giovedì 2 gennaio 2014

La grettezza del misirizzi di Mombello contro gli interessi della collettività






I fatti hanno la testa dura, dice un proverbio che ci arriva dalla notte dei tempi, ma questo lascito della sapienza popolare dimostra anche che sono sempre esistite, e in grande numero, le teste dure che pretendono che la realtà si adegui ai loro desideri. Il misirizzi di Mombello, per esempio, non vuole rassegnarsi a prendere atto che il Comune non può risolvere la questione del P.I.I. di Via Monte Sabotino con il ritiro dell’appello contro la sentenza di annullamento del TAR di Milano, presentato al Consiglio di Stato con contestuale richiesta (accolta) di sospensione cautelativa della sentenza, e nemmeno può dichiarare la decadenza del P.I.I. a causa delle inadempienze della SAN Invest (peraltro contestate incoerentemente, oppure contestate con molto ritardo o non contestate affatto).

Le pretese di questo fanatico non possono essere soddisfatte, almeno per quanto riguarda il terreno dietro la sua villetta, perché lo stato di fatto in cui si trova il P.I.I., e soprattutto la società che ne è titolare (e che è in liquidazione), impedisce il tipo di soluzione che egli vorrebbe. Il Comune non può ritirare il suo appello, soprattutto perché resterebbe quello presentato dalla SAN Invest, che ha ottenuto anch’essa la sospensione cautelativa della sentenza. Il curatore del fallimento di questa società ha l’obbligo, impostogli dalla legge, di realizzare il massimo del valore, che il terreno conserva solo se il P.I.I. resta vigente: ognuno capisce che si opporrebbe in tribunale alla dichiarazione di decadenza da parte del Comune, e reclamerebbe, con alte probabilità di successo, la restituzione di almeno 868.000 €., che sarebbero prelevati dalla cassa pubblica!

Il tronfio misirizzi continua a non curarsi di questi fatti decisamente duri. Anche dopo la “relazione ricognitiva” della dirigente del Settore Tecnico del Comune, nella quale, seppure con un discorso non proprio lineare, sono esposti i rischi e le difficoltà sia del ritiro dell’appello, sia di una dichiarazione di decadenza (relazione trasmessa dall’assessore Ferrante agli amici del misirizzi denominabili solo Asinistra, e da costoro pubblicata), e anche dopo essersi incontrato con l’assessore, questo personaggio desolante ha l’impudenza di “ribadire” (!) la sua pretesa folle: “l’amministrazione si ritiri dalla causa contro i privati, che ricorrono avverso il Piano, e lo dichiari al più presto decaduto”!

Ho già mostrato più volte quanto le reiterate comparsate di questo ometto siano improntate da quella forma di grettezza sociale che in sociologia è denominata “NIMBY” (Not In My Back Yard, lett. non nel mio cortile). Il “cortile” era un terreno di proprietà pubblica posto dietro le villette di due membri noti (e di altri sempre rimasti “clandestini”) del Comitato delle Pacciade; un terreno occupato abusivamente per molti anni ed adibito ad orto ed esclusivo campo per giochi infantili, praticamente recintato ma accessibile attraverso cancelletti costruiti abusivamente, ma a regola d’arte, uno per ogni villetta. L’ultima, in ordine di tempo, delle comparsate “NIMBY” del misirizzi e del Comitato delle Pacciade è stata quella organizzata sul P.R. della Villa Medolago, ma solo per aiutare due dei soci ad ottenere qualche migliaio di euro in più nelle trattative per vendere le loro case. Questa comparsata ha offerto al centrosinistra limbiatese l’occasione per mostrare propagandisticamente che “mette a posto” le magagne della giunta Romeo. In realtà (almeno per il momento) il centrosinistra, mentre si appresta a far approvare un P.G.T. sotto la diretta regìa della speculazione edilizia, sta cercando di “mettere a posto” solo le magagne più impresentabili e solo quelle di “operatori” esterni al mercato edilizio limbiatese, quelle la cui “sistemazione” non comporterebbe conseguenze generali su altri piani edilizi che (apparentemente) non presentano caratteristiche altrettanto macroscopicamente illegittime. Senza trascurare di tentare di salvare, prima delle decisioni della/e magistratura/e, un certo numero di persone alle quali quelle decisioni potrebbero infliggere pesanti “danni”. Ovviamente in cambio di appoggi e/o cessazione di qualsiasi sostanziale opposizione. 

L’incapacità del misirizzi di non confondere i suoi personali interessi (e quelli dei suoi amici) con quelli della collettività, è totale; ma la sua impudenza, che si spinge fino al punto di chiedere apertamente agli amministratori pubblici di far uscire dalla cassa pubblica 868.000 € purché egli possa cantare vittoria e possa tornare ad abusare di un terreno comunale, non potrebbe manifestarsi se egli non fosse stato letteralmente “pompato” per anni dal PD, dall’Asinistra, da immobiliaristi sconfitti nelle lotte interne al mercato edilizio, e da tutti i giornali locali.

Tuttavia, non si tratta solo di grettezza personale, espressione di un’antropologia nient’affatto commendevole: se questo tronfio ometto può non vergognarsi di esprimere tanto apertamente le sue folli pretese, ciò è possibile solo per lo stato miserevole in cui si trova l’opinione pubblica limbiatese, che non solo non si rende conto di quali siano i reali obiettivi del misirizzi e del Comitato delle Pacciade, ma soprattutto non coglie che la necessità di sistemare la questione del P.I.I. di Via Monte Sabotino sarebbe l'occasione per ri-stabilire, finalmente e per tutti i P.I.I. o Piani di Lottizzazione o Piani di Recupero, che, come prevede la stessa L.R. n. 12/2005:

a) gli oneri di urbanizzazione devono essere versati e non scomputati illegittimamente ;

b) la mancata cessione delle aree standard deve essere consentita solo sulla base di motivi fondati (l’assenza di interesse del Comune per certe aree, oppure se la cessione rendesse impossibile realizzare il P.I.I.) e dettagliatamente esposti con apposita relazione;

c) la monetizzazione per compensare la mancata cessione delle aree (da concedere solo alle condizioni richiamate al punto precedente) deve essere calcolata nella misura stabilita dalla legge, vale a dire secondo il valore di mercato delle aree edificabili non cedute.

Non si tratta di “sistemare” questo o quel piano edilizio. L’approvazione dei P.I.I., anche come variante del P.R.G. e anche su aree standard, è stata possibile, purtroppo, sulla base di una legge regionale sciagurata (quella richiamata sopra), che ha posto la pianificazione urbanistica esplicitamente nelle mani degli “operatori” (alias speculatori) del mercato edilizio. All’interno dei P.I.I. approvati a Limbiate sono stati inseriti, in più, vari aspetti truffaldini che da un lato hanno consentito l’aumento esasperato delle volumetrie, e dall’altro hanno consentito di realizzare enormi sovrapprofitti ancor prima di cominciare la costruzione. L’addebito (e non una semplice “richiesta di spiegazioni”, come è stato mistificato sui giornali locali) a 31 persone fra consiglieri, sindaco, assessori e funzionari vari, da parte della Corte dei Conti, di un danno erariale di 1.143.000 € - addebito formulato a conclusione di indagini preliminari avviate dopo il mio esposto - dovrebbe far capire che ripristinare le norme di legge a proposito dei P.I.I. (e di altri piani edilizi) sarebbe il modo non solo di ristabilire la legalità, non solo di incamerare nel bilancio pubblico cifre assai consistenti, ma sarebbe anche il modo per costringere a ridurre notevolmente le volumetrie pretese e concesse con i P.I.I. già approvati.

Costringere gli “operatori del mercato” a pagare integralmente quanto è stabilito dalla legge, anche con la minaccia che il Comune stesso chieda l’intervento dei tribunali, costringerebbe a ridurre notevolmente la quantità di cemento che si continua a versare sull’ambiente.

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