domenica 30 novembre 2008

Fancazzista anche di notte, sbarella all’ora del lupo*

Salvatore Ricciardi



Michelangelo, psichiatra

Una trentina d’anni fa, quando l’antipsichiatria era anche una moda culturale (ma, per questo aspetto, già declinante), a Limbiate viveva P. Aveva letto, forse, qualche pagina de L’istituzione negata [1], una raccolta di saggi scritti da psichiatri e studiosi della corrente che aveva come principale esponente Franco Basaglia. Nel libro veniva discussa, tra l’altro, la funzione sociale repressiva dell’istituzione psichiatrica, anche con riferimento all’esperienza della comunità terapeutica dell’Ospedale Psichiatrico di Gorizia. P. non era granché loquace, ma, se parlava, qualunque fosse l’argomento inevitabilmente ne dava un’interpretazione “psichiatrica” e “anti-repressiva”. Un giorno aggiunse, sotto il nome P. posto sulla porta dell’appartamento in cui viveva da solo (ma pare che avesse dimenticato una moglie in qualche angolo del Sud), la scritta “psichiatra”. La lasciò lì per qualche tempo, poi la tolse e si mise a fare il pescivendolo. Dopo qualche anno di commercio, P. vendette l’attività. Ormai da molto tempo non si vede più in giro.

Non si sa se Michelangelo Campisi abbia letto quel libro, che da tempo è una rarità bibliografica [2]. Ma egli con il suo partito ha celebrato i trenta anni della legge 180 e la figura di Franco Basaglia, e forse per questo crede di aver ottenuto l’abilitazione a fare lo psichiatra. Sembra però che del pensiero di Franco Basaglia, che aveva evidenti (e anche dichiarati) risvolti politici eversivi, non abbia colto nemmeno quel poco che ne aveva colto P. Incurante di qualsiasi coerenza con il pensiero e l’opera di chi aveva celebrato di giorno, ha poi optato di notte per la funzione repressiva e di controllo sociale della psichiatria. Poche ore dopo quella celebrazione ha formulato una diagnosi a distanza, con la quale ha certificato che il sottoscritto “denota un evidente comportamento isterico compulsivo” [v. Salvatore salva tutti].

Si noti l’orario di pubblicazione: le 3:48 antimeridiane! Si sarà svegliato all’improvviso con l’impulso di scrivere la diagnosi? Oppure, insonne, l’avrà lungamente elaborata? Chissà. Fatto sta che costui, in piena notte, invece di dormire o di dedicarsi a qualche sollazzevole attività coniugale, sta sveglio per certificare urbi et orbi che il sottoscritto è affetto da un grave disturbo del comportamento! Egli ama le citazioni in latino; come non dedicargli la seguente: De te fabula narratur?

Responsabile dello sfascio di Limbiate

La “diagnosi”serve a Campisi per rispondere agli “insulti” che il sottoscritto, in questo “spazio web”, gli rivolgerebbe “per nutrire il proprio ego smisurato”. Ma è davvero questo ciò che, in piena notte, spinge la Guida e Grande Timoniere del PD locale a mettersi ad ululare al cielo i suoi alti lai? Viene il sospetto che a farlo sbarellare, cioè a fargli perdere (e non è la prima volta) il controllo di ciò che dice, sia piuttosto la rabbia di non avere argomenti per rispondere a chi gli ricorda puntualmente le sue pesanti responsabilità, e quelle delle suo partito, per lo sfascio urbanistico (ma non solo) di Limbiate. Egli, infatti, non risponde per niente alle critiche politiche su questioni precise che gli sono rivolte, ma si mette a parlare della natura diabolica e dei trascorsi privati di chi formula quelle critiche (all’interno delle quali sono inserite, certo, parole feroci), che demistificano lui e i suoi atteggiamenti pubblici.

Sono ormai passati sette anni da quando lui e i suoi amici sono stati trombati nelle elezioni, ma ancora noi cittadini di Limbiate subiamo le conseguenze delle scelte sue e della giunta del suo mentore politico Fortunati. E ancora le subiremo per molto tempo. L’ignoranza politica, l’incultura, l’incapacità, il velleitarismo da neofiti del mercato (edilizio, ma non solo), che caratterizzavano i provvedimenti di quella giunta e dei suoi sostenitori, sono diventati ancor più evidenti negli anni successivi, con l’attuazione che ne ha fatto (e continuerà a farne) la giunta attuale. Questa, tra l’altro, non deve più mistificare la sua natura antisociale, come invece ancora era costretta a fare quella, e spesso, limitandosi ad attuare nient’altro che quanto era stato a suo tempo preparato da quel gruppo di inetti, che ha fatto tornare Limbiate indietro di trent’anni – spesso questa giunta porta quelle scelte alle conseguenze estreme senza doversi sforzare più di tanto. A quel tempo Campisi era capogruppo del PDS (poi DS e adesso PD). Lo sfascio politico, morale e culturale, oltre che sociale, in generale l’arretratezza (sotto ogni aspetto) di Limbiate non trova paragone in nessun angolo degradato delle altre metropoli europee. Questo sfascio, se non è stato avviato dalla giunta Fortunati, da questa però è stato precipitato lungo una china ripidissima. Quali sono i cambiamenti sostanziali fatti dalle giunte Romeo? Nessuno. Tutto ciò che è stato attuato in questi ultimi sette anni è stato collocato, come i pezzi di un puzzle, nel quadro preparato dalla giunta Fortunati. Solo, sono stati caricati i colori. Il P.I.I. sull’area di Via Monte Sabotino, per esempio, non sarebbe possibile se la giunta Fortunati avesse realizzato il verde pubblico attrezzato che doveva realizzarvi. Idem per il P.L. di Via A. da Giussano-Montale (qui la destinazione d’uso era già stata cambiata dalla giunta Fortunati!). Il “Piano di Recupero della Villa Rasini-Medolago”, sarà attuato facendo sloggiare una dozzina di famiglie (altro che “apertura al pubblico!), grazie alle varianti della giunta Fortunati, la cui politica in questo è stata davvero “lungimirante”! In generale le aree, già vincolate a verde dal PRG, che allora furono dichiarate edificabili, e che più recentemente sono state coperte di cemento, non si contano. E resterà, ad imperitura vergogna di quei cialtroni, il mostro edilizio di Piazza della Repubblica. Non parliamo, poi, della dismissione, nient’affatto obbligatoria, dei servizi pubblici in attivo. Eccetera.

Disprezzo per l’autonomia popolare

La maturazione della coscienza degli storici errori di quella giunta comincia finalmente a manifestarsi, insieme alla consapevolezza che i cittadini devono e possono fare da soli, senza i partiti. Ovvio che questi processi molecolari provochino all’unico partito (uso la parola del tutto convenzionalmente) che a Limbiate conserva una consistenza, seppure solo larvale, cioè al PD, attacchi di panico più grandi di quelli che la vista di trecce d’aglio e paletti di frassino appuntiti provocherebbe ad un vampiro. Soprattutto se questi processi sono favoriti e manifestati da una pratica sociale che sfugge a ogni controllo partitico; soprattutto se questa pratica ha successo e comincia a svilupparsi la presa di coscienza della funzione castrante, ed espropriatrice della sovranità popolare, dei partiti; soprattutto, ancora, se questa pratica fa emergere, per contrasto, l’inconsistenza dei “dirigenti” dei partiti, la loro incapacità di rappresentare alcunché mascherata con una grande verbosità, la loro indisponibilità (antropologica, si potrebbe dire) a lavorare per la ri-aggregazione sociale (che non si ottiene certo con le vetrine periodiche di qualche “banchetto” domenicale).

Questi personaggi, nel deserto piatto della politica limbiatese godono da tempo di una rendita di posizione ottenuta esclusivamente esercitando una loquela da quattro soldi. Ma, come capita a tutti i notabili inconsistenti, costoro vivono attanagliati dall’insicurezza, dalla sensazione di precarietà. Dopo essere stati trombati alle amministrative del 2001, Campisi e il PD hanno già subito molte altre sonore batoste, e vivono nel terrore di doverne subire ancora altre. Non riescono nemmeno ad immaginare come modificare la situazione politica locale. Aspettano qualche manna che scenda dal cielo. Da tempo hanno gettato alle ortiche anche il più vago riferimento ai valori di eguaglianza e giustizia sociale. Ma, della storia dalla quale provengono (e non mi riferisco a ciò che si chiamava movimento operaio, o sinistra, bensì alla storia delle macchine-partito di massa che, incarnando fisicamente quei valori, assorbivano totalmente qualsiasi istanza sociale) – della storia di quei partiti essi conservano solo l’intolleranza per qualsiasi autonomia di pensiero e di posizione politica, che spesso li caratterizzava negativamente. (Una volta, costoro apostrofavano brutalmente chi praticava forme autonome di intervento sociale con la domanda: “Chi ti paga?”). Nella casta sociale dei “politici”, che, anche quando non traggono sostentamento direttamente dalla politica, dei politici professionali hanno tutti i tratti peggiori, qualsiasi forma di pratica sociale autonoma non può che suscitare rabbia furente.

“La calunnia è un venticello…”

Non c’è quindi molto da stupirsi se Campisi, omettendo di rispondere alle critiche che ho rivolto ai suoi comportamenti pubblici, dimostra la sua bassezza morale tentando di diffamarmi riferendosi alla mia vita privata. Costui, infatti, per invalidare le argomentazioni dei miei discorsi non tenta affatto di dimostrarne, per esempio, la (eventuale) contraddittorietà; si mette invece a diffamarmi scrivendo qualcosa di più delle allusioni e delle insinuazioni su fatti dei quali egli non ha alcuna conoscenza diretta, ma a proposito dei quali, evidentemente, ha sentito il venticello della calunnia e lo vuole alimentare. Sono fatti che riguardano l’ambito privato e riservato della mia vita, nel quale sono compresi i miei rapporti di lavoro. Mi costringe quindi a dire qualcosa di me, come ho fatto finora solo nella scheda personale di questo blog ed esclusivamente per quanto riguarda le mie attività sociali.

Innanzitutto, Campisi, siccome a Limbiate riesce a dare a bere a molti, che si fanno ingannare dalla sua incontinente loquela, che egli è una persona “colta e preparata”, cerca di dimostrare l’inconsistenza della mia preparazione culturale. Ma non lo fa mostrando l’incongruità o l’erroneità dei riferimenti che qualche volta mi capita di indicare, o che traspaiono da ciò che scrivo. No. La mia preparazione sarebbe scarsa perché ho insegnato “in una scuoletta comunale di formazione professionale”. Pertanto io non sono, anche se vorrei sembrarlo, “un luminare”, né “uno scienziato”, né “un professore di Harvard”.

Intanto, la località di Harvard non esiste. Esiste l’Università Harvard, dal nome di un benefattore, che ha sede in quel di Cambridge, Massachusetts (USA). Ma lì certamente io non avrei mai potuto (ma nemmeno voluto) studiare. La mia numerosa famiglia non solo non appartiene, infatti, a nessun establishment, ma mio padre era un manovale edile (un magutt) che era stato carbonaio, e mia madre è stata una donna di servizio a ore e una casalinga, e prima ancora una raccoglitrice di olive. Ma, soprattutto, sin dall’adolescenza io sono un comunista trinariciuto, come, con tono da orripilata nobildonna reazionaria e oscurantista, ricorda Campisi. E sono comunista trinariciuto anche perché (ma non solo), pur senza fare esperienze alla Rosso Malpelo (a Limbiate non sono mai esistite miniere), ho cominciato a lavorare all’età di otto anni. E dunque: come non dire, a chi, come Campisi, per denigrarmi pretende di dipingermi come un figlio di papà vissuto nella bambagia, che egli è un “individuo spregevole, volgare negli atti e nelle parole”, ovverosia un cialtrone?

Io non mi vergogno affatto di essere stato insegnante “in una scuoletta comunale di formazione professionale”, e non vedo come da ciò si potrebbe misurare la pochezza della mia preparazione culturale che, secondo l’insinuazione di Campisi, maschererei con “l’abuso delle citazioni” e con la “scrittura pomposa e altisonante” che mi attribuisce. Che dire? C’è chi si è procurato e si procura dei riferimenti culturali e li usa, sforzandosi non di esibirli, bensì di servirsene appropriatamente anche nei discorsi politici, e chi non sa andare oltre le favolette di Fedro. La “scuoletta” dove ho insegnato per oltre un ventennio, che era ed è gestita da un consorzio di comuni, tuttavia non era affatto disprezzata, e continua ad essere ambitissima (per ragioni “alimentari”), dal PCI-PDS-DS-PD, che ne occupa la poltrona di presidente da circa trent’anni, sistemandovi (come in una staffetta, solo che il testimone è un lauto stipendio) ora questo ora quel suo funzionario disoccupato. Dello stesso partito, o della sua area, erano e sono i dirigenti propriamente scolastici e molti insegnanti, fra i quali si trovano diversi parenti più o meno stretti di esponenti del PD. Mi dicono che vi insegna anche la moglie di Campisi. E inoltre parenti di personaggi-chiave (in ambito istituzionale) della speculazione edilizia limbiatese... Quelle funzioni presidenziali , occupate stabilmente dagli amici di partito di Campisi, sono sempre state solo ed esclusivamente funzioni meramente politiche, e il consorzio non è mai stato tanto grande da richiedere un impegno a tempo pieno (e non è l'unico caso). Campisi ha mai rivolto a costoro il suo farisaico discorsetto sulla politica che dovrebbe essere fatta gratis? Come mai egli, che si vanta di aver rinunciato alle poche centinaia di euro dei gettoni di presenza spettanti ai consiglieri comunali, sta nello stesso partito di gente che grazie al partito si è sistemata vita natural durante?

Bassezza morale

Con il chiaro intento di diffamarmi, Campisi fa un’abietta insinuazione a proposito della conclusione del mio rapporto di lavoro con quella scuola. Egli, rimestando fatti ormai lontani, insinua che si è trattato della conclusione di un’”esperienza da ‘fancazzista con stipendio pubblico'”. Premesso che di aver avuto il coraggio di concludere quel rapporto di lavoro (e proprio in un momento per me dolorosissimo) io mi rallegro ancora dopo circa dieci anni, per quella vicenda io non ho nulla di cui vergognarmi. A comportarsi “ingloriosamente” certo non fui io, poiché riuscii facilmente ad imporre che la conclusione del rapporto di lavoro si verificasse nelle modalità che io avevo scelto, semplicemente servendomi delle leggi e del contratto collettivo nazionale di lavoro che qualcuno, tanto arrogante quanto farneticante, aveva tentato più volte di violare, pretendendo di ficcare il naso in aspetti nient’affatto disonorevoli della mia condizione di lavoratore in malattia, ma assolutamente riservati e garantiti dalla legge. L’interruzione del rapporto di lavoro non avvenne affatto con le forme e per i motivi insinuati da Campisi. Egli e chi lo imbecca pensano di rispondere così a quello che dico sulla loro politica? Ne prendo atto, ma sappiano che : 1) non temo nulla e nessuno; 2) adesso io non sono un loro dipendente; 3) sono molto più attrezzato di allora.

Poiché si tratta di fatti che attengono alla sfera privata e riservata della mia vita, non intendo (ma solo qui e solo per il momento) aggiungere altro. Campisi non è il solo che si permette di stravolgere quei fatti per tentare di squalificarmi, per dipingermi come un pazzo. Da quando ho ricominciato ad intervenire nella politica locale (e dovrebbe essere evidente, ormai, che sia il sostantivo che l’aggettivo hanno per me un significato eminente che non potrà mai essere inteso da personaggi della bassezza morale di Campisi), mi risulta che alcuni/e usano raccontare versioni in vario modo distorte o false di quella vicenda per calunniarmi (e conosco e ho annotato nomi, cognomi e circostanze). Aspettavo da tempo di avere a disposizione delle prove per difendermi nelle sedi opportune. Ecco che il primo fesso che me le offre direttamente è Campisi. Il quale, se per mesi ha offerto in pubblico le prove dell’abitudine di occuparsi, quotidianamente e a lungo, del suo blog durante l’orario di lavoro, dovrebbe semmai lagnarsi solo della sua mancanza d’intelligenza. Per colpire la sua arroganza, tipica della casta dei politicanti, mi ero limitato a rilevare la cosa solo qui, in questo blog, usando un termine colorito. Ma adesso, poiché si deve andare à la guerre comme à la guerre, quelle prove le ho raccolte per poterle usare.

Arretratezza politico-culturale

Campisi mi calunnia anche a proposito della mia attività internazionale, della quale io mi pavoneggerei (tanto che ne dico qualcosa in una pagina che si deve aprire di proposito!), ma della quale egli nulla sa, non avendo mai letto un solo rigo di quanto io ho scritto per i miei committenti. Egli tuttavia ha scritto che sono “pagato con i soldi pubblici dei contribuenti per scrivere certi progetti intellettualistici che non servono a una ‘beata minchia’ alla collettività” [i termini da “coatto” di periferia sono suoi]. Ne ha le prove?

Campisi, sprovveduto notabile paesano che ha avuto come maestri solo certi dittatorelli stalinisti di paese, e come pratica politica solo gli interventi nel consiglio comunale, nulla sa e nulla è in grado di capire della cooperazione internazionale fra enti locali Europa-America Latina, enormemente incrementata all’epoca della presidenza della commissione della UE di Romano Prodi (che ora fa parte del PD). Egli non sa, evidentemente, quanti comuni italiani vi partecipano, e quanto la partecipazione a certi incontri e a certi progetti internazionali sia stata e sia ambita e ricercata da una foltissima schiera di sindaci e assessori del suo partito. Ad essi spetterebbe, semmai, la responsabilità di essersene serviti, in alcuni casi, solo come un fiore all’occhiello. Per quanto mi riguarda, ho rifiutato e anche interrotto rapporti di lavoro quando mi è stato chiesto di progettare attività solo di facciata, o quando sulla partecipazione popolare i “politici” volevano fare solo discorsi mistificatori.

Fustigatore parolaio e inconseguente

A proposito di quanto Campisi dice sulla mia presunta attività di “censore e moralista degli incarichi degli altri”, chiunque lo abbia letto avrà visto che con il Primo esposto sugli incarichi del Comune di Limbiate a collaboratori esterni e consulenti, io, raccogliendo una sollecitazione periodicamente rinnovata dal Procuratore Generale della Corte dei Conti, ho richiamato l’attenzione sull’inosservanza, dichiarata “grave”, di un obbligo stabilito da una legge (la finanziaria 2008) di un governo guidato dal PD, e l’ho fatto perché inadempiente era stato, fra gli altri, proprio il consigliere comunale Campisi, che ne avrebbe avuto l’obbligo. Si trattava, guarda il caso, principalmente della consulenza che è stata “ordinata” dalla giunta comunale per giustificare l’assunzione di una pensionata, una vicenda sulla quale Campisi ha recitato la solita parte del fustigatore (come ama definirsi), ma, come al solito, senza passare ai fatti. Dopo il mio esposto, il Comune ha cominciato a pubblicare almeno uno scarno elenco (ma non i provvedimenti) degli incarichi conferiti nel 2008: fra questi vi sono anche quelli, strapagati, conferiti a un noto esponente del PD milanese per consigliare questa giunta nella sua politica edilizia, caratterizzata anche dalla grande abbondanza di illegitimità formali e procedurali (alle quali naturalmente corrispondono altrettante illegittimità sostanziali).

Reazionario oscurantista e iettatore impenitente

Era tipico del più becero stalinismo di squalificare l’avversario innanzitutto moralmente, anche frugando nella sua vita privata. Inoltre si faceva ricorso agli ospedali psichiatrici, ai lavori forzati, alle pistolettate nella nuca. Sono le pratiche tipiche, in realtà, di ogni totalitarismo. Campisi, come abbiamo visto, ricorre senza molti scrupoli alla prima pratica. Le altre, purtroppo, gli sono precluse, almeno nella loro forma istituzionale, poiché siamo in Italia, l’URSS non c’è più e i tempi sono cambiati. Comunque, alla prima pratica aggiunge la seconda, che svolge come… libero professionista. Ma ancora il suo animo non è del tutto placato. E allora, alle calunnie e alla diagnosi a distanza di “evidente comportamento isterico compulsivo”, alternando i toni del reazionario oscurantista a quelli dello stalinista nostrano di molti decenni fa, aggiunge: a) del sarcasmo sulla mia natura di “vecchio e vero comunista”; b) un decreto sulla scarsa udienza che avrei presso “le masse” (espressione che egli riprende dal più banale e qualunquista dei registi “di sinistra” [3]), che non sarebbero attratte da me, tanto che avrei un solo seguace; c) il vaticinio dei miei futuri insuccessi politici (“partirà da ben due voti”); d) la predizione/augurio che si aggraverà lo stato di dissociazione mentale che mi attribuisce (“sempre che però non si riveli così dissociato da non votarsi allorquando scoprisse di non piacere nemmeno a se stesso”).

Un sacco di materia organica, ottima come fertilizzante naturale

Per il punto a): nonostante soffra di qualche tipico acciacco della mia età, uno dei motivi di serenità di questa parte della mia vita è l’auto-constatazione che sono rimasto comunista, anche se cerco costantemente di rinnovarmi. Per il punto b): a causa della politica del partito del cemento limbiatese (PD-PdL), e poiché egli non sa cosa sia la società e cosa siano le persone, Campisi è destinato ad avere amare sorprese (come è capitato, tre giorni prima della “diagnosi” - strana coincidenza -, ai “missi dominici” del suo partito, che avevano tentato di recuperare - le elezioni provinciali del 2009 si avvicinano – quello che sarebbe il mio “unico seguace”, ottenendo, però, solo un secco benservito). Per il punto c): è chiaro che uno come Campisi non può disporre di altre risorse che non siano l’inserimento a forza della mia attività nei suoi miseri schemi mentali di politicante; ma comunque: per il momento ho altri pensieri; e in ogni caso è già intervenuta la mia mamma con i suoi potenti mezzi: la iettatura è già inefficace e tale resterà [v. Asinus asinum fricat]. Per il punto d): come per il punto precedente, è già intervenuta la mia mamma, con il medesimo risultato; e inoltre, siccome il tipo di attività politica che faccio è una mia scelta, e vi credo fermamente, per questo aspetto mi piaccio moltissimo.

Ovviamente sono sempre disposto a discutere della mia attività politica con coloro con i quali agisco, ma non con un sacco di materia organica, ottima come fertilizzante naturale, quale è Campisi.

* V. http://www.lankelot.eu/index.php/2006/11/30/ingmar-bergman-lora-del-lupo/
[1] Einaudi, Torino 1968.
[2] Una riedizione fu pubblicata da Baldini Castoldi Dalai, Milano 1998
[3] Nanni Moretti, un regista che, secondo un noto "non-critico" (Goffredo Fofi), a dispetto dei temi “politici” delle sue opere, fa film per spettatori, ma non per cittadini.

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