giovedì 16 maggio 2013

L’ermeneutica maccheronica dell’Avvocato Micaela come garanzia per il Consiglio Comunale





Il criterio ermeneutico di una corretta interpretazione, 
come è stato formulato fin da antico, è: sensus non est inferendus, sed efferendus
il senso deve essere quello che nel dato si ritrova e da esso si ricava, 
non già un senso che in esso si trasferisca dal di fuori.

Emilio Betti, L’ermeneutica come metodica generale 
delle scienze dello spirito, 1962




Narrano le cronache che quando, nel Consiglio Comunale dell’8 maggio u.s., il consigliere Mestrone ha richiamato l’articolo 141 del Testo Unico sull’Ordinamento degli Enti Locali, per rilevare che il Consiglio era chiamato ad approvare il Rendiconto consuntivo 2012 dopo la scadenza del termine perentorio (e nient’affatto ordinatorio, o “sollecitatorio”, esimia Dr.ssa Leuzzi!) del 30 aprile 2013, senza che ai consiglieri fosse stato assegnato dal Prefetto (che sostituisce surrettiziamente l’Organismo Regionale di Controllo, abolito già nel 2001!) il termine ulteriore di 20 giorni, e senza, soprattutto, che fossero state rispettate le prerogative del subentrante consigliere Sgrò (di essere convocato con cinque giorni di anticipo e di avere venti giorni a disposizione per esaminare i documenti del rendiconto) - quella sera, la vice-segretaria Avvocato Micaela ha prontamente “approfondito” la questione con la finezza ermeneutica che le è riconosciuta in tutto l’orbe terracqueo: si tratta, ha sostenuto autorevolmente, di due differenti regimi (?), tra chi non ha approvato in Giunta e chi lo ha fatto, come Limbiate: nel primo caso c’è la diffida, nel secondo c’è la nomina di un commissario. E tanto è bastato perché i consiglieri della maggioranza si sentissero “garantiti” perinde ac cadaver, e quindi senz’altro autorizzati a definire “aria fritta” la pretesa che finalmente non fosse violato, come è avvenuto per quasi due anni, il testo fondamentale delle norme sugli enti locali, il regolamento del Consiglio Comunale e financo la Costituzione.

Ma il valore delle garanzie dispensate dall’Avvocato Micaela deve essere riconosciuto appieno, e quindi non possiamo esimerci dalla lettura almeno di quella parte che ci interessa del testo dell’articolo 141, Scioglimento e sospensione dei consigli comunali e provinciali. Dunque, mettiamoci di buzzo buono:

1. I consigli comunali e provinciali vengono sciolti con decreto del Presidente della Repubblica, su  proposta del Ministro dell'interno:

[…]

c ) quando non sia approvato nei termini il bilancio.

[…]

2. Nella ipotesi di cui alla lettera c) del comma 1, trascorso il termine entro il quale il bilancio deve essere approvato senza che sia stato predisposto dalla giunta il relativo schema, l'organo regionale di controllo nomina un commissario affinché lo predisponga d'ufficio per sottoporlo al consiglio. In tal caso e comunque quando il consiglio non abbia approvato nei termini di legge lo schema di bilancio predisposto dalla giunta, l'organo regionale di controllo assegna al consiglio, con lettera notificata ai singoli consiglieri, un termine non superiore a 20 giorni per la sua approvazione, decorso il quale si sostituisce, mediante apposito commissario, all'amministrazione inadempiente.
Del provvedimento sostitutivo è data comunicazione al prefetto che inizia la procedura per lo scioglimento del consiglio.

Chiaro, quanto a capacità ermeneutiche un comune cittadino è condannato a permanere ad un livello pedestre e non può certo aspirare ad attingere le altezze di una dirigente da 70-80.000 € all'anno; tuttavia, avendo almeno cura di rispettare il testo, pare che si possa ricavare quanto segue:

1. Quando è “trascorso il termine entro il quale il bilancio deve essere approvato senza che sia stato predisposto [e approvato] dalla giunta  il relativo schema”:

1.1 “l'organo regionale di controllo nomina un commissario affinché lo predisponga  d'ufficio”;

poi, quando il commissario ha predisposto d’ufficio lo schema di bilancio:

1.2 l'organo regionale di controllo “assegna al consiglio, con lettera notificata ai singoli consiglieri, un termine non superiore a 20 giorni per la sua approvazione”.

2.  “Quando il consiglio non abbia approvato nei termini di legge lo schema di bilancio predisposto dalla giunta”:

anche in questo caso si applica la procedura descritta al punto 1.2;

3.  “Decorso il termine dei 20 giorni senza che il bilancio sia approvato [l’O. Re. Co.] si sostituisce, mediante apposito commissario, all'amministrazione inadempiente” e approva il bilancio.

5. “Del provvedimento sostitutivo è data comunicazione al Prefetto che inizia la procedura per lo scioglimento del consiglio”.

E quindi, interpretando pedestremente:

1) la diffida ad approvare è obbligatoria sia quando la giunta non ha approvato lo schema di bilancio, sia quando è decorso il termine assegnato per l’approvazione del bilancio;

2) la nomina del commissario è obbligatoria sia quando non è stato predisposto e approvato lo schema di bilancio, sia quando è decorso il termine (di non più di 20 giorni) assegnato per l’approvazione del bilancio.

Si tratta, cioè, sempre dello stesso procedimento, che l’organo di controllo deve mettere in atto per obbligare un ente ad adempiere (o per adempiere in sua sostituzione) la procedura di approvazione del bilancio, o una parte di essa.

Il Comune di Limbiate, esclusivamente per colpa della sua Giunta e dei dirigenti fiduciari che, strapagati con i soldi dei cittadini, per essa lavorano (?), trascorso il 30 di aprile, aveva sì  approvato nella Giunta lo schema di rendiconto consuntivo 2012, ma non lo aveva approvato nel Consiglio Comunale, e quindi il Prefetto, come prescrive la legge, avrebbe dovuto assegnare con lettera-diffida inviata a tutti i consiglieri un termine di massimo venti giorni per approvare il rendiconto. Oppure, il Prefetto, che ben sapeva per quale motivo la seduta del 30 aprile era stata annullata (la Dr.ssa Leuzzi aveva trasmesso le sue lagnanze delle malefatte di "tale signor Ricciardi"), avrebbe potuto almeno vigilare affinché la nuova convocazione fosse fissata per una data posticipata tanto da poter rispettare sia l’articolo 141 del T.U.O.E.L., sia il diritto del consigliere subentrante di essere convocato con il prescritto anticipo, sia l’altro suo fondamentale diritto di avere i documenti di bilancio disponibili venti giorni prima della seduta del Consiglio, termine che avrebbe avuto l’obbligo di garantire anche il presidente del Consiglio Comunale (un redditiero ricco sfondato, che tuttavia non si vergogna di farsi pagare più di mille euro al mese per emettere profluvi di tronfia prosopopea, recitare epitaffi ed insolentire sistematicamente i consiglieri di minoranza e il pubblico!).

Invece, nulla di questo è avvenuto, e va anche ricordato che il Prefetto di Monza e della Brianza già dopo la sentenza del T.A.R. (che in modo evidentissimo era parzialmente errata) si era astenuto dalle verifiche dei verbali elettorali (che poi comunque ha dovuto compiere per ordine del Consiglio di Stato!) che avrebbero evidenziato l’opportunità di un suo ricorso al giudice civile (Dpr n. 570/1960, art. 9 bis, cc. 3 e 4) per ottenere l’annullamento della delibera di convalida di Bova, oppure l’opportunità di una sollecitazione al Comune di Limbiate affinché si costituisse nell’appello al Consiglio di Stato. Entrambi questi atti avrebbero reso inutile il mio ricorso, e non saremmo arrivati alla situazione che si è verificata la sera del 30 aprile!

Ma, poiché il peggio non ha mai fine, e come se tutto ciò che è avvenuto fino al 30 aprile non bastasse, la stolidità della giunta, dei “tecnici” (sodali politici del centrosinistra strapagati con soldi pubblici) e della maggioranza ha affondato ancora di più il Comune di Limbiate in un marasma escrementizio. Infatti, la violazione delle prerogative del consigliere Sgrò (la cui eleggibilità è stata accertata in modo non valido) ha reso illegittima l’approvazione, per di più avvenuta oltre il termine perentorio, del rendiconto consuntivo.

È necessario, quindi, che quei consiglieri che vogliono ridare un minimo di correttezza sia alla composizione del Consiglio, sia alle sue procedure, si sostituiscano, come la legge consente di fare, ad un sindaco, ad un presidente del Consiglio, ad una segretaria e ad una sua vice che pervicacemente dimostrano che non sono (e nemmeno vogliono essere) in grado di svolgere adeguatamente i compiti che a loro purtroppo sono stati affidati, direttamente o indirettamente, da noi cittadini. In questo modo, un’ultima chance sarà data alla maggioranza, ma proprio l’ultima, perché ormai, forse, la sua resipiscenza potrebbe essere provocata solo dall’intervento dello Spirito Santo. Amen.


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