. Le altre, purtroppo, gli sono precluse, almeno nella loro forma istituzionale, poiché siamo in Italia, l’URSS non c’è più e i tempi sono cambiati. Comunque, alla prima pratica aggiunge la seconda, che svolge come… libero professionista. Ma ancora il suo animo non è del tutto placato. E allora, alle calunnie e alla diagnosi a distanza di “evidente comportamento isterico compulsivo”, alternando i toni del reazionario oscurantista a quelli dello stalinista nostrano di molti decenni fa, aggiunge: a) del sarcasmo sulla mia natura di “vecchio e vero comunista”; b) un decreto sulla scarsa udienza che avrei presso “le masse” (espressione che egli riprende dal più banale e qualunquista dei registi “di sinistra” [3]), che non sarebbero attratte da me, tanto che avrei un solo seguace; c) il vaticinio dei miei futuri insuccessi politici (“partirà da ben due voti”); d) la predizione/augurio che si aggraverà lo stato di dissociazione mentale che mi attribuisce (“sempre che però non si riveli così dissociato da non votarsi allorquando scoprisse di non piacere nemmeno a se stesso”).

Un sacco di materia organica, ottima come fertilizzante naturale

Per il punto a): nonostante soffra di qualche tipico acciacco della mia età, uno dei motivi di serenità di questa parte della mia vita è l’auto-constatazione che sono rimasto comunista, anche se cerco costantemente di rinnovarmi. Per il punto b): a causa della politica del partito del cemento limbiatese (PD-PdL), e poiché egli non sa cosa sia la società e cosa siano le persone, Campisi è destinato ad avere amare sorprese (come è capitato, tre giorni prima della “diagnosi” - strana coincidenza -, ai “missi dominici” del suo partito, che avevano tentato di recuperare - le elezioni provinciali del 2009 si avvicinano – quello che sarebbe il mio “unico seguace”, ottenendo, però, solo un secco benservito). Per il punto c): è chiaro che uno come Campisi non può disporre di altre risorse che non siano l’inserimento a forza della mia attività nei suoi miseri schemi mentali di politicante; ma comunque: per il momento ho altri pensieri; e in ogni caso è già intervenuta la mia mamma con i suoi potenti mezzi: la iettatura è già inefficace e tale resterà [v. Asinus asinum fricat]. Per il punto d): come per il punto precedente, è già intervenuta la mia mamma, con il medesimo risultato; e inoltre, siccome il tipo di attività politica che faccio è una mia scelta, e vi credo fermamente, per questo aspetto mi piaccio moltissimo.

Ovviamente sono sempre disposto a discutere della mia attività politica con coloro con i quali agisco, ma non con un sacco di materia organica, ottima come fertilizzante naturale, quale è Campisi.

* V. http://www.lankelot.eu/index.php/2006/11/30/ingmar-bergman-lora-del-lupo/
[1] Einaudi, Torino 1968.
[2] Una riedizione fu pubblicata da Baldini Castoldi Dalai, Milano 1998
[3] Nanni Moretti, un regista che, secondo un noto "non-critico" (Goffredo Fofi), a dispetto dei temi “politici” delle sue opere, fa film per spettatori, ma non per cittadini.

venerdì 21 novembre 2008

Tutto scorre, tutto cambia. Tranne i notabili paesani, i fancazzisti, i somari, gli imbecilli e i disonesti

Salvatore Ricciardi



Panta rei. Tutto scorre. Così, con una citazione da liceale seminarista, un noto e presuntuosissimo fancazzista con stipendio pubblico ha risposto a un’ochetta sciagurata che si rammaricava, poverina, che un ruscello di bava al quale aveva copiosamente tributato fosse andato in secca “il 26 di ottobre” [v. Commenti su Il dottor Vermilione psicanalista santone di Campisi 15 Novembre, 2008 PANTA REI]. In realtà, il significato vero della frase πάντα ρει (il programma di scrittura non permette di segnare uno spirito aspro sul rho e un accento circonflesso sullo iota), che non è del filosofo greco Eraclito di Efeso (535 a.c. – 475 a.c.) ma gli è attribuita, non sarebbe quello letterale del quale si abusa (“tutte le cose scorrono”, “tutto passa”), poiché si tratta di una metafora del divenire, dell’incessante cambiamento di tutte le cose, come è scritto in tutti i manuali liceali di filosofia. L'aspetto più importante del pensiero di Eraclito è semmai l'embrione di una teoria della contraddizione. Ma l'abusata citazione, con tutto il profluvio di bava nel quale è immersa, dimostra che anche le sentenze filosofiche hanno le loro eccezioni. Tutto cambia (o, se proprio si vuole, tutto passa), ma non i notabili paesani, i fancazzisti, i somari, gli imbecilli, i disonesti. Essi sono immutabili. Immarcescibili e privi di qualsiasi verecondia, non stanno mai zitti. Né si tolgono dai piedi.

Chi legge questo blog si ricorderà della magrissima figura fatta dalla Guida e Grande Timoniere del PD locale a proposito dei Piani Integrati d’Intervento di Via Sabotino e di Via Belluno [v. Cialtronerie "Quattro Stagioni" di un cementificatore fallito e connivente]. Ovviamente, non c’era da aspettarsi nessuna ammissione di responsabilità, nessun ravvedimento politico. Figuriamoci se un notabile paesano di un partito finto, che non si ravvede nemmeno dopo ripetute batoste elettorali, si ravvede perché qualcuno gli rinfaccia in un blog le sue malefatte! Nella “politica” questo non si usa. Tuttavia, qualche spirito caritatevole forse sperava che il cementificatore fallito, poiché le vie della Provvidenza Divina sono infinite, avrebbe approfittato della prima occasione per rifarsi una verginità. Quella del “Piano di Recupero della Villa Rasini-Medolago", per esempio, sarebbe stata ottima. Si tratta, infatti, di un’operazione che è ancor più illegittima, e che per diverse famiglie potrebbe avere conseguenze ancor più odiose, dei programmi integrati d’intervento. Quale migliore occasione per denunciare la politica edilizia delle cavallette che da sette anni devastano Limbiate? Ma, per l’appunto, certi “caratteri” (termine da intendere alla maniera di La Bruyère, e qui in Italia, più recentemente, dello scrittore calabrese Mario La Cava [1]) - certi "caratteri" non possono cambiare.

L’occasione (o, per usare una delle parole che più inflazionano il vaniloquio politico corrrente, "l'opportunità") di parlare del “Piano di Recupero della Villa Rasini-Medolago", quindi, non è stata colta dal notabile paesano per denunciarne gli scopi odiosissimi (espropriare i poveri per far arricchire chi è già ricchissimo), né per smarcarsi davvero (per una volta!) dal partito del cemento limbiatese, né per approfondire la conoscenza del folle progetto. Wishful Thinking, pie illusioni. A questo giovanotto inguaribilmente vanesio l’occasione è servita solo per l’ennesima pantomima in gloria del suo minuscolo personaggio. In realtà sono stato io con il mio partito che ho preparato tutto, si è affrettato a scrivere. Ma Romeo, ha aggiunto, per l’attuazione del piano ha scelto un personaggio impresentabile, Armando Verdiglione. Adesso, però, si deve fare in modo che serva per la collettività, e via sbavando, con l’orecchio teso ad ascoltare i “Bravo! Bravo!” della sua claque.

La rivendicazione della paternità delle varianti che già dieci anni fa avevano reso possibile operazioni simili è pienamente legittima. Gli va riconosciuto. MA ERANO DELLE AUTENTICHE PORCATE. La ponzata “Villa Medolago sì, ma per tutti” è bellissima, fantastica, davvero da New Deal. Ma come si potrebbe convincere uno speculatore a mettere il parco del suo albergo di lusso, dotato di vari dehors, a disposizione di mamme con figlioletti sciamanti, di pensionati che hanno bisogno di fare pipì, di ragazzi caciaroni che magari mettono i piedi sulle panchine - questo, ovviamente, il consigliere con anzianità di un quindicennio non lo ha spiegato.

Come in realtà stessero le cose, e chi ne fosse corresponsabile, ha cominciato a ricordarglielo un cittadino qualsiasi come il sottoscritto, già quando ancora era disponibile solo la delibera publicata sul sito web del Comune [v. Nuove cialtronerie di un cementificatore fallito, connivente, invidioso e indecente]. Nessuno degli zombies che fanno i consiglieri “d’opposizione” l’aveva notata. Tuttavia, il consigliere “che ha già dato tanto alla comunità” (quali siano stati i suoi “omaggi”, lo abbiamo visto e ancora lo stiamo vedendo, cominciando da Piazza della Repubblica!) diceva di non aver visto ancora gli altri documenti. E quindi era doveroso aspettare che questo ragazzotto malcresciuto li esaminasse e ci dicesse infine che cosa realmente fosse il “Piano di recupero”. Attesa vana. Ammeso che un’occhiata sui documenti l’abbia gettata, è da credere che proprio la visione dei documenti abbia consigliato al somaro di abbandonare il proposito di parlare degli ASPETTI REALI del progetto, poiché fra essi vi è la prospettiva, concretissima per chi ABITA nella zona Ba (compresa nel progetto), di ESSERE ESPROPRIATO proprio “in virtù”, tra l’altro, delle varianti al PRG a suo tempo da lui votate.

Tiremm innanz!, avrà detto, ma non verso la stessa sorte di Amatore Sciesa [3]. Avanti invece verso una fluviale espansione di bava, nella quale il nostro si è tuffato per sguazzare festante: 47 commenti infarciti di idiozie, trivialità, becerume, analfabetismo politico, analfabetismo tout-court, millanterie “culturali”, desolanti vaniloqui, che lui ha tranquillamente pubblicato sul suo blog preparatorio del 2011 della riscossa del PD. Non una parola SUL LUOGO DOVE EFFETTIVAMENTE dovrebbe essere realizzato l’albergo di lusso (ma forse sarà in gran parte solo un motel per scopate in ambiente “glamour”, e per il resto sale per matrimoni), CHE SOLO IN PICCOLISSIMA PARTE È LA VILLA; IN REALTÀ L'ALBERGO DOVREBBE ESSERE COSTRUITO SULLA ZONA ATTUALMENTE OCCUPATA DALLE ABITAZIONI DI LAVORATORI E PENSIONATI, CHE DOVREBBERO ESSERE DEMOLITE. Nessun pensiero per le famiglie (fra le quali alcune donne anziane, sole e con pensioni minime) CHE, PREVIO ESPROPRIO ORDINATO DAL SINDACO, DOVREBBERO ESSERE SLOGGIATE dalle loro case, che hanno la disgrazia di essere troppo vicine alla villa e troppo “brutte” per i gusti “rinascimentali” dei pluri-pregiudicati Cristina Frua De Angeli e Armando Verdiglione. (Si badi, si tratta di abitazioni conservate, e in alcuni casi restaurate, molto meglio di quanto i ricchi abbiano saputo conservare la loro “magione”). Tutto sotto la parvenza della “riqualificazione culturale” fatta con la paccottiglia “rinascimentale” della Holding Frua De Angeli, per la quale già palpitano e si sdilinquiscono oche e ocazzi vari! Non solo: il consigliere comunale (“da quindici anni”), che si è messo, come per solito, a sbavare insieme a una pletora di ragazzini, non ha detto nulla sulle procedure illegittime seguite dalla Holding Frua De Angeli e da Romeo per preparare questo bel cenone di San Silvestro, che per alcune famiglie rischia di essere assai amaro (il termine per l’approvazione definitiva scade il 29 dicembre). E, ovviamente, silenzio totale sull’aggravamento della situazione urbanistica e viabilistica, già pessima, di Limbiate!

Non intendo abbassarmi a commentare nessuna delle idiozie sesquipedali, nessuna delle bestialità devastanti delle quali sono infarciti quasi tutti i 47 sgrammaticatissimi “commenti”. Sarebbe troppo. Li lascio intatti alla gloria del consigliere somaro e disonesto, che ne ha fornito gli esempi maggiori. Somaro e disonesto perché questo cementificatore fallito, questo fancazzista anche della politica, ha mostrato (per l’ennesima volta) di ignorare le PROCEDURE OBBLIGATORIE previste per un piano di recupero come quello della Villa Rasini-Medolago, sul quale tuttavia si è messo a sproloquiare. Ma quando uno degli abitanti di quelle case, temendo di essere espropriato, ha chiesto lumi, il trombone del PD, inturgidite le gorge, lo ha rassicurato con (ostentata) autorevolezza: “Non credo proprio che ti possano cacciare da casa tua, dovresti essere espropriato dal Comune, e mi sembra che non ci siano affatto le condizioni giuridiche”. Ed è tornato alle solite fatue chiacchiere.

Invece le "condizioni giuridiche" in questo specifico caso prevedono proprio L’ESPROPRIO DEI POVERI A FAVORE DEI RICCHI. Se ciò non avverrà, almeno per il momento, sarà perché le procedure amministrative sono state (volutamente) violate, e per la resistenza di alcuni abitanti. Ma le premesse fondamentali di questo piano sono state poste, circa dieci anni fa, da questo pallone gonfiato e da altri che attualmente recitano la parte degli “oppositori” (fra i quali l'attuale consigliere di Rifondazione Comunista “Pinguino” Binacchi, che allora era assessore) quando hanno votato il cambio della destinazione urbanistica della villa e del suo parco da “uso pubblico” a “struttura ricettiva”, appioppando questa destinazione anche alle case della zona Ba (quelle abitate dalla povera gente). Che alcuni delinquenti politici ne fossero coscienti, mentre alcuni imbecilli invece non sapevano quello che stavano facendo, non rende la cosa meno sporca. E quindi è probabile che un qualche sentore, seppure vago, della reale natura del “piano di recupero”, e delle sue conseguenze per una dozzina di famiglie, il nostro l’abbia avvertito, ma, innescando e abbondantemente alimentando un profluvio di scemenze sul suo blog, abbia cercato di stendervi sopra una spessa cortina di fumo. Come fanno i politicanti disonesti. Del resto, costui si è poi spinto a fare l’elogio della “formazione” e della “sensibilità politica e democratica” di quel colto uomo “politico” dal finissimo tratto, di quella figura adamantina di sindaco che ha firmato la delibera del “piano di recupero”! [v. Mestrone? Piuttosto teniamoci Romeo].


***

Lo sciocco notabile paesano che, come ama dire di sé, “porta la responsabilità di un grande partito, il PD, ha scritto : “per il futuro non ho ambizioni di carriera, anzi credo proprio che col 2011, quando ci saranno le prossime elezioni, terminerò la mia esperienza istituzionale visto che pur avendo solo 37 anni faccio il consigliere da 15 anni e credo di aver già dato fin troppo alla mia comunità”. E sia. Sorbiamoci la prosopopea. Prendiamo per buono il proposito. Ma allora, trombone vanaglorioso, perché vuoi farci aspettare fino al 2011 per assistere ad un atto di igiene politica? Perché non te ne vai subito fuori dai piedi?

[1] V. Bruno Snell, Il linguaggio di Eraclito, G. Corbo, Ferrara 1989.

[2] V. Jean de La Bruyère, I caratteri (1688), Einaudi, Torino 1981; Mario La Cava, Caratteri (1939), Einaudi, Torino 1980 (prec. ediz. 1953, nei "Gettoni" di Elio Vittorini; ediz. più recente: Donzelli, Roma 1999).

[3] V. Amatore Sciesa - Wikipedia

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martedì 18 novembre 2008

Siamo già al due. Il tre sarà la bocciatura del P.I.I. di Via Monte Sabotino?

Salvatore Ricciardi



Per Andrea Nucera, il signore con il volto corrucciato che vediamo nell’immagine, questo autunno non deve essere una delle sue stagioni più felici. Prima, un giudice ha reso inefficace con una sentenza esemplare l’intimidazione, sotto forma di querela per diffamazione, con la quale aveva tentato di zittire “Striscia la notizia” e il regista Antonio Ricci, colpevoli di aver definito “uno stupro” il folle progetto della sua società Progetto Ponente Srl (alla quale partecipa Arte, società immobiliare della Regione Liguria!) di mettere quattro grattacieli nel centro storico di Albenga. Solo che Ricci e Mediaset (udite! udite!) avevano tenuto duro e non si erano abbassati a presentare le loro scuse (questo era, forse, il vero obiettivo della querela). Tranquilli, sono andati in giudizio e hanno vinto. Le espressioni “colorite” che nella trasmissione incriminata erano state usate da Vittorio Sgarbi (“quattro cazzi” messi in un luogo che per il suo valore storico-artistico dovrebbe essere considerato sacro) e dal Gabibbo (“a Siena c’è la Torre del Mangia, qui ci saranno quelle del mangia-mangia”) facevano parte di un discorso critico argomentato, ha sentenziato il giudice. Nessuna offesa alla reputazione di Nucera e soci, dunque [v. [Un esempio per Limbiate] Il Gabibbo e le Torri d'Albenga: per il giudice nessuna diffamazione].

Ma il vero guaio, per questo signore, è stato che il rifiuto di quelli di “Striscia la notizia” di piegarsi ha messo lui e la sua società di fronte alla prospettiva di dover parlare del folle progetto davanti ad un giudice. Troppo pericoloso. Meglio ritirarlo prima del giudizio. E uno.

Adesso, la Regione Liguria (guidata dall’ex ministro Claudio Burlando, uno che ha la mania dei “porticcioli” che in realtà sono delle megastrutture con annessi insediamenti residenziali e commerciali) è costretta a porre l’alt ad un altro megaprogetto, di un’altra società di questo Nucera, nel piccolo comune di Ceriale (Savona). I particolari della vicenda si possono leggere nell’ottimo blog ligure Casa della Legalità e della Cultura (fare un doppio clic sul titolo Dopo le torri di Albenga stoppato anche il T1 di Ceriale). E due.

Ma, “Nucera… chi è costui? ” Andrea Nucera è l’amministratore unico della GEO Srl, proprietaria del 40% della SAN INVEST, la società che vorrebbe attuare il P.I.I. di Via Monte Sabotino. La SAN INVEST ha la sede ufficiale a Pogliano Milanese in Via Grassina n. 9, ma ha già una sede operativa a Limbiate in Via Corelli n. 27, presso la Immobiliare Villaggio del Sole Spa. In realtà la SAN INVEST è solo una scatola vuota: costituita meno di un anno fa, come patrimonio ha solo il capitale sociale di 10.000 euro, per il 40% di proprietà della GEO e per il 60% della BUREN Srl. Nel blog della Casa della Legalità e della Cultura e nel libro Il partito del cemento di Marco Preve e Ferruccio Sansa [http://www.chiarelettere.it/?id_blogdoc=1960965] si trovano altre notizie sul personaggio, sui suoi legami e sui progetti delle sue società in Liguria. La GEO Srl, quasi interamente di proprietà della GEO S.A., con sede nel paradiso fiscale del Lussemburgo, da non molto ha trasferito la sua sede a Milano in Viale Piave n. 41 ed è arrivata anche a Limbiate. In pieno accordo con le locuste che da sette anni devastano il nostro comune, vi ha portato i suoi metodi.

Nel progetto del P.I.I. di Via Monte Sabotino sono impressionanti, infatti, le somiglianze di fondo con il progetto di cui parlano i liguri della Casa della Legalità e della Cultura: progetto approvato dal comune nonostante i molti aspetti illegali, promesse di finte regalie (il doppio o il triplo, rispetto al dovuto, di oneri di urbanizzazione), connivenza di funzionari felloni, consiglieri comunali di centrosinistra che fanno l’opposizione di sua maestà… ), ecc. Di diverso, in negativo, c’è che a Limbiate ancora non esiste l’opposizione di molti cittadini che danno battaglia contro la speculazione edilizia in autonomia dai partiti e fanno molta controinformazione, come invece avviene, a quanto pare, a Ceriale (comune di poco più di 5.000 abitanti).

Tuttavia, anche se con poche forze, qualcosa di significativo siamo riusciti a farlo anche noi. E può darsi che avremo l’inveramento del proverbio che dice: “Non c’è due senza tre”. Fra poco più di quindici giorni, presso il TAR di Milano sarà discusso un ricorso avverso il P.I.I. di Via Monte Sabotino tutto incentrato sui molti aspetti illegittimi del progetto, che "doveva" essere approvato dal comune perché, ha giurato un assessore torvo, ossimorico e agghindato come un necroforo, “ne avremo grandi benefici economici”. I veri aspetti economici del progetto, tutti dannosi per la collettività, sono stati invece esposti dal sottoscritto e da Mauro Varisco alla Corte dei Conti e alla Procura della Repubblica: 24 pagine di analisi approfondite per denunciare i vari danni erariali (in totale 3.303.756 euro, contro un investimento di circa 15.020.190 euro e un utile preventivato di 1.816.000 euro), e le varie operazioni truffaldine messe in atto da funzionari felloni e consulenti prezzolati per “giustificarli”, accompagnate da circa 300 pagine di documenti ufficiali. È altamente improbabile che, di fronte all’esposizione di tanti danni erariali sostenuta da tanti documenti, le due magistrature archivino l’esposto senza aprire un procedimento.

Questo è forse un aspetto che differenzia il nostro lavoro da quello dei bravissimi liguri dei blog citati: il tentativo, speriamo fruttuoso, di non limitarsi alla denuncia dei danni ambientali ma di entrare nelle “pieghe” dei procedimenti amministrativi per scoprire gli inevitabili aspetti di illegittimità amministrativa e penale e i danni per l'erario, che viceversa assicurano grandi sovrapprofitti preventivi agli speculatori e ai loro amici. Contatteremo i liguri per discuterne e per scambiarci esperienze e suggerimenti.

V. anche:


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venerdì 14 novembre 2008

Quand on est con, on est con! [Le temps, et les besaces, ne font rien à l'affaire]

Georges Brassens





Quand ils sont tous neufs,
qu'ils sortent de l'oeuf,
du cocon.
Tous les jeunes blancs becs
prennent les vieux mecs
pour des cons.

Quand ils sont venus,
les têtes chenues,
les grisons.
Tous les vieux fourneaux
prennent les jeunots
pour des cons.

Moi qui balance entre deux âges
Je leur adresse à tous un message.

Le temps ne fait rien à l'affaire.
Quand on est con, on est con!
Qu'on ait 20 ans, qu'on soit grand-père
Quand on est con, on est con!

Entre vous plus de controverses,
Cons caduques ou cons débutants.

Petits cons de la dernière averse
Vieux cons des neiges d'antan ( x 2 )

Vous les cons naissant,
les cons innocents,
les jeunes cons,
Qui, ne le niez pas, prenez les papas pour des cons.

Vous les cons âgés,
les cons usagés,
les vieux cons.
Qui, confessez-le, prenez les p'tits bleus pour des cons.

Méditez l'impartial message
d'un qui balance entre deux âges.

()

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giovedì 13 novembre 2008

Asinus asinum fricat

Salvatore Ricciardi



Un noto fancazzista alla ricerca, forse, di una sistemazione per il futuro, ogni tanto si mette in testa di calarsi nel personaggio de La patente, una delle Novelle per un anno di Luigi Pirandello. Ma mentre quel personaggio si proponeva, ottenuta la patente, di appioppare iettature a singoli malcapitati, per conto di terzi e a pagamento, il nostro, notoriamente affetto da megalomania, vorrebbe invece espandere i suoi malefici influssi su un'intera collettività e facendosi pagare dai malcapitati stessi! Non trascura, quindi, di esercitarsi periodicamente e, in orari nei quali dovrebbe dedicarsi ad attività che giustificassero lo stipendio pubblico che percepisce, emette auspici lugubri come il seguente: Mestrone? Piuttosto teniamoci Romeo.

Io non avrei alcuna propensione per certe credenze, il cui significato antropologico tuttavia va attentamente e rispettosamente considerato, come ci hanno insegnato, per l'Italia, gli affascinanti studi di Ernesto De Martino. Ma se il Chiàrchiaro limbiatese non la smette, sento che potrei arrivare anche ad appendermi al collo un corno di bachelite rossa lungo almeno una quindicina di centimetri!

Non posso negarlo, infatti: letto il post (pardon: la iettatura), subitamente si è impadronita di me un'angoscia indicibile. Dolorosissima. Invincibile. Quella descritta da Graciliano Ramos in Angustia, al confronto è come un refolo d'aria fresca. C'è poco da dire: ho gettato alle ortiche tutti i materialisti dell'antichità insieme a quelli moderni e ho deciso che non era il caso di star lì a domandarmi se nel mio animo si agitasse una contraddizione dialettica o vi si stesse sviluppando un fenomeno epigenetico; oppure se, data l'età, semplicemente stessi rincoglionendo. In breve: ho ceduto ad un impulso irrefrenabile. Preparato io stesso il piatto colmo d'acqua e un cucchiaio d'olio (extravergine d'oliva, naturalmente), ho supplicato la mia mamma di fare il rito infallibile che sa fare lei. L'ho implorata di bisbigliare, presto!, la sua incomprensibile formula segreta (che può essere trasmessa solo a ragazze vergini, la notte di Natale) e di fare i gesti sacri consueti. Di affrettarsi a far cadere dal mignolo nell'acqua le tre gocce d'olio... Per Diana! Le gocce si sono raccolte in una! Segno inequivocalibile, ha sentenziato grave la mia mamma: come cittadino limbiatese politicizzato, qualche tristo mi aveva fatto il malocchio. E mi ha scongiurato di non accedere mai più a "Limbiate 2011"!



Se, letto quel post, anche voi non vi sentite tanto bene e non avete a disposizione una mamma introdotta, come la mia, nei misteri della magia popolare sin da quand'era fanciulla, è inutile chiedermi di intercedere: la mia mamma non fa servizio per il pubblico. Vedete un po' se riuscite a stare meglio aiutandovi con You Tube (legando, così, riti arcaici con tecnologia avanzata). Oppure iterate quei gesti apotropaici che si fanno con le mani sulle parti basse.





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martedì 11 novembre 2008

Una costituzione di parte civile inventata

Salvatore Ricciardi



Solo oggi mi è capitato di leggere il trafiletto intitolato “Cittadini parte civile al posto del Comune”, pubblicato il 6 novembre su uno dei giornali locali, “L’esagono”, nel quale si legge che “un gruppo di limbiatesi ha deciso di costituirsi parte civile in un processo dal quale il Comune si è defilato”. Si tratta dell’ennesima distorsione di fatti, che in sostanza si ignorano, che si finge di voler riferire “giornalisticamente”, ma in realtà con l’unico scopo di farli tornare a vantaggio dei tristi figuri che la fanno da padroni nel Comune.

Il trafiletto è anonimo, ma quasi sicuramente è attribuibile, oltre che alla “cucina” redazionale del giornale, a qualche ragazzino che evidentemente è troppo presuntuoso per decidersi d’imparare la lezione che il grande Egon Erwin Kisch, con il racconto Debutto all’incendio dei Mulini [1], ha lasciato a tutti i mocciosetti aspiranti giornalisti che ancora non hanno capito quale dovrebbe essere l’etica di chi riferisce fatti sulla stampa, anche se locale. Costoro sono convinti che anche per scrivere di certe cose molto serie basta fare un paio di telefonate, mentre qualsiasi persona seria, e non diciamo qualsiasi vero giornalista, sa che ciò non è sufficiente.

Per l’ennesima volta, una posizione critica nei confronti delle scelte della Giunta Comunale viene riportata in modo parziale, mettendo fra virgolette parole pronunciate non si sa da chi. Ad esse subito viene accostata la posizione della Giunta, in modo che questa sembri automaticamente togliere ogni fondatezza alla critica. Non viene aggiunto nessun dettaglio, o spiegazione, o connotazione, nessun approfondimento che possa far capire al lettore come stanno veramente le cose [2]. Poco tempo fa, su uno di questi giornali, addirittura è avvenuto che la risposta "politica" (si fa per dire) di un torvo assessore fosse impaginata, come “apertura”, prima di un raffazzonato articolo, firmato da una fanciulla che ha un nome molto bello, nel quale ci si riferiva malamente a cifre, dati e documenti pubblici, da me raccolti e organizzati in forma di esposto depositato in Tribunale. Riguardava un esempio macroscopico della speculazione edilizia che, con i connessi enormi danni erariali, sta devastando Limbiate. Ma naturalmente io non ero stato nemmeno interpellato.

A proposito di quest'altra vicenda, quando sarà possibile riferire notizie e nomi che per il momento non è corretto divulgare (nessuno ancora è stato rinviato a giudizio) dirò eventualmente qualcosa a proposito della reale motivazione che potrebbe stare alla base della decisione di non costituire parte civile il Comune. Una decisione che la Giunta ha preso, in sostanza, scrivendosi da sola e anticipatamente una sentenza non favorevole. Per il momento basti precisare quanto segue.

L’ipotesi della costituzione di cittadini nel processo, come parte civile, l’ho formulata io, mentre tutti (“giornalisti” e consiglieri comunali “d’opposizione” compresi) come per solito non si accorgevano della deliberazione (e non del generico “documento” di cui si parla nel trafiletto), ben leggibile sul sito web del Comune, con la quale la Giunta Comunale aveva deciso di non costituire il Comune parte civile in un procedimento per reati ambientali. E non notavano, quindi, la contraddizione tra la "sentenza preventiva" della Giunta e la tesi del Pubblico Ministero, formulata dopo lunghe indagini, secondo la quale il Comune di Limbiate sarebbe parte lesa. Una contraddizione che dovrebbe suscitare almeno qualche inquietante interrogativo.

Sempre io ho preso l’iniziativa di incaricare un legale di studiare se la costituzione di cittadini come parte civile, al posto del Comune, fosse possibile e utile. E ancora io, interpellato telefonicamente da un ragazzino che scrive sul giornale citato, mi sono rifiutato, per i motivi che ho richiamato sopra, di comunicare alcunché, anche in futuro, a proposito di “denunce”, o di “esposti”, o di qualsiasi altro passo che ho fatto o avessi intenzione di fare presso una qualsiasi sede giudiziaria. Posso tuttavia scrivere con piena cognizione di… causa (!) che, almeno per il momento, nessuno ha deciso di costituirsi parte civile.

[1] V. Egon Erwin Kisch, Alla fiera del sensazionale, Edizioni e/o, Roma 1993, pp. 54-65.

[2] " “Se un giudice identifica il Comune tra le parti lese — spiega un componente del gruppo — non capiamo perché questo non dovrebbe costituirsì visto che poi lo fa contro dei ragazzini che rompono le panchine”. L’Amministrazione ha giustificato la sua decisione specificando in un documento che anche se fosse riconosciuto un danno ambientale non potrebbe essere collocato a Limbiate, ma in un ambito di più stretta competenza delle altre parti lese".

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