Sarà capitato a molti di osservare nelle più affollate stazioni della metropolitana l’abilità di certi delinquentucoli che, spostando a velocità ridotta tre carte su un tavolinetto, danno a chi si ferma ad osservarli l’illusione di riuscire a seguire gli spostamenti della carta vincente. Però gli illusi che fanno delle puntate perdono regolarmente: nella posizione nella quale credono che sia finita la carta vincente ne scoprono un’altra. Ma si tratta di un gioco tutto sommato modesto e ormai preistorico. Nella metropolitana c’è solo un sottoproletario che per sbarcare il lunario maneggia tre sole carte, e per coprire i suoi trucchi si serve di un’abilità esclusivamente manuale. Costui, inoltre, è aiutato solo dall’iterazione ossessiva di pochissime parole per stordire un po’ chi vuole farsi abbindolare, da un paio di compari che fanno finte puntate vincenti per convincere i gonzi a tentare il gioco, e da un altro paio che stazionano nei pressi, con la funzione di “palo”, per avvertire in tempo dell’arrivo della polizia.
Il gioco delle tre carte in versione sofisticata
Altre versioni del gioco delle tre carte sono assai più sofisticate, ma ne conservano, tuttavia, la sostanza originaria. Ovviamente, quando il gioco è praticato in una di queste versioni non ci si colloca a Cadorna FN nell’ora di punta, bensì in uffici pubblici e studi professionali discreti, comodi e ovattati, dove non servono né i compari che fanno puntate finte, né i “pali” per avvertire dell’arrivo della polizia, perché questa quasi mai arriva. Né, per tenere il banco, ci si affida ad abilità esclusivamente manuali e al concorso di alcuni sottoproletari. Servono piuttosto giocatori che siano in possesso di titoli accademici e che svolgano professioni che godono di grande apprezzamento sociale. Non si usano tre carte da gioco da spostare velocissimamente su un tavolinetto, ma ci si serve di carte più grandi che riempiono diversi faldoni e sono piene di termini presi da due o tre linguaggi settoriali, di grafici, di disegni, di decine e decine di segni e simboli uno più criptico dell’altro. A differenza del vecchio gioco delle tre carte, in questo gioco si fa largo uso (e abuso) di norme, leggi, regolamenti uno più lungo, complicato e astruso dell’altro.
Nel gioco delle tre carte nelle stazioni della metropolitana perde solo chi è tanto sciocco da parteciparvi. In certe versioni sofisticate del gioco, invece, i perdenti sono moltissimi, anche un’intera collettività di cittadini, i quali perdono anche se non hanno partecipato al gioco, e spesso nemmeno sanno di aver perso, e quanto, perché tutto è coperto dal segreto almeno di fatto delle procedure dell’”apparato” amministrativo pubblico, magari guidato da uno che è stato tangentista e poi reo confesso e condannato, come il dottor Gennaro Cambria, Segretario Generale del Comune di Limbiate [1]. Se poi fra i cittadini perdenti qualcuno comincia ad avere qualche sospetto, tutto l’altro apparato, quello politico, si mobilita per fargli credere che no, al contrario!, ha ottenuto meravigliosi “benefici” sotto forma di mattonelle auto-bloccanti e cordoli prefabbricati! Glielo assicurano, per esempio, alcuni piazzisti dallo stile aiazzonico-berlusconiano travestiti da assessori e da sindaci [v. http://it.youtube.com/watch?v=M8YZmBFqnIU], che si appoggiano all’autorità delle funzioni e dei titoli di funzionari e consulenti che proclamano, anche per iscritto, che certe speculazioni edilizie migliorano la vita dei cittadini e accrescono il patrimonio comunale di nuove superfici “a standard” (di aree, cioè, destinate a funzioni pubbliche).
In questa opera di persuasione si è distinto anche il “Nucleo di Consulenza per la valutazione dei Programmi Integrati d’Intervento” composto dall’avvocato Pietro Carlo Sironi, dall’architetto Antonio Ricciardi (non è mio parente e nemmeno lo conosco!) e dall’architetto Franco Zinna (a quel tempo responsabile del Settore Tecnico del Comune di Limbiate), che al prezzo di (non si sa quante ma sicuramente molte) migliaia di euro ha espresso la sua “valutazione” del P.I.I. di Via Monte Sabotino in ben 9 righe (formule di circostanza comprese), con le quali ha affermato:
a) “si ritiene che l’intervento consente di migliorare l’utilizzo delle aree a standard previste dal P.R.G., di riqualificare importanti tratti di viabilità primaria, nonché di acquisire nuove superfici a standard al patrimonio comunale”;
b) “si sottolinea l’aspetto di permeabilità futura verso il Parco delle Groane mediante la previsione di attraversamenti ciclo-pedonali in sicurezza”.
Ora, che non si possa “migliorare l’utilizzo delle aree a standard ecc.” se esse vengono totalmente coperte da costruzioni private; che per “riqualificare importanti tratti di viabilità primaria”, attualmente in ottimo stato, non è necessario fare un P.I.I. su un’area destinata dal P.R.G. a verde pubblico attrezzato; che “l’aspetto di permeabilità futura verso il Parco delle Groane mediante la previsione di attraversamenti ciclo-pedonali in sicurezza” è una “previsione” che il progetto del P.I.I. non giustifica affatto, ed è quindi una balla grande come il Duomo di Milano, poiché non è giustificata nemmeno da due tronconi di strada cieca che da strade urbane portano ad autorimesse private – tutte queste sono obiezioni facili e immediate.
Sembra meno facile, invece, rendersi conto e dimostrare che l’”acquisizione” di “nuove superfici a standard al patrimonio comunale” è una balla ancora più grande, e che questa balla nasconde un consistente danno erariale. Infatti, se si va a verificare quale sarebbe l’estensione delle “nuove superfici a standard“ che avrebbero aumentato il “patrimonio comunale” ci si imbatte in alcune addizioni e sottrazioni (volutamente) confuse, che tuttavia possono essere seguite con più calma di quanto si possa seguire il gioco delle tre carte nelle stazioni della metropolitana – e alla fine il trucco salta fuori.
Se il Comune è dotato del piano dei servizi, è in relazione alle previsioni di tale strumento che si deve valutare l’incidenza dei carichi di utenza. Se questo strumento manca, come nel Comune di Limbiate, e se si incide, come avviene nella fattispecie, su aree destinate a standard, il criterio da seguire resta quello di cui all’art. 6, comma 3, della l. r. n. 9/99:
“Qualora il programma integrato abbia ad oggetto aree in tutto o in parte destinate ad attrezzature pubbliche o di uso pubblico e ne preveda una differente utilizzazione, esso deve assicurare il recupero contestuale della dotazione di spazi pubblici in tal modo venuta meno”.
Lo stesso criterio è espresso dal “Documento di inquadramento”, ai sensi del quale, per le aree a standard in cui potrà essere prevista la collocazione di un P.I.I., occorre assicurare
Orbene, il P.I.I. in questione prevede di insediare 230 nuovi abitanti in un’area la cui superficie era quasi per intero destinata a standard. Quest’area, quindi, dovrebbe essere recuperata (anche altrove), oppure non ceduta dall’operatore privato ma pagata (“monetizzata”) al comune secondo il valore di mercato. A questa superficie “da recuperare”, quanta superficie standard, indotta da questi 230 nuovi abitanti, dovrebbe essere aggiunta (vale a dire ceduta gratuitamente al comune o monetizzata)?
La "Relazione Tecnica" del progetto del P.I.I. della società Marzaiola S.r.l. (alla quale è poi subentrata la SAN INVEST S.r.l), firmata dall’architetto Andrea Milella, a questo proposito presenta alcuni conteggi alquanto funamboleschi, e inoltre disposti in un modo che non ne favorisce la comprensione.
Ma vediamo: nella tabella 1 di pagina 1, è riportato che l’azzonamento del P.R.G. vigente al momento dell’approvazione del P.I.I., per le attrezzature collettive indicava la superficie di mq 13.629 [2] (quindi da recuperare), mentre nel testo, a pagina 5, a proposito dello standard indotto, la relazione dice che
“la superficie minima di urbanizzazione calcolata utilizzando lo standard per abitante, determinato dal Comune in mq 34,16, è la seguente:
Il fabbisogno complessivo del P.I.I. è quindi pari a
13.629 mq (standard pre-esistente) + 7.857 mq (standard indotto) = 21.486 mq
Questo fabbisogno di aree standard è soddisfatto per una parte con la cessione, e per la restante con la monetizzazione.
Per la cessione l’art. 8 punto 1 della “Convenzione” stabilisce che
“per il soddisfacimento dello standard richiesto dal Programma Integrato di intervento, si rende necessario il reperimento di aree per una superficie complessiva di mq 7.857”
e pertanto,
“la società SAN INVEST S.r.l. (…) si impegna a cedere gratuitamente al COMUNE DI LIMBIATE le aree della superficie complessiva di mq 5.105, ecc.”
Poiché nella convenzione non sono stabilite altre cessioni di aree da destinare a standard, la superficie residua (standard preesistente da recuperare + standard indotto) da monetizzare, è (sarebbe) pari a 16.381 mq (21.486 mq — 5.105 mq).
Nella “Convenzione” attuativa, però, la monetizzazione è calcolata per una superficie minore. Infatti, a quanto ammontano le monetizzazioni che vi sono stabilite? L’”Articolo 9 - Monetizzazione” della “Convenzione”, al punto 1 ne indica solo due:
- la monetizzazione della “restante quota di aree per urbanizzazione secondaria”, mq 2.752 (differenza fra mq 7.857 e mq 5.105);
Se facciamo la somma mq 2.752 + mq 7.767 otteniamo il
totale delle aree standard monetizzate: 10.519 mq < 16.381 mq.
Come far sparire più di mezzo ettaro di terreno...
- mq 757 destinati a viabilità, che non potrebbero essere conteggiati negli standard!;
Ed eccolo qui, il trucco: un’area “virtuale” di mq 5.862 viene sottratta dalla preesistente area destinata a standard di mq 13.629, per ottenere una presunta “riduzione di (soli) mq 7.767 della superficie con destinazione pubblica” da compensare “con la corresponsione della somma definita dalla Convenzione di attuazione del P.I.I.”.
Ma in questo modo, con una sorta di “gioco delle tre carte” da stazione della metropolitana, i 5.105 mq che erano già stati sottratti una prima volta dallo standard indotto, sono stati sottratti di nuovo dallo standard pre-esistente!!!
...per far guadagnare un sacco di soldi ai palazzinari
Più che di prestidigitazione, si tratta di vera magia! Infatti: mentre la monetizzazione della “restante quota di aree per urbanizzazione secondaria” (2.752 mq) e dello “standard qualitativo richiesto dal Programma Integrato d’Intervento” (7.767 mq), è stata calcolata, seppure al ribasso, sulla base di perizie commissionate e preparate “ad hoc” che hanno stabilito del tutto abusivamente il valore di 60,25 €/mq, per la parte dell’area a standard pre-esistente e da monetizzare, semplicemente non è stato necessario nessun calcolo al ribasso da dover “giustificare” con perizie compiacenti, perché l’area è stata fatta… sparire. È bastato un giochetto aritmetico un po’ più abile ma della stessa natura di quello delle tre carte nelle stazioni della metropolitana, dove l’abilità manuale di chi tiene il banco consiste solo nel creare l’illusione che la carta vincente si trovi in una certa posizione, mentre immancabilmente si trova in un’altra. Qui la “carta” vincente, ovverosia un’area di 5.862 mq (più di mezzo ettaro!), che doveva essere ceduta o monetizzata, letteralmente è stata fatta sparire dal ”banco”.
L’imbroglio è mascherato con i calcoli funamboleschi delle tre tabelle contenute nella pagina 2 della “Relazione Tecnica”!
In questo caso, però, non si è trattato di alcune decine di euro perdute da un singolo gonzo di passaggio. Secondo il calcolo che sembrerebbe corretto alla luce dell’articolo 46, comma 1, lettera a. della Legge Regionale n. 12/2005[5], vale a dire tenendo conto del valore venale delle aree edificabili stimato dal Comune di Limbiate come base per il calcolo dell’I.C.I (240 €/mq), con il funambolismo aritmetico di cui sopra alla cassa pubblica è stato causato un danno calcolabile nel modo seguente:
mq 5.862 x 240 € = 1.406.880 €.
Questo danno si aggiunge agli altri già indicati a suo tempo [v. Chi è stato beneficiato da chi con il P.I.I. di Via Monte Sabotino]. Vale la pena di riepilogarli, ricordandosi anche di confrontare il prezzo della vendita del terreno comunale (105 €/mq) con quello di un’altra vendita, quella del terreno della Marzaiola S.r.l. avvenuta presso lo stesso notaio un’ora e venti minuti prima che il Comune di Limbiate e la SAN INVEST S.r.l (subentrata alla Marzaiola S.r.l) sottoscrivessero la Convenzione che, fra l’altro, ha stabilito questi danni. La Marzaiola S.r.l. (che aveva proposto e concordato il P.I.I. con il Comune) è uscita dall’affare vendendo alla SAN INVEST S.r.l un terreno di circa 8.497 mq., posto in buona parte al di sotto del piano stradale (fino a oltre 3 m.), solo parzialmente suscettibile di utilizzazione edificatoria, praticamente intercluso ma attiguo al terreno comunale - che invece è in piano, al livello delle strade circostanti e totalmente suscettibile di utilizzazione edificatoria - per la… modesta cifra di 5.800.000,00 €, ovvero per 682,59 €/mq!
Come realizzare sovrapprofitti senza investire un centesimo.
Riepilogo dei danni erariali provocati con il P.I.I. di Via Monte Sabotino
1) Vendita del terreno comunale:
2) Monetizzazione delle aree per gli standard di urbanizzazione secondaria:
6) Oneri di urbanizzazione secondaria non versati: 493.580,00 €.
3.303.756,05 € - 141.910,00 € = 3.161.846,05 € ,
che sommati a 1.406.880 € sottratti “virtualizzando” parte delle aree standard pre-esistenti darebbe come risultato un
esproprio lumaca. davanti al giudice il comune di Pieve;
espropri a Pieve Emanuele, assolto Sardella;
arrestato Maurizio Ricotti signore delle grandi opere;
Pieve, ex sindaco " pentito " svela il giro mazzette;
il paese delle bustarelle;
piovono manette a Pieve;
Pieve raggiunge quota 36 arresti;
Pieve, fuga da Tangentopoli;
nuova bufera su Pieve. sequestrati i contratti di gas, mense e rifiuti;
folla di tangentomani;
Tangentopoli scende a patti;
Ex colonnello finisce in manette. anche la guardia di Finanza nella Tangentopoli di Legnano;
Dalle mazzette al traffico di scorie.
[2] Il dato è riportato, oltre che nella relazione tecnica, pag. 1, anche in molti altri documenti del P.I.I., fra i quali la convenzione attuativa, art. 8.
[3] Per il calcolo dello standard indotto dal P.I.I. si è fatto riferimento ai parametri del piano regolatore, piuttosto che ai minimi di legge, in quanto il documento di inquadramento espressamente prevede che ‘fino all’approvazione del Piano dei Servizi le aree da cedere o da asservire ad uso pubblico non possono essere quantifìcate in misura inferiore a quanto stabilito dal vigente PRG”.
[4] Il paragrafo che vi è dedicato come “giustificazione” è un autentico capolavoro d’incongruenza e di fumosità. “Ai sensi dell’art. 90, comma 4 della L.R. 12/2005 e del Documento d’Inquadramento del Comune di Limbiate si dà atto che il soddisfacimento dello standard qualitativo richiesto dal Programma Integrato di Intervento produce una diminuzione di standard del P.R.G. vigente pari a mq. 7.767,00 e pertanto il valore a mq. stimato dalla perizia sopra citata di un’area destinata a standard risulta pari a Euro 60,25/mq ". Innanzitutto il riferimento all’ art. 90, comma 4 della L.R. 12/2005, è alquanto incongruo, poiché, in realtà, oggetto di quell’articolo sono le condizioni per l’ammissibilità della (eventuale) monetizzazione; poi, il P.I.I. richiede in realtà un aumento di standard; infine, dalle “premesse” (chiamiamole così) che precedono non “risulta” affatto “il valore a mq. stimato dalla perizia sopra citata di un’area destinata a standard pari a Euro 60,25/mq”, poiché il calcolo del valore monetizzato degli standard deve seguire le prescrizioni dell’art. 46, comma 1, lettera a. della Legge Regionale n. 12/2005 (v. la nota n. 5).
[5] ”Qualora l'acquisizione di tali aree non risulti possibile o non sia ritenuta opportuna dal comune in relazione alla loro estensione, conformazione o localizzazione, ovvero in relazione ai programmi comunali di intervento, la convenzione può prevedere, in alternativa totale o parziale della cessione, che all'atto della stipulazione i soggetti obbligati corrispondano al comune una somma commisurata all'utilità economica conseguita per effetto della mancata cessione [sott. mia; ndr] e comunque non inferiore al costo dell'acquisizione di altre aree”.
[6] Per le fonti delle cifre:
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