venerdì 30 maggio 2014

Modesto risultato elettorale del centrosinistra reale di Limbiate






Il primo dato che deve essere valutato, fra quelli registrati a Limbiate nelle elezioni per il parlamento europeo, è l’ulteriore impressionante crescita del numero di coloro che si sono astenuti dal voto, divenuti ormai una massa enorme. Rispetto alle elezioni politiche del 2013, gli elettori astenuti sono passati dal 24,18 al 42,18%!

La responsabilità dell’aumento di altri 18 punti percentuali degli astenuti va ascritta interamente alle forze che in ambito comunale esercitano una devastante egemonia politica, vale a dire a tutti i gruppi del centrosinistra locale, che in realtà nulla ha da spartire con lo spirito e il programma riformatore delle esperienze di cinquant’anni fa (solo per il nome quelle esperienze sono antesignane di ciò che oggi si chiama “centrosinistra”). Il centrosinistra di Limbiate invece ha vinto le elezioni del 2011, e nei fatti governa, con l’appoggio e mettendosi al servizio degli interessi immobiliari di una parte del centro-destra che ha governato dal 2001 al 2011, vale a dire di quell’accozzaglia di cucinieri della politica di paese che è riuscita ad eleggere un consigliere-polpettone che sarebbe incompatibile – checché ne dicano l’azzeccagarbugli comunale e gli ignavi consiglieri, di maggioranza e di minoranza, che da colei si fanno plagiare.

Questo centro-destra-sinistra ha governato negli ultimi tre anni percorrendo un solco aperto già dalla giunta Fortunati (1997-2001) e proseguito nei dieci anni successivi dalla giunta Romeo. La crescita dell’astensionismo fino ad un livello che lascia sgomenti è spiegata dal senso di annichilimento che invade i cittadini che assistono inermi alla distruzione dei servizi pubblici (in particolare dei servizi connessi con i cicli scolastici obbligatori), alla devastazione del territorio, agli enormi privilegi concessi alla rendita fondiaria, alle scandalose prebende elargite agli alti livelli della burocrazia comunale, alle politiche antisociali attuate indefessamente da tutte le giunte comunali che si sono susseguite dal 1997 ad oggi. Nell’assenza di una qualsiasi forma di organizzazione della protesta sociale, che il gruppetto di inetti che abusa delle parole “Sinistra” e “Partecipazione” non solo non organizza (poiché nemmeno riesce ad immaginare di poter svolgere un ruolo che sia diverso da quello di maggiordomo del PD), ma anzi, se forme di auto-organizzazione sociale si manifestano, sistematicamente le distrugge, in questo deserto chi non si è recato alle urne ha manifestato in questo modo non solo un rigetto netto della politica del governo nazionale, che mette in atto pedissequamente le direttive di austerità imposte dalla Trojka europea – vale a dire soprattutto i tagli della spesa pubblica - ma anche un chiaro ed  inappellabile giudizio negativo sulla politica del centrosinistra locale guidato autoritariamente dal PD.

Il "successo mai visto" (è questa la formula auto-apologetica usata in questi giorni dello stato maggiore renziano) del PD anche qui a Limbiate, con l’aumento dei voti da 4.974 (elezioni politiche 2013) a 5.960, e della percentuale da 25,89 a 39,97, va dunque valutato innanzitutto nel quadro della desertificazione sociale e politica che l’enorme astensione dal voto rende ancor più visibile, e soprattutto tenendo conto che i voti in più ottenuti dal PD in grandissima parte sono quelli riversati dal “centro”, che anche qui a Limbiate si è auto-azzerato: infatti la lista montiana Scelta Europea, che un anno fa con l'UDC (168 voti) e Futuro e libertà (40 voti) aveva ottenuto 1.689 voti (8,79%), in queste elezioni ha ottenuto solo 79 voti (0,52%!). Per una parte notevolmente minore i voti in più dati al PD sono venuti anche da quella parte dall’area SEL-PRC-PdCI che non ha votato per la Lista Tsipras su indicazione di alcuni personaggi locali, ridottisi ormai da anni al ruolo di oppositori di sua maestà il PD. Costoro, sin dalla sua formazione, non hanno fatto nulla per rendere visibile la lista e, anzi, non si sono vergognati di mettere in atto forme di mal dissimulato boicottaggio.

I voti reali del centrosinistra sono scesi da 7.187 (37,41%), ottenuti nel 2013, a 6.039, che solo grazie all'enorme astensionismo corrispondono al 40,49%. E quindi, l'aumento di 3,08 punti percentuali, se considerato come misura della crescita del consenso di tutta l’area politica del centrosinistra, non è esattamente un risultato "mai visto". Nell’ambito del centrosinistra, l’unico dato che potrebbe essere registrato come "mai visto" (ed anzi stupefacente) è la disponibilità degli alleati del PD a farsi fagocitare da questo partito. Invece, ribadiamo, per quanto riguarda la misura del consenso di tutta l'area (che comunque rimane eterogenea) che sostiene le politiche neoliberiste del centrosinistra sotto la ”mai vista” egemonia del PD, il risultato ottenuto è  modesto: 6.039 voti sono solo il 22,63% degli iscritti nelle liste elettorali (26.692).

Tanto più che l’area del centro-destra non arretra affatto e si attesta al 32,55%, con un leggero aumento di 0,24 punti rispetto al 2013. Infatti, se Forza Italia (già PDL) scende dal 23,30 al 17,45%, il Nuovo Centro Destra con l’UDC registra il 2,74%, la Lega Nord addirittura aumenta leggermente i suoi voti (da 1.442 a 1.474), nonostante i 18 punti percentuali in più di astenuti, e passa dal 7,51 al 9,98%, mentre un risultato analogo,  ma con numeri proporzionali alle dimensioni del partito, registra la sigla Fratelli d’Italia: da 203 a 371 voti e da 1,06 a 2,48% .

Un risultato clamoroso, invece, è il crollo del Movimento 5 Stelle, che scende da 4.952 voti (quasi il primo partito!) nelle politiche del 2013, a 3.361 nel 2014: 1.591 voti in meno (-3,24 punti percentuali!), solo in parte, come dimostrano i numeri, ceduti al PD e alla Lega, e per il resto rifluiti fra gli astenuti. Ed è un risultato clamoroso non solo per la misura indicata dai numeri, ma soprattutto se si considera l'ossessivamente millantato iper-partecipazionismo di questo movimento. La perdita, nel giro di un solo anno, di quasi un terzo dei voti dimostra che in ambito locale non si può vivere di rendita sul personaggio perennemente sbraitante e politicamente ondivago del comico genovese (che come comunicatore politico da tempo, ormai, mostra tutti i suoi limiti). Può anche avvenire che gli elettori con i loro voti mettano un "partito" quasi al primo posto, ma il solo patrimonio dei segni tracciati su un simbolo non dà affatto, a chi lo riceve, la capacità di agire politicamente. Durante un intero anno, infatti, il M5S, presto scisso in due gruppi, pur potendo contare sull'enorme consenso espresso dai voti, si è distinto solo per la totale incapacità di mettere in atto una forma qualsiasi di intervento politico su uno qualsiasi dei problemi locali.

Infine, c’è il risultato di “L’Altra Europa con Tsipras”. È un risultato percentualmente modesto, che si registra insieme all’ulteriore perdita di centinaia di voti di un’area comprendente l’elettorato di SEL, PRC e PdCI, che scende da 856 voti (4,45%) ottenuti nel 2013 (somma dei voti di Rivoluzione Civile-Ingroia, che comprendeva PRC e PdCI, e di SEL), a 415 voti nel 2014 (Lista Tsipras, alla quale partecipano SEL e il PRC), pari al 2,78% (-1,67%). Il calo elettorale di quest'area è costante e sempre consistente: ad ogni elezione, non importa per quale assemblea si svolga, perde da 300 a 500 voti. Sono risultati che si spiegano con la scelta, da lunghi anni attuata dai tre o quattro personaggi che detengono la proprietà (è proprio il caso di dire) dei simboli e delle sigle appena nominate (e che ne costituiscono il solo "corpo vivo") di non essere politicamente autonomi dal PDS-DS-PD, del quale da lunga pezza hanno introiettato lo pseudo-principio della “governabilità” (fino al recente voto, numericamente non indispensabile, espresso dall’eterogeneo gruppo di quattro consiglieri che abusano delle parole "Sinistra" e "Partecipazione", a favore dell’adozione di un PGT che moltiplica il consumo del territorio al quale si era dedicato per dieci anni il centro-destra).

Questo risultato si spiega, inoltre, con la partecipazione alla Lista Tsipras accettata (non è un mistero per nessuno) obtorto collo da una parte di SEL, nonostante la partecipazione sia stata sancita da un voto congressuale. Il PdCI, invece, non è stato accettato nella lista, poiché aveva posto come condizione per il suo sostegno  l'inserimento di suoi candidati scelti dalla direzione del partito e non dalla base dei comitati, gruppi e associazioni locali. Il PRC ormai da anni è solo una sottomarca usata dai tre-quattro personaggi di cui sopra per ottenere un po’ di voti. E quindi: il consigliere (e da decenni unico aderente visibile a Limbiate) del PdCI ha apertamente invitato a votare per il Movimento 5 Stelle (e visti i risultati, è stata davvero una scelta all'altezza della fama di politico consumato che il personaggio si attribuisce!), mentre SEL non ha fatto, in realtà, alcuna campagna elettorale, a parte due-tre banchetti pro-forma per raccogliere firme per la lista e l’affissione – abusiva secondo le norme interne - di alcuni manifesti con il faccione di un suo candidato. (Peraltro questo candidato, che nella sua propaganda si serviva di un frasario indistinguibile da quello del PD, è risultato, per l’ennesima volta, non eletto). Anche il simbolo della lista è apparso non più di due-tre volte, in due mesi, sui siti web di costoro.

Ottenuto in queste condizioni, il 2,78% della Lista Tsipras è tuttavia politicamente significativo e premia gli sforzi di chi invece si è impegnato per l’intera campagna elettorale, anche in ambito provinciale, e di coloro che, al contrario di chi seminava scetticismo e sfiducia, hanno partecipato all’incontro con i candidati operai, ai volantinaggi nei mercati e di fronte alle fabbriche, alla presentazione del libro “Tsipras chi?” e sono pronti a cominciare a mettere in atto la promessa-invito dei garanti della lista: “Non ci fermeremo qui”.
   

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