lunedì 15 marzo 2010

Sandro Archetti, scopiazzatore maldestro di una laida falsificazione di una grande scrittrice



quanti falsano i dati antichi si dedicano anche, più in generale,
alla falsificazione della storia del tempo presente

Nicole Loraux, 1996




Sandro Archetti ci ha regalato, giorni or sono, un altro fiore da aggiungere alla già rigogliosa antologia della sua produzione à la manière de Frate Antonino da Scasazza e dell’Assessore allo Sporto. Dopo le finissime analisi dell’attuale situazione politica di Limbiate, espresse in testi che nulla hanno da invidiare all’eleganza della prosa d’arte [v. Antologia di un consigliere comunale…], il suo ingegno versatile si è spinto oltre, fino ad attingere le vette dell’analisi storico-comparata dei più grandi statisti degli ultimi due secoli.

È noto che l’on. Fini e Berlusconi discordano anche su questo, poiché il secondo assegna a se stesso la palma del migliore (“sono il più grande capo di governo degli ultimi 150 anni”), mentre per il primo – almeno fino a qualche tempo fa – il più grande statista dell’ultimo secolo era il suo progenitore Benito Mussolini. L’erede del frate scasazzese tuttavia non si perde in queste sciocche diatribe metriche; egli sa bene che quello che conta (historia magistra vitae…) è cogliere l’essenza delle questioni e delle figure storiche e, guidato da questo sano principio metodologico, giunge a conclusioni originalissime che comunica alla città con la prosa scintillante di un pezzo rubricato non a caso sotto “Cultura” [con la maiuscola, n.b.].

Conclusioni originalissime: poiché il risultato al quale mira l’analisi storico-comparata del nostro autore è ben altro che la banale determinazione di chi, fra i due statisti sunnominati, sia il più grande. Il risultato cercato ed ottenuto è invece questo: Berlusconi è come Mussolini! Ma per giungere a questa conclusione – poiché un risultato originale deriva sempre da un metodo originale – per Sandro Archetti non è necessario riferirsi (dopo aver fatto la fatica di leggerle) alle analisi e alle opere storiche di autori come Piero Gobetti, Angelo Tasca, Gaetano Salvemini, Antonio Gramsci, Palmiro Togliatti, Daniel Guerin, Luigi Salvatorelli, Renzo De Felice, ecc.: tutte anticaglie inutili; né è necessario perdere tempo nel porsi l’evidentemente falso problema se ed in che misura l’analogia sia una forma della comprensione storica, e in che misura sia possibile comprendere il presente con il passato: al macero anche Johann Gustav Droysen, Marc Bloch ed Edward H. Carr, nonché barbosi filologi come Luciano Canfora e filosofi dell'analogia come Enzo Melandri. Non parliamo nemmeno, poi, della necessità di leggere il libro su Berlusconi di Giuseppe Fiori (forse il più grande biografo italiano degli ultimi decenni). Roba da perditempo. Esibendo, come si usa nella comunità degli studiosi, gli opportuni dati bibliografici, Sandro Archetti ci guida a scoprire rapidamente che tutto era stato pre-detto già nel 1945, quando Berlusconi aveva nove anni, dalla scrittrice Elsa Morante!

In La dittatura… striscia il nostro ci presenta un brano che, dice lui, sarebbe stato scritto da Elsa Morante nel 1945, e sarebbe (notare la disinvolta precisione del riferimento bibliografico) “rintracciabile nel 1° volume delle sue opere, edito da Mondadori e pubblicato postumo, nel 1988”; in questo testo vi sarebbero (“eccome se ve ne sono!”, ci sottolinea) “particolari che contano” (!). Il brano che egli ci presenta è il seguente:


« Il capo del Governo si macchiò ripetutamente durante la sua carriera di delitti che, al cospetto di un popolo onesto, gli avrebbero meritato la condanna, la vergogna e la privazione di ogni autorità di governo.
Perché il popolo tollerò e addirittura applaudì questi crimini?
Una parte per insensibilità morale, una parte per astuzia, una parte per interesse e tornaconto personale.
La maggioranza si rendeva naturalmente conto delle sue attività criminali, ma preferiva dare il suo voto al forte piuttosto che al giusto.
Purtroppo il popolo italiano, se deve scegliere tra il dovere e il tornaconto, pur conoscendo quale sarebbe il suo dovere, sceglie sempre il tornaconto.
Così un uomo mediocre, grossolano, di eloquenza volgare ma di facile effetto, è un perfetto esemplare dei suoi contemporanei. Presso un popolo onesto, sarebbe stato tutt’al più il leader di un partito di modesto seguito, un personaggio un po’ ridicolo per le sue maniere, i suoi atteggiamenti, le sue manie di grandezza, offensivo per il buon senso della gente a causa del suo stile enfatico e impudico.
In Italia è diventato il capo del governo.
Ed è difficile trovare un più completo esempio italiano.
Ammiratore della forza, venale, corruttibile e corrotto, cattolico senza credere in Dio, presuntuoso, vanitoso, fintamente bonario, buon padre di famiglia ma con numerose amanti, si serve di coloro che disprezza, si circonda di disonesti, di bugiardi, di inetti, di profittatori; mimo abile, e tale da fare effetto su un pubblico volgare, ma, come ogni mimo, senza un proprio carattere, si immagina sempre di essere il personaggio che vuole rappresentare ».

Questo brano, però, non è stato scritto da Elsa Morante.

Si tratta, infatti, di un falso, e non è nemmeno farina del sacco di Ti-che-te-tarchett-i-ball. Questo testo, infatti, circola ormai da diverse settimane da un blog all’altro (qualcuno ha calcolato che è stato pubblicato da almeno 700 tra blog e siti vari) ed è stato messo insieme da qualche cialtrone antiberlusconiano reazionario (è facile notare che il vero obbiettivo polemico è il “popolo italiano”), che si è servito di frasi e parole prese da un testo realmente scritto da Elsa Morante in un diario del 1945, ma che evidentemente non era destinato alla pubblicazione. In effetti, i curatori delle Opere della scrittrice, pubblicate in due volumi nei “Meridiani” Mondadori (Milano 1988), con ovvia correttezza non l’hanno posto fra le “opere”, ma se ne sono serviti integralmente per la Cronologia della vita della scrittrice che apre la raccolta. Il falso – che potrebbe anche essere una beffa come quella delle teste “scolpite da Amedeo Modigliani”, ma in realtà da alcuni burloni e gettate – affinché fossero subito “ritrovate” - in un canale di Livorno alla metà degli anni ottanta del ‘900) è stato confezionato togliendo dalla pagina di diario della Morante le parti evidenziate in blu nel testo originale, che riporto qui appresso, ed interpolandovi le parti che sopra sono evidenziate in rosso.


« Roma 1° maggio 1945

Mussolini e la sua amante Clara Petacci sono stati fucilati insieme, dai partigiani del Nord Italia. Non si hanno sulla loro morte e sulle circostanze antecedenti dei particolari di cui si possa essere sicuri. Così pure non si conoscono con precisione le colpe, violenze e delitti di cui Mussolini può essere ritenuto responsabile diretto o indiretto nell’alta Italia come capo della sua Repubblica Sociale.
Per queste ragioni è difficile dare un giudizio imparziale su quest’ultimo evento con cui la vita del Duce ha fine.
Alcuni punti però sono sicuri e cioè
: durante la sua carriera, Mussolini si macchiò più volte di delitti che, al cospetto di un popolo onesto e libero, gli avrebbero meritato, se non la morte, la vergogna, la condanna e la privazione di ogni autorità di governo (ma un popolo onesto e libero non avrebbe mai posto al governo un Mussolini). Fra tali delitti ricordiamo, per esempio: la soppressione della libertà, della giustizia e dei diritti costituzionali del popolo (1925), l’uccisione di Matteotti (1924), l’aggressione all’Abissinia, riconosciuta dallo stesso Mussolini come consocia alla Società delle Nazioni, società cui l’Italia era legata da patti (1935), la privazione dei diritti civili degli Ebrei, cittadini italiani assolutamente pari a tutti gli altri fino a quel giorno (1938).
Tutti questi delitti di Mussolini furono o tollerati, o addirittura favoriti e applauditi. Ora, un popolo che tollera i delitti del suo capo, si fa complice di questi delitti. Se poi li favorisce e applaude, peggio che complice, si fa mandante di questi delitti.

Perché il popolo tollerò favorì e applaudì questi delitti? Una parte per viltà, una parte per insensibilità morale, una parte per astuzia, una parte per interesse o per machiavellismo. Vi fu pure una minoranza che si oppose; ma fu così esigua che non mette conto di parlarne. Finché Mussolini era vittorioso in pieno, il popolo guardava i componenti questa minoranza come nemici del popolo e della nazione, o nel miglior dei casi come dei fessi (parola nazionale assai pregiata dagli italiani).
Si rendeva conto la maggioranza del popolo italiano che questi atti erano delitti? Quasi sempre, se ne rese conto, ma il popolo italiano è cosìffatto da
dare i suoi voti piuttosto al forte che al giusto; e se lo si fa scegliere fra il tornaconto e il dovere, anche conoscendo quale sarebbe il suo dovere, esso sceglie il suo tornaconto.
Mussolini, uomo mediocre, grossolano, fuori dalla cultura, di eloquenza alquanto volgare, ma di facile effetto, era ed è un perfetto esemplare e specchio del popolo italiano contemporaneo. Presso un popolo onesto e libero, Mussolini sarebbe stato tutto al più il leader di un partito con un modesto seguito e l’autore non troppo brillante di articoli verbosi sul giornale del suo partito. Sarebbe rimasto un personaggio provinciale, un po’ ridicolo a causa delle sue maniere e atteggiamenti, e offensivo per il buon gusto della gente educata a causa del suo stile enfatico, impudico e goffo. Ma forse, non essendo stupido, in un paese libero e onesto, si sarebbe meglio educato e istruito e moderato e avrebbe fatto migliore figura, alla fine.
In Italia, fu il Duce. Perché è difficile trovare un migliore e più completo esempio di Italiano.
Debole in fondo, ma ammiratore della forza, e deciso ad apparire forte contro la sua natura. Venale, corruttibile. Adulatore. Cattolico senza credere in Dio. Corruttore. Presuntuoso: Vanitoso. Bonario. Sensualità facile, e regolare. Buon padre di famiglia, ma con amanti. Scettico e sentimentale. Violento a parole, rifugge dalla ferocia e dalla violenza, alla quale preferisce il compromesso, la corruzione e il ricatto. Facile a commuoversi in superficie, ma non in profondità, se fa della beneficenza è per questo motivo, oltre che per vanità e per misurare il proprio potere. Si proclama popolano, per adulare la maggioranza, ma è snob e rispetta il denaro. Disprezza sufficientemente gli uomini, ma la loro ammirazione lo sollecita. Come la cocotte che si vende al vecchio e ne parla male con l’amante più valido, così Mussolini predica contro i borghesi; accarezzando impudicamente le masse. Come la cocotte crede di essere amata dal bel giovane, ma è soltanto sfruttata da lui che la abbandonerà quando non potrà più servirsene, così Mussolini con le masse. Lo abbaglia il prestigio di certe parole: Storia, Chiesa, Famiglia, Popolo, Patria, ecc., ma ignora la sostanza delle cose; pur ignorandole le disprezza o non cura, in fondo, per egoismo e grossolanità. Superficiale. Dà più valore alla mimica dei sentimenti, anche se falsa, che ai sentimenti stessi. Mimo abile, e tale da far effetto su un pubblico volgare. Gli si confà la letteratura amena (tipo ungherese), e la musica patetica (tipo Puccini). Della poesia non gli importa nulla, ma si può commuovere a quella mediocre (Ada Negri) e bramerebbe forte che un poeta lo adulasse. Al tempo delle aristocrazie sarebbe stato forse un Mecenate, per vanità; ma in tempi di masse, preferisce essere un demagogo.
Non capisce nulla di arte, ma, alla guisa di certa gente del popolo, e incolta, ne subisce un poco il mito, e cerca di corrompere gli artisti. Si serve anche di coloro che disprezza. Disprezzando (e talvolta temendo) gli onesti, i sinceri, gli intelligenti poiché costoro non gli servono a nulla, li deride, li mette al bando. Si circonda di disonesti, di bugiardi, di inetti, e quando essi lo portano alla rovina o lo tradiscono (com’è nella loro natura), si proclama tradito, e innocente, e nel dir ciò è in buona fede, almeno in parte; giacché, come ogni abile mimo, non ha un carattere ben definito, e s’immagina di essere il personaggio che vuole rappresentare. »


Dalle pagine autobiografiche postume,
in “Paragone Letteratura”, n. 456, n.s., n.7, febbraio 1988,
poi in Opere, vol. I, Mondadori, Milano 1988, pp. L-LII




Come si vede, del brano autentico non è rimasto quasi niente, e in quel poco che è rimasto è stata inserita una grande quantità di interpolazioni.

Si tratta di un’operazione volgarissima, compiuta da qualcuno che raggiunge gli stessi abissi di deprivazione morale e culturale del nostro erede scasazzese; costui, incurante di qualsiasi correttezza, ha creduto anch’egli di poter far dire a una scrittrice sicuramente fra le più grandi del Novecento ciò che egli crede si possa dire di Berlusconi. E questo povero, ingenuo e maldestro falsario si è anche illuso di riuscire maggiormente credibile raccontando la frottola di aver reperito il brano nell’edizione alla quale sommariamente rinvia. Evidentemente, egli ritiene che chiunque acceda al blog del suo partito manchi, come egli manca, di qualsiasi conoscenza di Elsa Morante, sia altrettanto privo di qualsiasi pratica di libri e di letture, e non possa sospettare, già ad una prima lettura, il falso; infine, che non sia in grado di controllare.

Ricordare che Elsa Morante è stata in diverse sue opere una grande scrittrice è un’ovvietà. Tuttavia, per quanto riguarda la rappresentazione del mondo in generale e per quanto riguarda la capacità di giudizio propriamente storico era (come, mi ricordo, diceva Sebastiano Timpanaro) “un disastro”. Questo aspetto si manifestò (con tratti addirittura di regressione verso un generico populismo di stampo ottocentesco) soprattutto nell’ultima fra le sue opere maggiori, La Storia (1974), che ebbe un grande successo di pubblico (in gran parte dovuto, a mio parere, non solo al grande battage pubblicitario ma anche al fatto di essere pubblicata proprio quando iniziava il cosiddetto “riflusso” post-’68). Tuttavia, quando nel 1945 parlava di Mussolini e del rapporto che questi aveva intrattenuto per oltre un ventennio con il popolo italiano, Elsa Morante, per essere stata contemporanea del fenomeno e per averlo osservato con angoscia, sapeva bene di cosa stava parlando, e proprio perché era una scrittrice di valore era ben in grado di compiere un’analisi psicologica del personaggio Mussolini. È vero che manca nel testo della Morante qualsiasi accenno alle responsabilità, per l’ascesa di Mussolini e del fascismo, dei grandi agrari, dei grandi gruppi economici e industriali, dell’imbelle opposizione liberale, della maggioranza del movimento operaio in mano ai riformisti (ma fra essi, inascoltato, Giacomo Matteotti chiedeva di organizzare l'autodifesa armata come, prima del 1915, aveva sostenuto che per scongiurare l'ingresso dell'Italia nella guerra si doveva organizzare l'insurrezione), del Capo dello Stato di allora (il re, che si rifiutò di firmare lo stato d’assedio che avrebbe stroncato in poche ore il colpo di stato dell’ottobre del 1922), degli alti gradi dell'esercito, della Chiesa, del servilismo degli intellettuali, ecc. Ma non si deve dimenticare che era solo una pagina di un diario privato non destinata alla pubblicazione; e tuttavia, anche con questi gravi limiti, chi ne ha manipolato il testo fino a distruggerlo quasi interamente, per dargli la forma di un misero anti-berlusconismo ante-litteram ha dovuto eliminare tutti i precisi riferimenti ad alcuni fra i principali delitti di Mussolini e del fascismo, e molte delle precise notazioni sulla psicologia delle masse durante il ventennio e sulla figura del capo del fascismo.

Ma non è il caso, qui, di mettersi a fare una discussione storico-letteraria. Quello che conta è denunciare l’operazione di un somaro come Sandro Archetti, consigliere comunale e coordinatore del PD locale che per dire un paio di idiozie su Berlusconi (senza mai osare nominarlo), pur essendo del tutto privo di conoscenze storiche e letterarie, e privo in generale della pratica di libri e di letture, ha abusato del nome di una grande scrittrice pubblicando la falsificazione oscena di un suo testo. Questo poveretto, trovata chissà come la falsificazione, l’ha immediatamente riprodotta mirando all’effetto che avrebbe dato il nome di una grande scrittrice, e non ha controllato il testo lì dove è reperibile, cioè nell’edizione delle Opere della Morante nei “Meridiani” di Mondadori (che ha citato, senza averla vista, tanto per darsi un tono), né si è accorto che insieme al testo falso nella rete circolano anche le proteste di molti lettori onesti della Morante.

Quello della falsificazione è il costume con il quale Ti-che-te-tarchett-i-ball ama esibirsi iterativamente, tanto da far pensare che egli sia la personificazione di uno scioglilingua milanese che produce senza tregua frottole, falsificazioni e distorsioni. Solo per ricordarne alcune:

- le denunce alla Corte dei Conti dei danni erariali causati dal centro-destra limbiatese, millantate ma mai presentate;

- i sette (sette!) progetti ecologici elaborati “scientificamente” da lui e dai suoi amici di partito (ma scopiazzati chissà dove), fatti passare come “adottati dalla Giunta” (in realtà da questa sollecitati, e tuttavia ormai svaniti nel nulla);

- i favolosi rimborsi di fantomatici versamenti per lo smaltimento delle acque reflue che sarebbero spettati a migliaia di cittadini (sui quali l’ha menata per mesi, finché è stato costreto a confessare che sulla situazione della rete fognaria non sapeva niente);

- i presunti danni per 1.800.000 euro causati ai cittadini limbiatesi dall’artemisia non sfalciata (calcolati mediante l’uso della “proprietà transitiva”, ma mai documentati);

- i mancati versamenti dei contributi dello Stato al bilancio del Comune di Limbiate (frottola che abilmente gli era stata messa in bocca dalla coppia Marcel Terragni-Albertine Cogliati, mentre lo Stato in realtà aveva puntualmente versato quanto dovuto);

- le denunce ciarlatanesche della penetrazione della mafia nell’amministrazione pubblica in Brianza (continuando, da perfetto dilettantucolo dell’antimafia, ad omettere di denunciare i mille episodi di malaffare qui a Limbiate – a cominciare da quelli di cui sono responsabili gli amici del suo partito - che si potrebbero documentare con gli stessi documenti ufficiali);

- un pessimo asilo nido privato fatto passare per un’autorevole istituzione pedagogica (la smentita gli è arrivata dall’interno stesso del settore);

- ecc. ecc.

E questo figuro sarebbe il candidato che secondo alcuni sciagurati/e l’”opposizione” di centro-sinistra dovrebbe presentare nelle elezioni del 2011!



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