- Coazióne - coazióne a ripetere
- [“Società civile”, un’espressione nient’affatto "largamente imprecisa", ma precisamente errata]
Se il mondo sociale mi riesce sopportabile, è perché posso indignarmi (Pierre Bourdieu,1990)
Salvatore Ricciardi
"Qualche mese fa, nonostante le nostre barricate in consiglio comunale, l’amministrazione Romeo... ha autorizzato la costruzione di altre centinaia di appartamenti in via Belluno".
Le due righe e mezza che precedono si trovano nel post Tombini come frollini, che un perennemente esilarato ma mai esilarante "Gavroche" limbiatese ha messo nel blog di un altro giovanotto ormai padre di famiglia, ma che ancora indugia nei vezzi grafici degli scolaretti.
Due righe e mezza, due balle e mezza. Cominciamo dalla seconda balla: in via Belluno, se l'operazione andrà in porto, non saranno costruite centinaia di appartamenti, bensì assai meno di cento. Anche con questa precisazione quel "Programma integrato d'intervento", per il luogo dove dovrebbe essere realizzato e per il modo in cui è stato congegnato, resta una porcheria. Nessuna necessità, quindi, di ingigantire le cose né in questo caso né in generale. A nessuno stenterello deve essere mai concesso di riempire i propri vuoti di argomentazione raccontando balle, col risultato di regalare (come fa abitualmente il giovanotto autore del post di cui parlo) allo sciame di cavallette che spadroneggia a Limbiate l’ennesima occasione di facili ritorsioni polemiche contro la "faziosità dell’opposizione". Un’opposizione in realtà finta, se, per dimostrare di esistere, deve ricorrere al più classico e vile degli espedienti demagogici: la balla.
E passiamo alla prima balla, quella contenuta nell'inciso della frase riportata. Nel bilancio del Comune di Limbiate non vi è traccia di ristorni per riparare o sostituire il mobilio della sala consigliare, che da lunga pezza si conserva integro. In realtà, a memoria d’uomo, gli unici tentativi di uso improprio delle suppellettili della sala sono stati quelli del padre di famiglia vezzoso. Molti ricordano, infatti, che costui, una sera, con i propri sproloqui si era ficcato per l’ennesima volta nella situazione di farsi spellare vivo dalla maggioranza. Ormai con la psiche devastata dalle mediocrissime ritorsioni polemiche del Tecoppa sub-aspromontano e della sua ciurma, ha tentato più volte di svellere dalla sua sede il microfono, forse con l'intenzione di porre fine alle sue pene ingoiandoselo con tutta l’asta. Ma, nonostante ripetuti tentativi, non riuscì a mettere in atto l'insano proposito. (In realtà, bianco cadaverico e debilitato com'era, non aveva alcuna chance di vincere la fiera resistenza del microfono e della sua asta, che restarono attaccati al tavolo come le valve di un'ostrica). Così una famiglia non rimase priva del pane, e alla cassa comunale fu risparmiato un altro, seppur piccolo, salasso (e di questo dobbiamo rallegrarci tutti).
Dicevamo: se l’operazione P.I.I. di Via Belluno andrà in porto. Altri, infatti, fuori dal consiglio comunale, hanno lavorato e ancora lavorano per minare l’intera impalcatura sulla quale si regge quell’intervento edilizio che viola, come l’altro di Via Monte Sabotino, sia le norme edilizie del Comune, sia le leggi nazionali, sia quelle regionali. Può darsi che qualche risultato si possa ottenere.
Nulla hanno fatto, invece, il "Gavroche" e i suoi amici. Il primo, nel consiglio comunale si è ben guardato dallo scendere dai cumuli di parole che affastellava. Figuriamoci se uno che stava sulle“barricate” a lanciare sampietrini d'aria poteva mettersi a fare l’analisi minuziosa dei molti aspetti illegali di un P.I.I. Lui, il "Gavroche", ha fieramente proclamato che non si metterà mai a “spulciare le carte”. E accanto a lui, il giovanotto padre di famiglia, che sempre alterna vezzi infantili a ieratici distillati di sapienzialità politica, ha proclamato di avere “un’altra concezione della politica”.
Fuori dal consiglio comunale, poi, entrambi i giovanotti dapprima hanno preso, seppure obtorto collo, degli impegni precisi di fronte a molte persone, ma poi hanno mostrato il più totale disinteresse per l’iniziativa di presentare un ricorso straordinario per illegittimità al Presidente della Repubblica. Infine, quando il ricorso era già stato depositato tramite un legale e dopo che avevano già ricevuto il testo e le attestazioni delle notifiche, con tutto il loro gruppo hanno cercato di accampare di essere all’oscuro dell’iniziativa per scaricarsi degli oneri economici per i quali, ripeto, si erano impegnati di fronte a molte persone. Sono stati invitati, fin troppo garbatamente, ad andare a farsi benedire. (In questa occasione quello che più si è distinto per malafede e cafonaggine è stato il consigliere "barricadiero").
Del resto, i due ragazzotti di cui parlo fanno parte di un partito (partito?!), il PD, che ritiene che si possa fare politica anche con le balle. Qualche mese fa, infatti, questo partito ha stampato e diffuso un giornaletto nel quale, tra l’altro, con lodi sperticate e sorridentissimo ritratto il "Gavroche" era raccomandato come candidato da votare alle elezioni politiche di aprile. Naturalmente è stato trombato. Ma, oltre a ciò, nel giornaletto si leggeva che il PD aveva presentato un esposto alla Corte dei conti sul P.I.I. di Via Monte Sabotino. Falso. Quell’esposto non è mai stato presentato. Tuttavia, ha dichiarato il vezzoso padre di famiglia, nella campagna elettorale per raccogliere voti si possono raccontare anche delle balle. Come è noto, mal gliene incolse.
Infine, la mezza balla: non è Romeo che “ha autorizzato ecc.”, bensì la maggioranza del Consiglio comunale, nel quale i due stenterelli di cui sopra, con la loro inettitudine argomentativa (vale a dire con l’assoluta insufficienza analitica e dialettica, entrambe frutti dell'impreparazione generale e in particolare sulla questione specifica) hanno favorito e rafforzato (un vero invito a nozze!) la becera demagogia della maggioranza.
P.S. 1) Un esposto alla Corte dei conti (e ad altri tribunali ed autorità) sarà presentato, ma certo non per iniziativa del PD.
P.S. 2) Scrivendo il post mi erano venute alla mente un paio di note dei Quaderni del carcere di Antonio Gramsci: quella sulla verità che nella politica di massa è una necessità ("precisamente", sottolineava il rivoluzionario comunista sardo) e l'altra sull'uomo politico che deve essere "sapientissimo". Per un po' ho accarezzato l'idea di utilizzare le due note nel testo, ma poi, per quanto io sia totalmente ateo, accostarle ai due stenterelli di cui sopra mi è parso uno spreco sacrilego. (Anche "stenterello" è un epiteto polemico gramsciano che mi è venuto in mente mentre scrivevo, questa volta senza la sensazione del sacrilegio).
V. la rubrica TI-CHE-TE-T-ARCHETT-I-BALL
Nel blog:
- Una stima nient'affatto stimabile
- Perseverare diabolicum
- Pedestre (ma vera) stima dell'imperizia aritmetica di uno stimato perito
- Gavroche nella Villa Mella
[L'antisemitismo sparisce moltiplicandosi]
Più guardo il corso dell'ultimo quarto di secolo e più mi confermo nell'idea che l'antisemitismo «storico» è entrato in una fase di deperimento anzi di agonia proprio perché la sua struttura si riproduce e si ripete prodigiosamente in seno alla nuova società.
L'antisemitismo moderno dei russi — che non ha avuto l'interruzione democratico-borghese dell'Ottocento occidentale e che anzi ha inferocito lungo tutto il diciannovesimo secolo — o è stato sopravvivenza del passato, di un passato continuato fin oltre la guerra civile per la frequente identificazione contadina di ebreo e di bolscevico, poi rinfocolato fino alla persecuzione e fruttato dallo sciovinismo e dal nazionalismo del periodo staliniano; oppure è stato — e probabilmente continua ad essere — una neoformazione, ma somigliante alle già stagionate forme occidentali, cresciuta su elementi tradizioni e diramata per entro gli aspetti piccolo borghesi dei ceti burocratici, « proprietari » mitici della «patria sovietica» (e del primato grande-russo in essa) lungo tutto la cosidetta «costruzione del socialismo in un paese solo».
Le forme più recenti di «odio per la differenza» sono invece nate in U.S.A. L'antisemitismo borghese vi si è sviluppato in genere — e ce n'è sterminata documentazione sociologica e letteraria — entro un sistema che sempre è stato di minoranze e di ghetti. Spieghino i sociologi perché accade, se sono loro i primi a dirci che cosa succede in una società sottoposta ad una pressione totalitaria qual'è quella dell'industria moderna: la formazione di tante pseudo-comunità volte a garantire dalla solitudine individuale, fondate sulla conservazione di valori tradizionali o sulla evasione. «La divisione del lavoro avanzatissima, l'enorme volume del sopravvanzo economico, la differenziazione sociale ed ecologica hanno prodotto una moltiplicazione inaudita di classi e gruppi, di culture e subculture, di universi e subuniversi di significati. La comunicazione dagli uni agli altri e ancora più la circolazione fra essi sono per lo più ardui. Cogliere la struttura dell'insieme è quasi impossibile. Cosi L. Gallino. E aggiunge che «fenomeni analoghi, per natura se non per dimensione, stanno generando anche qui una realtà sociale più complicata di quanto abbiamo mai conosciuto...» Avremo anche noi la «marcatissima differenziazione sociale, la presenza di innumeri settori quasi impermeabili, l'incommen- surabilità». Dove è da rilevare, insieme alla verosimiglianza della prognosi, le ben note «mani avanti» della «inconoscibilità» e della «complicazione». All'una e all'altra sarebbero unico rimedio l'attività scientifica della sociologia (di quale?). Come se una delle secrezioni difensive di un sistema non fosse appunto la sua «complicazione», la «complessità», la sua resistenza alle semplificazioni. Come se da sempre gli ideologi apologeti non avessero il compito di creare «misteri», «segreti del principe», «sacre famiglie». Si guardi alla sostanza: la moltìplicazione dei corpi intermedi — tanto esaltata dagli ideologi cattolici come garanzia contro il totalitarismo — quando si attua sotto la pressione del totalitarismo oggettivo del sistema industriale crea in sostituzione della lotta delle classi la lotta — retrograda perche fittizia — di ogni sottogruppo contro ogni altro, l'odio di tutti contro tutti. Questa xenofobia si accompagna naturalmente ad una diminuzione delle forme di razzismo antiquato e tradizionale. L’ideologia democratico-egalitaria diventa il brodo entro cui si coltivano mille «dinieghi di umanità» al prossimo. Le ideologie razziste o antisemite di tipo nazista scompaiono perché non servono che a nazionalismi superati e lo spirito dell'irrazionalismo antiqualcuno è la risposta al totale spossessamento degli individui, è la forma odierna di quell'irrazionalismo e nazionalismo che arsero con l'Europa hitleriana. Quanto più la piccola borghesia tradizionale s'è venuta identificando con gli addetti al Terziario e ha incluso larga parte della classe operaia, l'Uomo Ad Una Dimensione ha dovuto crearsi di necessità passioni, nazioni, devozioni, lealtà fittizie. L'antisemitismo sparisce moltiplicandosi. La frase «si è sempre l’ebreo di qualcuno» diventa vera alla lettera.
[Da I cani del Sinai, De Donato, Bari 1967, pp. 42-45; edizioni posteriori: Einaudi, Torino 1979; Quodlibet, Macerata 2002].
Dietro di te un baluardo, gli antenati,
e ora crolla.
Diroccano le mura
a cui stavi appoggiato.
Resisti, sei un uomo, in solitudine.
La marea sempre più tende a salire,
impietoso, antropofago
si gonfia l’avvenire.
No, non alle spalle,
ma davanti la rovina imperversa.
Piange un pulcino, si sfrena una cavalla.
Resisti, aspetta, non puoi far diverso.
Lo “stato dell’ordine e della pubblica quiete” dà agli uomini quasi tutto: l’unica cosa che non dà è l’agire autonomo, che è un presupposto essenziale della vita umana. Una volta ottenuto questo, gli uomini cominciano a determinare da soli la propria vita, e così l’intera struttura è posta in contestazione. Ma finché l’attuale società esiste, ogni forma di attività autonoma completa sarà impossibile: ma già ora elementi di attività autonoma fra noi pongono in contestazione l’”ordine e la quiete pubblica" vigente. (…) Marx leggeva quasi ogni giorno una pagina di Shakespeare: e c’è una frase di Shakespeare che non dovremmo dimenticare: “Essere pronti è tutto”. Rudi Dutschke, 1968
- Bartleby!
- So chi siete, - mi rispose, senza neppur voltarsi, - e non ho nulla da dirvi.
- Non sono stato io che vi ho mandato qui, Bartleby, - risposi, amaramente addolorato dall’implicito sospetto. - E inoltre, per voi, questo non dovrebbe essere un posto infamante. Il fatto che vi troviate qui non vi disonora. E guardate, non è così triste come si potrebbe pensare. Guardatevi in giro: c’è il cielo, c’è dell’erba.
- So dove mi trovo - rispose, ma non volle dir altro.
Herman Melville, 1853
Mentre la vita politica nazionale, esposta al giudizio puntuale e penetrante di tutto il mondo politico nazionale ed internazionale, non consente di sottrarsi alla propria responsabilità politica e di eludere un chiaro ed esplicito giudizio negativo, la vita politica locale, invece, con i suoi compromessi nascosti, i suoi sotterfugi, il suo ambito ristretto, presenta molteplici esempi di scarso senso di responsabilità e di assenza o di ritardo o addirittura inefficacia delle manifestazioni di responsabilità politica, sia istituzionale che diffusa. Giuseppe Ugo Rescigno, 1967