lunedì 21 luglio 2008

Libertà e tecnologia


Contro il contatto mentale
solo la propria energia mentale autorganizzata
offre protezione



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Perché dovremmo aspettarci che in una civiltà tecnologica debba verificarsi una perdita di libertà? Questo ci porta a esaminare il nesso tra i tre termini potere, paura e libertà.

a) È ovvio che il potere può causare paura. Il potere arbitrario, come il potere di persone su altre persone non limitato dalla legge, lo fa necessariamente. E così pure il potere anonimo di un’opinione pubblica costituita che soffoca e uccide esattamente come un plotone di esecuzione.

b) Ma il nesso tra potere e paura non è a senso unico. Che il potere causi paura è ragionevole. Ma è vero anche il contrario, anzi è ancora più vero. Non nel senso volgare che tanto maggiore è la paura causata dal potere tanto più efficace diventa naturalmente il potere. Questo è solo un altro modo di dire che il potere è appoggiato e sorretto dal timore delle sue vittime. Ma non mostra come la paura crei il potere. Eppure, una delle fonti primarie del potere stesso è la paura: la paura non del potere militare, ma la spontanea, autonoma paura dell’annientamento.

Questo potere è un riflesso della paura; si nutre della paura; è la paura trasposta in un’altra chiave, perché dove c’è questo tipo di paura la mente genera potere, per proteggersi e liberarsi della paura. Tale paura è al cuore del problema della libertà oggi. In due modi: la tendenza di una civiltà tecnologica a creare un potere illimitato, sia quello del governo sia quello dell’opinione; la sua capacità di provocare una volontà di conformismo attraverso i nuovi mezzi di comunicazione.

A questo punto è necessario scusare un uso alquanto libero dei termini. Paura è un termine psicologico; si riferisce a uno stato di coscienza. Ci prenderemmo una libertà se parlassimo di paura inconscia. Usiamo il termine metaforicamente, per designare lo stato di una persona come se provasse paura. Di rado la paura della morte è presente in una mente sana. Eppure il bisogno di garantire la continuità di noi stessi dopo la morte nel nostro lavoro, nei nostri figli, nella memoria di coloro che amiamo, nei frutti delle buone opere, nelle forme disinteressate dell’arte e del sapere è comune a noi tutti, fa parte della vita: come se vivessimo nel timore costante della morte. La nostra [paura] è allora condizione di creatività, e la paura della morte come parte della vita ci accompagna sempre.

c) Anche il termine potere è usato qui nello stesso modo metaforico. Non si fa alcuna differenza tra il potere personale esercitato consapevolmente (il potere di una persona su altre persone) e il potere anonimo (gli effetti dovuti all’agente anonimo «opinione»). Il potere è semplicemente l’elemento costrittivo nella mente, nonché la compulsione ch’esso esercita su di essa. I « comandi » dell’opinione pubblica non sono meno interiorizzati di quanto non lo siano i valori dichiarati e le norme imposte dalla Chiesa e dallo Stato. La pressione silenziosa del vicinato e del pubblico generale è potere, potere inesorabile, contro il quale non c’è appello. Certo, è possibile che l’individuo eroico sfidi l’opinione come si può sfidare il plotone di esecuzione; eppure c’è una differenza: non si può ignorare l’opinione, come si può ignorare il plotone di esecuzione. La forza fisica non ha accesso diretto alla mente; l’opinione sì. All’opinione, la mente è costretta a reagire, che la sfidi o no. È possibile isolarsi dal contatto fisico e non avere a che fare con esso; contro il contatto mentale solo la propria energia mentale autorganizzata offre protezione: la volontà di libertà.

Ma perché una società tecnologicamente complessa dovrebbe causare paura? La tecnologia non è altro che gli strumenti materiali grazie ai quali l’uomo domina la natura; essa conferisce all’uomo il potere di eliminare le cause dei suoi timori, e gli fornisce sicurezza. E l’incarnazione materiale della libertà; è creatrice di vita e della sua abbondanza. Ciò è manifesto in cento modi. È pura malignità aggrapparsi a inconvenienti secondari e transitori quando finalmente l’uomo sta uscendo dall’ignoranza e dall’impotenza all’alba di una civiltà tecnologica.

Ciò è perfettamente vero. Ma al tempo stesso — durante la transizione — stiamo attraversando le strette della paura a causa di alcuni pericolosi effetti della tecnologia sulla nostra società complessa. Tale società può essere distrutta. La sua esistenza è precaria. Da questo punto di vista è simile ad alcune comunità primitive: pochi raccolti andati a male possono distruggerle. Si è spesso affermato che la superstizione primitiva è un prodotto della paura che i selvaggi avevano delle calamità naturali. Questa paura era giustamente chiamata irrazionale. Comunque è del tutto possibile che una grande società la cui esistenza dipende da chi schiaccia i bottoni generi paura. Una civiltà tecnologica vive in una pace che dipende da chi schiaccia i bottoni. L’effetto crea necessariamente potere. In tal caso, può darsi che la tecnologia abbia a che fare con i moderni problemi della libertà più di quanto si possa pensare. In effetti, il pericolo può essere del tutto razionale. A meno che non si disponga di un potere sufficiente, non può essere contrastato.

Una società complessa differisce infine da una condizione familiare o tribale in quanto gli effetti sociali delle nostre azioni non sono facilmente individuabili. La libertà individuale assoluta non è possibile nella società (ancor meno fuori di essa, naturalmente). Noi non siamo liberi di abbandonare la società secondo la nostra volontà. E nessuna persona ragionevole si lamenta delle restrizioni alla sua libertà derivanti dal fatto di essere membro della società umana.

Ma quando la complessità sociale è sorretta dai fatti artificiali della tecnologia, nasce una situazione molto diversa. In molti modi la tecnologia rende precaria l’esistenza stessa della società. La vita può dipendere dal successo di una fonte centralizzata di energia perché sorga un’industria dove non ce n’era. Nella normale società moderna la vita sta andando verso uno stato di cose in cui il riscaldamento, l’illuminazione, i trasporti, la comunicazione e l’alimentazione, e inoltre la trasmissione di notizie e direttive, il coordinamento e l’applicazione della legge sono funzioni di qualche lontana istanza tecnica il cui venir meno equivale a sicura distruzione oppure, peggio ancora, a un tipo d’incertezza che combina totale impotenza ed estrema angoscia.

(1955)


[Karl Polanyi, La libertà in una società complessa, Bollati Boringhieri, Torino 1987, pp. 174-176]


[V. la rubrica CHI PENSA ASTRATTO?]

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