lunedì 14 luglio 2008

[Stato di diritto e stato d’eccezione (o di polizia)]





[Il doppio Stato di Ernst Fraenkel] è un’analisi e un’interpretazione dello stato nazionalsocialista, ma è anche, per i problemi teorici che solleva, per gli strumenti concettuali di cui si serve, e per le soluzioni proposte, un notevole contributo alla teoria generale dello stato moderno. Pubblicato in edizione inglese nel 1941, quando l’autore era esule negli Stati Uniti, col titolo The Dual State, ma scritto originariamente in tedesco, è stato ripubblicato nel 1974 in Germania, col titolo Der Doppelstaat, in una nuova edizione, dalla quale è tratta la presente traduzione italiana.

[…]

La rottura che lo stato nazista compì rispetto allo stato di diritto fu sin dall’inizio giustificata in base al principio che regola lo stato d’eccezione (o di emergenza o di necessità o di pericolo pubblico o di assedio, come viene variamente chiamato), in base cioè al principio universalmente riconosciuto dalla dottrina giuridica secondo cui in situazioni eccezionali i legittimi detentori del potere politico hanno il diritto di sospendere le garanzie giuridiche previste dalla costituzione e sono quindi investiti dei «pieni poteri». Si può commentare questo principio giuridico col detto popolare che la necessità non ha legge: una norma giuridica, la cui funzione è quella di determinare un obbligo e rispettivamente un diritto, può valere soltanto nella sfera delle azioni possibili, giacché non avrebbe alcun esito proibire un’azione necessaria o comandare un’azione impossibile. Si veda come l’autore entra nell’argomento sin dalle prime righe del libro: « La Costituzione del Terzo Reich è lo stato d’assedio. La sua carta costituzionale è il decreto d’emergenza per la difesa del popolo e dello stato del 28 febbraio 1933» (p. 21). E spiega subito dopo che l’applicazione di questo decreto aveva lo scopo di sottrarre il settore politico della vita pubblica tedesca al dominio del diritto. Dunque il punto di partenza dell’analisi è la netta contrapposizione fra stato nazista e stato di diritto.

Siccome non sempre è chiaro che cosa s’intenda per «stato di diritto», che è espressione usata in molteplici accezioni, ritengo utile precisare che nell’accezione che qui può servire a intendere l’uso che ne fa Fraenkel, anche se non lo rende mai esplicito, per stato di diritto s’intende lo stato in cui il potere politico anche nelle sue più alte istanze è regolato e limitato da norme giuridiche (sub lege) e viene esercitato prevalentemente, salvo casi eccezionali previsti dalla stessa costituzione, mediante emanazione di norme generali (per legem). In antitesi allo stato di diritto così inteso, le caratteristiche dello stato d’eccezione sono due: a) i detentori dei pieni poteri non si ritengono più vincolati a rispettare le norme costituzionali generali che stabiliscono le funzioni e i limiti di competenza degli organi di governo; b) si ritengono autorizzati ad esercitare il potere, non solo in casi eccezionali, ma abitualmente, non mediante leggi generali, ma mediante provvedimenti concreti presi di volta in volta, in base a un mero giudizio di opportunità. Di conseguenza in contrasto col governo doppiamente legale dello stato di diritto, il governo nello stato d’eccezione è un potere doppiamente illegale, cioè arbitrario in due sensi: rispetto al modo con cui viene esercitato, ovvero senza vincoli costituzionali, e rispetto al mezzo con cui questo esercizio viene attuato, overo in base a meri giudizi di opportunità.

Che Fraenkel metta in particolare evidenza soprattutto questo secondo aspetto dello stato nazista, che chiama «Stato discrezionale» (Massnahmenstaat) contrapponendolo allo « Stato normativo » (Normenstaat), non vuol dire che trascuri il primo. Ciò che risulta chiarissimo è che, a ogni modo, nello stato d’eccezione il rapporto tra politica e diritto è completamente invertito rispetto allo stato di diritto: nello stato di diritto il potere è sottoposto al diritto; nello stato d’eccezione (o di polizia, volendo adottare una vecchia espressione) il potere è il creatore (a proprio assoluto arbitrio) del diritto. In altre parole, nello stato di diritto è potere legittimo solo quello esercitato in conformità di un’autorizzazione (nel senso letterale di attribuzione di « autorità») da parte di una norma giuridica; nello stato di polizia è diritto quello prodotto in qualsiasi forma e con qualsiasi modalità da coloro che detengono il potere politico. Si veda la netta e perentoria conclusione cui giunge Fraenkel che presenta la propria interpretazione con una ampia analisi di casi concreti tratti da sentenze di tribunali di vario ordine e grado: «Pertanto possiamo formulare nel modo seguente la distinzione tra Stato di diritto e Terzo Reich: nello Stato di diritto i tribunali controllano l’amministrazione dal punto di vista della legalità; nel Terzo Reich le autorità di polizia le autorità di polizia controllano i tribunali dal punto di vista dell’opportunità (p. 62).

Tale inversione di termini può essere espressa anche con altre antitesi non meno tradizionali. Ne ho individuate due: quella tra giustizia formale e giustizia materiale cui Fraenkel si riferisce là dove afferma a più riprese che l’essenza dello Stato discrezionale va ricercata tra l’altro, nella pretesa di attuare una giustizia materiale in contrapposto alla giustizia formale, la quale, secondo la famigerata formula di Forsthoff, è l’espressione di «una comunità priva d’onore e di dignità»; e quella tra politica, intesa come attività che non riconosce altro criterio della propria condotta che l’opportunità, e politica come amministrazione e giudizio che dovrebbero ricevere la loro legittimazione esclusivamente dall’essere esercitati in conformità di leggi prestabilite. Una volta riconosciuti come atti politici, e quindi sottratti alle leggi generali, quegli atti che vengono considerati tali dall’autorità politica la quale, essendo legibus soluta, è libera di stabilire ciò che rientra nella sfera della politica e ciò che non vi rientra, l’indebita estensione degli atti politici rispetto agli atti amministrativi e giudiziari è uno degli espedienti di cui si serve lo stato di polizia per delimitare, sino ad eliminarlo arbitrariamente, lo spazio dello stato di diritto. Per dare un esempio della documentazione di cui si serve l’autore, ecco che cosa si può leggere in una decisione dell’Alta Corte amministrativa prussiana del 28 gennaio 1937: «Nella lotta per l’autoaffermazione che il popolo tedesco oggi è chiamato a condurre, non esiste più come in passato un ambito di vita non politico» (p. 65). Con un’affermazione di questo genere, secondo cui non esiste un ambito di vita non politico, non si potrebbe esprimere meglio la quintessenza dello stato totalitario.

[Un’altra] tesi [del libro] è quella più originale e anche più discutibile (nel senso che può invitare maggiormente alla discussione): nonostante la indebita estensione dello stato di polizia, il regime nazista non ha soppresso del tutto il governo attraverso le leggi, o «Stato normativo». La ragione per cui il regime ha conservato seppure in una sfera ampia ma ben delimitata, lo stato attraverso le leggi risiede nella protezione che esso ha offerto al sistema economico capitalistico, il quale ha bisogno per sopravvivere e per svilupparsi di un ordinamento legale, vale a dire di quella sicurezza nell’esercizio a lunga scadenza delle attività gli sono proprie, e quindi della possibilità di prevedere le conseguenze delle proprie azioni, che solo un ordinamento legale può garantire assicurando con norme giuridiche generali, sottratte all’ingerenza occasionale e imprevedibile del potere politico, la stabilità della proprietà individuale, la libertà dell’impresa e dell’iniziativa economica, l‘inviolabilita dei contratti, la regolarità della concorrenza, il dominio dell’imprenditore in fabbrica sui suoi dipendenti. Con diversa ma equivalente formula giuridica si può esprimere lo stesso concetto dicendo che, a differenza del diritto pubblico sottoposto al dominio dello Stato discrezionale, il diritto privato è sottratto all’arbitrio del potere politico diretto, e continua a essere regolato dallo Stato normativo, salvo nel caso, peraltro eccezionale, e quindi sottoposto allo stato d’eccezione, del diritto privato degli ebrei.


[Introduzione a Ernst Fraenkel, Il doppio Stato. Contributo alla teoria della dittatura, Einaudi, Torino 1983, pp. IX; XII-XV]

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