venerdì 4 luglio 2008

Non incentivate il degrado ambientale e il lavoro schiavo in Brasile

Messaggio da inviare ai membri della Commissione Ambiente del Parlamento Europeo.

[Testo diffuso dal Comitato italiano di appoggio al Movimento dos Trabalhadores Rurais Sem Terra del Brasile http://www.comitatomst.it/, da inviare ai membri della commissione ambiente del parlamento europeo e al governo brasiliano]


Create un messaggio copiando nei rispettivi campi “A”,”CC”, “Oggetto” gli indirizzi e l’oggetto; poi copiate il testo nel corpo del messaggio, aggiungete il vostro nome e cognome e inviate.


A:

dorette.corbey@europarl.europa.eu;

Cc:

johannes.lebech@europarl.europa.eu;
marieanne.islerbeguin@europarl.europa.eu;
claude.turmes@europarl.europa.eu;
roberto.musacchio@europarl.europa.eu;
johannes.blokland@europarl.europa.eu;
irena.belohorska@europarl.europa.eu;
anders.wijkman@europarl.europa.eu;
alago@mre.gov.br;
celsoamorim@mre.gov.br;
laudemir.muller@mda.gov.br;


Oggetto: RESPINGETE LA QUOTA DEL 10% DI AGROCOMBUSTIBILI NEI CARBURANTI.


Essendo a conoscenza del fatto che la votazione della Commissione Ambiente del Parlamento Europeo sulle energie rinnovabili avverrà in tempi brevi, vorremmo chiedervi di respingere la quota del 10% relativa agli agrocarburanti.

Siamo d'accordo con la proposta dell'Unione Europea di adottare quote in relazione alla riduzione di CO2. Tuttavia riteniamo che le fonti di energia alternativa debbano essere realmente rinnovabili, in base a norme sociali e ambientali.

Attualmente le fonti di energia disponibili (come gli agrocarburanti a base di canna da zucchero, soja, mais e palma africana) creano impatti negativi sull'ambiente e sui diritti sociali, influendo negativamente sulla produzione di alimenti.

Nel caso dell'etanolo prodotto in Brasile, a partire dalla canna da zucchero, la coltivazione e la lavorazione inquinano il suolo e le fonti di acqua potabile perché utilizzano una grande quantità di prodotti chimici. Studi scientifici provano che gli agrocarburanti provocano problemi di salute e ambientali perché creano un inquinamento più polverizzato e liberano sostanze inquinanti che portano alla distruzione dello strato di ozono. Ogni litro di etanolo prodotto in fabbrica, a circuito chiuso, consuma circa 12 litri di acqua. Questa quantità non include l'acqua utilizzata nella coltivazione che, nel caso di monoculture irrigate è molta di più.

Un altro fattore preoccupante è che la produzione di canna da zucchero si è diffusa in aree di produzione di alimenti, oltre alla sua espansione in regioni di salvaguardia ambientale come il Cerrado e l'Amazzonia. Anche in zone in cui già c'era attività agricola, la monocultura della canna genera un grado molto più elevato di devastazione perché sostituisce una agricoltura diversificata con coltivazioni omogenee e continue e questo porta alla distruzione totale delle riserve forestali. La domanda da parte dei produttori di agrocombustibili di grandi quantità di terre di buona qualità con accesso all'acqua e alle infra-strutture, genera devastazione delle risorse naturali e dell'agricoltura locale. E non è vero che l'industria della canna si espande in aree degradate e terre marginali come afferma il governo brasiliano. L'aumento della produzione di etanolo ha causato l'espulsione dei contadini dalle loro terre e ha generato dipendenza dalla cosiddetta "economia della canna", dove esistono solo lavori precari nelle piantagioni.

Il monopolio della terra da parte dei produttori di agrocombustibili impedisce che altri settori economici si sviluppino, generando disoccupazione, stimolando la migrazione e l'assoggettamento dei lavoratori a condizioni degradanti. L'industria degli agrocarburanti è basata sullo sfruttamento della manodopera a buon mercato e perfino schiava. I lavoratori sono pagati a cottimo e non per le ore lavorate. Nello stato di São Paulo, maggior produttore del paese, la meta di ogni lavoratore è tagliare dalle 10 alle 15 tonnellate al giorno. Per questo sono necessari trenta colpi di falce al minuto per otto ore di lavoro al giorno. Questo livello di sfruttamento ha causato seri problemi di salute e perfino la morte di decine di lavoratori. Il lavoro schiavo è comune nel settore. Nel 2007 più di 3000 lavoratori schiavi, e tra questi degli indigeni, sono stati riscattati dal Gruppo Speciale del Ministero del lavoro in stabilimenti di canna in Brasile, soprattutto in Amazzonia.

Di fronte a questa situazione, riteniamo che l'approvazione della quota del 10% della Unione Europea potrebbe incentivare ancora di più l'espansione della monocultura della canna in Brasile con la conseguenza di una maggiore devastazione ambientale e violazione delle leggi del lavoro. Rifiutiamo la posizione del governo brasiliano che minaccia di denunciare all'Organizzazione Mondiale del Commercio l'eventuale approvazione di criteri di sostenibilità, di protezione ambientale, sociale e del lavoro rispetto alla commercializzazione di agrocombustibili.

Questi criteri sono essenziali se di fatto l'obiettivo della produzione di energie alternative è contenere i mutamenti climatici che mettono a rischio la preservazione della vita sul pianeta.

Grazie per la vostra attenzione.


[V. anche la rubrica QUESTO PUGNO CHE SALE - QUESTO CANTO CHE VA]

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