Questo radicale ridimensionamento è giustificato nella delibera n. 246/2008 con l’accoglimento dell’unica “osservazione” presentata, su esplicita ed insistente sollecitazione di Romeo, da un gruppo di proprietari che in maggioranza non abitano in Limbiate, o che abitano in case che non sono comprese nel cosiddetto “Piano di recupero” (vi sono comprese solo due loro piccole autorimesse). I proprietari non abitanti, in particolare, prima di presentare l’osservazione erano pronti a mettere la mano sul fuoco per dimostrare, con il riferimento sballato ad alcune norme di legge, di essere sicuri che “non c’erano le condizioni giuridiche” per espropriare chi avesse rifiutato di vendere la sua casa (rifiuto che avrebbe impedito l’attuazione del piano). Tuttavia, nonostante tanta sicumera, hanno poi presentato una richiesta “di stralcio”, non senza aver prima tentato di ottenere l’adesione di chi voleva (e vuole) opporsi al piano, ma non con i modi graditi a Romeo e da lui stesso suggeriti!
Come la paura di un ricorso al T.A.R. ha indotto Romeo-Mestrone e Frua De Angeli Holding a più miti consigli
Sembra, quindi, che la questione del piano di recupero sia stata o ignorata o accantonata nelle fasi di elaborazione delle tavole progettuali (le quali sono riferibili, appunto, ad un progetto edilizio, e non invece ad un piano attuativo), e che essa sia emersa in una fase di istruttoria avanzata. Questa anomalia ha determinato varie carenze di quello che è stato poi adottato come “Piano di recupero”.
Dunque il piano è stato adottato dalla giunta comunale senza che fossero dimostrati i presupposti richiesti dalla legge, soprattutto considerando che diversi abitanti delle case della Zona Ba, attigua alla Zona A (quella della villa) e compresa nel piano, si sarebbero trovati, qualora non avessero aderito al consorzio, ad essere privati dell’abitazione. Ma ad ogni modo, anche ammesso che Frua De Angeli Holding avesse potuto dimostrare di avere la maggioranza necessaria per sottoporre all’Amministrazione l’approvazione di un piano di recupero, questo non avrebbe potuto essere adottato senza che fosse stata prima attivata la procedura prevista dal già citato art. 12, 4° comma, della l. r. n. 12/05, la quale è finalizzata a coinvolgere, sin dalla fase iniziale, tutti gli altri proprietari.
Ai sensi di tale norma, infatti, quando la proposta sia formulata da chi detiene solo la maggioranza della proprietà determinata sulla base dell’imponibile catastale,
“il sindaco provvede, entro dieci giorni dalla presentazione del piano attuativo, ad attivare le procedure di cui all’articolo 27, comma 5, della legge 166/2002”.
Fino a che non si siano concluse tali procedure, non decorre il termine di novanta giorni (fissato dall’art. 14 della stessa legge 12) entro il quale l’Amministrazione è tenuta a pronunciarsi sulla proposta, poiché il 5° comma dell’art. 27, dispone che
“il sindaco, assegnando un termine di novanta giorni, diffida i proprietari che non abbiano aderito alla formazione del consorzio ad attuare le indicazioni del predetto piano attuativo sottoscrivendo la convenzione presentata. Decorso infruttuosamente il termine assegnato, il consorzio consegue la piena disponibilità degli immobili ed è abilitato a promuovere l’avvio della procedura espropriativa a proprio favore delle aree e delle costruzioni dei proprietari non aderenti” [sott. mia, nda].
Nei documenti allegati alla delibera di adozione non vi è alcuna traccia delle procedure che sarebbero state di competenza del sindaco.
Per quali motivi le procedure sono state violate volutamente?
Le procedure sono state violate, innanzitutto, per porre tutti i proprietari di fronte al fatto compiuto della delibera di adozione, impedendogli così aderire al consorzio per l’attuazione del piano, con assunzione degli oneri solo pro-quota della proprietà di ciascuno, chiedendo il rispetto del vincolo stabilito dall’articolo 14 bis comma 1 delle N.T.A., secondo il quale nelle zone Ba
“le destinazioni d’uso ammesse sono: residenza (principale), terziario (compatibile)”, e solo fra queste ultime quelle “turistico-ricettive” [sott. mie, nda].
Se ciò fosse avvenuto, sarebbe stata evidenziata, già prima della presentazione del piano, l’incongruità e l’illegittimità di accorpare due distinte zone urbanistiche, la villa (che secondo l’art. 14, comma 2, delle N.T.A. è una delle “Zone A: aree interessate da edifici di interesse storico e ambientale”, ma è anche, sempre secondo le N.T.A., una delle “zone per attrezzature ricettive e per il tempo libero”, ed è sottoposta alla specifica disciplina di cui all’art. 23, 3° comma, che riguarda espressamente la trasformazione dell’area della villa in strutture ricettive), e le case di una attigua “Zona Ba: ambiti costruiti a maggior caratterizzazione ambientale”, (N.T.A., art 14 bis, comma 1), in un unico piano che prevede l’estensione della destinazione della prima alla totalità della seconda.
E sarebbe stata evidenziata anche la difformità del “piano di recupero” dal P.R.G., poiché l’art. 14 bis, 7° comma, delle N.T.A. stabilisce che nelle Zone Ba il piano di recupero può essere adottato solo
“previa approvazione di variante ai sensi della L. R. 23 giugno 1997 n. 23 che identifichi l’area di intervento come zona di recupero” [sott. mia, nda].
Il vero terrorismo psicologico sugli abitanti della zona Ba
Le mistificazioni di un sindaco pieno di paura, ma dalla faccia di bronzo
Che improvvisamente l’obiettivo fosse diventato quello di salvare l’approvazione del piano anche a costo di un ridimensionamento, era chiaro a chiunque avesse un po’ di perspicacia politica: dopo aver registrato, prima della scadenza del termine per le osservazioni (il 29 ottobre 2008), che l’opposizione preannunciata su questo blog [7] si stava concretizzando, Romeo era immediatamente corso al riparo cercando (ma maldestramente) di infinocchiare tutti, ed in particolare gli abitanti di Via Doria, con la panzana velleitariamente sibillina delle “condizioni giuridiche” mancanti, ma significativamente mai specificate. Questo, tuttavia non è stato chiaro alla raffinata intelligenza politica del consigliere comunale Campisi (ma in realtà egli, soprattutto in questo caso, ha tutto l’interesse non solo a farsi infinocchiare, ma ad infinocchiare a sua volta la sua claque). [8] Infatti, il giorno dopo una riunione degli abitanti della Zona Ba, alla quale ero stato invitato, e nella quale i suoi amici erano venuti a sostenere, riferimenti normativi sballati alla mano e interrompendo chiunque, che non c’era alcun pericolo di esproprio, Romeo, ufficialmente chiamato dai suoi amici proprietari ma non abitanti in Via A. Doria, si era precipitato a ripetere a sua volta che per l’esproprio “mancavano le condizioni giuridiche”, mistificando, come avevano fatto i suoi amici, su ciò che può essere dichiarato “di pubblica utilità”, e sollecitando, anzi, la presentazione di domande di “stralcio”, ché lui le avrebbe prontamente accolte! Quale faccia di bronzo! Il sindaco dichiarava che non poteva espropriare a favore di un privato, ma era proprio lui che aveva avviato una procedura con la quale era già stato adottato un progetto che per costruire un albergo prevedeva la demolizione di tutte le case, anche di quelle che non erano proprietà di Frua De Angeli e i cui proprietari non volevano vendere – una procedura che, se rispettata rigorosamente, prevedeva come atto finale proprio l’esproprio di chi non voleva aderire al progetto e non voleva vendere. Il sindaco giurava e spergiurava che non avrebbe mai fatto un esproprio perché “mancavano le condizioni giuridiche”, ma poi si metteva a sollecitare le richieste di stralci di chi non voleva vendere e quindi – come sarebbe disceso dalle sue parole – nulla avrebbe avuto da temere dall’approvazione del piano!
Il fatto è che Romeo sapeva bene quali fossero le “condizioni giuridiche” mancanti. O, meglio, egli sapeva bene quanto in realtà fossero deboli e/o illegittime le “condizioni giuridiche” create con l’adozione del “Piano di recupero”, poiché egli sapeva bene che il piano era stato presentato ed adottato violando diverse norme. La paura sua e di Frua De Angeli era (ed è) che un ricorso al T.A.R. mettesse in luce questa reale mancanza delle “condizioni giuridiche” per approvare il piano.
La soluzione adottata è stata escogitata con la speranza di togliere a chi volesse ricorrere al T.A.R. la possibilità di sostenere di avere un interesse da difendere. Vedremo se questa speranza è fondata. Per intanto va sottolineato che, ovviamente, l’approvazione di un piano di recupero presentato ed adottato con una procedura illegittima è anch’essa illegittima; anzi, questo escamotage ha aggravato l’illegittimità del piano, poiché la riduzione della sua estensione, che già non copriva interamente la Zona Ba, viola l’art. 14 bis delle N.T.A. comma 10:
“i Piani di Recupero devono … prevedere: a) un’estensione territoriale non inferiore all’ambito minimo…”,
il quale, come evidenzia la scheda 8 allegata alle N.T.A., nel caso in questione comprende tutta la parte della Zona Ba ora esclusa dal “piano di recupero”.
Permangono, quindi, anzi sono più forti, tutte le ragioni per opporsi a quest’altra speculazione edilizia, eventualmente anche con il ricorso al T.A.R.
[1] Qualità che non caratterizzano, nemmeno in misura minima, il consigliere comunale Campisi, Guida e Grande Timoniere del PD locale, il quale, a proposito di questo piano di recupero ha prodotto una stentata pantomima di un’argomentazione scintillante e stringente per dimostrare che io (e non Romeo-Mestrone in combutta con Frua De Angeli Holding!) avrei fatto del “terrorismo psicologico”, che mi sarei atteggiato a “Salvatore del mondo” e che avrei fatto “sparate catastrofiste (che) alimentano le paure della gente senza spiegare come stanno effettivamente le cose”. (v. Comprensibili preoccupazioni e “terrorismo” psicologico). La decisione di non rispondere in quel momento alla ridicola pantomima, che aveva in realtà lo scopo di dimostrare a Romeo la disponibilità del PD limbiatese a convalidare le sue mistificazioni, e di rispondere, semmai, dopo la scadenza del termine per l’approvazione del piano (per ragioni di opportunità, ovvie per chi sia dotato di minima intelligenza politica), è stata concordata con tutti coloro che, in autonomia dalla finta e mistificante sapienzialità alla Campisi, avevano deciso di opporsi a questa ennesima porcata a danno dei cittadini, della quale Campisi è corresponsabile. Parlerò in un altro articolo della funzione politica della pantomima di Campisi, che significativamente non diceva nulla sui contenuti del progetto, né sul modo in cui è stato presentato ed adottato. Per il momento mi limito a dire che non basta scandire alcuni “Assolutamente no” per simulare la progressione di un discorso dalla logica stringente. Come dirò più avanti, già il punto di partenza normativo della pantomima di Campisi è sbagliato.
[2] V. Tutto scorre, tutto cambia. Tranne i notabili paesani, i fancazzisti, i somari, gli imbecilli e i disonesti
[3] Modificato dall’art. 1 della legge regionale 14 marzo 2008 n. 4.
[4] Campisi comincia la sua mistificante pantomima con l’articolo 14 bis delle N.T.A.: “I progetti di piano di recupero (nelle zone Ba) devono essere sottoscritti da almeno il 75% delle proprietà calcolato in base all’imponibile catastale; nel caso di non integrale sottoscrizione del progetto da parte delle proprietà ed esso sia ritenuto meritevole di accoglimento dall’Amministrazione Comunale, il P.R. è approvato ai sensi dell’art. 28 Legge 5 agosto 1978, n. 457″ e, senza capirne (o ignorandone volutamente) la portata nel caso specifico, dà subito per scontata la correttezza dell’operato di Frua De Angeli e del sindaco!
[5] La Guida e Grande Timoniere del PD locale, con il suo infantile spirito di patata, che vorrebbe spacciare per ironia, sui “Salvatori”, non riesce a celare il suo dispetto per quest’altra manifestazione di autonomia dai politicanti come lui, tuttavia fa benissimo ad usare il plurale, perché stiamo diventando molti…
[6] La delibera di approvazione di un “Piano di recupero”, successiva a quella di adozione (l’una e l’altra sarebbero di competenza del Consiglio Comunale e non della Giunta), se non impugnata avanti il T.A.R. entro sessanta giorni, poiché comunque darebbe attuazione a quanto previsto dal P.R.G., creerebbe la condizione prevista dall’art. 12 comma 1 del D.P.R. 327/2001:
“1. Se l'opera e' conforme alle previsioni dello strumento urbanistico, ad una sua variante o ad uno degli atti indicati all'articolo 10, comma 1, la dichiarazione di pubblica utilità si intende disposta: a) quando è approvato il progetto definitivo dell’opera pubblica o di pubblica utilità, ovvero quando sono approvati il piano particolareggiato, il piano di lottizzazione, il piano di recupero, il piano di ricostruzione, il piano delle aree da destinare ad insediamenti produttivi, ovvero quando è approvato il piano di zona”; b) in ogni caso, quando in base alla normativa vigente equivale a dichiarazione di pubblica utilità l'approvazione di uno strumento urbanistico, anche di settore o attuativo, ovvero il rilascio di una concessione, di una autorizzazione o di un atto avente effetti equivalenti [sott. mie, nda],
Campisi, finto loico sottile ma reale consigliere comunale somaro e/o disonesto, riporta l’art. 12 con sue interpolazioni, ma omettendone la premessa e il punto b) del comma 1, senza (o facendo finta di non) accorgersi che la progressione logica dei testi di legge non sempre corrisponde alla progressione numerica dei loro articoli.
“Un bene e' sottoposto al vincolo preordinato all'esproprio quando diventa efficace l'atto di approvazione del piano urbanistico generale, ovvero una sua variante, che prevede la realizzazione di un'opera pubblica o di pubblica utilità”.
Il vincolo preordinato all’esproprio si potrebbe apporre, comunque, sulla base dell’art. 10:
“1. Se la realizzazione di un'opera pubblica o di pubblica utilità non è prevista dal piano urbanistico generale, il vincolo preordinato all'esproprio può essere disposto, ove espressamente se ne dia atto, su iniziativa dell'amministrazione competente all'approvazione del progetto, mediante una conferenza di servizi, un accordo di programma, una intesa ovvero un altro atto, anche di natura territoriale, che in base alla legislazione vigente comporti la variante al piano urbanistico e l'apposizione su un bene del vincolo preordinato all'esproprio“,
e dunque, in realtà, l’impedimento per l’apposizione del vincolo preordinato all’esproprio sarebbe semmai la mancanza dell’approvazione della variante al P.R.G. (di competenza del Consiglio Comunale): ma anche in questo caso la Giunta ha dimostrato di infischiarsene della correttezza delle procedure, e il consigliere comunale Campisi su ciò non ha nulla da ridire! Pertanto, trascorsi sessanta giorni dalla delibera di approvazione del piano, sarebbe stato possibile far sloggiare i refrattari solo con l’esproprio. Questa minaccia tacita è stata abbandonata solo quando… la paura (del ricorso al T.A.R.) ha indotto Romeo-Mestrone e Frua De Angeli Holding ad una tattica più accorta.
[7] V. Il T.A.R. si pronuncerà sul P.I.I. di Via Monte Sabotino il 4 dicembre 2008.
[8] Campisi come capogruppo del PDS alla fine degli anni novanta ha votato la variante del P.R.G. che adesso consente il “Piano di recupero” esteso anche alla Zona Ba, ma non per restaurare quell’“ambito costruito a maggior caratterizzazione ambientale” con la destinazione urbanistica residenziale come “principale” (cioè che dovrebbe conservare gli insediamenti [= gli abitanti] che la caratterizzano), bensì per demolirla per far posto ad un albergo (forse) di lusso!
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