Buon Natale!
mercoledì 25 dicembre 2013
Buon Natale!
Juan
Domingo Sánchez Estop
Molto prima che il
cristianesimo diventasse la religione ufficiale dell’impero romano, le date che
oggi corrispondono al Natale erano quelle di una delle più importanti feste
romane: i Saturnali. I Saturnali celebravano la fine del lavoro nei campi e il
riposo invernale dei contadini. In questi giorni gli schiavi godevano di una
relativa libertà e si celebrava anche la fine dei giorni più corti dell’anno,
l’inizio di un nuovo ciclo. Il cristianesimo recuperò queste date e in
particolare quella del 25 dicembre (giorno del Sol Invictus o di Helios
secondo il culto mitraico) per festeggiare la nascita di Gesù. Il cristianesimo
quindi situò la nascita di Gesù negli stessi giorni in cui gli schiavi potevano
godere di una certa libertà e sperare in una liberazione definitiva
simboleggiata dal berretto frigio del dio Mitra.
La chiesa celebra
in questi giorni la nascita di un uomo restio a farsi assimilare da qualsiasi
potere. L’insegnamento del Nazareno, che riprende alla lettera il messaggio
rivoluzionario dei profeti, stona in effetti con un’istituzione convertitasi
molto presto in un centro di potere a giustificazione di tutti i poteri terreni
e di ogni sfruttamento. Sorprende che si predichi il vangelo all’interno di
un’istituzione di questo tipo, così come stupisce la pubblicazione di Stato
e Rivoluzione di Lenin nell’URSS di Stalin. In tutte e due i casi un
messaggio contrario all’ordine esistente finisce per essere neutralizzato dalla
sua ripetizione rituale all’interno delle liturgie ufficiali.
Vale la pena
allora fare uno sforzo per riscoprire l’autentico messaggio di Gesù – e quello
di Lenin – al di là delle mistificazioni. Gesù non è il predicatore di
un’obbedienza basata sul terrore, predica invece un’obbedienza libera basata
sulla speranza o sulla ragione. E non predica un’obbedienza cieca, ma
un’obbedienza alla legge che coincide con la giustizia e la carità. Il
messaggio messianico di Cristo – che la Chiesa ha dimenticato – vuole fondare l’obbedienza
alla legge in una preliminare assunzione della dimensione del comune. Nessuno
prima di Louis Blanc e del Marx della Critica al programma di Gotha
aveva detto con tanta chiarezza in cosa potesse consistere una società in cui
l’accesso alla ricchezza fosse separata dalla proprietà e dal lavoro, una
società comunista. L’idea di «carità» («gratuità»: charis in greco è
la grazia, ed è propria della grazia la gratuità) coincide esattamente con un
accesso ai beni di questo mondo indipendentemente dai titoli giuridici di
proprietà e dalla subordinazione a un ordine del lavoro:
Perciò io vi
dico: non preoccupatevi per la vostra vita, di quello che mangerete o berrete,
né per il vostro corpo, di quello che indosserete; la vita non vale forse più
del cibo e il corpo più del vestito? Guardate gli uccelli del cielo: non
séminano e non mietono, né raccolgono nei granai; eppure il Padre vostro
celeste li nutre. Non valete forse più di loro? E chi di voi, per quanto si
preoccupi, può allungare anche di poco la propria vita? E per il vestito,
perché vi preoccupate? Osservate come crescono i gigli del campo: non faticano
e non filano. Eppure io vi dico che neanche Salomone, con tutta la sua gloria,
vestiva come uno di loro. Ora, se Dio veste così l’erba del campo, che oggi c’è
e domani si getta nel forno, non farà molto di più per voi, gente di poca fede?
Non
preoccupatevi dunque dicendo: “Che cosa mangeremo? Che cosa berremo? Che cosa
indosseremo?”. Di tutte queste cose vanno in cerca i pagani. Il Padre vostro
celeste, infatti, sa che ne avete bisogno. Cercate invece, anzitutto, il regno
di Dio e la sua giustizia, e tutte queste cose vi saranno date in aggiunta. Non
preoccupatevi dunque del domani, perché il domani si preoccuperà di se stesso.
A ciascun giorno basta la sua pena
[Matteo, 6:25]
Gesù chiama a
condividere, ad abbandonare la proprietà, a non preoccuparsi per l’economia e a
credere piuttosto nella libera capacità produttiva del comune e della comunità:
Vendi tutto quello che hai, distribuiscilo ai poveri e avrai un tesoro nei
cieli; e vieni! Seguimi [Luca, 18:22]
In termini moderni
si direbbe: Da ciascuno secondo le sue capacità, a ciascuno secondo i suoi
bisogni. I veri discepoli del figlio del falegname non sono i grandi prelati né
i potenti, ma i comunisti e gli atei. I comunisti in quanto difensori non degli
orrori del socialismo di Stato, ma del regime del comune fondato sulla
giustizia e la carità , ovvero una giustizia fondata non sulla proprietà ma sul
libero accesso al comune.
E gli atei
dicevamo, ma anche in questo caso gli atei veri, quindi non quelli che
difendono un’atroce religione della Storia, dello Stato o qualsiasi altro
incubo. I veri atei sono quelli che non credono nella provvidenza, né in un
ordine dell’Universo, ma nella gratuità e nell’aleatorietà della storia e della
natura, nella fondamentale aleatorietà del necessario. Tra questi atei della
grazia ci sono naturalmente, insieme ai materialisti che rifiutano il principio
di ragion sufficiente, i cristiani che propugnano insieme ai teologi della
liberazione una «teologia dei predicati» che afferma non che «Dio è amore», ma
che «l’amore è Dio», che il figlio dell’uomo è Dio, e che fuori dalla comunità
degli uomini, fuori dal regno di questo mondo, non c’è nessun Dio.
Non lasciamo il
Natale in mano a quelli che hanno crocifisso Gesù, ai prelati e ai potenti, a
quelli che rubano ai poveri. Il Natale non appartiene a loro, ma all’unica
comunità in cui credette Gesù, all’unico popolo di Dio che a sua volta è Dio
stesso, non il Dio Unico perché la sua divinità è intrinsecamente molteplice ed
è l’unica che merita di essere chiamata Dio. Dentro e contro una tradizione
cristiana degenerata e corrotta dal potere, festeggiamo la nascita di un grande
protagonista della libertà comunista e atea: Gesù di Nazaret.
Buon Natale!
Buon Natale!
[Lettera alfapiù, 25-12-2013]


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