mercoledì 9 febbraio 2011

[Dappertutto la verità è calpestata da quelli che se ne sentono offesi o danneggiati, specialmente quando domina uno solo, o pochi]



Ci fanno velo la potenza e l’educazione: accade così che quando due si comportano allo stesso modo noi spesso diciamo che l’uno può far questo impunemente, mentre all’altro non è lecito: la differenza non sta nella cosa, ma in chi la fa. La superbia è propria dei dominanti: gli uomini insuperbiscono per essere stati eletti a una carica annuale: figuriamoci i nobili, che pretendono onori per l’eternità. Ma la loro arroganza si adorna di fasto, di lusso, di prodigalità e di una certa coordinazione dei vizi, di una certa studiata vacuità e raffinatezza nel malcostume: finisce che i vizi, i quali se considerati separatamente ad uno ad uno nella loro massima espressione sono brutti e vergognosi, sembrano cose oneste ed eleganti agli ingenui e agli ignoranti. Il volgo, peraltro, non ha il senso della misura ed è terribile se non viene tenuto nel timore: non si mischiano infatti facilmente libertà e servaggio. Non fa infine meraviglia che la plebe non conosca verità né giudizio, dal momento che i principali affari di stato vengono trattati alle sue spalle, ed essa può trarre delle congetture solo da pochi elementi che non si sono potuti nascondere. La sospensione del giudizio è una virtù rara. Dunque pretendere di fare ogni cosa all’insaputa dei cittadini, e al tempo stesso che essi non formulino giudizi malevoli né diano sinistre interpretazioni di tutto, è il massimo della stoltezza. Se la plebe fosse in grado di controllare se stessa e di sospendere il giudizio sulle cose poco conosciute, oppure di giudicare correttamente sulla base di pochi elementi noti, allora essa sarebbe degna di governare piuttosto che essere governata. Ma, come abbiamo detto, la natura è uguale in tutti: il dominio fa insuperbire tutti: tutti sono terribili se non sono intimoriti, e dappertutto la verità è calpestata da quelli che se ne sentono offesi o danneggiati, specialmente quando domina uno solo, o pochi, che non guardano al diritto o alla conoscenza del vero, ma alla consistenza delle ricchezze.

Baruch Spinoza, Tractatus politicus (1675-76), VII, 27 (trad. it. Trattato politico, a c. di Paolo Cristofolini, Edizioni ETS, Pisa 1999, pp. 142-43).

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