giovedì 13 novembre 2008

Asinus asinum fricat

Salvatore Ricciardi



Un noto fancazzista alla ricerca, forse, di una sistemazione per il futuro, ogni tanto si mette in testa di calarsi nel personaggio de La patente, una delle Novelle per un anno di Luigi Pirandello. Ma mentre quel personaggio si proponeva, ottenuta la patente, di appioppare iettature a singoli malcapitati, per conto di terzi e a pagamento, il nostro, notoriamente affetto da megalomania, vorrebbe invece espandere i suoi malefici influssi su un'intera collettività e facendosi pagare dai malcapitati stessi! Non trascura, quindi, di esercitarsi periodicamente e, in orari nei quali dovrebbe dedicarsi ad attività che giustificassero lo stipendio pubblico che percepisce, emette auspici lugubri come il seguente: Mestrone? Piuttosto teniamoci Romeo.

Io non avrei alcuna propensione per certe credenze, il cui significato antropologico tuttavia va attentamente e rispettosamente considerato, come ci hanno insegnato, per l'Italia, gli affascinanti studi di Ernesto De Martino. Ma se il Chiàrchiaro limbiatese non la smette, sento che potrei arrivare anche ad appendermi al collo un corno di bachelite rossa lungo almeno una quindicina di centimetri!

Non posso negarlo, infatti: letto il post (pardon: la iettatura), subitamente si è impadronita di me un'angoscia indicibile. Dolorosissima. Invincibile. Quella descritta da Graciliano Ramos in Angustia, al confronto è come un refolo d'aria fresca. C'è poco da dire: ho gettato alle ortiche tutti i materialisti dell'antichità insieme a quelli moderni e ho deciso che non era il caso di star lì a domandarmi se nel mio animo si agitasse una contraddizione dialettica o vi si stesse sviluppando un fenomeno epigenetico; oppure se, data l'età, semplicemente stessi rincoglionendo. In breve: ho ceduto ad un impulso irrefrenabile. Preparato io stesso il piatto colmo d'acqua e un cucchiaio d'olio (extravergine d'oliva, naturalmente), ho supplicato la mia mamma di fare il rito infallibile che sa fare lei. L'ho implorata di bisbigliare, presto!, la sua incomprensibile formula segreta (che può essere trasmessa solo a ragazze vergini, la notte di Natale) e di fare i gesti sacri consueti. Di affrettarsi a far cadere dal mignolo nell'acqua le tre gocce d'olio... Per Diana! Le gocce si sono raccolte in una! Segno inequivocalibile, ha sentenziato grave la mia mamma: come cittadino limbiatese politicizzato, qualche tristo mi aveva fatto il malocchio. E mi ha scongiurato di non accedere mai più a "Limbiate 2011"!



Se, letto quel post, anche voi non vi sentite tanto bene e non avete a disposizione una mamma introdotta, come la mia, nei misteri della magia popolare sin da quand'era fanciulla, è inutile chiedermi di intercedere: la mia mamma non fa servizio per il pubblico. Vedete un po' se riuscite a stare meglio aiutandovi con You Tube (legando, così, riti arcaici con tecnologia avanzata). Oppure iterate quei gesti apotropaici che si fanno con le mani sulle parti basse.





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