Tale è la fregola di dimostrare che se sotto la volta
celeste qualche cosa esiste, questa cosa, anche se del tutto immaginaria, può
esistere solo “grazie al PD” (questa è la frase oscena che si ritrova
ossessivamente sparpagliata in tutto ciò che egli dice), che Archetti ha
immesso nel blog del PD un comunicato sconclusionato su un incontro con i
revisori dei conti del Comune di Limbiate, che risulta scritto e pubblicato
addirittura prima dell’incontro stesso [I
Revisori dei Conti: delibera illegittima]. Come lui stesso dice, l’incontro
è avvenuto “in serata” (del 26 aprile), ma il comunicato risulta
pubblicato alle ore 18.09 dello steso giorno. In realtà Archetti nel
pomeriggio del 26 aveva già pubblicato un post nel quale diceva cose
altrettanto sconclusionate. Uscito dall’incontro felice come una pasqua per
essersi fatto infinocchiare insieme a Terragni, Binacchi, Pecora, e convinto di
essersi ricollocato al centro della scena politica, ha modificato il titolo del
post precedente per renderlo ancor più fuorviante, ha cancellato l’aria fritta
che lo riempiva e l’ha sostituita con un altro testo – che così risulta scritto
e pubblicato prima dell’incontro!
Il tasso di credibilità di questo comunicato sarebbe zero
(oppure di un grado lì vicino): la sintassi periclitante e l’abbondanza di
termini usati a casaccio sono (ancora una volta) indici della scarsa
disposizione del coordinatore di un partito che ha circa il 20% di voti a
cogliere gli aspetti essenziali di un discorso e a riassumerlo correttamente.
Ancora una volta Archetti dimostra di non sapere (o non volere?) cogliere
l’essenziale di una questione che è soprattutto politica, e non solo
giuridico-amministrativa. Tuttavia egli ancora si avventura ad usare il termine
“illegittimità”, una volta a proposito del “bilancio” (quale?), e un’altra a
proposito della “delibera” (quale?). Non solo, egli parla di denunce senza
precisare di cosa, e chi le avrebbe presentate a chi e dove,
a fronte delle quali i revisori avrebbero maturata l’intenzione, resa
pubblica (quando, e come?), di “fare chiarezza sull’argomento”, e della
loro “volontà di ricorrere ad una consulenza legale in materia (a spese di
chi?), prima di esprimere un giudizio definitivo”.
Sarebbe inaudito!!! Il Comune di Limbiate pagherebbe molte
decine di migliaia di euro a tre specialisti che però non sarebbero in grado di
controllare, alla luce delle leggi esistenti, la legittimità di ciò che
viene scritto nei bilanci del Comune e che dovrebbero ricorrere a loro volta ad
un consulente! E vorrebbero chiedere (al presidente del consiglio comunale e
non direttamente al ragioniere comunale!) le pezze giustificative delle cifre
dei bilanci, che dovrebbero essere sempre e immediatamente a loro disposizione!
Tuttavia, sembrerebbe dallo sgrammaticato comunicato di Archetti, costoro
sarebbero in grado di giurare che le procedure di vendita già bandite erano
regolari! E Archetti e gli altri se la bevono fino in fondo!
La questione centrale da affrontare con dei revisori
dei conti, non era la "legittimità della delibera”. Di quale delibera
ciancia Archetti? La delibera del Consiglio Comunale n. 12 del 20 febbraio 2009
era del tutto legittima, ma non lo è affatto la delibera della Giunta Comunale
n. 68 del 7 aprile 2010. Questo era ed è fuori discussione, tanto che
quest'ultima delibera è stata stralciata dal bilancio. È basata su una norma
che non esiste più: la consulenza legale è solo fumo negli occhi.
La questione centrale era bensì la legittimità delle
cifre provenienti dalle vendite dei terreni inserite nei bilanci. I
revisori dovrebbero sapere già quali rapporti giuridici relativi alle
vendite dei terreni erano non solo già conclusi, ma anche non più impugnabili l'8
gennaio 2010: il criterio discriminante è questa data, nella quale la sentenza
n. 340/2009 della Corte Costituzionale è divenuta pienamente efficace. Da qui
si deve partire per giudicare la legittimità dei conti Chi avesse voluto
presentarsi all'incontro senza essere disposto a farsi infinocchiare, avrebbe
dovuto prepararsi facendosi mostrare prima i documenti dal ragioniere
comunale e/o dal segretario comunale, per poi, eventualmente, chiedere conto
ai revisori delle loro dichiarazioni di convalida del bilancio di previsione
2010. Invece, come era prevedibile senza grandi sforzi d’immaginazione,
Archetti & C. si sono fatti infinocchiare non solo sul bilancio di previsione
2010, nel quale si prevede che il 23% (!) delle entrate provenga da vendite
di terreni che per il momento non possono essere previste, ma anche sul
consuntivo 2009, poiché potrebbero essere state accertate entrate sulla base di
rapporti giuridici instaurati nel 2009 (anno in cui sono stati espletati due
bandi), ma non conclusi alla data dell'8 gennaio 2010, che pertanto
sarebbero illegittimi. La promessa della relazione del presidente del consiglio
comunale (e perché mai non, direttamente, del ragioniere comunale?)
avrebbe solo lo scopo di tentare di insabbiare un'eventuale denuncia alla
magistratura.
Infine, come è possibile che Archetti, Terragni (che è
stato sindaco per tre volte!) e Binacchi (che è consigliere comunale da quando
era in fasce, ed è stato anche assessore) si bevano che nel bilancio di
previsione possono essere incluse le entrate, e di conseguenza le
uscite, che si vuole, perché tanto è solo una previsione?! Nel bilancio
di previsione possono essere inserite solo previsioni fondate e veridiche:
è un principio stabilito dal T.U.E.L. e dai principi di contabilità il cui
rispetto non è facoltativo. Di sicuro è illegittimo scrivere previsioni
di entrate sulla base di norme illegittime. Non stiamo parlando della cassa
comune di un gruppo di ragazzi dell'oratorio che progettano di fare le
vacanze insieme, bensì del Bilancio di previsione del Comune!
Non vale la pena di dilungarsi ancora a commentare ciò che
affastella Archetti nel suo comunicato. Per il senso dell’operazione, rinviamo
al post Pretoriani
e/o collaborazionisti del sindaco Romeo? Qui dobbiamo solo aggiungere
questo: è evidente la “preoccupazione” dei revisori dei conti: ne hanno ben
donde! Ma non certo per gli incontri con Archetti-Terragni-Binacchi-Pecora.
L’origine delle loro “preoccupazioni” è la diffida protocollata
dai sottoscritti il 19 aprile u.s., che è riportata qui di seguito.
E dunque: i revisori, e per loro tramite anche la giunta e
i vari funzionari al suo servizio, hanno voluto dare indirettamente una
risposta dilatoria alla nostra diffida? La nostra risposta è questa: o i
diffidati adempiono a tutte le nostre intimazioni, o venerdì mattina 30 aprile
depositeremo un esposto-denuncia alla Procura della Repubblica del Tribunale di
Milano e a quella della Corte dei Conti della Lombardia.
P.S. Il consigliere Pecora, che per voglia di protagonismo
spesso e volentieri si dimentica di qualsiasi decoro, ha voluto tenere il piede
in due scarpe: prima, ha firmato la diffida in contrasto con il gruppo di
Rifondazione Comunista, dal quale ha dichiarato che si sarebbe dimesso, ma poi,
annunciate le dimissioni al suo capogruppo Binacchi, si è fatto convincere a
fare marcia indietro dal pianto disperato di costui - ed è andato all’incontro
con i revisori (dove si è fatto infinocchiare come gli altri).
Egregi Signori:
Sindaco
Antonio Romeo
Assessori
Ultimo Vicentini, Giuseppe Bova, Luca Mestrone, Ernesto
Grassi, Fausto Guerra, Tiziano Volpe, Vittorio Quartu
Segretario Generale
Dr. Gennaro Cambria
Responsabile dell’Area Servizi Finanziari
Dr. Giuseppe Cogliati
Responsabile dell’Area Pianificazione Territoriale ed Ambientale
Arch. Enrico Galbiati
Coordinatore dell’Area Lavori Pubblici e Patrimonio Immobiliare
Geom. Ivan Cadei
COMUNE DI LIMBIATE
Oggetto: DIFFIDA AD ADEMPIERE
I sottoscritti, considerato che:
- il PIANO DELLE VALORIZZAZIONI E ALIENAZIONI del Comune di Limbiate, allegato
al Bilancio 2009, è stato approvato con delibera n. 12 del 20 febbraio 2009 ai
sensi dell’art. 58 del decreto legge n. 112 del 25 giugno 2008, convertito con
legge n. 133 del 6 agosto 2008, che qui appresso si riporta:
1. Per procedere al
riordino, gestione e valorizzazione del patrimonio immobiliare di Regioni,
Province, Comuni e altri Enti locali, ciascun ente con delibera dell'organo di
Governo individua redigendo apposito elenco, sulla base e nei limiti della
documentazione esistente presso i propri archivi e uffici, i singoli beni
immobili ricadenti nel territorio di competenza, non strumentali all'esercizio
delle proprie funzioni istituzionali, suscettibili di valorizzazione ovvero di
dismissione. Viene così redatto il piano delle alienazioni e valorizzazioni
immobiliari allegato al bilancio di previsione;
2. L'inserimento
degli immobili nel piano ne determina la conseguente classificazione come
patrimonio disponibile e ne dispone espressamente la destinazione urbanistica;
la deliberazione del consiglio comunale di approvazione del piano delle
alienazioni e valorizzazioni costituisce variante allo strumento urbanistico
generale. Tale variante, in quanto relativa a singoli immobili, non necessita
di verifiche di conformità agli eventuali atti di pianificazione sovraordinata
di competenza delle Province e delle Regioni. La verifica di conformità è
comunque richiesta e deve essere effettuata entro un termine perentorio di
trenta giorni dalla data di ricevimento della richiesta, nei casi di varianti
relative a terreni classificati come agricoli dallo strumento urbanistico
generale vigente, ovvero nei casi che comportano variazioni volumetriche
superiori al 10 per cento dei volumi previsti dal medesimo strumento
urbanistico vigente.
- la Corte Costituzionale, con sentenza n. 340 del 16
dicembre 2009, G.U.
07/01/2010, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale di parte dell’art.
comma 2 dell’art. 58 del d.l. sopra richiamato, sulla base delle seguenti
argomentazioni: “ancorché nella ratio dell’art. 58 siano ravvisabili anche
profili attinenti al coordinamento della finanza pubblica, in quanto
finalizzato alle alienazioni e valorizzazioni del patrimonio immobiliare degli
enti, non c’è dubbio che, con riferimento al comma 2 qui censurato, assuma
carattere prevalente la materia del governo del territorio, anch’essa
rientrante nella competenza ripartita tra lo Stato e le Regioni, avuto riguardo
all’effetto di variante allo strumento urbanistico generale, attribuito alla
delibera che approva il piano di alienazione e valorizzazione.
Ai sensi dell’art. 117, terzo comma, ultimo periodo,
Cost., in tali materie lo Stato ha soltanto il potere di fissare i principi
fondamentali, spettando alle Regioni il potere di emanare la normativa di
dettaglio. La relazione tra normativa di principio e normativa di dettaglio va
intesa nel senso che alla prima spetta prescrivere criteri ed obiettivi,
essendo riservata alla seconda l’individuazione degli strumenti concreti da
utilizzare per raggiungere detti obiettivi (ex plurimis: sentenze nn. 237 e 200
del 2009).
Orbene la norma in esame, stabilendo l’effetto di variante
sopra indicato ed escludendo che la variante stessa debba essere sottoposta a
verifiche di conformità, con l’eccezione dei casi previsti nell’ultima parte
della disposizione (la quale pure contempla percentuali volumetriche e termini
specifici), introduce una disciplina che non è finalizzata a prescrivere
criteri ed obiettivi, ma si risolve in una normativa dettagliata che non lascia
spazi d’intervento al legislatore regionale, ponendosi così in contrasto con il
menzionato parametro costituzionale (sentenza n. 401 del 2007).
Alla stregua di queste considerazioni deve essere
dichiarata l’illegittimità costituzionale dell’art. 58, comma 2, del d.l. 25
giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 133 del
2008, per contrasto con l’art. 117, terzo comma, Cost., restando assorbito ogni
altro profilo.
Da tale declaratoria, tuttavia, resta esclusa la proposizione iniziale del
comma 2, secondo cui «L’inserimento degli immobili nel piano ne determina la
conseguente classificazione come patrimonio disponibile e ne dispone
espressamente la destinazione urbanistica». Infatti, in primo luogo, la
suddetta disposizione non risulta oggetto di specifiche censure. In secondo
luogo, mentre la classificazione degli immobili come patrimonio disponibile è
un effetto legale conseguente all’accertamento che si tratta di beni non
strumentali all’esercizio delle funzioni istituzionali dell’ente, la
destinazione urbanistica va ovviamente determinata nel rispetto delle
disposizioni e delle procedure stabilite dalle norme vigenti”.
- pertanto, a seguito della sentenza della Corte,
l’inserimento degli immobili nel piano e la previsione della destinazione
urbanistica non costituiscono immediatamente variante allo strumento
urbanistico generale, come originariamente previsto dalla seconda parte del
comma 2, dichiarato incostituzionale,
- è necessario, invece, che la deliberazione che dispone la destinazione
urbanistica dell’immobile inserito nel piano delle alienazioni sia sottoposta
al vaglio delle disposizioni regionali vigenti in materia di governo del
territorio e di varianti agli strumenti urbanistici comunali, attraverso una
procedura idonea a verificare “la conformità agli eventuali atti di
pianificazione sovraordinata di competenza delle Province e delle Regioni”;
considerato, ancora, che:
- l’art. 136 della Costituzione prevede che “Quando la Corte dichiara
l’illegittimità costituzionale di una norma di legge o di atto avente forza di
legge, la norma cessa di avere efficacia dal giorno successivo alla
pubblicazione della decisione”; e l’art. 30 della Legge 11 marzo 1953 n. 87
disciplina ulteriormente gli effetti della pronuncia di illegittimità costituzionale;
– la Cassazione
ha più volte ribadito che "Le pronunce di accoglimento della Corte
Costituzionale hanno effetto retroattivo, inficiando fin dall'origine la
validità e l'efficacia della norma dichiarata contraria alla Costituzione, salvo
il limite delle situazioni giuridiche "consolidate" per effetto di
eventi che l'ordinamento giuridico riconosce idonei a produrre tale effetto,
quali le sentenze passate in giudicato, l'atto amministrativo non più
impugnabile, la prescrizione e la decadenza”;
- ne consegue che una legge, anche se dichiarata incostituzionale, continua ad
esplicare i suoi effetti solo per quei rapporti costituitisi e consolidatisi
prima della sentenza della Corte Costituzionale per un principio che può
definirsi "di legalità";
- la stessa legge dichiarata incostituzionale dovrà essere disapplicata,
invece, per gli eventuali nuovi rapporti;
- in ogni caso, tuttavia, si dovrà ritenere abrogata la norma incostituzionale
nei confronti dei rapporti non ancora costituiti, di quelli in corso di
costituzione e di quelli non ancora perfezionati;
considerato, infine, che:
- il Comune di Limbiate il 21/01/2010 e il 07/04/2010, quindi dopo il
giorno in cui la sopra citata sentenza della Corte Costituzionale è divenuta
efficace (08/01/2010), ha pubblicato bandi di pubblico incanto per la vendita
di immobili per i quali veniva ancora specificato: “con l’approvazione del
PIANO DELLE VALORIZZAZIONI E ALIENAZIONI DEL COMUNE DI LIMBIATE (MB), ai sensi
dell’art. 58 del decreto legge n. 112 del 25 giugno 2008, convertito con legge
n. 133 del 6 agosto 2008, la destinazione urbanistica del PRG vigente degli
immobili in oggetto è stata variata in ZONA D per l’insediamento di
attività artigiane-produttive” - cioè omettendo di specificare che per
effetto della sopra citata sentenza quelle varianti avevano perso ogni
validità, e quindi gli immobili in questione mantenevano la destinazione
urbanistica stabilita dal P.R.G. vigente anteriormente all’approvazione del
“Piano delle valorizzazioni e alienazioni, ecc.”,
- la Giunta Comunale,
in data 07/04/2010, con la delibera n. 68/2010 ha deliberato di “ADOTTARE il
Piano delle alienazioni e valorizzazioni immobiliari, da allegare al Bilancio
di Previsione 2010”,
fondando detta deliberazione ancora sul citato comma 2 dell’art. 58 del D.L. n.
112/2008, convertito con legge n. 133 del 6 agosto 2008, riportato
integralmente nella delibera, come se fosse ancora valida la parte di esso
che stabiliva che le varianti approvate con il “Piano delle alienazioni ecc.”
non necessitavano di verifiche di conformità agli eventuali atti di
pianificazione sovraordinata delle province e delle regioni, e non fosse stata
dichiarata costituzionalmente illegittima, e quindi ormai inefficace, da una
sentenza della Corte Costituzionale!;
- in data 9 aprile 2010 la
Giunta Comunale ha preteso di porre in votazione nel
Consiglio Comunale l’approvazione della citata delibera n. 68/2010, senza aver
preventivamente esplicitato che essa figurava fra gli allegati del Bilancio
previsionale 2010, e quindi senza aver esplicitato quale fosse il suo contenuto
(surrettiziamente presentato poi, come semplice correzione delle intestazioni catastali
di alcuni immobili!);
- solo le proteste dei gruppi di opposizione, allertati da uno dei sottoscritti,
Salvatore Ricciardi, hanno indotto il funzionario dr. Cogliati (e non il
Sindaco!), a dichiarare che la delibera G.C. n. 68/2010 veniva “stralciata”;
- il bilancio previsionale 2010, con una procedura dalla assai dubbia validità,
è stato votato come “stralciato” della delibera G.C. n. 68/2010;
considerato tutto quanto è stato esposto sopra,
i sottoscritti Salvatore Ricciardi, residente in Via Archimede n. 8;
Michelangelo Campisi, residente in Via Monte Bianco n. 133/1; Pierluigi Pecora,
residente in Via Groane n. 53
diffidano le SS.VV. a :
- prendere atto della sentenza n. 340 del 16 dicembre 2009, G.U. 07/01/2010, che
ha dichiarato l’illegittimità costituzionale di parte del comma 2 dell’art. 58
del decreto legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito con legge n. 133 del 6
agosto 2008;
- dichiarare che, per effetto della richiamata sentenza, devono essere
considerate nulle tutte le situazioni giuridiche che sono state create in
seguito ai bandi di pubblico incanto pubblicati posteriormente al 07/01/2010
per la vendita di immobili del Comune di Limbiate, la cui destinazione da tali
bandi risultava variata con l’approvazione del Piano delle valorizzazioni e
alienazioni del Comune di Limbiate, allegato al Bilancio 2009;
- dichiarare che, per effetto della richiamata sentenza, devono essere
considerate nulle tutte le situazioni giuridiche ancora in corso di
costituzione alla data dell’08/01/2010 e/o non ancora perfezionate, che sono
state create in seguito ai bandi di pubblico incanto pubblicati anteriormente
al 07/01/2010, per la vendita di immobili del Comune di Limbiate, la cui
destinazione da tali bandi risultava variata con l’approvazione del PIANO DELLE
VALORIZZAZIONI E ALIENAZIONI DEL COMUNE DI LIMBIATE, allegato al Bilancio 2009;
- accertare nel bilancio consuntivo 2009 esclusivamente le entrate derivate da
situazioni giuridiche create in seguito ai bandi di cui sopra espletati entro
il 31/12/2009 e perfezionate alla data dell’08/01/2010;
- emendare il bilancio previsionale 2010, cancellando le somme previste in
entrata per effetto di situazioni giuridiche conseguenti all’espletamento dei
bandi di cui sopra ma non perfezionate o non ancora costituite alla data
dell’08/01/2010 o comunque costituite successivamente;
- porre in votazione nel Consiglio Comunale il Bilancio previsionale emendato
entro i termini di legge per l’approvazione (30 aprile 2010);
- mettere in mora i responsabili delle situazioni giuridiche che sono state
create o proseguite ignorando e/o disattendendo gli effetti della sentenza
della Corte Costituzionale più volte richiamata, per qualsiasi danno che
dovesse derivare al Comune di Limbiate dall’annullamento dei bandi e delle
situazioni giuridiche conseguite al loro espletamento;
- dare immediatamente avvio alle procedure per la nuova approvazione del PIANO
DELLE VALORIZZAZIONI E ALIENAZIONIDEL Comune di Limbiate sulle base delle norme
effettivamente vigenti;
- dare ai sottoscritti puntuale riscontro di aver adempiuto a quanto sopra
diffidato entro il termine di dieci giorni dalla data odierna, in mancanza del
quale i sottoscritti, decorso il termine indicato, trasformeranno la presente
diffida in esposto-denuncia che sarà depositato alla Procura della Repubblica e
alla Procura della Corte dei Conti.
Distinti saluti.
Limbiate, 19 aprile 2010
Salvatore RICCIARDI
Michelangelo CAMPISI
Pierluigi PECORA
[Aggiunta dell’11 luglio 2012: l’articolo e la diffida
che precedono sono stati pensati e scritti interamente da me, Salvatore
Ricciardi, e del tutto mie sono state sia l’idea dell’iniziativa politica sulla
questione del piano delle alienazioni dei beni demaniali e delle cifre fittizie
inserite nei bilanci comunali (preventivo e consuntivo), sia la proposta dei
modi in cui svolgerla dentro e fuori del Consiglio Comunale; l’una e l’altra
inizialmente erano state entusiasticamente accettate da Archetti, Campisi,
Terragni & C. I contenuti dell’iniziativa e i vari momenti in cui si è
svolta, con le giravolte e i voltafaccia di alcuni, nel Consiglio e fuori, si
possono ricostruire leggendo i seguenti articoli:
Alla fine, restai solo a sostenere l'idea di ricorrere
alla magistratura, e naturalmente non mi fu possibile farlo da solo. Questa
precisazione viene fatta esclusivamente per ristabilire la verità e
ridimensionare le disinvolte autorappresentazioni odierne degli Archetti e dei
Campisi].
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