giovedì 23 aprile 2015

Repressione degli abusi edilizi a Limbiate: due pesi e due misure




 
1) Alcuni giostrai hanno svolto la loro attività e si sono insediati da tempo su un’area adiacente al parco dei divertimenti (ora non più in funzione) vicino allo Chalet del laghetto della Città Satellite (“Greenland”), che è un angolo di Limbiate fra i più lontani dalla zona urbanizzata. Sull'area, attigua agli impianti che gestivano, questi giostrai hanno realizzato un insediamento abitativo costituito da case mobili, caravan, roulottes ed edifici in muratura.

L’insediamento è privo si autorizzazione paesaggistica, nonostante sia stato realizzato su un’area compresa nel Parco Regionale delle Groane, ed è incompatibile con la destinazione assegnata all’area stessa già dal vecchio P.R.G., che la identificava come zona di “riqualificazione ambientale ad indirizzo naturalistico”; le strutture, inoltre, sono state realizzate senza autorizzazione edilizia.

L’area recentemente è stata acquistata da una impresa che dovrebbe ri-attrezzarla sulla base di un nuovo progetto, ma sempre come parco divertimenti. Il progetto, tuttavia, è ancora alquanto nebuloso, né questa ditta si è mai davvero preoccupata di far sgomberare l’area. Se ne è occupata, invece, la dirigente del settore tecnico del Comune, che con ordinanza n. 37 datata 24 aprile 2013 ha intimato ai conduttori dell’area di procedere alla demolizione delle opere eseguite, comprensive di case mobili, caravan, roulottes ed edifici in muratura, con pulizia dell’area dai rifiuti e conferimento degli stessi e delle macerie di risulta in discariche autorizzate.

I conduttori dell’area hanno impugnato l’ordinanza avanti il TAR Milano, Sezione Quarta, che due giorni fa ha depositato la sentenza (n. 996/2015) con la quale il ricorso per illegittimità è stato respinto. Secondo i giudici amministrativi, l’ordinanza della dirigente del settore tecnico è del tutto legittima. Visti i presupposti di fatto e lette le motivazioni, credo che nessuno possa dissentire.



2) Nel 2002, un’altra famiglia entra in possesso di una casa costruita in un’altra zona di Limbiate (questa,  totalmente urbanizzata).

Nel 2003 questi proprietari ottengono un “Permesso di Costruire in Sanatoria”.

Successivamente, però, risulta che, difformemente dal permesso di costruire in sanatoria, è stato costruito un secondo piano interrato.

Nel 2004 costoro presentano una seconda richiesta tendente a ottenere la sanatoria dell'illecito edilizio ai sensi della Legge 24/11/2003, n. 326.

Ma, evidentemente, l'illecito edilizio (difforme da un permesso di costruire in sanatoria!) non è in alcun modo sanabile, tanto che viene emesso un “Provvedimento di diniego”.

Questo provvedimento, però, non viene emesso dopo i canonici sessanta giorni dalla richiesta di sanatoria, bensì dopo quasi sei anni, nel 2010!

All’inizio del 2011, infine, ai proprietari viene notificato l’ordine di provvedere a propria cura e spese, entro 90 giorni dalla notifica del provvedimento, alla rimessione in pristino del secondo piano interrato in conformità al Permesso di Costruire in Sanatoria del 2003.   

Nel medesimo immobile, però, risulta difforme dall’originaria concessione edilizia del 1999 anche il piano sottotetto.

Anche per il sottotetto, nella stessa data di quella per il piano interrato, viene presentata una richiesta di sanatoria edilizia ai sensi della Legge 24/11/2003, nr. 326.

Ma evidentemente anche in questo caso l’abuso non è sanabile, tanto che, ancora una volta dopo sei anni (!), viene emesso un provvedimento di diniego e, sempre all’inizio del 2011, l’ordine di provvedere a propria cura e spese, entro 90 giorni dalla notifica del provvedimento, alla rimessione in pristino del piano sottotetto.

Nel maggio del 2011, contro le due ordinanze gli interessati presentano al Presidente della Repubblica, tramite lo stesso Comune, un ricorso straordinario per illegittimità.

Nel luglio successivo, la nuova giunta di centro-destra-sinistra conferisce ad un avvocato il mandato per la difesa tecnica dei provvedimenti dei tecnici comunali. Spesa: € 4.800,00, oltre oneri accessori (deliberazione n. 152 del 13/7/2011).

Ma, alcuni mesi dopo, un’altra deliberazione della Giunta Comunale (n. 2 dell’11-1-2012) ha reso noto che le stesse persone hanno presentato un altro ricorso straordinario al Presidente della Repubblica, avverso un altro diniego di sanatoria di abuso edilizio (emesso in data 3 agosto 2011).
 
Questo ulteriore diniego, dice la deliberazione della giunta, è motivato dal fatto che

l’opera realizzata ricade all’interno della fascia di rispetto cimiteriale nella quale, ai sensi del P.R.G. e della normativa igienico-sanitaria vigenti, non è consentita l’edificazione”.

Anche in questo caso, la giunta decide di conferire un mandato ad un legale esperto nelle materie di edilizia ed urbanistica. La delibera non specifica il costo di questo ulteriore mandato, ma presumibilmente sono state impegnate alcune altre migliaia di euro.

Fin qui, abbiamo solo:

- alcuni reiterati abusi edilizi (opere difformi, addirittura, anche dal provvedimento di sanatoria!) che, secondo i tecnici comunali, non sono sanabili;

- provvedimenti di diniego di sanatorie emessi solo dopo più di sei anni dall’accertamento; 

- ordinanze di rimessione in pristino non ottemperate;

- due ricorsi straordinari al Presidente della Repubblica, presentati dai responsabili degli abusi, che sostengono l'illegimittità dei provvedimenti di diniego delle sanatorie;

- decisioni della giunta (ovviamente legittime, ma che forse non erano indispensabili) di affidare ad un legale la difesa della legittimità dei provvedimenti emessi dai tecnici comunali.

A questo punto, la giunta ed i tecnici comunali avrebbero potuto attendere (o anche sollecitare) che il Consiglio di Stato (al cui parere deve conformarsi la decisione del Presidente della Repubblica), esprima:

- o il parere che i ricorsi devono essere accolti (totalmente o parzialmente), ed in questo caso i tecnici comunali dovrebbero riformare i loro provvedimenti, attenendosi alle indicazioni dei giudici amministrativi - riforma che nessuno potrebbe contestare, perché dettata dal Presidente della Repubblica con decreto inappellabile;

- oppure il parere che i ricorsi non possono essere accolti.

Ma, evidentemente, la maggioranza di centro-destra-sinistra che ha in mano il Comune (nella quale, o nei pressi della quale, evidentemente, c’è qualcuno che crede di essere la reincarnazione di Agostino Depretis [1813-1887]) teme che si verifichi proprio la seconda ipotesi, che renderebbe obbligatorio far eseguire ai ricorrenti, e se necessario alla forza pubblica, le ordinanze già emesse.

Se non si tratta di questo timore, l'Arch. Paola Taglietti, Dirigente del Settore Tecnico, vorrebbe cortesemente dire ai cittadini di Limbiate chi o che cosa l'ha spinta a mettere per iscritto, in una determinazione dirigenziale (n. S03/169), ma senza esporre uno straccio di motivazione, di aver

“Rilevata la necessità di acquisire uno specifico parere legale in merito alla possibilità o meno di ripresentare i termini dei condoni edilizi del 2004 già diniegati (sic) (nello specifico le pratiche nn. 257 e 259”,

e di aver deciso di spendere altri 1.903,20 € per incaricare lo stesso legale, al quale già era stato affidato l’incarico di difendere la legittimità dei dinieghi di sanatoria e delle ordinanze di ripristino, di trovare qualche cavillo da utilizzare per rendere "legittimo" ciò che già era stato giudicato illegittimo dal Settore Tecnico comunale, in seguito a procedimenti già conclusi - procedimenti della cui legittimità la giunta era tanto convinta, da aver deciso di difenderli in un procedimento giudiziario (spendendo diverse migliaia di euro)?


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