Amico, nemico
Franco Marcoaldi
Da tempo la teoria politica
lamenta la scomparsa dell’opposizione
classica di amico e di nemico.
E il sottoscritto, sprovvisto
di bibliografia adeguata, ha chiesto
aiuto alla verifica sul campo,
all’esperienza. Certo, parziale e anomala,
ma non sguarnita di una sua valenza.
Sul campo si fronteggiano un cane
maschio giovane e un gruppo di tre gatti
(castrato lui e le femmine private
di quell’estro che rende i maschi matti).
Ebbene, il cane, agli occhi dei felini,
lungi dall’incarnare il nemico
e la minaccia, è percepito
come mater matuta, una gentile dea Ka1í
che accoglie tutti con le sue mille braccia.
Lui, il cane, tollera con riluttante aplomb
questo continuo profluvio di effusioni,
badando solo che non interferiscano
col sacro rito delle serali libagioni.
Resta che del canonico nemico
non rimane traccia. E questo accade —
eccolo il fatto singolare — mentre
scompare in parallelo la philía
con il simile, l’affine, visto che il gatto,
ciascun gatto, ricerca affetto
solo al di là della sua specie, oltre il confine.
Direte che la cosa nel mio caso
accade a causa di identità sessuali
manomesse, border-line, periclitanti. Bene,
ragione in piú per ricercare analogie
col nostro umano mondo di mutanti.
Non è proprio tra noi che il nuovo bíos
fa passi da gigante? Dunque perché meravigliarsi
se il nemico è diventato l’oggetto da blandire,
mentre l’affine, un tempo amico,
solo un imbarazzante specchio da evitare?
[Da Animali in versi, Einaudi, Torino 2006, pp. 66-67]
[V. la rubrica POETI]
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