domenica 31 agosto 2008

Berlusconi ci porta allo stallo. Prodi apripista *

Galapagos

[«il manifesto » del 10 Agosto 2008]



Dice il proverbio: «la fortuna aiuta gli audaci». Berlusconi in economia non sembra particolarmente fortunato: come nel '94 e nel 2001, anche oggi si trova di fronte a una situazione difficile. Due giorni fa l'Istat ci ha detto che il Pil italiano sta rinculando (-0,3% nel secondo trimestre). Non è grave, discese congiunturali del prodotto non sono infrequenti. E' invece preoccupante che rispetto a un anno fa la crescita sia pari a zero. Quel che è peggio è che all'orizzonte (il secondo trimestre) si intravedono nuvoloni sempre più neri che potrebbero portare a una crescita negativa del Pil nell'anno. Insomma, il cavaliere non è fortunato. E, per disgrazia degli italiani, è tuttaltro che audace. Ma più che «pavido» è un incapace: sotto la sua guida (con Tremonti a dare la rotta) l'economia italiana rischia uno «stallo». E quando gli aerei «stallano» per colpa dei piloti a pagarne le conseguenza sono gli incolpevoli passeggeri.

Che l'economia internazionale stesse virando era evidente già da oltre un anno. Rileggendo i dati sull'andamento trimestrale del Pil italiano, si vede come nel 2007 l'incremento massimo sia stato dello 0,3%, mentre nel quarto trimestre c'era stata una retromarcia dello 0,4%. Di fronte a questa situazione, Berlusconi non ha trovato di meglio che varare una manovra finanziaria che nel prossimo triennio sfilerà dalle tasche degli italiani quasi 37 miliardi di euro. Con l'economia in recessione è la peggiore scelta che si potesse fare: il risultato sarà di deprimere ulteriormente la domanda.

Perché questa scelta? Prima di rispondere, occorre precisare che le colpe di Berlusconi non sono minori di quelle del governo Prodi e, soprattutto, del suo ministro dell'economia, Tommaso Padoa Schioppa. Il declino nella crescita, lo ripeto, non è iniziato con Berlusconi, era visibile già all'inizio dello scorso anno. L'unica attenuante è che i conti pubblici ereditati dal precedente governo Berlusconi erano disastrosi. Ma non più di tanto. Ma è stato inaccettabile che con l'alibi dei conti pubblici, le manovre varate da Prodi abbiano puntato esclusivamente alla riduzione del deficit e del debito. Grazie alla lotta all'evasione, i risultati sono stati straordinari, ma il risultato per l'economia è stato disastroso, tanto che in anticipo rispetto a tutti gli altri paesi industrializzati, ha incominciato a ripiegare.

Si racconta di liti avvenute in consiglio dei ministri a fine 2007, tra chi avrebbe voluto una politica più espansiva (spendendo un tesoretto che allora c'era e non era da poco) e Padoa Schioppa che invece teneva duro, sostenendo che senza il risanamento dei conti pubblici, l'economia italiana non sarebbe ripartita. L'ha spuntata lui, ma l'economia italiana, anche se risanata sul fronte del deficit, è stata affossata e oggi ne paga le conseguenze. Di più: la Bce ci ha messo il «carico da 11»: con l'aumento dei tassi ha provocato un gigantesco trasferimento di risorse da tutti i contribuenti italiani ai possessori - in maggioranza esteri - di titoli del debito pubblico.

La politica keynesiana non è la soluzione a tutti i mali. Come diceva il mitico Lord, oltretutto serve a tenere in vita il sistema capitalista. Però è una approssimazione a un sistema migliore: di piena occupazione, con la presenza determinante dello stato. Perché, scriveva l'economista inglese, non si possono lasciare nella mani dei privati molte decisioni di investimento. In un lungo dibattito a sinistra che ospitammo sul manifesto, questa tesi era sostenuta dai migliori economisti. Ma le parole rimasero sulla carta, anche se la politica di Prodi aveva una impronta (non molto evidente) di riformismo e gambe gracili per farla camminare.

La politica economica di Berlusconi ha tutt'altra impronta: il risanamento dei conti pubblici è finalizzato unicamente a realizzare una nuova forma sociale, nella quale i diritti tendono a sparire e tutto torna merce e profitto. Salvo la socializzazione delle perdite. Potrà anche accadere di veder realizzata una piccola riduzione della pressione fiscale, ma con l'unico obiettivo (come negli Usa) di rilanciare i consumi privati. Cioè le importazioni. Un obiettivo che può essere realizzato anche subendo la pesante batosta della recessione. Soprattutto se c'è l'alibi che la crisi viene dall'esterno. E magari puntando il dito contro l'imperialismo economico cinese.


* [Si rammenti il rapporto Mediobanca sugli utili aziendali nel 2007: mentre i redditi dei lavoratori e delle famiglie declinano inesorabilmente, gli utili aziendali sono cresciuti in media del 10,5%, con picchi del 30% per le imprese più grandi. Potenza degli aiuti di stato, del sostegno all'export, della delegificazione del mercato del lavoro... Ndr]

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