Dimitri Deliolanes
domenica 13 aprile 2014
L’Europa di Tsipras
Dimitri Deliolanes
Alexis Tsipras ha la stessa età di Matteo Renzi,
39 anni, ma probabilmente questa è l’unica cosa che li unisce. Renzi ha
assunto, nel modo discutibile che tutti conosciamo, la presidenza del
consiglio. Tsipras deve ancora aspettare le prossime elezioni politiche, che
non tarderanno. Basti dire che agli inizi di febbraio le ultime misure di
austerità sono state approvate in Parlamento con una maggioranza di 151
deputati su 300.
Anche nel caso, in cui dopo la sicura batosta
delle elezioni europee, il premier di destra Antonis Samaras non voglia deporre
le armi, ci saranno le elezioni presidenziali agli inizi del 2015. Ma
difficilmente l’attuale governo riuscirà ad arrivarci. Intrappolato nella
logica del buon allievo della Merkel, Samaras si sente accerchiato: i
commissari della troika non gli concedono nulla, il suo elettorato sta fuggendo
verso il voto di protesta per Alba Dorata e dentro il suo stesso partito è
accusato di aver virato decisamente a destra: autoritarismo poliziesco,
retorica da guerra fredda e l’assegnazione di importanti ministeri agli
estremisti, come il ministro della Salute Adonis Georgiadis, ex deputato di
estrema destra, editore di libelli antisemiti.
Neanche i suoi alleati del partito socialista
PASOK di Evangelos Venizelos se la passano bene. Il successore di Papandreou ha
condotto il partito verso una politica di appiattimento sulle posizioni del
premier di Nuova Democrazia. Questo crollo del PASOK ha conseguenze dirette
sulla crescita di SYRIZA. Tra il 2011 (caduta del governo Papandreou) e
l’estate del 2012 (doppie elezioni nazionali) un nutrito gruppo di ex minstri,
deputati ma soprattutto elettori del PASOK si sono spostati a sinistra.
Qualcuno lo ha fatto individualmente. Altri, come le organizzazioni sindacali e
quella giovanili, hanno aderito in gruppo. SYRIZA, per la sua stessa
composizione, era pronta ad accoglierli.
Tsipras in effetti è il leader che meglio
simbolizza la natura composita di questo partito, nato praticamente sotto la
sua leadership: un punto di aggregazione che rompe la secolare tradizione al
frazionamento della sinistra. I primi passi sono stati intrapresi nel 2001 per
iniziativa della vecchia Coalizione della Sinistra del Progresso, il cui
troncone principale era il vecchio Partito Comunista dell’Interno, di
orientamento eurocomunista. Con SYRIZA la barra si è spostata decisamente a
sinistra, dal momento che è riuscito ad aggregare non solo piccole formazioni
extraparlamentari, ma anche consistenti forze uscite nel frattempo dal Partito
Comunista (KKE). I comunisti avevano iniziato un percorso a ritroso che
nell’ultimo congresso li ha condotti a rivalutare la figura di Stalin.
Alle elezioni del 2004 a capo della nuova
formazione c’era l’ex europarlamentare Alekos Alavanos ma nel congresso del
2008 Alavanos si è messo da parte per lasciare il posto al giovane Alexis
Tsipras, emerso nelle precedenti elezioni comunali. Alle elezioni del 2009
SYRIZA aveva ottenuto il 4,4% ma la profonda crisi ecnomica scoppiata subito
dopo ha determinato il crollo del bipartitismo che aveva governato fino a quel
momento. Anche se SYRIZA nel 2010 ha subito la scissione a destra della
Sinistra Democratica di Fotis Kouvelis, è riuscito comunque a moltiplicare in
modo impressionante le sue forze e nel giugno 2012 a raggiungere il 27%. [Sull'esperienza di Syriza: Grecia:
Syriza, spauracchio per «quelli che stanno...]
Tsipras era il volto nuovo della politica greca.
Giovane, pulito, dal ragionamento pacato e dalla vita personale molto
riservata. Malgrado i grandi sforzi delle emittenti specializzate in gossip, la
sua compagna (niente matrimonio ma patto di convivenza) Betty (Peristera)
Baziana è rimasta praticamente invisibile, così come i due figli. La carriera
politica del presidente di SYRIZA si è svolta interamente dentro il partito
della sinistra: era cominciata agli inizi degli anni Novanta, con l’ondata di
occupazioni nei licei contro i tagli all’istruzione, poi proseguita
all’Università, fino alla laurea in ingegneria civile, specializzazione in
urbanistica.
Quando SYRIZA è diventato il primo partito di
opposizione, (al quale la
Costituzione greca attribuisce particolari funzioni) Tsipras
è stato quello che ha maggiormente compreso la differenza che passa tra la
lunga sopravvivenza all’opposizione e la prospettiva di governare per portare la Grecia fuori dalla crisi.
Già all’indomani delle elezioni del 2012 il leader di SYRIZA ha posto
pubblicamente il problema della nuova natura e dei nuovi compiti della sinistra
greca. Era, e continua a essere, una sfida determinante. È indicativo un fatto: alle ultime elezioni la
posizione di SYRIZA rispetto alla crisi era ancora di tipo massimalista:
prevedeva l’unilaterale abrogazione di ogni accordo sottoscritto con i
creditori, assumendo consapevolmente il rischio di un’esplusione del paese
dall’eurozona. Ma subito dopo Tsipras ha iniziato un lungo percorso che lo avrebbe
portato su posizioni molto più realiste.
Intanto si è provveduto a cambiare natura al
partito. Nell’ultimo congresso, che si è svolto nel luglio del 2013, SYRIZA ha
smesso di essere un aggregato di ben undici componenti. Ha assunto una sua
specifica identità e le componenti si sono ridotte a mere correnti interne. Ma
la vittoria più importante di Tsipras è stata assumere l’europeismo come valore
fondante del partito, ricercando la via di uscita dalla crisi all’interno dei
processi politici dell’Unione Europea. Da questa indicazione è maturata a
dicembre la decisione del gruppo della Sinistra Europea di candidare Tsipras
alla presidenza della Commissione.
Una volta definito questo percorso, bisognava
elaborare una proposta fattibile per l’uscita dalla crisi. Tsipras punta non a
una soluzione greca, ma a una soluzione europea per tutti i paesi indebitati:
una conferenza UE dedicata proprio a questo problema, con un nuovo haircut
del debito, secondo le indicazioni del FMI e l’elaborazione di un nuovo piano di
sviluppo delle economie in recessione. La Grecia, secondo il leader di SYRIZA, può offrire
all’Europa le grandi risorse energetiche del Mediterraneo orientale, nascoste
sotto il fondo marino che si estende da Israele a Cipro fino allo Ionio. Ma
soprattutto l’Europa eviterà di destabilizzare il paese in una regione già
percorsa da tantissime tensioni esplosive.
In tutte le dichiarazioni Tsipras ostenta
sicurezza sulla ragionevolezza dei creditori: “Tutti sanno che fare esibizione
di instansigenza verso la Grecia
rischia di risvegliare i tanti vulcani europei del debito che ora sono in
sonno”. In ogni caso, le decisioni unilaterali, come la sospensione dei
pagamenti degli interessi sul debito, potranno essere solo l’ultima ratio,
quando ogni accordo risulterà impossibile.
Il leader della sinistra greca rimane fedele alle
indicazioni del congresso del suo partito che parlano dell’obiettivo di un
“governo della sinistra”. Ma è probabile che anche in questo campo alla fine
prevarrà la realpolitik. Non è sicuro che SYRIZA riesca a ottenere in
Parlamento l’autosufficienza. I comunisti del KKE hanno già detto che non sono
interessati. Rimane solo la Sinistra Democratica di Kouvelis, fino al giugno
scorso al governo con Samaras, e i Greci Indipendenti di Panos Kammenos, un
piccolo partito della destra antiausterità. D’altronde, lo stesso Tsipras ha
più volte ammesso che il suo elettorato non proviene solo dalla sinistra, ma
comprende anche tanti elettori moderati.
È questo
il programma di governo che il leader della sinistra greca ha cercato di
spiegare agli europei e agli americani in una serie continua di viaggi
all’estero. Nella strategia di SYRIZA il sostegno dell’opinione pubblica
europea svolge un ruolo fondamentale. Allo scoppio della crisi nel 2010 i greci
hanno constatato con terrore con quanta facilità un potente sistema mediatico
poteva scatenare contro qualsiasi popolo europeo un’offensiva fatta da
calunnie, razzismo e antichi stereotipi. L’Unione Europea non può reggere una
seconda volta a una lacerazione simile.
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