domenica 15 giugno 2008

[Tutto diventerà nuovo, irreale e misterioso]

Mario Rigoni Stern

L’inverno del 1944 era stato duro, ma meno di quello del 1942 che nel gennaio aveva raggiunto i trenta gradi sotto zero; fu duro per la fame, per l’occupazione delle forze tedesche, per i fascisti di Salò. Anche la fame era tanta e girava per queste montagne come uno spettro. I partigiani se ne stavano rintanati nei boschi sopra le contrade in attesa della primavera, attenti a non lasciare tracce sulla neve. Si muovevano solo di notte, guardinghi come le volpi e appena incominciava a nevicare. Prendevano contatto con il paese soio quando la nevicata s’infittiva e con il vento, in luoghi prima convenuti e solo tra fidatissimi; avevano bisogno di cibo: farina per fare la polenta e formaggio per il companatico. La farina la procurava in pianura un compaesano che era nel Cm di Padova e quassù la portava la Rosi, venditrice ambulante di verdura, nascondendola tra le ceste del suo baroccio; il formaggio lo fornivano Massimo e Silvio del Caseificio Sociale.
In quel tempo importante era dosare il sale, il tabacco e la grappa, tutti e tre generi di contrabbando.
La polenta veniva preparata ogni mattina prima dell’alba, nel buio più buio per non far vedere da laggiù il filo di fumo sopra il bosco. Avevano anche l’accortezza di bruciare sempre e soltanto legna secca.In febbraio certe ore erano splendenti dj sole e lunghissime a passare, allora osservavano il paese da una feritoia che gli inglesi avevano aperto nel 1918, quando erano qui a fare la guerra con noi contro gli austriaci. Era un foro in una roccia che guardava le case; laggiù dentro i prati bianchi dove qualche volta vedevano le brigate nere che sciavano. Con il binocolo si poteva controllare ogni movimento e anche la strada che portava alla vecchia caserma degli alpini dove passavano i camion con i tedeschi. Si sentivano scandire le ore dal campanile; l’angelus del mattino e della sera diventava un collegamento con il paese.
Dal dicembre con loro era rimasto uno scricciolo e ormai era come facesse parte del gruppo. Non che desse tante confidenze, anzi, a volte gonfiava le penne per apparire più grosso e strillava d’arrabbiato se qualcuno della squadra tentava d’avvicinano. Svolazzando rapido appariva e scompariva tra i cespugli di ginepro e di crespino, tra le tavole che coprivano il ricovero, tra le pietre del muro. Un giorno che nevicava fitto e insistente si fece ardito e impertinente e svolazzò sora di loro che stavano sdraiati in silenzio aspettando la primavera sullo strame di foglie secche e rametti di peccio. I loro occhi lo seguivano divertita godendo della sua compagnia. Lo scricciolo beccava qualche larva le cortecce del soffitto o insetti fra le travi, negli interstizi delle pietre e sulle cortecce del soffitto.
Uno di loro, dopo più di un ora che lo seguiva con gli occhi disse: – Gli faccio un laccio con i miei capelli e me lo mangio con la polenta.Un compagno che i capelli li aveva altrettanto lunghi ma biondi, ed era famoso per la sua ferocia verso fascisti e tedeschi che gli avevano ucciso il padre sulla porta di casa, sussurrò a sua volta: – Se tu lo fai ti sparo come a un fascista.

A segnalare l’arrivo dell’inverno, da sempre, è per primo lo scricciolo che si avvicina alle case degli uomini. E il più piccolo degli uccelli europei, un batuffolo raccolto di piume brune con fini striature più scure e una piccola e breve coda portata sempre all’insú. Il suo richiamo è come un leggero tocco su un campanellino d’argento: è con questo che chiama la neve. Il suo nome lo denota cosi antico che certamente la sua presenza faceva compagnia agli uomini nell’età della pietra: Troglodytes troglodytes; da noi in cimbro lo chiamiamo rasetle che vuol dire nervosetto o, anche, furiosetto; per i tedeschi è Zaunkönig: re delle siepi.
Arriva dal bosco a fine novembre o a dicembre, si fa vedere e sentire furtivo e domestico tra le cataste di legna dove si introduce alla ricerca di ragni o mosche. Così lo ricordo sin dalla mia lontana infanzia e subito, dopo di lui, giungerà puntuale la neve dai monti a nord: leggera e secca, uno spolverio su boschi e case; ma da est, abbondante da bosco a bosco a coprire le erbe secche e il muschio, i cespugli, vestendo di bianco gli alberi: tutto diventerà nuovo, irreale e misterioso.

[Da Stagioni, Einaudi, Torino 2006, pp. 12-15]

[V. la rubrica]PARTIGIANI

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