mercoledì 25 novembre 2009


martedì 24 novembre 2009





lunedì 23 novembre 2009

Le risorse idriche in Italia


Riccardo Petrella: le risorse idriche in Italia. Un'intervista video

Lunga intervista a Riccardo Petrella, fondatore del “Gruppo di Lisbona”, che da anni si batte per la difesa del diritto universale di accesso alle risorse idriche, realizzata per gli extra del DVD del film di Irena Salina Per amore dell’acqua. Flow (DVD + libro di 96 pagine, euro 14,9, acquistabile anche online: laFeltrinelli.it)

Inoltre: Leggi l'estratto da Le guerre dell'acqua di Vandana Shiva.

venerdì 20 novembre 2009

Campagna nazionale “Salva l'acqua” - Il governo privatizza l'acqua!


Comunicato stampa

Approvato l'Art. 15: acqua privata per tutti!
La battaglia non si ferma: andremo avanti nei territori e a livello nazionale

Oggi con il voto di fiducia alla Camera dei Deputati si è concluso l'esame del decreto 135/09 il cui Art. 15 sancisce la definitiva e totale privatizzazione dell'acqua potabile in Italia.

Il Governo impone per decreto che i cittadini e gli Enti Locali vengano espropriati di un diritto e di un bene comune com'è l'acqua per consegnarlo nelle mani dei privati e dei capitali finanziari. Ciò avviene sotto il falso pretesto di uniformare la gestione dei servizi pubblici locali alle richieste della Commissione Europa mentre non esiste nessun obbligo e le modifiche introdotte per sopprimere la gestione “in house” contrastano con i principi della giurisprudenza europea. Nonostante sia oramai sotto gli occhi di tutti che le gestioni del servizio idrico affidate in questi ultimi anni a soggetti privati, sperimentate in alcune Provincie Italiane o a livello europeo abbiano prodotto esclusivamente innalzamento delle tariffe, diminuzione degli investimenti e un aumento costante dei consumi, si continua a sostenere che mercato e privati siano sinonimi di efficienza e riduzioni dei costi.

Il Forum Italiano dei Movimenti per l'Acqua è sceso da subito in campo per contrastare questo provvedimento con la campagna nazionale "Salva l'Acqua" verso la quale si è registrata un'elevatissima adesione.

Ad oggi abbiamo consegnato al Presidente della Camera 45.000 firme a sostegno dell'appello che chiedeva il ritiro delle norme che privatizzano l'acqua.

Inoltre, migliaia di persone hanno manifestato il proprio dissenso e contrarietà all'Art.15 in un presidio svoltosi lo scorso 12 Novembre a Piazza Montecitorio e in varie mobilitazioni territoriali, migliaia di persone hanno inviato mail ai parlamentari per chiedere di non convertire in legge il decreto 135/09, molte personalità hanno espresso da una parte la loro indignazione e dall'altra il loro sostegno alla campagna.

In questi giorni è cresciuta nella società la consapevolezza che consegnare l'acqua al mercato significa mettere a rischio la democrazia. Nonostante questa mobilitazione della società civile e degli stessi Enti locali, il Governo ha imposto il voto di fiducia e non accoglie le richieste e le preoccupazioni espresse anche molti Sindaci di amministrazioni governate da maggioranze di differenti colori politici.

Come Forum dei Movimenti per l'Acqua siamo indignati per la superficialità con cui il Governo, senza che esistessero i presupposti di urgenza, ha voluto accelerare la privatizzazione dell’acqua.

A questo punto siamo convinti che la contestazione dovrà essere ricondotta nei territori, per chiedere agli Enti Locali che si riapproprino della podestà sulla gestione dell'acqua tramite il riconoscimento dell'acqua come diritto umano e il servizio idrico integrato come servizio pubblico locale privo di rilevanza economica e nel contempo di sollecitare le Regioni ad attivare ricorsi di legittimità nei confronti del provvedimento.

Queste percorsi di mobilitazione sono percorribili così come dimostrano le delibere approvate dalla Giunta regionale pugliese, dalle tante delibere approvate dai consigli comunali siciliani e nel resto d'Italia, da ultimo quello di Venezia.

Il popolo dell'acqua continuerà la battaglia per la ripubblicizzazione del servizio idrico assumendo iniziative territoriali e nazionali volte a superare l'Art. 15 del decreto legge.

Come Forum dei Movimenti, chiediamo a tutta la società civile di continuare la mobilitazione e far sentire il proprio dissenso anche dopo l’approvazione dell’art. 15 attraverso mobilitazioni sui territori ed invio di messaggi a tutti i partiti, ai consiglieri comunali provinciali e regionali, ai parlamentari locali.

Ai Sindaci ed agli eletti chiediamo di dar vita nelle rispettive istituzioni a prese di posizioni chiare che respingano la legge e di dar vita a iniziative di protesta nelle istituzioni stesse.

Forum Italiano dei Movimenti per l'Acqua.


È possibile firmare la petizione online cliccando qui: http://www.petizionionline.it/petizione/campagna-nazionale-salva-lacqua-il-governo-privatizza-l-acqua-/133

domenica 15 novembre 2009

Rinviato a giudizio per reati ambientali e falsità ideologica in atto pubblico. Ma il Comune modifica il territorio ad uso e consumo della sua società


Parte I

Ilario Galimberti, proprietario di un gruppo commerciale con un fatturato annuo di oltre 250 milioni di euro e 500 dipendenti, presente sul territorio di Limbiate con una grande superficie di vendita (EURONICS) e con il suo quartier generale, il 29 ottobre 2009, alla fine dell’Udienza Preliminare di un procedimento per reati ambientali, è stato rinviato a giudizio avanti il Tribunale di Milano, Sezione X Penale, per il giorno 4 febbraio 2010. I reati di cui dovrà rispondere, in qualità di legale rappresentante e gestore di fatto della ditta Galimberti S.p.a. (che controlla EURONICS), sono i seguenti:

a) aver gestito rilevanti quantità di rifiuti speciali pericolosi senza autorizzazione, in particolare parecchie centinaia di elettrodomestici usati (frigoriferi, lavatrici e televisori) e non bonificati al mese, che poi conferiva a soggetti non autorizzati, compresi fra i 12 per i quali era stato chiesto il rinvio a giudizio (reato di cui all’art. 51 comma 2 del D.L.vo 22/97, ora art. 256 comma 2 del D.L.vo 152/2006)[1]

b) aver omesso di compilare il formulario relativamente allo smaltimento dei rifiuti speciali pericolosi, rifiuti che invece gestiva tutti come non pericolosi con un unico cod. CER 1602004 (reato di cui all’art. 52 comma 3 del D.L.vo 22/97, ora art. 258 comma 4 del D.L.vo 152/2006[2], in relazione alla violazione dell’art. 483 del Codice Penale[3]).

L’udienza preliminare, cominciata il 27 ottobre 2008, ha avuto vari aggiornamenti, nel corso dei quali alcuni degli imputati hanno patteggiato la pena. I reati di cui è accusato Galimberti sarebbero stati commessi in Limbiate fino al 2 febbraio 2006 (teniamo a mente questa data), e per questo motivo il Comune di Limbiate è stato indicato fra le “persone offese” (le altre sono: il Ministero dell’Ambiente, la Regione Lombardia, la Provincia di Milano, il Comune di Milano, il Comune di Novate Milanese).

La Giunta Comunale di Limbiate, tuttavia, l’1/10/2008 ha deliberato di “non proporre (…) azione d’intervento [del Comune] quale parte lesa”, con la seguente “motivazione” che mistifica totalmente (cioè falsifica) la richiesta di rinvio a giudizio del P.M.:

“in quanto anche nel caso dell’eventuale accertamento di un danno ambientale lo stesso non potrebbe essere territorialmente collocato in Limbiate ma in ambito più esteso di più stretta competenza delle altre parti lese” (click here)

La frase riportata afferma che sarebbe scarsamente probabile l’accertamento del danno ambientale e cerca di suggerire del tutto abusivamente che sono stati commessi reati in un ambito non meglio precisato che comprende anche Limbiate, ma soprattutto altrove, per escludere categoricamente che il danno possa essere collocato in Limbiate. Ma la realtà è diversa: a Galimberti e ad altre ben individuate persone sono state ascritte specifiche responsabilità per specifici reati che sarebbero stati commessi in Limbiate. Gli stessi, o analoghi, reati sarebbero stati commessi anche altrove da altre persone, ma senza che fossero in rapporto di continuità territoriale e/o temporale con quelli commessi in Limbiate. In altri termini: anche altri soggetti sono stati accusati di aver gestito altrove rilevanti quantità di rifiuti speciali pericolosi senza autorizzazione, di averli conferiti ad altri soggetti non autorizzati, i quali anch’essi avrebbero omesso di compilare il formulario relativamente allo smaltimento dei rifiuti speciali pericolosi, in relazione alla violazione dell’art. 483 del Codice Penale, e li avrebbero conferiti allo stesso impianto dello stesso soggetto al quale venivano conferiti i rifiuti gestiti da Galimberti. Per questo motivo Galimberti e tutti gli altri sono inclusi nel medesimo procedimento. Ne consegue che, se per i reati commessi altrove dovesse essere riconosciuto un danno ambientale ad altri enti, esso dovrebbe essere riconosciuto anche al Comune di Limbiate, sul territorio del quale sarebbero stati commessi reati qualificabili nello stesso modo.

E quindi, quella “motivazione” manifestamente non è una vera argomentazione. La forma di una specie di responso oracolare con il quale la Giunta, confortata dal parere del Dirigente Affari Generali e Servizi alla Cittadinanza, l’autorevolissimo Avv. Micaela Curcio, avrebbe scritto in anticipo una sentenza, come se sapesse già quale sarà lo svolgimento e la conclusione del procedimento, nasconde qualcosa di assai più grave. La preoccupazione che con essa si è cercato di accreditare subliminalmente, quella di evitare al Comune un esborso inutile, non ha alcuna nobiltà. L'unica e vera preoccupazione della Giunta Comunale è stata quella di non mettersi contro qualcuno che personaggi con la struttura ossea e morale, e con lo "stile" e i precedenti amministrativi dei Romeo, Mestrone, ecc., non sono in grado di contrastare.

La decisione di non costituirsi come parte civile (con quella “motivazione”!), che ho segnalato già un anno fa (v. Una costituzione di parte civile inventata), è stata presa da una Giunta Comunale che ogni anno decide di spendere decine e decine, forse centinaia di migliaia di euro del bilancio comunale per impegnarsi in un’infinità di cause, anche in quelle nelle quali sa già che perderà. Al Comune (cioè a noi) è capitato di essere condannato a pagare anche risarcimenti di molte centinaia di migliaia di euro, solo perché un personaggio come Romeo formalmente può decidere di pagarsi con i soldi pubblici il lusso di fare il gradasso. Molti di questi contenziosi potrebbero essere evitati se, innanzitutto, l’istruzione di certi atti non fosse affidata a “funzionari”, “dirigenti” e/o “consulenti” che frequentemente dimostrano una perizia inversamente proporzionale alla quantità della loro boria; e se, in generale, la Giunta governasse con una maggiore probità amministrativa, della cui penuria si avrebbe il diritto di sospettare anche considerando solo l’enorme numero di liti nelle quali il Comune è costantemente impelagato. Un esempio (ma ve ne sarebbero molti): la Giunta, poco prima di decidere di non costituirsi parte civile in un procedimento contro il padrone di un medio impero commerciale, aveva deliberato di costituirsi quale parte lesa (e quindi di nominare un difensore, con una spesa di alcune migliaia di euro) per il recupero di danni patrimoniali che ammontavano a 837 euro (click here). Questa somma (che, beninteso, era giusto recuperare, attribuendo al recupero anche una funzione “pedagogica”) era stata quantificata su istanza del legale dei responsabili dei danni (alcuni ragazzini che avevano danneggiato una panchina e una pattumiera), ed era quindi un credito facilmente dimostrabile che si poteva recuperare con un semplice decreto ingiuntivo, la cui pratica sarebbe costata molto meno del patrocinio in giudizio. La decisione di procedere in questo modo non solo avrebbe giustificato validamente la non costituzione nel giudizio, ma avrebbe anche alleviato l’onere di questo ai genitori dei teppistelli (tutte brave persone di modeste condizioni economiche).

Potrebbe sembrare che la Giunta Comunale abbia deliberato di non costituirsi senza aver preso visione degli atti delle indagini sui reati ambientali, ma in realtà Romeo, Mestrone & C. sapevano benissimo chi c’era fra gli accusati, ed hanno sminuito coscientemente le conclusioni del Pubblico Ministero, fino a farle passare come irrilevanti per Limbiate. Si trattava invece di accuse basate sui risultati di indagini lunghe e meticolose fatte da numerosi agenti ed ufficiali di polizia giudiziaria. Il magistrato ha indicato il Comune fra le “persone offese” sulla base delle numerose prove documentali e testimoniali raccolte nel corso di queste indagini, che dimostrerebbero che i presunti reati di cui è accusato Galimberti e altri compresi fra gli imputati del procedimento sono stati commessi ripetutamente sul territorio di Limbiate. La reale consistenza dei fatti addebitati ai vari imputati, fra i quali Galimberti, in realtà è stata valutata dalla Giunta tanto attentamente… da decidere di considerarli irrilevanti.

Potrebbe accadere, dunque, che per i reati ambientali che sarebbero stati commessi in Limbiate siano condannate le persone che ne sono imputate, fra le quali Ilario Galimberti, e che il danno ambientale sia accertato, ma non riconosciuto al Comune di Limbiate, che non essendosi costituito parte civile non potrebbe chiedere alcun risarcimento. A questo bel risultato si arriverebbe grazie a Romeo, Mestrone & C. che, fra le tante (allegre) spese legali, ne decidono anche una di alcune migliaia di euro per ottenere che alcuni ragazzini teppistelli indennizzino il Comune dei danni ad una panchina ed ad una pattumiera, ma non decidono di fare i passi necessari affinché sia riconosciuto al Comune, eventualmente, un danno ambientale protrattosi sul suo territorio per molto tempo, e che per la collettività ha un valore morale, oltre che economico, di gran lunga superiore a quello di una panchina e di una pattumiera. I cittadini (fra i quali la mia famiglia) che hanno acquistato elettrodomestici da Ilario Galimberti, e gli hanno conferito quelli vecchi per lo smaltimento, hanno pagato un prezzo aggiuntivo, e lo hanno fatto convinti di affidare quei rifiuti pericolosi non all’ultimo rottamatt brianseu abusivo, ma ad un imprenditore specializzato in grado di mobilitare il know how, l'organizzazione e la tecnologia necessari per evitare all’ambiente i danni di uno smaltimento fai-da-te…

(Ma forse, per arrivare a 250 milioni di euro di fatturato, anche un medio impero commerciale deve turlupinare i cittadini-clienti e danneggiare l'ambiente!).

(segue)



NOTE

[1] Art. 256 Attività di gestione di rifiuti non autorizzata
1. Chiunque effettua una attività di raccolta, trasporto, recupero, smaltimento, commercio ed intermediazione di rifiuti in mancanza della prescritta autorizzazione, iscrizione o comunicazione di cui agli articoli 208, 209, 210, 211, 212, 214, 215 e 216 è punito:
a) con la pena dell'arresto da tre mesi a un anno o con l'ammenda da duemilaseicento euro a ventiseimila euro se si tratta di rifiuti non pericolosi;
b) con la pena dell'arresto da sei mesi a due anni e con l'ammenda da duemilaseicento euro a ventiseimila euro se si tratta di rifiuti pericolosi.
2. Le pene di cui al comma 1 si applicano ai titolari di imprese ed ai responsabili di enti che abbandonano o depositano in modo incontrollato i rifiuti ovvero li immettono nelle acque superficiali o sotterranee in violazione del divieto di cui all'articolo 192, commi 1 e 2.

[2] Art. 258 Violazione degli obblighi di comunicazione, di tenuta dei registri obbligatori e dei formulari
4. Chiunque effettua il trasporto di rifiuti senza il formulario di cui all'articolo 193 ovvero indica nel formulario stesso dati incompleti o inesatti è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da milleseicento euro a novemilatrecento euro. Si applica la pena di cui all'art. 483 del codice penale nel caso di trasporto di rifiuti pericolosi. Tale ultima pena si applica anche a chi, nella predisposizione di un certificato di analisi di rifiuti, fornisce false indicazioni sulla natura, sulla composizione e sulle caratteristiche chimico-fisiche dei rifiuti e a chi fa uso di un certificato falso durante il trasporto.

[3] Art. 483 Falsita' ideologica commessa dal privato in atto pubblico
Chiunque attesta falsamente al pubblico ufficiale, in un atto pubblico, fatti dei quali l'atto e' destinato a provare la verita', e' punito con la reclusione fino a due anni. (…)



sabato 14 novembre 2009

Il blog di Qumran? (con una segnalazione teatrale)


Poiché giunge dopo un tempo quasi biblico, segnalo che gk ha lasciato un commento sul post "Ogni volta che la leggo mi commuovo di più". Avanti di questo passo, e potrò dire che il mio blog è candidato a diventare, nell'ambito dei blog, qualcosa di analogo alle grotte di Qumran!

Ma, prendendo in prestito il fluente eloquio del più alfabetizzato dei consiglieri comunali di Limbiate (nonché esilaratissimo consigliere di quell'aberrazione istituzionale che è la Provincia di Monza e della Brianza), "a parte i scherzi": mi piace segnalare il progetto di allestimento teatrale di gk: http://www.umteatro.it/progetti/creativi-per-rosa-luxemburgcreativi-per-rosa-luxemburg.html, e se qualcuno si mette a fare connessioni abusive con l'inaugurazione, in questi giorni, del Teatro del Tecoppa (sub-aspromontano), come diceva Amedeo Nazzari in un film: "peste lô côlga!


lunedì 9 novembre 2009

Saldare il conto, please. (Una sentenza sulle monetizzazioni degli standard urbanistici di "Milano Citylife" che non fa dormire Romeo, Mestrone & C.)


Il T.A.R. di Milano non ha ancora pubblicato le motivazioni della sentenza, ma solo il dispositivo, che tuttavia è di un tenore da non lasciar spazio a dubbi [click here]: le monetizzazioni degli standard urbanistici del mega P.I.I. “Milano Citylife” sull’area Portello-Fiera (quello dei grattacieli storti che anche Berlusconi ha raccomandato di raddrizzare) devono essere pagate come dice l’art. 46 della l.r. 12/2005:

la convenzione [per l’attuazione del P.I.I.; ndr] può prevedere, in alternativa totale o parziale della cessione [delle aree; ndr], che all'atto della stipulazione i soggetti obbligati corrispondano al comune una somma commisurata all'utilità economica conseguita per effetto della mancata cessione e comunque non inferiore al costo dell'acquisizione di altre aree.

I costruttori (Generali, Allianz, Ligresti e la famiglia romana Toti), che dopo l’approvazione del progetto, nel 2005, se l’erano cavata con la modica cifra di 4 milioni di euro, e che solo dopo la variante del 2008 ne avevano pagati altri 39, molto probabilmente dovranno sborsare al Comune di Milano altri 120 milioni di euro.

Questa sarebbe la conseguenza più che probabile della sentenza del T.A.R. di Milano che ha accolto uno dei ricorsi presentati dall’Associazione "Vivi e progetta un’altra Milano", limitatamente alla parte “attinente la monetizzazione degli standard urbanistici”, nella quale i ricorrenti sostenevano appunto che la monetizzazione degli standard deve essere calcolata come prescrive il citato articolo della legge urbanistica lombarda. Va sottolineato che il T.A.R. ha ribadito il dettato della legge e non si è fatto sviare dalla valutazione dell’area che il Comune di Milano aveva commissionato all’Agenzia del territorio al momento della variante (poiché dopo la prima approvazione del P.I.I. i ricorrenti avevano già puntato il dito sull’entità irrisoria delle monetizzazioni). I giudici amministrativi hanno ritenuto che anche questa valutazione non era “commisurata all'utilità economica conseguita per effetto della mancata cessione”, e comunque era “inferiore al costo dell'acquisizione di altre aree”. Che proprio questo poi si ritroverà argomentato nelle motivazioni della sentenza sembra essere condiviso, nella sostanza, anche da Carlo Masseroli, assessore all’urbanistica del Comune di Milano, il quale ostenta non solo soddisfazione perché la sentenza “consente il proseguimento del progetto”, ma anche “contentezza” perché la sentenza farà arrivare molti milioni nella cassa comunale! Ovviamente cerca di oscurare, in questo modo, il regalo ultramilionario che il Comune di Milano aveva ripetutamente tentato di fare a Ligresti & C. (Ma altri due esposti sono all’esame della Corte dei Conti e della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Milano).

Tuttavia, il P.I.I. “Milano Citylife”, pur uscito dall’esame del T.A.R. sostanzialmente indenne per quanto riguarda gli aspetti urbanistici fondamentali, potrebbe essere affossato dalla moltiplicazione per quattro della somma delle monetizzazioni, poiché, mentre siamo ancora nel pieno di una crisi economica che potrebbe durare ancora a lungo, sembra che i costruttori abbiano grandi difficoltà a trovare i 2,1 miliardi di euro per finanziare il progetto. L’aggiunta di 120 milioni di monetizzazioni, che dovrebbero essere pagati immediatamente, aggraverà ancor più queste difficoltà. [click here]

Ma di difficoltà ve ne sono altre. Sembra ovvio prevedere che per i pubblici ministeri della Procura del Tribunale di Milano che stanno approfondendo la conoscenza della questione delle monetizzazioni (e che hanno già ascoltato i cittadini), la sentenza dei giudici amministrativi inevitabilmente farà giurisprudenza, tanto più autorevole in quanto prodotta dalla magistratura speciale amministrativa. I giudici ordinari presumibilmente cercheranno piuttosto di acquisire elementi per capire attraverso quali procedure extra-amministrative, e con il concorso di chi, è stato determinato un valore delle aree da monetizzare enormemente più basso di quello di mercato (400 euro invece di 2000!), sia al momento dell’approvazione del P.I.I., sia al momento della variante, e chi (oltre ai costruttori, ovviamente) ne ha tratto vantaggio, poiché operazioni tanto rischiose certo non vengono fatte gratis.

Un analogo approfondimento certamente sarà fatto (ma probabilmente viene già fatto) dai magistrati che si occupano dei fatti e delle “procedure”, appunto del tutto analoghe, che io ho cercato di delucidare e documentare con i miei esposti sui vari P.I.I. e piani di lottizzazione di Limbiate. La dimensione di questi “affari” ovviamente è proporzionata alla piccola dimensione del Comune di Limbiate, tuttavia anche qui abbiamo degli standard urbanistici monetizzati in misura irrisoria, tanto da far mancare alla cassa comunale l’introito di diversi milioni di euro. Ma vi sono anche alcune peculiarità locali: oneri di urbanizzazione (ed anche il contributo sul costo di costruzione) “scomputati” abusivamente; prezzi di materiali e lavori che dovevano essere scontati prima dello "scomputo", ma che sono stati invece scomputati interamente; un’area né ceduta né monetizzata, ma letteralmente fatta sparire con una specie di gioco delle tre carte; un’area che la Provincia di Milano avrebbe dovuto vendere al Comune per quattro soldi affinché vi facesse un parcheggio pubblico, ma che il Comune vorrebbe “girare” per quattro soldi ad un’impresa privata; l’esproprio di alcuni terreni per opere di urbanizzazione primaria che dovrebbe essere accollato all’”operatore privato” (eufemismo per “speculatore”), ma che invece si vorrebbe pagare con soldi pubblici; infine, un’area di proprietà pubblica che è stata venduta per meno della metà del valore di mercato.

La svendita dell’area pubblica ad uno speculatore (pardon: a un “operatore privato”) non è certo il danno maggiore alla cassa pubblica, ma è esemplificativa delle procedure amministrative (se si possono chiamare così) con le quali vengono preparate e portate avanti operazioni speculative come quelle dei P.I.I. Per esempio, per dimostrare che il valore di un terreno pubblico sarebbe meno della metà del valore di mercato, l’esimio architetto Franco Zinna, che era capo, fra l’altro, anche di un Ufficio Espropri del Comune che egli ha sempre tenuto in clandestinità, non si è rivolto all’Agenzia del Territorio (come ha fatto il Comune di Milano, tuttavia senza riuscire ad abbindolare il T.A.R.), ma ha preferito pagare, per l’ennesima volta e con i nostri soldi, una fanciulla con il suo stesso titolo affinché periziasse (si fa per dire) i terreni compresi in un modo o nell’altro nel P.I.I. di Via M.te Sabotino. Costei, grazie agli incarichi ricevuti dal sunnominato esimio architetto, in quattro-cinque anni ha incassato dal Comune circa 200 milioni di euro [Recte: 200 mila euro!]* per compiti da "specialista della materia” (fra i quali il ri-disegno dei vialetti di giardini pubblici che sono stati rifatti lì dov’erano e con le stesse dimensioni di prima!). Nella perizia, tuttavia, la fanciulla ha dimostrato di essere così finemente specializzata da riuscire anche a sbagliare qualsiasi calcolo aritmetico. E se quella perizia doveva fungere da giustificazione autorevole dell’operazione-svendita, un’altra, che era stata preparata seguendo procedure ormai dichiarate illegittime dalla Corte Costituzionale, doveva fungere (anche) da giustificazione della monetizzazione irrisoria degli standard.

Ma a volte il destino è cinico e baro. Entrambe le perizie, che erano già state adottate, ovviamente senza alcun controllo (nemmeno da parte degli inetti dell'opposizione!), sono finite sotto gli occhi di un essere malvagio come il sottoscritto, e quindi il babbo della "specialista della materia" è stato costretto a venire due volte ad esibire patetiche giustificazioni dell’operato suo e della figlia. In entrambe le occasioni, i farfugliamenti sempre più avviluppati del "perito" tradivano uno stato d’animo che in quelle settimane non doveva essere propriamente olimpico; tuttavia egli è riuscito sia a dire che gli errori di calcolo erano dovuti ad una svista, sia a scivolare nel grottesco proponendo una correzione che a sua volta conteneva un errore di calcolo, sia a smentire se stesso e la sua figliola esibendo un’altra perizia, nella quale il valore del terreno questa volta era molto vicino al prezzo di mercato, sia, infine, ad inventarsi (spalleggiato da un avvocato/assessore davvero valente) un’innovativa giurisprudenza secondo la quale quando la Corte Costituzionale sentenzia che una norma è illegittima, si continua a seguirla finché non viene sostituita da una nuova norma!

Non contento di tutto ciò, il babbo si è spinto oltre, e dopo qualche mese di chissà quali e quante ambasce paterne e filiali, è andato ancora una volta da solo (lui che non aveva ricevuto l’incarico della perizia!) a giurare in Tribunale sulla veridicità di tutte le perizie sue e della figlia. Ma, (talis pater…) nel confezionare un paio di fascicoli di documenti, il babbo ha talmente pasticciato che anche un bambino capirebbe agevolmente lo scopo vero di un atto tanto maldestro, ma non per questo meno grave: impressionare quello che costui considera il vulgo dei cittadini con un "giuramento", al fine di scoraggiare chi si fosse fatto venire l'uzzolo di andare a mettere sotto gli occhi di un sostituto procuratore le copie dei suoi scartafacci. Infatti, esibendo due perizie in contrasto fra loro, più un’altra elaborata con una procedura già dichiarata illegittima dalla Corte Costituzionale, costui ha tranquillamente (?) giurato “di aver bene e fedelmente proceduto alle operazioni e di non aver altro scopo di quello di far conoscere la verità”! Ma io, che com'è noto sono un essere insensibile, non mi sono fatto impressionare. Vedremo quale è stato l’effetto che le perizie hanno fatto sui magistrati della Procura del Tribunale e della Corte dei Conti.

Con perizie fornite da consulenti di questo tipo si è preteso di giustificare sia la svendita del terreno comunale, sia la monetizzazione delle aree standard, e mentre il valore/mq dell’area comunale è stato abbassato a meno della metà, il valore delle aree da monetizzare è stato ulteriormente abbassato fino ad un quarto del prezzo di mercato! Che i magistrati vi dedichino il massimo dell’attenzione (e non vedo come ciò potrebbe non accadere), sembra solo ovvio, come sembra ovvio che su quanto emerge dall’esame delle perizie, delle convenzioni e dei fatti che ho abbondantemente esposto e documentato si riverberi anche la recente giurisprudenza del T.A.R. sul P.I.I. “Milano Citylife”.

Si può quindi ritenere plausibilmente che, dopo la sentenza sulle monetizzazioni di “Milano Citylife”, siano aumentate le probabilità di un deciso intervento della magistratura penale, che potrebbe innanzitutto sindacare la legittimità degli atti di molte persone che, ricoprendo ruoli diversi, nelle fasi di elaborazione e di approvazione dei P.I.I. di Limbiate si sono prodigate (spesso con abilità da autentici... peracottari) per assicurare regali milionari ad alcuni palazzinari, e poi disapplicare questi atti qualora li ritenesse illegittimi, salva restando la competenza del Giudice Amministrativo per la loro eventuale rimozione.

Ma, oltre alle difficoltà (chiamiamole così) che potrebbero essere create dalla magistratura penale e che riguarderebbero diverse persone, l’obbligo di monetizzare gli standard sulla base del valore di mercato delle aree potrebbe far diventare l’affare P.I.I. non più tanto appetibile (come nel caso di "Milano Citylife" e pur facendo le debite proporzioni). E pertanto potrebbe avvenire che i P.I.I. non fossero annullati dalla giustizia amministrativa, ma che, riaffermato l’obbligo di monetizzare gli standard come dice la l.r. 12/2005, si rivelassero non più tanto profittevoli e quindi nei fatti inattuabili.

A giusto titolo, quindi, Romeo, Mestrone & C. non riescono a dormire.


* (15/11/2009) Fino ad oggi il post è stato letto da molte decine di persone, alcune delle quali mi hanno anche telefonato per commentarlo, ma nessuno mi ha segnalato il ciclopico lapsus, del quale mi sono accorto per puro caso da solo. In quel contesto, il Maligno deve averci messo la coda, perché 200 milioni di euro è tutto il bilancio del Comune per diversi anni! Per il lapsus (del resto evidente) mi scuso con gli interessati, ma quello che ritengo di dover dire sul loro operato (e che del resto dico da tempo) non cambia e non cambierà, in nessuna sede.

domenica 8 novembre 2009

Cala, Trinchetto, e occhio alla corvetta della Capitaneria!


Da un fogliaccio locale, il 6 novembre 2009 abbiamo appreso che Antonio Romeo, pro tempore sindaco di Limbiate, parlando della sala che faticosamente sta sorgendo in quel di Pinzano, ha detto:

“Sarà il comune a gestire un così importante teatro, il più bello di Milano dopo gli Arcimboldi, a mio parere, perché è il Comune che investe nella cultura e crede in quello che fa”

“Non prenderò in considerazione quelle associazioni che ci hanno già pubblicamente criticato rivendicando uno spazio, loro non lo avranno”.

Una volta, uno dei più grandi pensatori del Novecento, l’operaio metalmeccanico Cipputi, ammise: “A volte ho delle idee che non condivido”. Anch’io (si parva licet componere magnis) a volte ho delle idee che non condivido e, dopo aver letto la prima frase, ho pensato che forse sarebbe l’ora di unirmi a quelli che chiedono l'abrogazione della legge Basaglia. Ma per fortuna subito dopo mi è tornato il ricordo di un Carosello di 45 anni fa:




Sulla seconda frase, c’è poco da dire: Tecoppa, anche se veste i panni di Capitan Trinchetto (siamo sempre nel teatro), conserva l’animo del capomanipolo.


http://www.teatroarcimboldi.it/gallery.php


(9 novembre 2009) A grande richiesta, ecco un'immagine immaginaria, diffusa da chi crede di esserne il proprietario, del nuovo Teatro di Tecoppa (che non è stato ancora completato, e quindi nemmeno fotografato): click here

lunedì 2 novembre 2009

Le menzogne spudorate di un altro magliaro, pro tempore assessore aiazzonico alla pianificazione della distruzione del territorio


L’assessore aiazzonico [1] è riemerso alla luce, ma sempre agghindato come un necroforo, ed ha affidato al peggiore dei giornali-pattumiera locali la diffusione di una serie di menzogne incredibilmente spudorate, seguite da farneticamenti, megalomanie, wishful thinking. Sul “Giornale di Desio” del 27 ottobre questo tristo figuro ha fatto stampare:

1) in otto anni sono stati proposti solo quattro Programmi Integrati d’Intervento.

Prima menzogna spudorata. L’assessore aiazzonico vorrebbe maldestramente incartare i P.I.I. in una bella confezione, oppure indorare una pillola che a lui fra i primi potrebbe andare di traverso (e forse già gli è andata di traverso). Il tentativo di dimostrare che, suvvia, i P.I.I. sono stati pochi potrebbe anche risultare esilarante, ma, appunto, l’assessore aiazzonico mistifica (cioè dice il falso) spudoratamente. I quattro Programmi Integrati d’Intervento sono stati approvati non in otto ma in circa quattro anni. Dopo gli ultimi due approvati alla fine del 2007, non ne sono stati proposti altri semplicemente perché… la fifa ha fatto e continua a fare novanta. È noto che sui Programmi Integrati d’Intervento il sottoscritto ha presentato alla Procura della Repubblica e alla Corte dei Conti alcuni esposti analitici e abbondantemente documentati che non sono stati archiviati. La quantità e il tipo di guai che ne potrebbero derivare per i molti che hanno congegnato i P.I.I., soprattutto fuori dall’amministrazione comunale, ovviamente sono ben ponderati da costoro.

Gli interessi delle imprese, dei professionisti che lavorano per loro, dei politici di rango superiore a quello paesano (con i quali in realtà si concordano e si programmano trasversalmente certe operazioni) coincidono solo parzialmente con quelli di alcuni spiantati che sono riusciti ad occupare alcune postazioni strategiche del mercato politico-economico locale. Questi, privi non solo del savoir-faire, ma anche dei numeri minimi per aspirare ad una seppur piccola carriera da “politico”, vivono perennemente corrosi dall’ansia di sfruttare per tempo le posizioni che (come sanno bene) occupano solo provvisoriamente. Poter decidere (diciamo così), finché si è in tempo, sulle porzioni possibilmente più grandi delle rendite create dall’amministrazione pubblica, per costoro è una necessità immediatamente vitale. Quegli altri, invece, hanno risorse (di ogni genere) ben più grandi, ed interessi economici e “politici” che pur essendo della medesima natura sono assai più consistenti e tendono necessariamente ad essere duraturi. Inoltre, a differenza dell’assessore aiazzonico, che ogni tanto tenta di assumere le pose e il farfugliare di quello che lui crede che sia il “politico pensante” , quelli sono in grado di “pensare” davvero.

E dunque, visto come si sono messe le cose dopo l’approvazione degli ultimi P.I.I. alla fine del 2007, chi “pensa” ha caldamente “consigliato” (anche all’assessore aiazzonico) di mettere da parte i Programmi Integrati d’Intervento, almeno per il momento. Ve n’erano, infatti, molti altri da lanciare (si chiamassero o no Programmi Integrati d’Intervento: questa, infatti, è solo un’etichetta sotto la quale si fanno passare operazioni di tutt’altra natura). L’assessore aiazzonico era convinto di poterne approvare altri prima delle elezioni amministrative del 2011, ma già agli inizi del 2008 l’aria che tirava per queste operazioni non era propriamente saluberrima. Lui proprio non voleva, ma alla fine qualcuno gliel’ha fatto capire per forza: per il momento, niente fretta e profilo basso. E mettesse da parte, anche, la pretesa di candidarsi ad alcunché.

2) ancora nessun mattone su via Sabotino, dove pende una sospensiva del Consiglio di Stato e sul P.I.I. di via Belluno, dove alla firma della convenzione ha visto seguire un ricorso al Presidente della Repubblica.

Seconda menzogna spudorata. “Su via Sabotino” non “pende” nessuna sospensiva. Il ricorso al T.A.R., fino al momento della sentenza, di per sé non poteva provocare alcuna sospensione. Adesso, nulla e nessuno potrebbe impedire di cominciare i lavori, poiché il Consiglio di Stato ha sospeso l’esecuzione della sentenza (con la quale il T.A.R Lombardia aveva annullato la delibera di approvazione del P.I.I.) con la motivazione che dall’esecuzione della sentenza (= impossibilità di cominciare i lavori) potrebbe “derivare un danno grave e irreparabile” per il Comune e per l’operatore privato. Dunque, questi potrebbe cominciare a costruire. Certo, ci sarebbe qualche rischio… che evidentemente nessuno vuole correre, almeno per il momento, tanto più che nella “Convenzione” firmata il 10 giugno 2008 i termini per iniziare i lavori sono stati stabiliti nel modo seguente (art. 13, comma 1):

“Gli interventi previsti dal programma e dalla presente convenzione dovranno avere inizio entro un anno dal rilascio del primo permesso di costruire, denuncia di inizio di attività ovvero altro idoneo titolo abilitativo, che dovrà essere richiesto entro sei mesi dalla data odierna …” (qui, come negli altri passi riportati, i corsivi sono miei; ndr).

Quindi, il termine per l’inizio dei lavori (anche per le opere pubbliche) sarebbe il 10 dicembre 2009. E si comincia già a vedere che è una menzogna anche quello che l'assessore aiazzonico vorrebbe sostenere più avanti, e cioè che i ricorsi e gli esposti, impedendo l’inizio dei lavori, avrebbero provocato un danno al Comune!

Per quanto riguarda il P.I.I. di via Belluno, il ricorso straordinario al Presidente della Repubblica, presentato quasi un anno prima della firma della “Convenzione”, non ha alcun effetto sospensivo. La stipula del contratto è stata tirata per le lunghe (per 15 mesi!) per la paura che il ricorso al T.A.R. contro il P.I.I. di via Sabotino, e soprattutto l’esposto alla Procura della Repubblica (la quale istruisce procedimenti penali), hanno ingenerato sia nell’operatore privato sia nella giunta comunale. Gli uni e gli altri sanno bene, infatti, che gli stessi aspetti illegittimi caraterizzano entrambi i P.I.I., e allora hanno inscenato la seguente pantomima (resa possibile dalla legge): innanzitutto, anche se sarebbe stato obbligatorio firmare la convenzione entro un anno dall’approvazione del P.I.I., vale a dire entro il 20 dicembre 2008, volutamente ciò non è stato fatto. Quindi, formalmente seguendo la legge, ma in realtà seguendo un copione concordato, il sindaco ha “diffidato” l’operatore privato a firmare la convenzione entro i successivi 90 giorni. La pantomima serviva per prendere tempo, infatti la convenzione è stata firmata solo allo scadere del novantesimo giorno, il 20 marzo 2009. In mancanza della firma, il 21 marzo il P.I.I. sarebbe decaduto.

3) “ritardando la partenza di questi due ultimi interventi – ha spiegato l’assessore – abbiamo avuto un danno economico perché non entrando oneri non abbiamo potuto fare le opere pubbliche di cui avrebbe beneficiato la collettività”

Terza, e triplice, menzogna spudorata. Primo: con la convenzione per Via M.te Sabotino è stato stabilito che per gli oneri di urbanizzazione non doveva essere pagato nemmeno un centesimo, poiché sia gli OO.UU. primaria sia gli OO.UU. secondaria sarebbero stati compensati con opere costruite dai privati; per lo stesso motivo, con la convenzione per Via Belluno è stato stabilito che non dovevano essere pagati gli OO.UU. primaria. (Le opere da costruire come compensazione, in realtà, come dimostrano i progetti allegati ai P.I.I., sono quasi esclusivamente lavori di pacchiano restyling di opere già esistenti e in ottimo stato).

Secondo: con la firma delle convenzioni il Comune ha incassato totalmente quanto era previsto che incassasse. Per Via M.te Sabotino il Comune ha incassato le cifre seguenti (art. 18 della convenzione):

- cessione area e diritti volumetrici: € 384.839,10;
- monetizzazione aree per urbanizzazione secondaria: € 15.808,00;
- monetizzazione standard di qualità: € 467.961,75.
Totale incassato per Via M.te Sabotino: € 868.608,85.

Per Via Belluno il Comune ha incassato la cifra seguente (art. 9 della convenzione):

- monetizzazione aree standard: € 467.955,60.

Somma degli incassi per i due P.I.I.: 868.608,85 + 467.955,60= 1.336.564,45 €.

Nessun “danno” economico, quindi, è stato provocato dalla “ritardata partenza” dei P.I.I. approvati alla fine del 2007.

Dove sono finite le somme incassate?

Terzo: con la convenzione per il P.I.I. di Via Belluno (firmata il 20 marzo 2009, cioè, torno a sottolineare, quasi un anno dopo la presentazione del ricorso straordinario al Presidente della Repubblica) l’operatore privato ha contratto con il Comune, fra gli altri, i seguenti obblighi:

1) “gli interventi relativi agli edifici privati previsti dal programma e dalla presente convenzione dovranno avere inizio entro un anno dal permesso di costruire, o altro idoneo titolo abilitativo, che dovrà essere richiesto entro 6 mesi dalla data della stipula del presente atto”;

2) “il rilascio del permesso di costruire o di altro titolo abilitativo per le opere pubbliche… dovrà essere contestuale al rilascio di permessi di costruire, o di altri idonei titoli abilitativi, relativi agli interventi privati previsti dal Programma”;

3) “segnatamente le opere di urbanizzazione primaria e secondaria dovranno essere eseguite come segue:

a) l’inizio dei lavori delle opere a standard qualitativo… deve avvenire entro sessanta giorni dalla stipula della presente convenzione;

b) le opere relative alla riqualificazione della Via Belluno come da progetto allegato agli atti del P.I.I., completo di tutti i servizi ed il collegamento fra l’area ad ambito del P.I.I. e la Via Jenner, devono iniziare entro 60 giorni dalla stipula della presente convenzione”.
[2]

Dalla combinazione del punto 3 con il punto 2, risulta che per poter iniziare i lavori delle opere pubbliche i permessi dovevano essere chiesti (con quelli per gli edifici privati) entro il 19 maggio 2009. Ora, nonostante per Via Belluno non vi sia mai stato alcun ostacolo all’inizio dei lavori, siamo già nel mese di novembre e non solo questi lavori non sono stati cominciati, ma nemmeno si ha notizia della richiesta dei permessi di costruire. (Sul testo della convenzione avrebbe lungamente lavorato un rubizzo geometra che gode della fama, che egli stesso alimenta, di tecnico che “le cose le fa per bene”, addirittura "alzando la voce" anche con i “politici”! Costui ha più volte millantato di aver "messo a posto" diverse parti del testo della convenzione, ma la persistenza delle clausole richiamate dimostra che anch’egli è un peracottaro. Se queste clausole fossero rispettate davvero (cosa che il Comune dovrebbe imporre, ma non lo fa), esse potrebbero mettere in seri guai, come vedremo fra poco, sia il Comune sia i costruttori).

È questa palese violazione degli obblighi contrattuali, semmai, che ha creato un danno economico al Comune, poiché le opere che ancora non sono state costruite erano state contrattate come compensazione degli oneri di urbanizzazione non versati e come contropartita a favore dell’ente pubblico per l’approvazione del P.I.I. L’assessore aiazzonico e il suo socio Tecoppa sub-aspromontano ovviamente omettono di diffidare la ditta (ufficialmente) responsabile a rispettare il contratto. Perché?

L’assessore aiazzonico e il sindaco nel consiglio comunale si sono profusi in assicurazioni sulla validità dei P.I.I., che sarebbe stata assicurata da una fase di progettazione durata, come hanno infinocchiato, ben due anni, e certificata (con la bellezza di 9 righe!) da un nucleo di valutazione composto da due tecnici esperti e da un valente avvocato. Delle due, una: o i P.I.I. sono inappuntabili, e allora ben si potrebbero cominciare i lavori; oppure, poiché ben si conoscono gli aspetti illegittimi dei P.I.I. e se ne temono le conseguenze non solo amministrative, ma anche penali... la fifa fa novanta. Ecco perché i due non faranno mai alcunché per far rispettare i contratti e, con essi, l’interesse della collettività che l'assessore aiazzonico richiama pretestuosamente: se i P.I.I. dovessero essere annullati dal Consiglio di Stato o dal Presidente della Repubblica dopo la costruzione delle opere pubbliche (ed entrambe le decisioni sarebbero inappellabili) l’operatore privato potrebbe chiedere i danni al Comune. E coloro che dovrebbero rispondere personalmente dei danni causati predisponendo e facendo approvare un P.I.I. illegittimo, sarebbero diversi…

Ovviamente l’assessore aiazzonico e il Tecoppa sub-aspromontano si dedicano ad altro. Nella borsa politica del centro-destra le loro azioni ormai sono solo junk bonds. Cosa è possibile fare per tentare di risollevarne il corso? Il sindaco ha la risorsa del teatro, che spera di poter utilizzare per una operazione di ricostruzione del consenso, ma, anche se dopo venticinque anni di discorsi ha imparato ad azzeccare almeno qualche congiuntivo, quello della cultura non è propriamente il suo terreno. E comunque, anche la sua sorte personale è segnata già da tempo. Le risorse dell’assessore aiazzonico invece sono molto più modeste, e può solo pateticamente affidarsi ai servizi di una “giornalista” ignorante e incapace e ad un giornale-pattumiera, sicuro che gli stamperanno, senza batter ciglio e riproducendone fedelmente anche la sconclusionatezza, tutte le sue volgari menzogne. Fra le quali vi è quest’altra:

4) “preciso che nel nostro mandato non abbiamo reso edificabili terreni, ma chi costruisce lo fa attraverso le possibilità offerte dalla precedente giunta di centro sinistra”

Quarta spudorata menzogna. Caratteristica specifica dello strumento chiamato P.I.I. è quella di essere un autentico grimaldello per scardinare qualsiasi regola urbanistica. Infatti con i P.I.I. sono state approvate varianti al Piano Regolatore Generale che hanno reso edificabili aree che prima non lo erano, e fra esse anche aree che erano destinate ad usi pubblici, comprese alcune aree di proprietà pubblica. (Varianti simili sono state approvate anche con l’operazione “alienazione degli immobili patrimoniali”, e senza che gli inetti della finta opposizione aprissero bocca, anzi si sono affrettati a presentare emendamenti alle destinazioni delle cifre che si presume di incassare). Va bene che il centro-sinistra si era già messo alacremente a far diventare edificabile l’ingente quantità di aree che secondo il P.R.G. di allora non lo erano, ma ormai sono passati otto anni dalla sua fine. Il centro-destra ne ha seguito le orme, e quindi come può pretendere, costui, di scaricarsi di ogni responsabilità?

Ma non basta. L’assessore aiazzonico, che sa bene che cosa ha rovinato la sua attuale carriera, ma ovviamente nulla sa del concetto di responsabilità politica, coltiva tuttavia delle ambizioni da teorico, e si mette anche a dare giustificazioni “ragionate” della “modernità” dei P.I.I. Ma di questo in un prossimo articolo

Note

[1] V. http://it.youtube.com/watch?v=M8YZmBFqnIU

[2] Va segnalato che nella convenzione firmata dall’ architetto Enrico Galbiati, per il Comune, e dalla società Immobiliare San Norberto Sei di Negri Vittorio e C. s.a.s., in questo punto è stata omessa inspiegabilmente l’importante clausola approvata dal Consiglio Comunale: “il tutto… dovrà essere in conformità con quanto previsto dal successivo art. 11.3", che così recitava: “il progetto edilizio relativo agli edifici potrà – in fase di esecuzione – introdurre modificazioni delle caratteristiche volumetriche e tipologiche degli edifici senza la necessità di preventiva approvazione di variante al P.I.I. a condizione che non risultino alterate le caratteristiche morfologiche di impostazione del programma, indicate nel planivolumetrico allegato, che non vengano modificate le quantità globali di SLP e che non diminuisca la dotazione di aree (anche equivalenti) a standard” (corsivo mio; ndr), che già non era esattamente quanto stabilito dal richiamato art. 14, comma 12 della L.R 12/2005.: “Non necessita di approvazione di preventiva variante la previsione, in fase di esecuzione, di modificazioni planivolumetriche, a condizione che queste non alterino le caratteristiche tipologiche di impostazione dello strumento attuativo stesso, non incidano sul dimensionamento globale degli insediamenti e non diminuiscano la dotazione di aree per servizi pubblici e di interesse pubblico o generale.” Intanto, come si legge, la legge parla di aree per servizi pubblici e di interesse pubblico o generale, e non fa alcun riferimento alle aree equivalenti a quelle “a standard”, come nella convenzione approvata dal Consiglio Comunale, ma quali sarebbero queste aree equivalenti? Perché nella frase “il tutto… dovrà essere in conformità con quanto previsto dal successivo art. 11.3” queste ultime parole sono state sostituite con un generico “dalla presente convenzione”?