domenica 14 febbraio 2010
Un bando da peracottari per vendere terreni comunali con varianti urbanistiche illegittime
Come se
niente fosse, sul sito web del Comune di Limbiate, continua a campeggiare un
“Bando pubblico incanto per la vendita degli immobili inseriti nel piano delle
valorizzazioni e alienazioni del Comune di Limbiate. Terreni edificabili per
insediamenti produttivi nelle aree di via Garibaldi - Rettificato”. [click
qui ]
Sulle
“rettifiche” si dovrebbero fare alcune osservazioni, ma prima spieghiamo perché
“come se niente fosse”: perché si tratta di terreni la cui destinazione
urbanistica è stata variata seguendo una procedura che era illegittima. Il
bando dice:
“con
l’approvazione del Piano delle valorizzazioni e alienazioni del Comune di
Limbiate (MI), ai sensi dell’art. 58 del decreto legge n. 112 del 25 giugno
2008, convertito con legge n. 133 del 6 agosto 2008”, la destinazione
urbanistica del PRG vigente degli immobili in oggetto è stata variata in ZONA
D per l’insediamento di attività artigiane-produttive”,
ma la
sentenza della Corte
Costituzionale n. 340 del 16-12-2009
ha dichiarato che dell’articolo 58 era illegittima
proprio la parte del comma 2 che diceva:
«la
deliberazione del consiglio comunale di approvazione del piano delle
alienazioni e valorizzazioni costituisce variante allo strumento urbanistico
generale. Tale variante, in quanto relativa a singoli immobili, non necessita
di verifiche di conformità agli eventuali atti di pianificazione sovra-ordinata
di competenza delle Province e delle Regioni. La verifica di conformità è
comunque richiesta e deve essere effettuata entro un termine perentorio di
trenta giorni dalla data di ricevimento della richiesta, nei casi di varianti
relative a terreni classificati come agricoli dallo strumento urbanistico
generale vigente, ovvero nei casi che comportano variazioni volumetriche
superiori al 10 per cento dei volumi previsti dal medesimo strumento
urbanistico vigente».
La
sentenza è stata pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale il 7 gennaio 2010 e
quindi dal giorno successivo la parte riportata del comma ha perso ogni
efficacia e, per conseguenza, le varianti approvate non sono più valide,
perché sono state approvate sulla base di una norma statale che la Corte Costituzionale
ha dichiarato illegittima con le seguenti argomentazioni:
“ai
sensi dell’art. 117, terzo comma, ultimo periodo, Cost., in tali materie lo
Stato ha soltanto il potere di fissare i principi fondamentali, spettando alle
Regioni il potere di emanare la normativa di dettaglio. La relazione tra
normativa di principio e normativa di dettaglio va intesa nel senso che alla
prima spetta prescrivere criteri ed obiettivi, essendo riservata alla seconda
l’individuazione degli strumenti concreti da utilizzare per raggiungere detti
obiettivi (…)
“Orbene
la norma in esame, stabilendo l’effetto di variante … ed escludendo che la
variante stessa debba essere sottoposta a verifiche di conformità, con
l’eccezione dei casi previsti nell’ultima parte della disposizione (la quale
pure contempla percentuali volumetriche e termini specifici), introduce una
disciplina che non è finalizzata a prescrivere criteri ed obiettivi, ma si
risolve in una normativa dettagliata che non lascia spazi d’intervento al legislatore
regionale, ponendosi così in contrasto con il menzionato parametro
costituzionale” [il grassetto è mio, ndr]. [click
qui]
Dunque nell’approvare
i piani comunali e le loro varianti non è possibile derogare dalle norme dei
piani provinciali e regionali, poiché per i piani comunali, come è noto, le
leggi urbanistiche regionali stabiliscono contenuti precisi (che cosa i piani
devono stabilire, su quali studi devono essere basati ecc.) e procedure di
garanzia che consentano, tra l’altro, la pubblicità delle scelte e la
partecipazione dei cittadini.
Invece
l’inserimento nell’elenco dei singoli immobili “non strumentali all’esercizio
delle proprie funzioni” non solo aveva reso vendibile ogni singolo bene
trasferito al “patrimonio disponibile”, ma ne aveva immediatamente cambiato,
anche, la “destinazione urbanistica”. La norma abrogata, in effetti, consentiva
varianti automatiche del piano urbanistico comunale che non erano subordinate
alla verifica di conformità con le disposizioni dei piani provinciali e
regionali, cioè al rispetto di questi. L’inclusione di un immobile nel “piano
delle alienazioni” nei fatti autorizzava (anche) scelte urbanistiche non
fondate su studi e valutazioni approfondite e/o non stabilite con procedure
trasparenti.
I
piani comunali e le loro varianti sono subordinati
alle scelte della pianificazione “sovra-ordinata”, vale a dire alle
prescrizioni dei piani provinciali e regionali che, tra l’altro, prescrivono –
quando sono fatti correttamente - le tutele dei beni culturali e i vincoli
paesaggistici, confermano le decisioni relative alla difesa del suolo e delle
acque, dettano norme per ridurre il consumo di suolo e tengono conto di
esigenze di carattere sovra-comunale, particolarmente importanti nella
zona di Limbiate, dove si registra il massimo, a livello provinciale e
regionale, di integrazione e congestione urbanistica fra diversi comuni. Le “varianti
automatiche” derivate dall’inclusione degli immobili nel “piano delle
alienazioni” che non rispettano la pianificazione sovra-ordinata
inevitabilmente provocano pesanti devastazioni del territorio e rischi per i
suoi abitanti.
Ovviamente
il Comune può inserire gli immobili nel “piano delle alienazioni” e decidere
qual è la nuova destinazione urbanistica, ma questa deve essere stabilita
non solo espressamente, ma anche seguendo le regole dettate dalle leggi
regionali e provinciali, poiché l’inserimento nel piano e la previsione
della destinazione urbanistica non determinano immediatamente una variante allo
strumento urbanistico generale: “la destinazione urbanistica – ribadisce
infatti la sentenza della Consulta - va ovviamente determinata nel rispetto
delle disposizioni e delle procedure stabilite dalle norme vigenti”.
Pertanto, la verifica di conformità con i piani provinciali e regionali va
fatta sempre e comunque.
Per
effetto della sentenza della Consulta, le varianti approvate dal Consiglio
Comunale di Limbiate con la delibera di approvazione del Bilancio previsionale
2009 non sono più valide, e ciascun immobile ha riacquisito la
destinazione urbanistica che aveva prima. I bandi ancora non espletati non
sono più validi, poiché l’art. 136 della Costituzione stabilisce che
“Quando
la Corte
dichiara l’illegittimità costituzionale di una norma di legge o di atto avente
forza di legge, la norma cessa di avere efficacia dal giorno successivo alla
pubblicazione della decisione”;
e l’art.
30 della Legge 11 marzo 1953 n. 87 disciplina ulteriormente gli effetti della
pronuncia di illegittimità costituzionale. La Cassazione, a sua
volta, ha più volte ribadito che
"Le
pronunce di accoglimento della Corte Costituzionale hanno effetto
retroattivo, inficiando fin dall'origine la validità e l'efficacia della
norma dichiarata contraria alla Costituzione, salvo il limite delle
situazioni giuridiche "consolidate" per effetto di eventi che
l'ordinamento giuridico riconosce idonei a produrre tale effetto, quali le
sentenze passate in giudicato, l'atto amministrativo non più impugnabile, la
prescrizione e la decadenza” [i grassetti sono
miei, ndr]
Pertanto
fra quelle relative ai bandi già espletati restano valide solo le transazioni
già consolidate anteriormente all’8 gennaio 2010 (data nella quale la sentenza
è divenuta pienamente efficace). Tutte le altre devono essere annullate, e gli
oneri che ne dovessero conseguire devono essere addebitati a chi ha continuato
ad ignorare la sentenza della Corte Costituzionale.
Per
quanto riguarda il bando dal quale siamo partiti, il geniale Dott. Giuseppe
Cogliati, che lo ha firmato, imperterrito lo ha ripubblicato il 21 gennaio
2010 con la dicitura, come dicevamo, “rettificato”. Il bando,
supponiamo, sarà stato redatto, o visto prima della pubblicazione, dall’adamantino
Segretario Generale Dr. Gennaro Cambria, dall’autorevole Arch. Enrico Galbiati,
dal ferratissimo Avv. Micaela, nonché dal rubizzo Geom. Cadei (che sulle
“rettifiche” ai documenti urbanistici ha costruito la sua fama di tecnico “che
mette a posto le cose, anche alzando la voce”), ed era stato pubblicato già due
volte, nel giugno e nell’ottobre del 2009. La terza edizione, tuttavia,
continua a riportare gli stessi errori, poiché le rettifiche sono state,
sostanzialmente, alcuni adeguamenti dei “pezzi” da vendere (con il primo bando
un unico lotto, poi due lotti, e da ultimo quattro lotti, uno dei quali a sua
volta diviso in tre appezzamenti) e l’eliminazione di alcune permute tra gli
acquirenti privati e il Comune, che i primi hanno considerato troppo onerose
anche se erano quasi un regalo: e come avrebbe mai potuto, il “Comune” (scilicet:
la banda di procacciatori d’affari – composta da “politici” e da funzionari -
che spadroneggia nel Municipio), non prendere per ordini certi desideri?
Ma,
nonostante le ripetute rettifiche, la squadra di alesatori provetti capeggiata
dal condannato per tangenti (e anche per danno all’immagine della pubblica
amministrazione) Segretario Generale Dr. Cambria, e composta dal Dr. Cogliati,
dal Dr. Galbiati, dall’Avv. Micaela e dal Geom. Cadei, ha continuato a produrre
un bando in cui si dice che:
- “sono
oggetto della vendita i terreni edificabili per INSEDIAMENTI PRODUTTIVI (Zona D
- art. 18 NTA) … individuati catastalmente al fg 13 mapp.
96-97-98-99-102-103-107”;
- “complessivamente
di mq. 49.110 catastali”;
- “al
prezzo di base d’asta di euro 6.011.064,00”;
- “la
destinazione urbanistica del PRG vigente degli immobili in oggetto è stata
variata in ZONA D per l’insediamento di attività artigiane-produttive”
L’autorevolezza
dei funzionari sunnominati è tale che non per niente noi spendiamo circa
350.000 euro all’anno per pagarli, ma questo non ci autorizza affatto a
pretendere che, prima di pubblicare un bando, essi facciano anche alcune
elementari verifiche; sarebbe davvero una pretesa infantile. Certe incombenze
da “vile meccanico” i cittadini devono rassegnarsi ad accollarsele per intero,
con il solo ausilio dei documenti che le suddette autorità graziosamente
mettono a disposizione sul sito web del Comune. Tuttavia, anche i “vili
meccanici” possono ottenere un certo compenso, seppure non monetario, perché
già con una semplice occhiata alla tavola con fotografie aeree e planimetrie
che accompagna il bando [click
qui] si può notare che:
- fra i
mappali elencati nel bando e rappresentati nella tavola, il n. 98 (di 2.309 mq)
sembra corrispondere alla già esistente via Isonzo, che quindi non dovrebbe
essere compresa nella superficie totale (49.110 mq) dei lotti posti in vendita
(o la banda suddetta vuole vendere la strada ai privati?);
- dei
mappali n. 97 e n. 99 restano inedificate solo alcune aiuole stradali, e non
sembra che le loro misure corrispondano effettivamente a quelle indicate nella
scheda E2 allegata al “Piano delle valorizzazioni e alienazioni”
(rispettivamente mq 900 e mq 540) [click
qui];
- il
mappale n. 96 (compreso nell’elenco del bando) è occupato per più di un terzo
da un parcheggio già costruito, e quindi la parte ancora non edificata non può
avere la misura di 4.826 mq indicata nella scheda E2;
- i
mappali n. 104 (335 mq), n. 105 (11.245 mq!) e n. 106 (340 mq) non
sono elencati nel bando, ma solo sommando la superficie totale di questi
mappali (11.920 mq) a quella dei mappali indicati nel bando (37.190 mq) si può
ottenere la misura di 49.110 mq di terreno comunale messi all’asta.
L’individuazione
degli immobili da vendere è stata fatta come dice il comma 1 dell’articolo 58
del D. lgs 112/2008:
“ciascun
ente con delibera dell’organo di governo individua, redigendo apposito elenco,
sulla base e nei limiti della documentazione esistente presso i propri archivi
e uffici, i singoli beni immobili ricadenti nel territorio di competenza, non
strumentali all’esercizio delle proprie funzioni istituzionali, suscettibili di
valorizzazione ovvero di dismissione”
E dunque
con determina S02/30 del 27/01/2009 (un venerdì), per “Predisposizione
piano delle alienazioni e valorizzazioni immobiliari nonché consulenza ed
assistenza nel procedimento di ricognizione e valorizzazione del patrimonio
immobiliare del Comune” è stato incaricato un esimio Architetto esterno,
Giuseppe Brollo, che è stato compensato con una cifra (22.464 euro)
oltraggiosamente irrisoria, se si considera che la fantastica alacrità del
“team” capitanato da costui ha fatto sì che dopo soli sei giorni l’”organo
di governo” del Comune fosse in grado di proclamare:
“il
competente settore dell’amministrazione ha proceduto alla ricognizione del
patrimonio dell’ente, sulla base della documentazione presente negli archivi e
negli uffici, predisponendo il Piano delle alienazioni e valorizzazioni
immobiliari unitamente all’allegato elenco di immobili (terreni e fabbricati)
suscettibili di valorizzazione e/o dismissione, non strumentali all’esercizio
delle funzioni istituzionali” [click
qui]
Secondo
l’”organo di governo” tale era il grado di scientifica esattezza del “Piano” e
dell’”Elenco” (sostanzialmente la stessa cosa) che, sottoposti al vaglio
dell'acribia filologica delle “commissioni comunali”, ne sono usciti indenni:
“di
seguito ad alcune osservazioni sono state apportate delle rettifiche
marginali e delle correzioni di errori materiali nelle intestazioni che non
modificano il contenuto del piano adottato” (il grassetto è
mio, ndr) [click
qui]
Ma se
qualcuno, sprovvisto dell’autorevolezza istituzionale dei membri delle
“commissioni comunali”, esamina quei documenti, anche senza acribia ma
aiutandosi con qualche brandello di memoria del territorio, trova che le carte
del “piano delle alienazioni e valorizzazioni immobiliari” danno una rappresentazione
del territorio vecchia di alcuni decenni; su questa rappresentazione sono
stati semplicemente appiccicati alcuni “aggiornamenti”, ma il territorio
rappresentato non solo non corrisponde, in molti casi, alla situazione reale di
oggi, ma nemmeno a quella rappresentata dalla cartografia aerofotogrammetrica
del 2004. E per quanto riguarda gli esempi citati, essi dimostrano che non sono
state fatte nemmeno le opportune verifiche della corrispondenza tra i dati
catastali e la situazione reale degli immobili da mettere all’asta.
Dovrebbe
essere chiaro, allora, che la sentenza della Corte Costituzionale obbliga il
Comune a riapprovare il “Piano delle valorizzazioni e alienazioni” dei
beni patrimoniali, ma questa volta rispettando le procedure pubbliche,
ripristinate dalla sentenza, capaci di garantire una reale
trasparenza; le varianti eventualmente approvate dovranno essere sottoposte
al giudizio di conformità con i piani provinciali e regionali. Vale a dire che
tutto il “Piano” deve essere riesaminato dall’inizio, ma sulla base di
documenti redatti con abilità superiori a quelle dei peracottari!
Ma
sicuramente la banda di procacciatori d’affari tenterà tutti gli escamotages
possibili ed immaginabili per non fare né l’una né l’altra cosa. Né vi sono
speranze da riporre nell’”opposizione”, poiché, come questo episodio dimostra
per l’ennesima volta, essa è costituita da ciarlatani e da inetti, che inoltre
sono conniventi con il malaffare edilizio (ma, per raccogliere voti, blaterano
di “mafia a Limbiate”!). Quanto al “Comitato delle pacciade” guidato da
quell’intrepido e ferratissimo angelo sterminatore della speculazione edilizia
di nome Mauro Varisco, sul piano di
alienazione degli immobili comunali non solo non ha avuto nulla da dire quando
è stata posta in vendita un'area standard situata a 250 m da via M.te Sabotino,
ma ancor meno sa dire qualcosa adesso, dopo il knock-out della recente sentenza
del T.A.R. che ha bocciato il primo dei due ricorsi sul piano di recupero della
Villa Medolago. Passato direttamente dalla sonnolenza post-prandiale allo stato
semi-comatoso, se e quando si risveglierà avrà un grande appetito e sarà
assorbito dall'organizzazione dell'ennesima mangiata.
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