sabato 6 agosto 2011

Qual è il decimo consigliere che il centro-destra di Limbiate vuole




La legge n. 191/2009 (legge finanziaria 2010) ha ridotto del 20% il numero dei componenti i consigli comunali, ma né con la legge né con le successive modificazioni sono state modificate anche le norme del Testo Unico sugli Enti Locali che, a determinate condizioni, attribuiscono, come premio di maggioranza, il 60% dei consiglieri alla lista o al gruppo di liste collegate al candidato sindaco vincitore.

Prima della riduzione, quando i consigli comunali dei comuni con più di 15.000 abitanti erano di 20, 30, 40, 46, 50, 60 seggi, dal calcolo del 60% dei seggi risultava un numero “tondo”: 12, 18, 24, ecc; tranne che nel caso dei comuni con più di 250.000 abitanti e un consiglio di 46 seggi: 46 x 60% = 27,6; ma in questo caso, poiché la parte decimale era superiore alla metà dell’unità, si arrotondava a quella superiore: 28.

Con la riduzione del numero dei consiglieri, il problema dell’arrotondamento si pone in un numero assai maggiore di comuni, perché in quelli con consigli di 16, 24, 32, 37, 48 seggi il 60% corrisponde, rispettivamente, a 9,6, 14,4, 19,2, 22,2, 28,8.

Nelle recenti elezioni amministrative, come è stato risolto il problema dell’arrotondamento? Se consideriamo i comuni con più di 30.000 abitanti, sembra che dovunque la soluzione è stata trovata con il buon senso, vale a dire arrotondando la parte decimale all’unità inferiore, se non superava la metà, e fino a quella superiore se superava la metà. Dovunque, tranne che a Limbiate, dove il 60% di 24 consiglieri, pari a 14,4, è stato arrotondato a 15 dal giudice che ha convalidato i risultati e proclamato gli eletti [click file]. Alle liste di minoranza, quindi, sono stati assegnati complessivamente 9 consiglieri (8 al PDL e ai suoi alleati, 1 al cosiddetto Terzo Polo).

Ma quale lista, in questo modo, ha perso un consigliere? Seguendo le norme dell’art. 73, commi 7-10, del T.U.E.L., tenendo conto dei voti ottenuti dai raggruppamenti di liste, e all’interno di questi da ogni singola lista, quella che ha perso un consigliere è l’U.D.C., una lista, cioè, che attualmente non ha alcun consigliere (Schieppati è diventato consigliere perché candidato sindaco, e non come candidato di una lista) [click file]. Il decimo consigliere, dunque, non spetterebbe al PDL, e nemmeno alla lista “Romeo per Picozzi”. Tuttavia, un candidato non eletto della prima lista e un altro della seconda hanno fatto ricorso al TAR, ognuno reclamando di avere diritto ad essere proclamato consigliere.

Certo è strano che siano costoro a fare ricorso, e non il candidato non eletto dell’UDC, tanto più che il ricorrente della lista “Romeo per Picozzi”, se i numeri delle preferenze riportate [click file] sono esatti (li ho copiati il giorno dello scrutinio dal sito web del Comune di Limbiate, dove però ora non si trovano più), non è il primo dei non eletti. Su queste “anomalie” si sono scervellati in molti, e forse per questo motivo la seconda non è stata colta. Ma non ha nessuna importanza trovare una spiegazione, ora, a queste “anomalie”, che saranno spiegate, semmai, dai risvolti che la decisione del TAR potrebbe generare. Ed è in riferimento a questi possibili risvolti che vale la pena di cercare di capire quale potrebbe essere la decisione del tribunale amministrativo.

Poiché la questione esiste ed esisterà, indipendentemente dal caso di Limbiate, fino a quando sulla materia durerà l'inerzia del legislatore, e poiché potrebbe capitare di dover decidere su molti altri procedimenti simili, il TAR presumibilmente dovrà stabilire, anzitutto, se, in un caso come quello di Limbiate, sia più giusto arrotondare la maggioranza del 60% all’unità inferiore o a quella superiore. E nel fare ciò potrebbe richiamarsi alla ratio della legge, che ha lo scopo di attribuire a chi vince le elezioni una maggioranza tale da garantire la governabilità degli enti locali. Questa ratio, tuttavia, sarebbe ampiamente rispettata anche se alla maggioranza non fossero assegnati 4 decimi di consigliere, che risultano da una norma inapplicabile per palese incongruità con il numero attuale dei componenti il consiglio comunale. Inoltre, il numero dei voti disponibili per la maggioranza comprende anche il voto del sindaco: totale 15 voti = 62,5% dei voti del consiglio comunale, compreso il sindaco.

Ma il TAR potrebbe tenere conto, inoltre, che in tutti i comuni con un consiglio comunale di 24 seggi, tranne che a Limbiate, alla/e lista/e che non ha/nno conquistato il 60% dei seggi nel primo turno sono stati assegnati 14 consiglieri e non 15, e che in tutti i comuni con un consiglio comunale di 32 o 48 seggi, il numero dei consiglieri è stato arrotondato all’unità superiore solo quando la parte decimale superava la metà dell’unità.

Quindi, la sentenza potrebbe stabilire, anzitutto, che alla maggioranza del Consiglio Comunale di Limbiate spettano 14 consiglieri, e 10 alla minoranza. Ma il TAR dovrebbe anche stabilire, indipendentemente da quello che sostengono i ricorrenti, a quale lista di minoranza dovrebbe essere assegnato il decimo consigliere, e quindi dovrebbe ricalcolare i quozienti e disporli in una graduatoria decrescente. Al decimo posto si troverebbe un quoziente dell’UDC.

Se il TAR dovesse pronunciarsi in questo modo, il centro-destra ritornerebbe alla carica per sostenere con abbondante ragione che le votazioni per eleggere il presidente del consiglio, il vice-presidente e le commissioni consiliari devono essere ripetute, poiché solo in questo modo sarebbe garantito il diritto del consigliere reintegrato di partecipare, sia come elettore passivo che come elettore attivo, alle elezioni di questi organismi.

E chissà, forse a questo punto, le ragioni delle “anomalie” e delle “stranezze” risulterebbero chiare anche alla pletora di infregolati neo-politologi adoratori dello sprovvedutissimo De Luca e degli inetti alla politica che lo circondano (assessori e consiglieri; giovani, meno giovani e vecchie cariatidi).

Forse si paleserebbe, allora, quale sia stato il grado della dabbenaggine di chi, come sempre, si è lasciato travolgere dall’interessata faziosità dei Fortunati, dei Ti-che-te-tarchett-i-ball, dei Traina, e non ha capito che l’unico modo per depotenziare la proposta, formulata da chi era già sicuro che non sarebbe stata accettata, di far eleggere presidente, vice-presidente e commissioni dal consiglio comunale eventualmente reintegrato, fra pochi mesi, con chi è stato escluso da una decisione non proprio brillante di un giudice – l’unico modo era di accettarla immediatamente. Sarebbe stata evitata la miserrima figura fatta applicando la mordacchia al sindaco ed escludendolo forzatamente dal Consiglio Comunale, per poi riammetterlo, ma sempre provvisto di mordacchia, nella seduta successiva. Non si venga a ripetere la frottola che senza le commissioni il consiglio non potrebbe funzionare! Le commissioni non servono a nulla, tanto più se sono composte da incompetenti della materia (e/o di come funziona un Comune). È la Giunta, con i funzionari che dipendono da essa (quando non è il contrario!) e non dalle commissioni, che istruisce sia i suoi provvedimenti, sia i pochi che sono di competenza del Consiglio.

Chissà. Forse. In realtà il comportamento desolante dei consiglieri del centrosinistra, “nuovi” e vecchi, dimostra che, tranne un paio, tutti contano meno del due di picche e non hanno, insieme ai loro ammiratori, la percezione che nel consiglio comunale si svolge, con una teatralità di quart’ordine, una rappresentazione con la quale, ad uso del pubblico, si mette in scena la contrapposizione del tutto fittizia fra tre o quattro personaggi che, con ruoli di potere variabili a seconda dei cicli elettorali, negli ultimi quattordici anni hanno lavorato, sostanzialmente di comune accordo, per trasferire nelle casse della rendita fondiaria urbana quote enormi delle rendite create dal Comune. E sebbene la teatralità sia di quart’ordine, questi personaggi sono ammirati da una pletora di infregolati neo-politologi, proprio come si ammirano dei personaggi teatrali (il “fascino” del consigliere Michelangelo Arcerito! Lo “spessore” politico di Traina!).

Il Comune da quattordici anni è stato trasformato in un’agenzia al servizio della speculazione edilizia. Certo, svolge anche una serie di altre attività istituzionali, ma queste servono, soprattutto, come copertura di affari principalmente edilizi, per la cui continuità sia la maggioranza, sia la minoranza si danno da fare alacremente. Affari dei quali ognuna delle parti interessate vorrebbe avere la quota più grande e la direzione generale. Per quanto riguarda quest’ultima, Romeo e/o la sua parte politica vorrebbero ritornare al più presto ad occupare le posizioni che occupavano prima del 30 maggio, e si danno da fare, in vario modo, per tenere l’attuale “maggioranza” in stato di perenne destabilizzazione, per dimostrarne l’incapacità, per aprire, sperabilmente, delle contraddizioni al suo interno. Presumibilmente, quindi, quando la decisione del TAR sarà resa nota, e non è scontato che ciò avvenga entro la fine di ottobre, nel consiglio comunale saranno ripetute le stesse pantomime, le stesse pagliacciate delle sedute di fine giugno-primi di luglio. Interverranno nuovamente i soliti tromboni.

Se il TAR assegnasse il decimo consigliere all’UDC, sui risvolti di questa decisione si inscenerebbe una nuova bagarre. Non casualmente, proprio nel periodo in cui si dovrebbe esaminare, discutere e approvare l’assestamento del bilancio previsionale, obbligatorio entro il 30 novembre. Vale a dire l’assestamento di un bilancio approvato dalla vecchia maggioranza di centro-destra. E si potrebbe scommettere che, con tutte le pagliacciate che sarebbero recitate a proposito della rielezione o non rielezione del presidente del consiglio, ecc., l’attenzione dei consiglieri della “maggioranza” per il bilancio sarebbe prossima allo zero. Del resto, i consiglieri della vecchia minoranza di centrosinistra non hanno avuto l’intelligenza di richiamare il centro-destra alla correttezza di approvare il suo Rendiconto consuntivo prima delle elezioni (e ve ne era tutto il tempo), e quelli della nuova maggioranza di centrosinistra (alcuni sono gli stessi) non si sono accorti che i documenti messi sotto i loro occhi per approvare il Rendiconto consuntivo della vecchia amministrazione erano incompleti.

Il compito del centro-destra è agevolissimo, vista l’inconsistenza politica della “maggioranza” (da scrivere fra virgolette perché i suoi consiglieri sono stati eletti da meno del 25% degli elettori, mentre il sindaco è stato eletto da poco più del 30%!). Anche i ciechi si accorgerebbero che i capataces della vecchia giunta continuano a guidare l’apparato del Comune. Romeo addirittura è stato nominato presidente della commissione bilancio, e quindi è lui, e non l’incompetentissima ma spocchiosissima Ripamonti, l’assessore effettivo alla partita, poiché può continuare ad avere rapporti quotidiani e non mediati con il suo fido Cogliati. Facilissimo, quindi, manovrare in accordo con alcuni capataces della maggioranza, interni ed esterni alla sua rappresentanza istituzionale, affinché il Comune non si costituisse parte civile contro la ‘Ndrangheta nel processo ordinario dell’operazione Crimine-Infinito. Sarebbe stato troppo pericoloso, per tutti, perché poi nel dibattimento si dovrebbe spiegare quali imputati e attraverso quali attività illecite avrebbero danneggiato il Comune. Facilissimo far approvare illegittimamente – poiché non è una prerogativa della Giunta – il raddoppio dell’addizionale all’accisa sul consumo di energia elettrica. Facilissimo finché il sottoscritto non ha segnalato la delibera all’attuale presidente del consiglio comunale, che a sua volta l’ha segnalata a un consigliere del PD, e ad un paio di funzionari: alla fine Cogliati ha annunciato che “la delibera sarà portata in consiglio per la ratifica”. Balle. Quella delibera deve essere fatta ex-novo come delibera del Consiglio Comunale, perché è un allegato del bilancio di previsione e ne varia le entrate (art. 172, comma 1, lettera e), del d.lgs. 18/08/2000 n. 267 del TUEL, citato proprio nella delibera).

Facilissimo, ancora, fare in modo che nessuna convenzione attuativa di un qualsiasi P.I.I. o P.L. sia denunciata. Tanto, anche se quel bonhomme di De Luca, per pagare la manciata di voti procurata dal Comitato delle Pacciade sproloquia troppo sui ricorsi (ma appunto: sui ricorsi, e non sulle convenzioni attuative!), poi si può smentire più o meno ufficialmente o lasciare che le sue avventatissime parole non siano seguite da fatti.

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