martedì 13 dicembre 2011

Fuori una consigliera nominata abusivamente, dentro uno che non è stato eletto!




Se si trattasse solo di dire: “visto che avevo ragione?”, non varrebbe certo la pena di commentare la sentenza della IV Sezione del TAR di Milano su due ricorsi riuniti, presentati da candidati del centro-destra limbiatese non eletti lo scorso maggio. Il mio articolo Qual è il decimo consigliere che il centro-destra di Limbiate vuole è ancora leggibile in questo blog (mentre qualcuno ha cancellato gli sproloqui che a suo tempo aveva pubblicato; ma altri si sono affrettati a pubblicarne ancora sui propri blog). Il fatto è che questa sentenza è un pastrocchio orrendo, che non rimette affatto a posto le cose, ma anzi crea nel Consiglio Comunale di Limbiate una situazione di illegittimità che non può essere tollerata. Il TAR, infatti, dopo aver ordinato l’acquisizione di documenti, dopo aver dedicato alla causa tre sessioni fra udienze e contraddittorii, e dopo una camera di consiglio, ha sentenziato che una consigliera del PD era stata nominata abusivamente, e fin qui tutto va bene; ma poi ha ordinato che il seggio dell’”abusiva” deve essere dato ad un candidato del PDL… che non è stato eletto! Se prima avevamo una maggioranza parzialmente abusiva, d’ora in avanti avremo, se nessuna autorità vi porrà rimedio, un consiglio comunale con un consigliere che non ha ottenuto voti a sufficienza per occupare un seggio. E dunque, poiché la questione della piena legittimità del Consiglio Comunale di Limbiate è questione di enorme importanza, vale la pena che anche i semplici cittadini vi prestino il massimo di attenzione e segnalino che la situazione che si è venuta a creare è ancor più aberrante di quella precedente.

Riprendo le argomentazioni del mio articolo. Seguendo in modo pedissequo i commi 8, 9 e 10 dell’art. 73 del D. lgs n. 267 del 2000, non mi limitavo ad argomentare che “la ratio della legge, che ha lo scopo di attribuire a chi vince le elezioni una maggioranza tale da garantire la governabilità degli enti locali” è “ampiamente rispettata anche se alla maggioranza non sono assegnati 4 decimi di consigliere, che risultano da una norma inapplicabile per palese incongruità con il numero attuale dei componenti il consiglio comunale”; e che “in tutti i comuni con un consiglio comunale di 24 seggi [il TAR stranamente si riferisce ai comuni con meno di 15.000 abitanti], tranne che a Limbiate, alla/e lista/e che non ha/nno conquistato il 60% dei seggi nel primo turno sono stati assegnati 14 consiglieri e non 15” – e appunto con argomenti analoghi il TAR ha sentenziato che alla maggioranza del Consiglio Comunale di Limbiate spettano 14 consiglieri, e 10 alla minoranza. Sostenevo, anche (sempre seguendo in modo pedissequo la legge), che “il TAR dovrebbe stabilire, indipendentemente da quello che sostengono i ricorrenti, a quale lista di minoranza dovrebbe essere assegnato il decimo consigliere, e quindi dovrebbe ricalcolare i quozienti e disporli in una graduatoria decrescente”; lo sostenevo perché solo il calcolo dei quozienti avrebbe potuto dimostrare se ognuno dei ricorrenti aveva titolo per chiedere una sentenza riparatoria. La classifica decrescente, di cui si parla nel comma 8 dell’art. 73 del D. lgs. n. 267 del 2000, dei quozienti ottenuti dividendo “la cifra elettorale di ciascuna lista o gruppo di liste collegate”, dimostrava e dimostra che due quozienti del cosiddetto Terzo Polo si collocavano uno al quinto posto (1.762) e l’altro al decimo (881) [click file]. E poiché un seggio spettava al candidato sindaco non eletto, Carlo Schieppati, l’altro spettava alla lista dell’UDC, precisamente al candidato Grassi, che aveva ottenuto la maggiore cifra elettorale individuale.

Il TAR, invece, dopo aver stabilito il criterio dirimente dell’arrotondamento per difetto quando la parte decimale del 60% dei seggi spettanti alla maggioranza (=14,4) non supera la metà dell’unità di riferimento, non si è più preoccupato di verificare quanto è richiesto dal comma 8 del D. lgs n. 267 del 2000, e si è preoccupato solo di sentenziare che alla maggioranza deve essere tolto il 15° consigliere, mentre alla minoranza se ne deve assegnare uno in più, il decimo. E poiché fra i due ricorrenti Bova ha ottenuto la maggiore cifra elettorale individuale, costui ha visto accolto il proprio ricorso. Secondo il testo della legge e secondo la classifica decrescente dei quozienti elettorali della coalizione guidata dal PDL e di quella del cosiddetto Terzo Polo, è evidente, invece, che alla seconda coalizione spetterebbero due seggi e non uno.

Una riprova? Si clicchi qui: http://elezionistorico.interno.it/index.php?tpel=G&dtel=15/05/2011&tpa=I&tpe=C&lev0=0&levsut0=0&lev1=3&levsut1=1&lev2=104&levsut2=2&lev3=270&levsut3=3&ne1=3&ne2=104&ne3=1040270&es0=S&es1=S&es2=S&es3=N&ms=S
Come si vede, per il Servizio elettorale del Ministero dell’Interno, i seggi devono essere assegnati secondo le norme di legge che ho richiamato (su questo sito i dati dei seggi non erano presenti nei primi giorni dell’agosto scorso, quando ho pubblicato il mio articolo; sono stati pubblicati dopo): alla coalizione PDL-Romeo per Picozzi-Lega Nord spettano 8 seggi; al Terzo Polo ne spettano due, di cui uno all’UDC. Ne risulta che se Bova entrasse nel Consiglio Comunale, entrerebbe un candidato che non ha ottenuto voti sufficienti per essere eletto, e sarebbe escluso, invece, un candidato che i voti sufficienti per essere eletto li aveva ottenuti!

Quale legittimità avrebbero le votazioni del Consiglio Comunale alle quali prendesse parte un consigliere… fittizio? Perché se una sentenza del TAR può ristorare un diritto o un interesse legittimo leso da un provvedimento amministrativo errato o abusivo, certamente non può negare la volontà popolare oppure sostituirvisi.

Perché proprio io faccio questo discorso, che torna a favore di un candidato che, facendo l’assessore del centro-destra, lungo dieci anni di supina acquiescenza ad un gruppo di procacciatori d’affari ha attivamente collaborato a trasformare il Comune di Limbiate appunto in una agenzia d’affari, per la speculazione edilizia e non solo? Semplicemente perché sono quasi sicuro che di fronte a questa ennesima aberrazione della politica limbiatese, nella quale gli aspetti distorti e addirittura perversi sono tradizione ultra-consolidata, nessuno se ne accorgerà (infatti sono già state pubblicate scemenze varie e addirittura dei “Bentornato!”); che nessuno si accorgerà che anche questo episodio precipita la politica e le istituzioni limbiatesi a livelli infimi; che nessuno percepirà che con la rinuncia, più o meno interessata, a costituirsi nel giudizio, il Comune stesso, una buona pletora di inetti alla politica e alle istituzioni, e il diretto interessato, hanno fatto sì che questa volta l’aberrazione ci fosse regalata addirittura da un tribunale amministrativo!

Ovviamente, nessuno di coloro che oggi, fuori e dentro il Comune, blaterano, fra l’altro, di legalità, a suo tempo poteva abbassarsi fino a prendere in seria considerazione il mio articolo (che è stato letto da centinaia di persone, fra esse sicuramente tutti i politicanti di Limbiate, istituzionali e non) e fino a capire che era il caso, avendone titolo, di andare ad argomentare davanti al TAR che per ripristinare la regolare composizione del Consiglio Comunale di Limbiate il decimo seggio della minoranza non doveva essere assegnato a nessuno dei due ricorrenti (uno dei quali non è nemmeno il primo dei non eletti della sua lista!), bensì – poiché si tratta di un principio fondante della democrazia - a chi aveva acquisito con il voto popolare il diritto di ottenerlo. Poiché di molti politicanti limbiatesi io, ancora una volta, scrivevo quello che si può leggere nella seconda parte dell’articolo, molti hanno preferito ripetere, come pare si ami ripetere in una frequentatissima cartolavanderia, “Ricciardi è inattendibile!”, “Ricciardi è un pazzo!”.

Certo che sono pazzo. Ma non frequento le cartolavanderie.



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