sabato 22 maggio 2010

Una santa alleanza di irresponsabili ha dichiarato legittimo un conto consuntivo che contiene entrate fittizie




È ormai assodato che una parte consistente delle entrate del Rendiconto consuntivo 2009 del Comune di Limbiate è del tutto fittizia, poiché ciò è stato ammesso nel Consiglio comunale del 18 maggio 2010 dallo stesso responsabile del servizio finanziario comunale, dr. Giuseppe Cogliati, seppure con termini eufemistici: al termine del solito affastellamento di cifre con il quale di anno in anno presenta i bilanci, egli ha ammesso che la procedura con la quale è stata accertata l’entrata per la vendita di parte dei terreni di Via Garibaldi “probabilmente non è stata corretta”. Ma, per chiamare le cose con il loro nome, si tratta di questo: quell’entrata non è stata accertata nel 2009, e quindi la cifra di circa 4.200.000 euro inserita nel rendiconto 2009 è del tutto fittizia. Quei terreni sono stati aggiudicati, oltretutto con una procedura dichiarata illegittima dalla Corte Costituzionale, non prima del 23 febbraio 2010. Ancora oggi, non risulta che sia stato sottoscritto il rogito, unico vero presupposto dell’accertamento dell’entrata.

Ma, nonostante l’ammissione dello stesso ragioniere comunale, che ha evidenziato, nei fatti, che il conto consuntivo 2009 è privo di veridicità, e quindi è illegittimo, si è costituita una santa alleanza di irresponsabili, composta dalla maggioranza di centro-destra, dal PD e dai due consiglieri della sedicente “Sinistra”, Terragni e Cenci, per mettere a posto chiunque si arroghi di poter eccepire alcunché sulla legittimità degli atti della giunta e dei funzionari al suo servizio. Questa santa alleanza (forse costituita non proprio all’impronta) ha quindi mascherato e rafforzato la protervia della maggioranza di centro-destra, che ha avuto buon gioco nel respingere la proposta di sospendere l’esame del conto consuntivo per consentirne la correzione prima di metterlo ai voti per l’approvazione. L’inversione di rotta di alcuni consiglieri di minoranza, evidentemente privi, non diciamo di intelligenza politica, ma almeno di fiuto politico, rispetto al 9 aprile (quando la minoranza abbandonò l’aula per protesta contro il rifiuto di rinviare l’approvazione del bilancio di previsione) è stata di 180 gradi, e così hanno offerto a Romeo e ai suoi funzionari la possibilità di superare senza danni (ma solo per il momento) uno scoglio pericolosissimo, di fronte al quale si erano presentati non proprio uniti.

La richiesta di sospensione, prevista dal regolamento del Consiglio comunale, è stata fatta in aula dal consigliere dell’IDV Michelangelo Campisi, ma già il 19 aprile 2010 i sottoscritti avevano inviato al sindaco, alla Giunta Comunale, al ragioniere, ad altri funzionari che hanno parte nella vendita degli immobili demaniali e al segretario comunale, una diffida con la quale, oltre ad intimare di prendere atto della sentenza della Corte Costituzionale n. 340/2009, intimavano di emendare il bilancio preventivo e il conto consuntivo. Altezzosamente, a questa diffida (diffida, e non “lettera minatoria”, esimio dr. Cogliati!) non è stato dato alcun riscontro.

La giustificazione addotta per questo accertamento fittizio, che secondo il ragioniere comunale e il suo capo Romeo dovrebbe risultare tanto convincente da far chiudere non uno ma entrambi gli occhi, è stata la seguente: l’accertamento di quei 4.200.000 euro era indispensabile per costruire una scuola elementare. Ci permettiamo di non credere alle loro parole, poiché nel conto consuntivo 2009 troviamo che dello stanziamento previsto per questa spesa (10.389.500 euro), fra pagamenti e residui risultano impegnati solo 108.555,20 euro; il resto, ovviamente, è stato scritto nei “minori residui o economie”. Invece, l’iscrizione nel consuntivo di 4.199.706,83 euro di entrate sicuramente fittizie alla chiusura della competenza (31-12-2009), serve a mascherare quasi interamente la differenza tra le entrate residue effettive del titolo IV (entrate destinate a finanziare il titolo II delle spese) e gli impegni residui del titolo II (spese in conto capitale). Infatti, detratti gli accertamenti fittizi, le entrate residue ammontano a soli 474.962,41 euro, mentre gli impegni residui del titolo II delle spese ammontano a 5.077.890,63. Vale a dire che la competenza 2009 lascia, in realtà, 4.602.928,22 euro di residui impegni di spesa in conto capitale, ai quali non corrisponde una cifra pari negli accertamenti residui delle entrate del titolo IV. Ricapitoliamo i residui effettivi della competenza 2009, parte capitale:

entrate residue titolo IV: 474.962,41;
spese residue titolo II: 5.077.890,63;
differenza: 4.602.928,22.

Ma anche conservando gli accertamenti fittizi, poiché la competenza lascerebbe 403.201,09 euro di spese in conto capitale impegnate ma non finanziate dal titolo IV delle entrate, per finanziare la costruzione di una scuola non sarebbe disponibile, in realtà, nemmeno un centesimo.

Ancora per quanto riguarda la parte capitale, la situazione è la stessa se si guardano le cifre dei residui rimasti:

entrate titolo IV: 5.266.050,03;
spese titolo II: 9.592.854,25;
differenza: 4.326.804,22.

Nulla si sa della reale esigibilità dei residui del titolo V, entrate derivanti da accensione di prestiti:

2.648.499,76 euro

Per la spesa corrente la competenza 2009 si è chiusa con questi residui:

entrate accertate titoli I, II, III: 5.998.839,90 euro;
spese impegnate titolo I: 8.220.390,63;
differenza: 2.221.550,73.

Solo nella parte corrente dei residui rimasti la situazione sembrerebbe migliore:

entrate titoli I, II, III: 5.137.243,48;
spese titolo I: 1.922.831,53;
differenza: 3.214.411,95.

Tuttavia, a proposito di questi residui rimasti, non si sa quale sia la situazione reale delle entrate (quanto, cioè, siano realmente esigibili) e degli impegni (quanto, cioè, siano realmente vincolanti).

Il fondo cassa al 31 dicembre era di 1.784.549,37.

È a fronte di questi dati che deve essere considerata la gara a chi riusciva ad essere più grottesco, che si è svolta nel consiglio del 18 maggio; a questa gara hanno partecipato:

1) il dr. Cogliati, responsabile del Servizio finanziario del Comune di Limbiate, al quale i cittadini pagano uno stipendio lordo annuo di 69.000 euro, affinché, svolgendo il suo incarico di “alta specializzazione”, rispetti, fra le altre norme, il comma 4 dell’art. 153 del TUEL:

“Il responsabile del servizio finanziario, di ragioneria o qualificazione corrispondente, è preposto alla verifica di veridicità delle previsioni di entrata e di compatibilità delle previsioni di spesa, avanzate dai vari servizi, da iscriversi nel bilancio annuale o pluriennale ed alla verifica periodica dello stato di accertamento delle entrate e di impegno delle spese.”

Ma egli, alto funzionario che di “forme” vive, ha dichiarato con finto candore che si deve badare più alla sostanza che alla forma (cioè alla legge), e quindi, anche se “formalmente non è tanto corretto”, in un bilancio si può anche scrivere la cifra fittizia di 4.200.000 euro!;

2) il sindaco, che ha letto un supposto “parere legale”, senza accorgersi, innanzitutto, che le premesse che stava leggendo erano l’esatta ripetizione delle premesse sulle quali poggiava la diffida [v. diffida protocollata] con la quale i sottoscritti gli avevano intimato di rispettare la legge ed emendare sia il bilancio di previsione 2010 che il rendiconto consuntivo 2009, e, soprattutto, senza accorgersi che la conclusione del “parere” era logicamente incongrua con le premesse (secondo il “parere legale” l’approvazione delle varianti urbanistiche “automatiche” è una situazione giuridica consolidata, e quindi non più reversibile, mentre in realtà è solo una norma derivata da una legge dichiarata incostituzionale, e quindi perde la sua validità insieme a questa);

3) il consigliere del PD Archetti, che ha dichiarato che, poiché lui non ci aveva capito niente, nemmeno un consiglio di soli avvocati sarebbe riuscito a capire qualcosa, e poi ha votato, insieme ai due consiglieri della “Sinistra” (ma quale sinistra sarebbe, quella che attribuisce validità ad un bilancio che contiene entrate fittizie?), per respingere la richiesta di sospendere l’approvazione del consuntivo e di metterlo ai voti dopo averlo emendato. Archetti, tuttavia, non ha trascurato di abbassare la funzione di consigliere comunale fino al punto di rivolgere becere accuse di imprecisate “diffamazioni e falsità” e minacce di ricorrere “al tribunale” ad uno dei sottoscritti presente fra il pubblico, ovviamente senza nominarlo ma indicandolo con ripetuti cenni del capo, approfittando del fatto che i cittadini non possono intervenire durante i lavori del consiglio;

4) alcuni consiglieri della maggioranza, delle cui frasi totalmente fuori tema e inconsistenti, ma grondanti manicheismo e disprezzo per la legalità, non vale la pena di parlare.

Sarebbe veramente difficile stabilire chi in questa gara allucinata e allucinante ha primeggiato. A tutti, in ogni modo, spetta ex aequo la palma dell’irresponsabilità e del disprezzo per le reali funzioni del Consiglio comunale, fra le quali non vi è quella di convalidare gli atti illegittimi di una giunta che non sa amministrare e di alcuni funzionari che ritengono che il rispetto del giuramento di fedeltà alle leggi, a suo tempo prestato, sia un atto discrezionale. I sottoscritti, infatti, sottoporranno il Rendiconto consuntivo 2009 del Comune di Limbiate all’attenzione della Corte dei Conti, che non potrà che ribadire il principio della competenza e quello della veridicità degli accertamenti d’entrata (che lo stesso dr. Cogliati ammette di aver violato) e dichiarare illegittime, quindi, le entrate fittizie. La Procura della Repubblica, per parte sua, potrebbe individuare in questa vicenda diversi gravi reati ascrivibili alla responsabilità di molti soggetti, compresi i consiglieri comunali, che erano informati su ciò che stavano facendo. Aver costituito una specie di santa alleanza degli irresponsabili tra maggioranza di centro-destra e parte della presunta opposizione (salvo, poi, fare la recita dei rispettivi ruoli al momento del voto finale) per votare un rendiconto palesemente falso, non esime nessuno dal doverne rispondere non solo politicamente, ma anche di fronte alle autorità giudiziarie.

La logica perversa alla quale ha obbedito la maggioranza era scontata, ma non era altrettanto scontato che quanto a manicheismo fosse largamente superata dal PD e dalla “Sinistra”, fino al punto di sprofondare non nella miopia, bensì nella totale cecità politica. Ma ne risponderanno ai loro iscritti e agli elettori.


Michelangelo Campisi, capogruppo dell’Italia dei Valori
Salvatore Ricciardi, organizer del Gruppo Amici di Beppe Grillo


(Riporto di seguito l’intervento con il quale è stato chiesto di sospendere l’approvazione del rendiconto consuntivo 2009.)

Il conto consuntivo 2009 non è veridico o, se si preferisce, è falso.

Per due motivi semplici: primo, perché sono state inserite entrate consistenti che derivano da atti amministrativi che sono da considerarsi illegittimi per effetto di una sentenza della Corte Costituzionale; secondo, perché quelle stesse entrate sono state “accertate” in maniera illegittima e contraria a quanto previsto dalla legge.

Per quanto riguarda la questione della legittimità delle cifre provenienti dalle vendite di alcuni terreni comunali inserite nei bilanci, abbiamo già detto e scritto a sufficienza, ma è utile ripetersi.

La Corte Costituzionale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale della parte del comma 2 dell’articolo 58 del decreto legge n. 112/2008 nella quale disponeva che l’inserimento degli immobili nel Piano delle valorizzazioni e alienazioni dell’ente e la previsione della destinazione urbanistica costituiscono immediatamente variante allo strumento urbanistico generale, stabilendo invece che la deliberazione che dispone la destinazione urbanistica dell’immobile inserito nel Piano sia sottoposta alla procedura ordinaria idonea a verificare la conformità agli eventuali atti di pianificazione sovra ordinata di competenza della provincia e della regione.

Ora, la Cassazione ha più volte ribadito che le pronunce della Corte Costituzionale hanno effetto retroattivo, inficiando fin dall'origine la validità e l'efficacia della norma dichiarata contraria alla Costituzione, salvo il limite delle situazioni giuridiche "consolidate" per effetto di eventi che l'ordinamento giuridico riconosce idonei a produrre tale effetto, quali le sentenze passate in giudicato, l'atto amministrativo non più impugnabile, la prescrizione e la decadenza.

Invece, infischiandosene di questa sentenza che fa legge, anche dopo il giorno in cui la sopra citata sentenza della Corte Costituzionale è divenuta efficace (08/01/2010), il comune di Limbiate ha pubblicato bandi di pubblico incanto per la vendita di immobili per i quali veniva ancora specificato che la destinazione urbanistica del PRG vigente degli immobili in oggetto era stata variata sulla base della norma dichiarata incostituzionale – in particolare ci riferiamo al bando per la vendita dei terreni di Via Garibaldi che è stato ri-pubblicato il 21 gennaio 2010, dopo la sentenza - quindi omettendo di specificare che per effetto della sopra citata sentenza quelle varianti avevano perso ogni validità e accertando come se niente fosse nel bilancio le entrate previste come base d’asta.

Per questo motivo abbiamo chiesto con una diffida – senza ottenere risposte - di annullare con una procedura di autotutela i bandi pubblicati posteriormente al 7/01/2010 o ancora in corso di costituzione e non ancora perfezionati per la vendita di immobili la cui destinazione risultava variata con l’approvazione del Piano delle valorizzazioni e alienazioni allegato al Bilancio 2009, e naturalmente abbiamo chiesto di cancellare dai bilanci tutte le somme previste o accertate per effetto di quei bandi

Non ci si dica che la mera pubblicazione di un bando è atta a creare situazioni giuridiche consolidate o che può essere svantaggioso per il Comune annullare quei bandi. Intanto, fino a che non si firma un contratto, non esiste nessuna situazione giuridica consolidata da tutelare, in secondo luogo l’interesse primario di un ente pubblico è il rispetto della legalità: il comune non può mettere in vendita terreni la cui nuova destinazione urbanistica non è legittima poiché è stata approvata con una procedura che non è legittima Se dall’annullamento degli atti amministrativi compiuti abusivamente dovessero eventualmente derivare danni al Comune, di questi danni risponda chi ha compiuto l’abuso, e non si usi invece il pretesto dell’interesse economico per violare la legge.

Ma questo è un comune strano, dove non si annullano gli atti illegittimi e si annullano quelli legittimi. Per esempio, il bando per la vendita dei terreni di via dell’Artigianato prima viene aggiudicato alla società IEFFE in maniera assolutamente regolare, subito dopo però, quando un’altra ditta dichiara di volersi avvalere del diritto di prelazione previsto dal bando, senza motivazioni valide è lo stesso Comune che dichiara nullo il bando e indice una nuova procedura di gara aggiudicando il terreno alla nuova ditta, la SABA. La IEFFE fa ricorso al TAR, che lo accoglie e sospende l’annullamento in attesa di giudizio di merito. Il Comune intanto ha speso soldi per un parere legale e per la difesa avanti il TAR, per decidere alla fine che le motivazioni dell'ordinanza erano inoppugnabili e, quindi, era meglio non aspettare il giudizio di merito e tornare al punto di partenza rendendo operativa la prima aggiudicazione definitiva a IEFFE. Soldi buttati.

Per quanto riguarda invece la legittimità di alcuni accertamenti inscritti nel conto consuntivo, in commissione il ragioniere Cogliati ha dichiarato che la somma di circa 4.200.000 euro relativi alla vendita dei terreni di Via Garibaldi è stata accertata in bilancio sulla base della determinazione dirigenziale di indizione del bando di pubblico incanto, poiché il procedimento amministrativo era già stato avviato, riferendosi, evidentemente alle tre gare risultate deserte nel 2009.

Questa procedura è illegittima.

In ognuna di quelle tre occasioni, al momento della verifica che nessuna offerta era stata presentata, il relativo verbale ha chiuso il procedimento, che, infatti, è stato riavviato il 21 gennaio 2010.

A tutti è noto che nel bilancio si fanno delle previsioni di entrata; quando queste previsioni nel corso dell’anno di esercizio si trasformano in un diritto di credito che il Comune può vantare nei confronti di un debitore certo, si accerta nell’anno di competenza la somma corrispondente, che poi materialmente può essere incassata anche in un anno successivo. L’importante però è che nell’anno di esercizio si appuri la ragione del credito, l’ammontare relativo ed il debitore, in altre parole la causale dell’entrata, l’importo ed il cliente. Un accertamento non comprensivo di tutti questi elementi non ha valore giuridico e non può essere registrato o quantomeno deve essere, con una manovra di riequilibrio o in fase di assestamento, cancellato. Il comma 1 dell’articolo 179 del D.lgs n. 267/2000, “Testo Unico sugli Enti Locali” in proposito è chiarissimo:

“L'accertamento costituisce la prima fase di gestione dell'entrata mediante la quale, sulla base di idonea documentazione, viene verificata la ragione del credito e la sussistenza di un idoneo titolo giuridico, individuato il debitore, quantificata la somma da incassare, nonché fissata la relativa scadenza”.

Questa procedura è ulteriormente specificata dal “Principio contabile n. 2 per gli enti locali”, approvato il 18 novembre 2008 dall’Osservatorio per la finanza e la contabilità degli enti locali” del Ministero dell’Interno.

“L’accertamento consiste nella rilevazione contabile di un diritto di credito sorto nell’esercizio finanziario e presuppone idonea documentazione attraverso la quale sono verificati ed evidenziati dal competente responsabile del servizio, che lo attesta:

(a) la ragione del credito;
(b) il titolo giuridico che supporta il credito;
(c) l’individuazione del soggetto debitore;
(d) l’ammontare del credito;
(e) la relativa scadenza.

In mancanza anche di uno soltanto dei requisiti di cui alle precedenti lettere da a) ad e), non può farsi luogo ad alcun accertamento.”

Ma lo dice la parola stessa: accertamento significa avere la certezza giuridica che il Comune incasserà una certa somma perché esiste un titolo giuridico certo che obbliga un debitore certo a pagarla, e se non la paga, il Comune può intentargli causa.

Ora, sfidiamo chiunque a sostenere e ad argomentare giuridicamente che sulla base della pubblicazione di un semplice bando - come invece sostengono ma non argomentano il ragioniere e anche il segretario del Comune - si possa accertare un’entrata: dov’è la ragione giuridica del credito? Chi è il debitore? Qual è la somma certa da incassare e quando si incasserà con certezza? Nessuno di questi presupposti, che pure devono essere contemplati tutti, può essere soddisfatto con la pubblicazione di un bando, tanto è vero che le gare di pubblico incanto indette con i bandi possono andare deserte, come è avvenuto per più di una volta per il bando in questione.

Soltanto la sottoscrizione di un contratto di rogito in questo caso può costituire la pezza giustificativa idonea ad accertare l’entrata, ma qui non solo il bando definitivo per Via Garibaldi è stato fatto nel 2010, addirittura ancora non è stato sottoscritto il contratto, eppure il prezzo di vendita è stato accertato nel bilancio 2009 e ora messo a consuntivo. Ecco perché questo accertamento di 4.200.000euro è illegittimo e non trova nessuna giustificazione giuridica.

Ecco perché, allora, a priori ci rifiutiamo di discutere un conto consuntivo che non presenta i crismi di legittimità necessari per essere sottoposto alla votazione di questo Consiglio ed ecco perché su questo punto si pone una questione sospensiva ai sensi dell’articolo 81 del Regolamento del Consiglio, chiedendo che venga esaminata e posta in votazione prima della discussione di merito, affinché tutti i consiglieri si esprimano sulla proposta di rinvio di questo punto e ciascuno si assuma con il proprio voto l’eventuale responsabilità politica e giuridica di approvare un atto illegittimo.


[Aggiunta dell’11 luglio 2012: dei testi che precedono, l’articolo è stato pensato e scritto interamente da me,  Salvatore Ricciardi; dell'intervento letto in Consiglio Comunale Campisi aveva preparato la bozza che poi è stata integrata da me in diverse parti. Del tutto mie sono state sia l’idea dell’iniziativa politica sulla questione del piano delle alienazioni dei beni demaniali e delle cifre fittizie inserite nei bilanci comunali (preventivo e consuntivo), sia la proposta dei modi in cui svolgerla dentro e fuori del Consiglio Comunale; l’una e l’altra inizialmente erano state entusiasticamente accettate da Archetti, Campisi, Terragni & C. I contenuti dell’iniziativa e i vari momenti in cui si è svolta, con le giravolte e i voltafaccia di alcuni, nel Consiglio e fuori, si possono ricostruire leggendo i seguenti articoli:


Alla fine, restai solo a sostenere l'idea di ricorrere alla magistratura, e naturalmente non mi fu possibile farlo da solo. Questa precisazione viene fatta esclusivamente per ristabilire la verità e ridimensionare le disinvolte  autorappresentazioni odierne degli Archetti e dei Campisi].


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