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sabato 28 dicembre 2013

Il tempo fa giustizia. Finalmente il P.I.I. di Via Monte Sabotino inquadrato in modo (quasi) giusto






Sulla questione del P.I.I. di Via Monte Sabotino, io che ho ideato e interamente scritto l’esposto alla Corte dei Conti e alla Procura della Repubblica del Tribunale ho sempre sostenuto che l’unica soluzione sensata e realistica sarebbe quella di rendere attuabile (ed anche vendibile) il piano, eventualmente ridefinendone gli aspetti urbanistici, ma in ogni caso dopo aver riformulato le clausole economiche della convenzione attuativa al fine di rispettare integralmente la L.R. 12/2005, anche per gli aspetti economici dell’accordo. In un’intervista al “Giornale di Desio” del 5 novembre 2013 ho sostenuto che questa soluzione sarebbe l'unica possibile poiché si deve considerare che, almeno per il momento, l’annullamento di quel piano è praticamente impossibile, sia per i ricorsi che nessuno si preoccupa (interessatamente) di mandare avanti, sia per la curatela fallimentare della SAN Invest, che non solo è ancora lontana dall’essere definita e conclusa, ma non può non preoccuparsi di mantenere il massimo del valore dell’unico bene patrimoniale della società - valore che dipende interamente dall’attuabilità del piano.  

Il misirizzi di Mombello con il suo Comitato delle Pacciade e l’Asinistra e il consigliere grant e gross, ma pussé ciula che baloss invece hanno più volte avanzato la folle pretesa che il P.I.I. sia annullato, incuranti del fatto che in questo caso la collettività dovrebbe sborsare alla SAN Invest la bellezza di 868.000 € (come del resto non si preoccupano del fatto che l’annullamento sic et simpliciter del Piano di Recupero della Villa Medolago costerebbe alla collettività 244.000 €, e non avvantaggerebbe, peraltro, un paio di smandruppati abitanti di Via Doria). Il burbanzoso misirizzi addirittura ha sostenuto che c’era un “atto” che aveva dichiarato l’annullamento, ma che la dirigente del Settore Tecnico si rifiutava (la fedifraga!), di ostenderlo.

A certi omuncoli politici ciò che sostenevo nell’intervista sembrò cervellotico, ma avviene ora che proprio il consigliere che non è baloss nemmeno per un filino rende pubblica una “relazione ricognitiva” sul P.I.I. di Via Monte Sabotino, firmata dalla dirigente del Settore Tecnico, nella quale, esaminate varie soluzioni ipotizzabili, si arriva alla conclusione che tutte, tranne una, sono o impraticabili o difficilissime da concludere effettivamente senza danni per il Comune. L’unica soluzione “praticabile” (sulla quale, sembra, concorderebbe anche il curatore del fallimento) è quella che io suggerivo: raggiungere un accordo con il curatore fallimentare per attuare il P.I.I., naturalmente sanandone tutti gli aspetti illegittimi. E infatti nella relazione si ipotizza una “procedura transattiva” che potrebbe prevedere: a) la ridefinizione della convenzione attuativa “con una volumetria decisamente più contenuta”; b) l’esclusione delle aree esterne al piano (e quindi costringendo a risolvere, con la semplice eliminazione dell’”oggetto del contendere”, le [ormai diventate] privatissime controversie di alcuni di fronte al Consiglio di Stato); c) una nuova definizione di tutti gli interventi pubblici necessari per riqualificare l’ambito”.

Tutte cose assai lontane e anche più serie, quindi, delle pretese del Comitato delle Pacciade e dell’Asinistra. Tuttavia, per ragioni elettorali e di immagine di una maggioranza che in realtà non è più (ma lo è mai stata, dopo le elezioni?) la stessa che ha fatto la campagna elettorale, l’operazione verrà presentata dalla Giunta come se venissero soddisfatte le richieste della compagnia di giro sopra nominata; e già il minga baloss la presenta come risultato della sua “azione politica”, oscurando che questa estate sui giornali locali sosteneva impudentemente che “non dobbiamo farci spaventare dalla prospettiva di rendere i soldi versati dalla SAN Invest”, e oscurando, anche, che già molti anni or sono e  poi ancora a lungo il sottoscritto - e non il Comitato delle Pacciade e nemmeno l’Asinistra - ha chiarito in questo blog e presso alcune Procure il modo in cui il centro-destra congegnava i P.I.I. Anche Ti-che-te-tarchett-i-ball la ascriverà a merito suo e del suo partito, anche se a suo tempo (dopo un appoggio iniziale dato obtorto collo) egli nel suo pseudo-partito più di ogni altro cercò di sabotare il mio lavoro per preparare sia i ricorsi sia gli esposti. Ma facciano pure; questa è la miseria della politica-politicante a livello di paese. Tanto, io cercherò in ogni modo di impedire che con questa soluzione (alla quale non si sarebbe mai arrivati senza i miei esposti) si cerchi anche (o soprattutto?) di ottenere il risultato nient’affatto secondario di esentare un bel po’ di gente dai pesanti addebiti della magistratura contabile e di quella ordinaria.

Si tenga ben presente, dunque, che se si dovesse concludere la transazione delineata nella “relazione ricognitiva”, la nuova convenzione attuativa dovrà prevedere, per quanto riguarda il valore del terreno comunale, la cessione secondo un valore/mq non inferiore a quello effettivo di mercato che aveva nel 2007 e, per quanto riguarda l’eventuale monetizzazione degli standard, il calcolo deve tener conto del valore venale delle aree non cedute secondo i prezzi, ancora una volta, del 2007. Inoltre non si deve trascurare di far riacquistare materialità all’area di circa 5.850 mq, corrispondente a parte dello standard pre-esistente, fatta sparire con una specie di  gioco delle tre carte nel piano finanziario del 2007.

A questo proposito sarebbe allora buona cosa se l’architetto Taglietti abbandonasse certe sue… infondate convinzioni sul valore delle aree standard in cessione che secondo il suo avviso non potrebbe superare i 60-70 €/mq (convinzioni che, si dice, esporrebbe con grande sicumera), e insieme all’architetto Ferrante tenesse in giusta considerazione il fatto che sul P.I.I. di Via Monte Sabotino anche presso la Procura del Tribunale ordinario è stato avviato un procedimento, attualmente all’esame del G.I.P., nel quale io ho un ruolo.


mercoledì 23 settembre 2009

De profundis? 2. Alcune banali (seppure amare) verità...


...sottaciute o dissimulate dagli ambientalisti finti del “comitato” semiclandestino ora denominato “+Limbiate –cemento”.

Parte 2.


Mauro Varisco ormai viene dipinto come un eroico ed inespugnabile baluardo contro la cementificazione di Limbiate, ma non è mai stato capace, in realtà, di uscire da quella forma di grettezza sociale che in sociologia viene indicata con il termine “NIMBY”, acronimo di Not In My Back Yard, “non nel mio cortile”. Il “cortile”, nel caso di Varisco & C., era abusivo. Infatti, egli e i suoi amici hanno sempre avuto come vero interesse solo il “recupero” di un’area in parte pubblica, praticamente interclusa e nei fatti accessibile esclusivamente a loro, dalle loro villette di via M.te Sabotino n. 5, nella recinzione di diverse delle quali era stato aperto del tutto abusivamente un ingresso al terreno comunale. E si badi: si trattava non di ingressi provvisori ad un terreno non usato dal proprietario, bensì di una serie di solidissimi cancelletti metallici tutti uguali, costruiti ed installati a regola d’arte. Potendo accedervi così comodamente, molti si erano infatti “ritagliata” un’area in corrispondenza della propria villetta, e l’avevano delimitata con piccole siepi. Questo abuso è andato avanti per molto tempo, tanto che già nel 2004 la situazione era stata registrata,  con la specifica simbologia, nella Cartografia Aerofotogrammetrica ufficiale del Comune di Limbiate.



Da Google maps: sono visibilissimi i segni delle coltivazioni [Aggiunta il 29-6-2013]

(N. B.: anche se si legge "® 2013" l'immagine mostra la situazione di circa 5 anni fa; infatti sono ancora visibili le piante abbattute nell'autunno del 2008; inoltre, se sul sito Google maps si sposta l'immagine verso sinistra, si può notare che all'inizio di Via M.te Sabotino non c'è ancora la nuova costruzione di proprietà del Comune, che è stata edificata successivamente)

[Click Aerofotogrammetrico.zip (occorrono circa 3 minuti per caricare tutto il documento); v. tavola n. 4, e legenda: "orto" e "palizzata-cancellata"; click anche articolo 1158 c.c.] 

Orti, siepi e cancelletti erano tuttavia invisibili dalla via M.te Sabotino, perché nascosti da altre siepi naturali molto alte e da piante ed arbusti vari più vicini alla strada. Quando un anno fa tutto ciò è stato eliminato [dal proprietario privato, che ha anche diffidato Varisco & C. ad eliminare gli abusi edilizi; aggiunta del 29 giugno 2013], orti, siepi e cancelletti sono diventati visibili da chiunque passasse da lì (questo era il vero scopo dei lavori “di pulizia” fatti dalla SAN INVEST) ed è divenuto visibile, anche, che su quell’area non vi è mai stato qualcosa che effettivamente potesse essere chiamata “bosco”, ma solo un po’ di arbusti spontanei e al massimo alcune piante malate che in ogni caso dovevano essere abbattute. (Nemmeno l’altra area attigua ma esterna all’area da edificare - quella di proprietà dei tre ricorrenti al TAR, da espropriare parzialmente per opere di urbanizzazione - può essere definita “un bosco”, poiché un’ottantina - a voler essere generosi - di piante rachitiche e malate non sono “un bosco”! Ma su questo particolare mi soffermerò più avanti).

Per ottenere consenso su un generico ma mistificante discorso ambientalista (tanto che, come discorso generico, non vi è più chi non lo condivida) è stata inventata la panzana del bosco, alla quale Mauro Varisco ne ha aggiunte altre, espresse con stentate frasette (poiché nemmeno le forme più banali della comunicazione politica si possono imparare dall’oggi al domani) sull’”ecomostro” e sulla “colata di cemento”, e con ridicolaggini a proposito di “vaccini” e “ricette”. Con tali discorsi egli si presenta con i suoi amici a scroccare soldi alla cittadinanza per battaglie in “difesa dalla cementificazione”, ma continua a dimostrare di non capire chi sia e cosa sia la cittadinanza! (Mi riferisco, evidentemente, alla collettività e al concetto).

Infatti, costui non ha saputo (né voluto) dare un’impronta davvero pubblica e collettiva alla sua azione nella fase di approvazione del P.I.I., e non ha saputo individuarne i punti deboli, che non sono certo le presunte “distruzioni ambientali”, né ha capito che in ciò l’”opposizione” non era in grado di (e nemmeno veramente voleva) aiutarlo. Anche l’unico argomento degno di questo nome portato autonomamente da Varisco & C. (quello della vendita del terreno comunale al di sotto del suo probabile valore di mercato) è stato usato del tutto strumentalmente, come mero espediente polemico, e infatti il valore/mq della perizia di un tecnico comunale (abitante anch’egli in via M.te Sabotino n. 5!) per lungo tempo è stato indicato con una cifra errata, poiché né Varisco né i suoi amici politici si erano preoccupati di fare una verifica sui documenti della stima comunale, né su quelli della stima dell’ineffabile “perito” privato allegata al P.I.I. E infatti la funzione centrale delle varie “stime” in tutto il meccanismo truffaldino del P.I.I. non era stata minimamente colta.

Beninteso, è vero che, come amava dire il filosofo Benedetto Croce, “nisciuno nasce imparato”, ma una disposizione meno gretta, meno esclusivamente gelosa del proprio “cortile”, e più intelligentemente (oltre che civicamente) propensa a considerare la questione dal punto di vista di tutta la collettività e in particolare dal punto di vista dell’intero quartiere Mombello (e non del solo ghetto del civico n. 5 di Via M.te Sabotino) avrebbe consentito, già prima dell’approvazione, di capire come fosse effettivamente congegnato il P.I.I., e quindi sarebbe stato possibile cominciare ad imparare come trovare gli argomenti per fare denunce sì politiche, ma nel senso che avrebbero messo in luce sia le varie lesioni del diritto inalienabile di tutta la collettività agli “standard” urbanistici, sia gli ingenti danni alla cassa pubblica, sia, infine, i metodi truffaldini usati per mascherare tutto ciò. Questi erano gli argomenti utili per organizzare una ben più numerosa opposizione capace di coinvolgere almeno tutta la collettività di Mombello. La rivendicazione giusta, infatti, quella veramente civica (e quindi veramente politica), non poteva che essere quella della realizzazione delle strutture pubbliche (che non comprendono solo il verde), di cui il quartiere è carente, su quell’area che a ciò era destinata, anche servendosi di uno strumento urbanistico come il Programma Integrato d’Intervento, che si chiama così perché (ed è tale solo quando) prevede l’integrazione di funzioni pubbliche e funzioni private. E sarebbe stata anche un’ottima base sulla quale cercare ed imporre, eventualmente, una mediazione. Magari si poteva progettare di costruire sul terreno comunale un centro civico o un altro edificio pubblico. Ma Varisco & C. non hanno mai perseguito un obbiettivo del genere poiché, come hanno più volte sostenuto (ecco, per esempio, la grettezza), una costruzione dietro le loro villette le avrebbe deprezzate! Costoro erano talmente convinti della validità dell’argomento del “deprezzamento” (di alcune normalissime villette a schiera!) da inserirlo in un esposto indirizzato, all’inizio del 2008, alla magistratura, che conteneva anche un’altra perla, presa in prestito dal frasario consociativista dell’attuale coordinatore del PD: il P.I.I. era da condannare poiché era stato approvato dalla sola maggioranza! Ovviamente di quell’esposto non si è più saputo nulla. Sarà stato cestinato.

Un’azione di questo tipo avrebbe sicuramente ottenuto la simpatia di tutta la popolazione limbiatese, la quale tuttora quasi nulla veramente sa della questione. Dappertutto, nel mondo, chiunque sia stato costretto ad auto-organizzarsi per difendere la sua condizione e i suoi diritti di cittadino ha dovuto presto imparare che non si può sperare di trasformare in coscienza collettiva le proprie pur sacrosante rivendicazioni, se non si informa correttamente la cittadinanza. In mancanza di ciò, non si può ottenere alcun reale sostegno. Per questo scopo, l’esperienza insegna, non vi è altra possibilità se non quella di produrre e diffondere direttamente le informazioni. L’originalissima “ricetta” di Mauro Varisco, invece, è la seguente: periodicamente fa uno show compiaciuto in quelle che lui chiama “conferenze stampa”, nelle quali in realtà non informa, e nelle quali quattro ragazzotti smandruppati non fanno mai quello che tutti i giornalisti veri fanno in simili occasioni: fare domande per stimolare o addirittura costringere chi tiene la conferenza a dare effettivamente informazioni. Le domande non vengono fatte perché, anche dopo aver scritto articoli su articoli, nessuno di questi ragazzotti è riuscito ad accumulare un minimo di vere conoscenze sulla questione. Ovviamente, in quello che poi scrivono brillano solo le omissioni, le incongruenze, le autentiche asinerie, l’incultura generale.

Questo tipo di azione avrebbe inevitabilmente fatto pagare alla giunta Romeo-Mestrone un prezzo politico che non tutti, nella maggioranza di centro-destra, sarebbero stati disposti a pagare a cuor leggero (e avrebbe anche messo in chiaro davvero il rischio altissimo, per qualcuno, di essere costretto a prendere domicilio in Milano, Piazza Filangieri n. 2). Infatti, i primi a sapere quali magagne nascondono operazioni come il P.I.I. di via M.te Sabotino sono ovviamente coloro che le approntano: tecnici, funzionari, “politici”, i quali contano però sull’opacità delle procedure amministrative, sulla connivenza dell’opposizione (magari compensata con concessioni su altri innocui provvedimenti), sulla frantumazione sociale, sulla tendenza di molti cittadini a restare rinserrati nel proprio particolare, sulla loro scarsa disposizione (favorita da tutto ciò che li circonda) a stabilire relazioni non condizionate da credenze di vario tipo e da falsi miti, nonché, in generale, sulla mancanza di cultura civica in senso proprio. Chiaro: è possibile ribaltare questa situazione solo con un’azione politica che richiede tempo e fatica da spendere personalmente. Ovviamente è più comodo servirsi del tempo e della fatica fornita gratis (in ogni senso) da qualcun altro, sul quale, al momento opportuno, ma solo in sua assenza, si può riversare grettezza, calunnie, cattiveria : nevvero, Mauro Varisco?

Tuttavia, non esistono alternative: chi vuole opporsi alle prepotenze dei governanti è costretto a cambiare, almeno in una certa misura, tutto ciò; e si tratta, ovviamente, di una lotta faticosa in cui inevitabilmente si deve pagare lo scotto di cambiare anche se stessi. Mauro Varisco questo non l’ha ancora capito, come non ha mai voluto capire che se il P.I.I. era stato comunque approvato (nonostante nella maggioranza fossero diversi ad essere consapevoli della sua impresentabilità) ciò era avvenuto perché in realtà l’azione della minoranza del Consiglio Comunale e quella di qualche banchetto di fronte alla chiesa non avevano avuto alcuna incisività, e non avevano nemmeno lontanamente minacciato di far pagare qualche prezzo politico alla Giunta Comunale e alla maggioranza. E quindi, incapace e anzi rifiutando con protervia di riflettere su tutto ciò, e di trarne le dovute conseguenze sul piano dell’azione, dopo la sentenza del TAR, nonostante ormai si fosse calato nella parte dell’eroico baluardo contro la cementificazione di Limbiate, egli (con i cinque partiti che lo sostengono) ha lasciato che passasse del tutto liscia la decisione della Giunta Comunale di ricorrere in appello, disattendendo totalmente l’indicazione che, di fatto, avevano ribadito i giudici amministrativi: prima dell’approvazione di un P.I.I. è necessario effettuare la V.A.S. (Valutazione Ambientale Strategica).


Tutto ciò proprio nel momento in cui la crisi interna alla maggioranza diveniva ormai irreversibile, tanto che è ormai evidente che gli equilibri interni sono cambiati. (Anche più recentemente, nessun tentativo di incidere su questa crisi è stato fatto dalla minoranza consiliare, come sempre cieca ed inetta). E quindi del tutto tranquillamente quelli della banda Romeo-Mestrone hanno imposto alla giunta e alla maggioranza la decisione di spendere altri 23.000 euro in avvocati, ben consapevoli tutti che, pagato dai cittadini questo prezzo, loro non avrebbero pagato nessun prezzo politico.


(segue)



venerdì 26 settembre 2008

1.396.118,25 euro regalati ai palazzinari, come se fossero pere cotte (sempre con il P.I.I. di via M.te Sabotino)

Salvatore Ricciardi


Il Programma Integrato d’Intervento di via M.te Sabotino è illegittimo perché viola diverse leggi e norme, fra le quali anche il Documento d’Inquadramento approvato con delibera consiliare del 29 novembre 2002 n. 84, che, fino all’approvazione del documento di piano, costituisce il quadro di riferimento dei PP.II.II. Ma è illegittimo anche perché viola la logica più elementare e le convenzioni d’uso della lingua italiana condivise dai… cristiani.


Cominciamo dalle leggi, senza curarci delle scemenze degli idioti e dei reazionari, interessati a coltivare l’ignoranza del pubblico oltre che la propria, i quali, quando a loro fa comodo, dicono che delle leggi devono parlare sempre e dovunque solo gli specialisti (soprattutto se prezzolati da loro per manipolarle). Invece, poiché le leggi sono fatte da nostri rappresentanti e regolano (e in buona parte determinano) la nostra vita, tutti noi cittadini siamo autorizzati a parlarne in tutte le sedi del dibattito pubblico. Soprattutto quando il loro uso distorto ci danneggia gravemente. (Che uno specialista parli per noi è prescritto solo nei tribunali).

Il paragrafo 5.4 del Documento d’Inquadramento dice che “i programmi integrati non sono ammessi nelle aree individuate come B e C dal PRG vigente” e che “non sono ammessi nelle aree destinate dal PRG vigente ad attrezzature pubbliche e di uso pubblico” (aree standard).

Per l’appunto, il terreno del P.I.I. di via M.te Sabotino è costituito per la parte maggiore da aree standard, e per la parte minore da aree B e C.

A queste disposizioni sarebbero consentite deroghe, ma le condizioni necessarie in questo caso non esistono. In particolare non è stato approvato il Piano dei Servizi, che risulta solo elaborato ma non approvato (v. la delibera della Giunta Comunale n. 132 del 8 giugno 2005, che è una semplice “presa d’atto dello stato di attuazione del Piano dei Servizi”, allora come oggi ancora non approvato).

A cosa serve il Piano dei Servizi?

Lo apprendiamo leggendo il comma 3 dell’art. 9 della Legge Regione Lombardia n. 12 del 2005:

“Il piano dei servizi, per soddisfare le esigenze espresse dall'utenza definita con le modalità di cui al comma 2 [v. nota 1], valuta prioritariamente l'insieme delle attrezzature al servizio delle funzioni insediate nel territorio comunale, anche con riferimento a fattori di qualità, fruibilità e accessibilità e, in caso di accertata insufficienza o inadeguatezza delle attrezzature stesse, quantifica i costi per il loro adeguamento e individua le modalità di intervento. Analogamente il piano indica, con riferimento agli obiettivi di sviluppo individuati dal documento di piano di cui all’articolo 8 [v. nota 2], le necessità di sviluppo e integrazione dei servizi esistenti, ne quantifica i costi e ne prefigura le modalità di attuazione”.

In relazione a quanto previsto dal Piano dei Servizi la Convenzione per l’attuazione del piano deve prevedere

“la cessione gratuita, entro termini prestabiliti, delle aree necessarie per le opere di urbanizzazione primaria, nonché la cessione gratuita delle aree per attrezzature pubbliche e di interesse pubblico o generale previste dal piano dei servizi” (Art. 46, comma 1, lettera a. della citata legge regionale)

e

“qualora l'acquisizione di tali aree non risulti possibile o non sia ritenuta opportuna dal comune in relazione alla loro estensione, conformazione o localizzazione, ovvero in relazione ai programmi comunali di intervento, la convenzione può prevedere, in alternativa totale o parziale della cessione, che all'atto della stipulazione i soggetti obbligati corrispondano al comune una somma commisurata all'utilità economica conseguita per effetto della mancata cessione e comunque non inferiore al costo dell'acquisizione di altre aree. I proventi delle monetizzazioni per la mancata cessione di aree sono utilizzati per la realizzazione degli interventi previsti nel piano dei servizi, ivi compresa l’acquisizione di altre aree a destinazione pubblica” (ibidem).

Cosa è avvenuto, a questo proposito, con il P.I.I. di Via M.te Sabotino? Per capirlo dobbiamo leggere un passaggio della Convenzione sottoscritta tra il Comune e la SAN INVEST S.r.l. (art. 9, comma 2, terzo paragrafo):

"Ai sensi dell’art. 90, comma 4 della L.R. 12/2005 [v. nota n. 3] e del Documento d’Inquadramento del Comune di Limbiate si dà atto che il soddisfacimento dello standard qualitativo richiesto dal Programma Integrato di Intervento produce una diminuzione di standard del P.R.G. vigente pari a mq. 7.767,00 e pertanto il valore a mq. stimato dalla perizia sopra citata di un’area destinata a standard risulta pari a Euro 60,25/mq. La società SAN INVEST S.R.L., come sopra rappresentata, versa, quale monetizzazione che ha valore di standard di qualità, l’importo di Euro 467.961,75 al COMUNE DI LIMBIATE che dichiara di avere già ricevuto come risulta dalla quietanza della Tesoriera Comunale in data 10 giugno 2008 reversale n. 3184".

Dopo aver letto questo obbrobrio, anche chi non è un giurista, semplicemente servendosi del normale, umano raziocinio non può non rilevare, innanzitutto, la totale illogicità della parte evidenziata in blu. Come è possibile che “il soddisfacimento” dello standard qualitativo richiesto dal P.I.I. produca una diminuzione di standard del P.R.G.? Semmai sarà vero (come è vero) che il P.I.I. verrà attuato su aree che erano destinate a standard dal P.R.G., e quindi è necessaria una compensazione, la quale invece viene “monetizzata”. Tuttavia questa “monetizzazione” non viene in alcun modo giustificata e, quindi, anche per questo motivo, il paragrafo in questione si richiama del tutto incongruamente all’art. 90, comma 4 della L.R. 12/2005 [v. nota n. 3].

Ma l’incongruità è evidente anche rispetto alla parte successiva evidenziata in rosso, introdotta da un “e pertanto” del tutto abusivo. In realtà, per i cristiani, la “presa d’atto” che il “Programma Integrato di Intervento produce una diminuzione di standard” potrebbe essere solo parte di una premessa causale giustificativa del ricorso alla monetizzazione prevista dal comma citato, ma a condizione che il comune dimostrasse “specificamente [sott. mia; ndr] che tale soluzione sia la più funzionale per l'interesse pubblico”. Ma dalla “presa d’atto” non conseguirebbe affatto che “il valore a mq. stimato dalla perizia sopra citata di un’area destinata a standard risulta pari a Euro 60,25/mq”!

Per quanto riguarda le leggi, per rendersi conto dell’uso distorto e perverso che ne fanno gli Azzeccagarbugli al servizio di certi ossimori viventi e procacciatori d’affari, un adulto non specialista deve avere la pazienza d’informarsi un po'. Ma per quanto riguarda la logica e la lingua italiana, anche uno scolaro della scuola media dell’obbligo si accorge che, a proposito di queste due abilità eminentemente civiche e democratiche (oltre che cristiane) [4], chi ha scritto il paragrafo citato ha seri problemi. Sfido chiunque a dimostrare, per esempio, che, se ci atteniamo al testo, esiste un qualche, seppur vago, rapporto di logica consequenzialità tra la parte evidenziata in blu e quella evidenziata in rosso.


Ma è chiaro: deprivazione morale e deprivazione culturale accoppiate non possono che produrre simili mostriciattoli. Si trattava di mistificare in qualche modo un’operazione che ha causato un grave danno alla cassa pubblica, ma un’intera schiera tra “politici”, “dirigenti”, “tecnici”, “consulenti”, “valutatori”, ecc. non è riuscita a produrre altro che un compitino che nella scuola dell’obbligo sarebbe solo un pastrocchio linguistico, ma come atto di un Comune è un oltraggio alla legge, oltre che alla logica e alla lingua italiana.

Si ha l’impressione, soprattutto se si pensa ai danni che discorsi così raffazzonati provocano alle casse pubbliche (anche se sono fatti rogare dai notai), che chi per scriverli intasca molte migliaia di euro (nostri) sia in realtà solo un... peracottaro.

E tuttavia, quello che è stato fatto, ancora una volta [v. Una delibera-fantasma e un danno erariale vero nel P.I.I. di via M.te Sabotino], è una patente violazione dell’art. 46, comma 1, lettera a. della già citata Legge Regionale n. 12/2005:

”qualora l'acquisizione di tali aree non risulti possibile o non sia ritenuta opportuna dal comune in relazione alla loro estensione, conformazione o localizzazione, ovvero in relazione ai programmi comunali di intervento, la convenzione può prevedere, in alternativa totale o parziale della cessione, che all'atto della stipulazione i soggetti obbligati corrispondano al comune una somma commisurata all'utilità economica conseguita per effetto della mancata cessione [sott. mia; ndr] e comunque non inferiore al costo dell'acquisizione di altre aree”.

Mentre per dimostrare che la monetizzzione è la soluzione più opportuna non si spende neanche una parola, ci si riferisce, invece, ancora una volta, e incongruamente, ad una perizia redatta secondo le modalità abusive richiamate nel post che ho appena citato, per gabellare che la monetizzazione deve essere calcolata a 60,25 €/mq!

Anche in questo caso, per rendersi conto di quanti soldi nei fatti sono stati sottratti alla cassa pubblica, dobbiamo ricordare che un calcolo specifico dell'”utilità economica conseguita per effetto della mancata cessione”, se fosse stato fatto con onestà, avrebbe stabilito che il valore del terreno incide sui ricavi dell’"operatore" all’incirca nella misura di 240 €/mq (valore accertato dal Comune per il calcolo dell’I.C.I. sulle aree edificabili). Invece, concordando la modica cifra di 467.961,75 € le locuste che devastano Limbiate da sette anni hanno garantito al privato un "risparmio" che si può calcolare così:

- monetizzazione "convenuta": (60,25 € x 7.767 mq) = 467.961,75 €;
- monetizzazione secondo la stima del Comune: (240 € x 7.767 mq) = 1.864.080,00 €;
- differenza: -1.396.118,25 €.


Del risparmio “regalato” al privato, gli ossimori ambulanti, i procacciatori d’affari e le locuste che divorano le ricchezze pubbliche risponderanno a varie magistrature e ai cittadini di Limbiate.

Note

[1] “I comuni redigono ed approvano il piano dei servizi al fine di assicurare una dotazione globale di aree per attrezzature pubbliche e di interesse pubblico e generale, le eventuali aree per l’edilizia residenziale pubblica e da dotazione a verde, i corridoi ecologici e il sistema del verde di connessione tra territorio rurale e quello edificato, nonché tra le opere viabilistiche e le aree urbanizzate ed una loro razionale distribuzione sul territorio comunale, a supporto delle funzioni insediate e previste. L’individuazione delle aree per l’edilizia residenziale pubblica, quale servizio di interesse pubblico o generale, è obbligatoria per i comuni indicati dalla Giunta regionale con apposita deliberazione, sulla base dei fabbisogni rilevati dal Programma regionale per l’edilizia residenziale pubblica. Tali comuni, in tutti gli strumenti di programmazione negoziata con previsione di destinazioni residenziali, assicurano la realizzazione di interventi di edilizia residenziale pubblica, compresa l’edilizia convenzionata, anche esternamente all’ambito interessato”.

[2] I comuni redigono il piano dei servizi determinando il numero degli utenti dei servizi dell'intero territorio, secondo i seguenti criteri:

a) popolazione stabilmente residente nel comune gravitante sulle diverse tipologie di servizi anche in base alla distribuzione territoriale;

b) popolazione da insediare secondo le previsioni del documento di piano, articolata per tipologia di servizi anche in base alla distribuzione territoriale;c) popolazione gravitante nel territorio, stimata in base agli occupati nel comune, agli studenti, agli utenti dei servizi di rilievo sovracomunale, nonché in base ai flussi turistici.

[3] “E’ consentita la monetizzazione della dotazione di cui al comma 1 soltanto nel caso in cui il comune dimostri specificamente che tale soluzione sia la più funzionale per l'interesse pubblico. In ogni caso la dotazione di parcheggi pubblici e di interesse pubblico ritenuta necessaria dal comune deve essere assicurata in aree interne al perimetro del programma o comunque prossime a quest’ultimo, obbligatoriamente laddove siano previste funzioni commerciali o attività terziarie aperte al pubblico”.
[4] Molti anni fa, Enzo Melandri intitolava Logica, introduzione alla democrazia, la sua Introduzione alla prima traduzione italiana di quello che probabilmente è il più diffuso (a livello mondiale) manuale universitario di logica, quello di Irving Copi, Introduzione alla logica, il Mulino, Bologna 1964, la cui prima parte è intitolata Linguaggio.
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