(22 marzo 2013)
venerdì 22 marzo 2013
Le due Italie del 23 marzo
di Paolo
Flores d’Arcais, da
Il Fatto quotidiano, 22 marzo 2013
Domani a Roma [a MILANO | Facebook] ci
saranno due piazze, due modi di intendere la politica, due Italie. A piazza del
Popolo gli arruolati del berlusconismo, in una dovizia incommensurabile di
mezzi finanziari e di potere mediatico, animati dal disprezzo verso la Costituzione
repubblicana nata dalla Resistenza antifascista e dall’odio verso i magistrati
che obbediscono solo alla legge. Dall’altra a
piazza Santi Apostoli, alle 17, i cittadini che chiedono la realizzazione
della Costituzione e dei suoi valori di “giustizia e libertà”, in un clima
francescano di povertà assoluta, aggrediti dal silenzio e dalla censura del
monopolio Rai-Mediaset, che si vanno auto-organizzando attraverso l’invio di
mail, sms, twitter, messaggi facebook, telefonate, per compensare con la
passione civile la mancanza di mezzi e di informazione. Questa manifestazione
SEI TU.
Ma sia chiaro: a piazza Santi Apostoli non si tratterà
solo di “testimoniare” una scelta etica, bensì anche di intervenire nella
politica, esserne protagonisti, contare. Perché la parola chiave della politica
italiana suona oggi inequivocabile: INELEGGIBILITÀ. Segna uno spartiacque che
non consente più equivoci al Pd: o di qua o di là, o con il rispetto della
legge 361 del 1957, che mette Berlusconi fuori del Parlamento, o con la
perpetuazione di un immondo inciucio Pd-Pdl (una sorte di bicamerale 2!) che
faccia risorgere il Le Pen di Arcore ancora una volta. La decisione di Bersani
sull’ineleggibilità condizionerà in modo decisivo anche la soluzione della
crisi di governo.
Il M5S ha dichiarato il giorno stesso dell’apertura delle
Camere che chiederà l’applicazione della legge. E il Pd? È ovvio che se
“salvasse” di nuovo Berlusconi (calpestando la legge!), perderebbe la faccia e
ogni credibilità acquisita con l’elezione di due figure non di apparato alle presidenze
del Parlamento. E Bersani non può nemmeno praticare la politica di Ponzio
Pilato, o cercare di tirare in lungo le cose nella “Giunta delle elezioni” del
Senato. Qui la presidenza spetta all’opposizione: il Pd la darà al Pdl o al
M5S? È lapalissiano che se consentisse l’elezione di un berlusconiano ogni
ponte e ogni filo con il M5S, per quanto labile e ipotetico, sarebbe distrutto
per sempre.
Fin qui un solo dirigente del Pd ha scelto la via della
legalità, cioè della ineleggibilità di Berlusconi, il senatore Luigi Zanda, che
ha aderito molti giorni fa all’appello
di MicroMega (ormai oltre le 230 mila firme). Zanda è stato successivamente
eletto capogruppo Pd al Senato, segnale di ottimo auspicio. Ma tutto il resto
del partito tace, a cominciare da Bersani.
Per ragioni di evidente opportunità, è stato detto, visto
che chiede l’incarico per formare il nuovo governo. A me sembra che proprio per
questo la sua posizione sull’ineleggibilità di Berlusconi dovrebbe essere
cristallina: per tagliare ogni ponte con le tentazioni di “governissimo”
(eufemismo per “inciucissimo”) che pure albergano nel suo partito. Per battere
in breccia i troppi che nel Pd sono pronti a confondere opportunità con
opportunismo, e sperano che Napolitano prima o poi pieghi Bersani al
“governissimo di scopo”. Ma tale “scopo” è stato sbandierato urbi et orbi da
Berlusconi: un governo appoggiato da Pd e Pdl che garantisca al Cavaliere l’impunità
tombale, attraverso il combinato disposto di interventi di Immoral Suasion sui
magistrati e di leggi di amnistia e indulto.
Bersani ha giurato “mai più con Berlusconi”. Si comporti
allora di conseguenza. Faccia come il senatore Zanda. Assuma una posizione
adamantina, dichiari che non solo il Pd voterà per la ineleggibilità di
Berlusconi nella “Giunta delle elezioni” ma si impegnerà perché i lavori di
tale commissione siano i più celeri possibili. E se si ritiene che l’etichetta
istituzionale comporti che tra i vicepresidenti, questori, presidenti di
commissioni, vi debbano essere anche dei parlamentari del Pdl (cosa niente
affatto scontata, nei confronti di una forza politica che definisce i
magistrati “cancro da estirpare” e “associazione mafiosa”), si eviti anche il
minimo sospetto che si tratti di un segnale del Pd di equidistanza tra il M5S e
lo squadrismo in botulino della gazzarra berlusconiana contro il palazzo di
giustizia di Milano.
(22 marzo 2013)
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