mercoledì 11 dicembre 2013

I bambini non possono mangiare nella mensa scolastica, ma la collettività è costretta a pagare anche i pasti non consumati!





L’animazione e il vociare di bambini che si avverte, già avvicinandosi, nei pressi di alcune scuole di Limbiate intorno alle 12-12.30 è di una intensità non di molto inferiore a quella che si avverte al momento dell’uscita pomeridiana, poiché sono tanti i bambini che escono temporaneamente da scuola (ed i genitori che vanno a prenderli) perché il costo della mensa scolastica per molte famiglie è ormai diventato insostenibile. La retta è troppo onerosa, ed aumenta continuamente il numero di genitori cassintegrati o disoccupati. Ultimi degli ultimi, in questo ormai altissimo strato sociale di semi-poveri, poveri e addirittura indigenti, moltissimi immigrati ed i loro figli.

Molti bambini sono costretti ad uscire da scuola durante l’orario di mensa perché è anche assurdamente proibito fermarsi a scuola per consumare un panino portato da casa. Ma la cosa ancor più assurda è che il Comune di Limbiate paga ad una multinazionale anche i pasti di tutti i bambini che non accedono alla mensa ed escono da scuola nonostante non abbiano ottenuto l’esonero dalla mensa scolastica. L’esonero: perché usufruire della refezione scolastica, indipendentemente dalla possibilità di pagarne le rette, è obbligatorio, ed in molti casi la scuola si rifiuta di concedere l’esonero.

Una delle cause di questa situazione davvero kafkiana è che la refezione scolastica è considerata (come è giusto) attività educativa a tutti gli effetti, ed il tempo che vi dedica il personale che con compiti vari sta con i bambini è parte dell’orario di lavoro. Avviene dunque che le scuole, colpite dai tagli dei finanziamenti e del personale ai quali si dedicano indefessamente sia i governi di centro-destra sia quelli di centrosinistra,  frappongano mille ostacoli prima di concedere l’esonero dalla refezione, poiché la riduzione del numero di bambini registrati come utenti della mensa provoca una riduzione del tempo e del personale che complessivamente è sufficiente, secondo le norme ministeriali, per far funzionare la scuola. 

Ma questo escamotage tipicamente corporativistico, che senza volere ho fatto riscontrare all’assessore Cosentino, ha un altro aspetto non solo assurdo, ma anche scandaloso, poiché la mancata segnalazione da parte degli uffici delle scuole a quelli del Comune che molti genitori, infischiandosene dell’esonero che non viene concesso, vanno a prendersi i bambini per portarli a casa per farli pranzare, fa sì che i pasti non consumati restino compresi nel numero complessivo che la ditta appaltatrice del servizio deve (o dovrebbe) fornire. Il risultato è che mentre molte decine di bambini (e fra essi soprattutto quelli di famiglie di immigrati) escono da scuola perché non possono pagare il pranzo, e inoltre non usufruiscono di una formazione di non minore importanza rispetto a quella che viene data nelle aule, la collettività continua a pagare i pasti che i bambini non possono consumare!

Fra le cause di questa situazione che ha aspetti anche disumani (so di bambini che a casa mangiano sicuramente meno di quanto potrebbero mangiare a scuola, o non mangiano affatto), vi è anche la gestione della mensa affidata ad una società privata, che è all’origine delle rette ormai insostenibili per molte famiglie. È indispensabile ed urgente, quindi, non solo impedire certe pratiche corporativistiche delle scuole (come quelle di cui sopra), ma anche rivedere il contratto di appalto e la gestione effettiva di tutto il servizio. 

I prezzi della mensa scolastica devono essere abbassati  fino a livelli sostenibili anche per le famiglie più povere. È possibile farlo: chiunque abbia la pazienza di raccogliere un po’ di informazioni nel mondo della ristorazione collettiva scopre facilmente che il costo reale di pasti come quelli forniti nelle mense scolastiche di Limbiate è, compreso il normale profitto privato, solo il 50% del prezzo che il comune deve pagare ad una multinazionale!

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